Più leggo libri e seguo trasmissioni di storia e più mi sento ignorante. Eppure la storia è la cosa che più mi appassiona in assoluto e ho capito troppo tardi quanto mi sarebbe piaciuto farne il mio mestiere. Se sulle vicende della nostra Europa comincio ad avere un'idea, pur con grosse lacune, sugli altri continenti le lacune si fanno voragini.
Per questo ho seguito con molto interesse la puntata de La Storia siamo noi "Giochi di potere - L'Africa" dedicata all'indipendenza degli stati africani (purtroppo non ho trovato il link al video su sito della RAI) e ho imparato un sacco di cose soprattutto grazie all'ottima breve intervista alla professoressa Marcella Emiliani in coda alla puntata.
Nella mia ingenuità pensavo che dopo la Seconda Guerra Mondiale il colonialismo occidentale fosse finito grazie all'affermarsi (dopo gli orrori della guerra e delle dittature nazifasciste) del principio di libera autodeterminazione dei popoli. In effetti questo principio è citato nella Carta Atlantica ma, come spiega la prof.ssa Emiliani, la vera ragione della fine del colonialismo tradizionale è stata, al solito, economica: esso costava troppo e non era più consono alla nuova globalizzazione, molto meglio concedere l'indipendenza politica e passare ad un colonialismo economico (chiamato dagli Africani Neocolonialismo o Imperialismo), manipolando e influenzando la classe dirigente dei neonati stati in modo da poter continuare a sfruttare le immense risorse del continente nero.
Un'altra cosa che sempre ingenuamente mi chiedevo è perché la maggior parte dei paesi africani non siano riusciti, dopo l'indipendenza, ad ottenere una situazione di pace e di democrazia mentre purtroppo abbiamo visto un succedersi di regimi sanguinari, di dittatori feroci e anche lotte fratricide. Anche su questo è stato illuminante il parere della storica: i nuovi stati africani negli anni Sessanta hanno "ricevuto" l'indipendenza, non se la sono conquistata, e non sono mai stati resi "sovrani". Inoltre i confini degli stati erano stati decisi dai colonialisti tanto che in alcuni paesi gruppi etnici omogenei si sono trovati divisi e viceversa in altri si sono trovati unite popolazioni che non avevano nulla a che spartire e che da secoli erano addirittura nemiche. Ma soprattutto questi nuovi stati non avevano maturato coscienza e cultura di governo. Kwame Nkrumah, padre dell'indipendenza del Ghana, diceva: "Noi dobbiamo conquistare il regno della politica" perché la politica che conoscevano gli Africani era solo quella estranea e marziana dei colonialisti.
Nkrumah sognava di creare gli Stati Uniti d'Africa da contrapporsi alle superpotenze che invece hanno cercato sempre di dividere gli interessi e di creare conflitti interni.
Oggi l'Africa non fa neanche più notizia e gli economisti si dividono in afropessimisti che la chiamano "una zavorra geopolitica" o "il binario morto della globalizzazione" e gli afroottimisti che la chiamano "l'Arca di Noè" cioè la depositaria di valori (comunitari, di rispetto della natura, ecc.) che l'Occidente sta dimenticando. C'è tanto da pescare lì dentro in termini di valori, afferma la professoressa Emiliani, anche se l'Occidente non lo vuol vedere.
Per questo ho seguito con molto interesse la puntata de La Storia siamo noi "Giochi di potere - L'Africa" dedicata all'indipendenza degli stati africani (purtroppo non ho trovato il link al video su sito della RAI) e ho imparato un sacco di cose soprattutto grazie all'ottima breve intervista alla professoressa Marcella Emiliani in coda alla puntata.
Nella mia ingenuità pensavo che dopo la Seconda Guerra Mondiale il colonialismo occidentale fosse finito grazie all'affermarsi (dopo gli orrori della guerra e delle dittature nazifasciste) del principio di libera autodeterminazione dei popoli. In effetti questo principio è citato nella Carta Atlantica ma, come spiega la prof.ssa Emiliani, la vera ragione della fine del colonialismo tradizionale è stata, al solito, economica: esso costava troppo e non era più consono alla nuova globalizzazione, molto meglio concedere l'indipendenza politica e passare ad un colonialismo economico (chiamato dagli Africani Neocolonialismo o Imperialismo), manipolando e influenzando la classe dirigente dei neonati stati in modo da poter continuare a sfruttare le immense risorse del continente nero.
Un'altra cosa che sempre ingenuamente mi chiedevo è perché la maggior parte dei paesi africani non siano riusciti, dopo l'indipendenza, ad ottenere una situazione di pace e di democrazia mentre purtroppo abbiamo visto un succedersi di regimi sanguinari, di dittatori feroci e anche lotte fratricide. Anche su questo è stato illuminante il parere della storica: i nuovi stati africani negli anni Sessanta hanno "ricevuto" l'indipendenza, non se la sono conquistata, e non sono mai stati resi "sovrani". Inoltre i confini degli stati erano stati decisi dai colonialisti tanto che in alcuni paesi gruppi etnici omogenei si sono trovati divisi e viceversa in altri si sono trovati unite popolazioni che non avevano nulla a che spartire e che da secoli erano addirittura nemiche. Ma soprattutto questi nuovi stati non avevano maturato coscienza e cultura di governo. Kwame Nkrumah, padre dell'indipendenza del Ghana, diceva: "Noi dobbiamo conquistare il regno della politica" perché la politica che conoscevano gli Africani era solo quella estranea e marziana dei colonialisti.
Nkrumah sognava di creare gli Stati Uniti d'Africa da contrapporsi alle superpotenze che invece hanno cercato sempre di dividere gli interessi e di creare conflitti interni.
Oggi l'Africa non fa neanche più notizia e gli economisti si dividono in afropessimisti che la chiamano "una zavorra geopolitica" o "il binario morto della globalizzazione" e gli afroottimisti che la chiamano "l'Arca di Noè" cioè la depositaria di valori (comunitari, di rispetto della natura, ecc.) che l'Occidente sta dimenticando. C'è tanto da pescare lì dentro in termini di valori, afferma la professoressa Emiliani, anche se l'Occidente non lo vuol vedere.
"C'è tanto da pescare lì dentro in termini di valori, afferma la professoressa Emiliani"
RispondiEliminaInvece noi ci limitiamo a pescare materie prime. E lo facciamo come peschiamo nei nostri mari, dove più che una pesca è una razzia.
E per facilitare la nostra rapina niente di meglio che fomentare divisioni e invidie.
Pace e benedizione
Ben tornto, Julo!
RispondiEliminasempre interessantissimi i tuoi post!!! Direi stimolanti......in senso buono ovviamente o:))
RispondiEliminaAndrea Riccardi, il fondatore della comunità di S. Egidio, non si stanca mai di dire che l'africa è il futuro di tutti.. non risolvendo i loro problemi, inevitabilmente il mondo globalizzato ne risente... i continui "viaggi della speranza" non sono un disperato grido d'aiuto di questi popoli poveri e dimenticati?
RispondiEliminaBhè nel nostro piccolo possiamo, come hai fatto benissimo tu, documentarci, farlo sapere agli altri.. affinchè in futuro non ci ritroviamo più a parlare di espulsioni degli extracomunitari non sapendo minimamente da dove arrivino e da cosa fuggano...
In poche e stringate parole sei riuscita a condensare il problema Africa.
RispondiEliminaIl neocolonialismo è stato ed è di gran lunga peggiore del colonialismo,perché il colonialismo in cambio della rapina delle risorse aveva un costo in termini di gestione amministrativa e delle infrastrutture ( scuole, sanità trasporti ecc.), con il neocolonialismo è stato sufficiente farsi amici di un signore della guerra per continuare la rapina delle risorse senza alcun obbligo di pagare un prezzo, costringendo inoltre gli africani ad acquistare la tecnologia occidentale ad un prezzo altissimo, quella tecnologia costruita con le materie prime asportate dal loro territorio.