venerdì 22 ottobre 2010

Alla conquista de Le Città Invisibili

La definizione che avevo sentito da uno scrittore a proposito di un'opera letteraria come di qualcosa che "oppone resistenza" calza perfettamente per il libro che ho appena finito di leggere: Le città invisibili di Italo Calvino. Un libro molto particolare e originale. L'ho comprato quest'estate perché mi sono ricordata che l'amico blogger Belphagor (temporaneamente emigrato all'estero ma spero torni presto in rete perché mi manca molto) lo aveva citato come uno dei suoi libri preferiti. In effetti a leggere i pareri su Anobii su quest'opera sembra che essa abbia estasiato tantissimi lettori.
Quando ho cominciato a leggerlo io invece mi sono spaventata perché mi è sembrata una lettura faticosa, piena di significati profondi ma estremamente criptici e che comunque richiede una concentrazione di cui sono notoriamente carente. Si tratta infatti di brevi descrizioni di città (ciascuna con un insolito nome di donna) che Calvino immagina raccontate da Marco Polo a Kublai Khan.
Dopo qualche pagina volevo chiudere il libro e archiviarlo delusa ma, come mi è già successo per altri volumi in passato, ho sentito come se esso mi lanciasse una sfida. E come non raccoglierla? Inoltre, tra i giudizi che ho trovato su Anobii, ho letto qualcuno che consigliava di tenerlo sul comodino e leggerne una città ogni sera. Così ho fatto e inaspettatamente quando ho finito il libro l'ho rivalutato. La fantasia di Calvino nell'immaginare le città è veramente strepitosa: Fedora che ha in ogni stanza di un palazzo una sfera con dentro un modello ideale di essa stessa, Zenobia costruita su altissime palafitte, Armilla fatta solo di tubature d'acqua, rubinetti e zampilli, Valdrada che sorge su un lago e ha la sua gemella riflessa nelle acque di questo, Ottavia città-ragnatela appesa su un precipizio tra due montagne scoscese.
Rimane comunque un libro difficile, a mio avviso, però sono contenta di aver vinto la sua resistenza tanto che voglio riportare qui una delle città che mi è piaciuta di più perché mi sembra una descrizione molto attuale in questo periodo di crisi e di decadenza.

Non è felice, la vita a Raissa. Per le strade la gente cammina torcendosi le mani, impreca ai bambini che piangono, s’appoggia ai parapetti del fiume con le tempie tra i pugni, alla mattina si sveglia da un brutto sogno e ne comincia un altro. Tra i banconi dove ci si schiaccia tutti i momenti le dita col martello o ci si punge con l’ago, o sulle colonne di numeri tutti storti nei registri dei negozianti e dei banchieri, o davanti alle file di bicchieri vuoti sullo zinco delle bettole, meno male che le teste chine ti risparmiano dagli sguardi torvi. Dentro le case è peggio, e non occorre entrarci per saperlo: d’estate le finestre rintronano di litigi e piatti rotti. Eppure, a Raissa, a ogni momento c’è un bambino che da una finestra ride a un cane che è saltato su una tettoia per mordere un pezzo di polenta caduto a un muratore che dall’alto dell’impalcatura ha esclamato: – Gioia mia, lasciami intingere! – a una giovane ostessa che solleva un piatto di ragù sotto la pergola, contenta di servirlo all’ombrellaio che festeggia un buon affare, un parasole di pizzo bianco comprato da una gran dama per pavoneggiarsi alle corse, innamorata d’un ufficiale che le ha sorriso nel saltare l’ultima siepe, felice lui ma più felice ancora il suo cavallo che volava sugli ostacoli vedendo volare in cielo un francolino, felice uccello liberato dalla gabbia da un pittore felice d’averlo dipinto piuma per piuma picchiettato di rosso e di giallo nella miniatura di quella pagina del libro in cui il filosofo dice: «Anche a Raissa, città triste, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente a un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi tra punti in movimento disegnando nuove rapide figure cosicché a ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa d’esistere».

8 commenti:

  1. Calvino è, a mia modesta opinione, il più grande scrittore italiano degli ultimi, non so, millanta anni (dopo Gianni Rodari, ovviamente).
    Chissà cosa avrebbe detto, di questi anni catastrofici. Magari li avrebbe trovati stimolanti.
    Saluto.

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  2. Un saluto anche a te, Heike. Calvino è certamente un grande scrittore. Su questo non c'è dubbio.

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  3. Pensa che vorrei proprio leggerlo anche io.
    Questa tua recensione mi ha definitivamente stimolato a farlo.

    Ciao.

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  4. Mi fa molto piacere, Alchemilla, però che strano: il mio giudizio non è che sia del tutto positivo, tant'è che gli ho dato solo 3 stelle.

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  5. Già, ma non sempre si è stimolati solo da giudizi positivi ma anche dal modo di presentare, e/o criticare.

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  6. E' un libro non facile , certo, ma pieno di riflessioni importanti. Devi leggerlo con calma e pazienza. Devi anche rileggerlo. Ci sono libri così che non basta una volta, bisogna tornare più volte.
    Ciao, Artemisia... E' da un po' che non ti fai sentire. Forse io sono davvero molto noiosa, me ne rendo conto. Forse devo cambiare qualcosa per non perdere lettori e amici come te.
    Un abbraccio di cuore

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  7. Ciao Giulia! Macchè noiosa! Io commento poco ma ti leggo sempre, compatibilmente con il tempo a disposizione che è sempre meno.
    Un abbraccio anche a te.

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  8. Calvino è un grande scrittore, non ho letto il libro del quale parli, ma la tua recensione m'invoglia a farlo. Lo stralcio che riporti è molto interessante per lo stile letterario ricco d'immagini.
    un caro saluto

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