giovedì 10 maggio 2012

La lotta di classe esiste e i ricchi la stanno vincendo

Il post potrebbe esaurirsi in questo titolo, che non è mio ma ho trovato in rete. Esso sintetizza bene l'analisi di Luciano Gallino, professore emerito all'Università di Torino, uno che ci capisce, che si occupa da tempo delle trasformazioni dei processi produttivi e che ha scritto "La lotta di classe dopo la lotta di classe" (titolo bruttissimo, a mio parere).
Ma se vogliamo andare un pochino sullo specifico ecco gli spunti che ci fornisce il professor Gallino intervistato a Fahrenheit Radio 3:
  • Le classi sociali sono sempre esistite. Già nell'antica Roma si divideva la popolazione in classi censuarie. Negli ultimi 30-40 anni è invalso l'uso di parlarne sempre meno fino a negare che esse esistano. 
  • Dopo un paio di decenni nei quali le classi più ricche avevano dovuto concedere qualcosa (salari un po' più alti e stabili, stato sociale, orari di lavoro più umani, sanità pubblica, ecc.) la lotta di classe si è invertita: cioè, a partire dai governi Reagan e Thatcher degli anni Ottanta, essa avviene dall'alto verso il basso e assistiamo al riappriopriarsi da parte dei ricchi, di tutto ciò che avevano concesso."Oggi stanno vincendo su tutti i fronti" dice Gallino.
  • Le cause profonde della precarietà e della disoccupazione stanno in quella ristrutturazione dei processi produttivi che ha preso il nome di globalizzazione, in altre parole politiche del lavoro che tendono a mettere in concorrenza un miliardo e mezzo di lavoratori pagati pochissimo con lavoratori relativamente ben pagati dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti.
  • Le imprese non riescono ad uscire da un sistema che hanno costruito esse stesse, andando per decenni alla ricerca del luogo geografico dove trovare salari bassi, sindacati inesistenti, legislazione ambientale permissiva, ecc. Alla fine per produrre anche il più piccolo gadget c'è una tale rete di passaggi che questa catena di creazione del valore alla fine porta ad una grande insicurezza anche per le imprese. Ma la geniale trovata è stata quella di trasferire l'insicurezza della produzione, dei mercati, della finanza, insomma il rischio di impresa, sui lavoratori sottoforma di lavori precari e flessibili. Insicurezza della produzione trasferita sull'insicurezza del lavoratore e del suo reddito.
  • Come arginare almeno culturalmente il neoliberismo che da oltre trent'anni egemonizza tutto? Per prima cosa, dice l'economista, bisognerebbe parlarne molto di più ed invece i media fanno ben poco per far capire quello che succede e gli intellettuali, accademici compresi, non esercitano l'opportuna cultura critica.
  • Le politiche di austerità sono fortemente autolesionistiche dal punto di vista economico perché, se si riducono salari, pensioni, servizi e stato sociale, ci sarà meno reddito in circolazione, meno domanda interna e sicuramente più recessione, quindi meno entrate fiscali, più scioperi, più fallimenti, ecc. Secondo Luciano Gallino si tratta anche di un grave errore anche politico perchè le reazioni e i conflitti non avranno la forma di un tranquillo dialogo ai tavoli, ma il risentimento e la rabbia potrebbero spingere verso reazioni di destra o estrema destra. I governi europei non vogliono questo ma lo stanno provocando con le loro mani.
  • Vie d'uscita? Gallino auspica un movimento intellettuale di critica forte che metta a nudo i patenti rischi e le patenti devastazioni del sistema neoliberista che al momento è vincente, per affermare una diversa comprensione del reale, una società socialdemocratica ove la classe sociale che ha subito di più questa crisi non debba essere condannata. E i partiti? Il professore afferma con eleganza sabauda di trovarli "seriamente impreparati".

5 commenti:

  1. Bella analisi.
    "la geniale trovata è stata quella di trasferire l'insicurezza della produzione, dei mercati, della finanza, insomma il rischio di impresa, sui lavoratori"

    Sull'impreparazione dei partiti penso che ci sia del dolo consapevole da parte delle loro dirigenze. Finche' per loro l'importante e' appoggiare il culone stanco su una bella poltrona imbottita non ne usciamo (chiamami qualunquista!)

    Sono pessimista. Credo che la via d'uscita dell'ultimo punto non avra' un gran successo perche' la societa' e' guidata dai media che a loro volta sono guidati dai poteri forti, che non hanno convenienza a perseguirla.

    Tra parentesi, intanto, io tra qualche ora ho un appuntamento per un colloquio telefonico presso una multinazionale indiana per un lavoro in Francia. Va' se si puo'!

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    1. Sono d'accordo su tutto (anche sul provarci con la multinazionale).

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  2. :-) il colloquio e' stato durissimo (soprattutto per via della lingua - sai.... inglese con accento indiano...). Pero' ne sono uscito abbastanza bene, direi... vediamo come va a finire...

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  3. Gallino ha fatto un'analisi puntuale sulla quale non c'è proprio nulla da aggiungere. Non riesco però a sentire voci autorevoli fuori dal coro, se non sui blog, o in trasmissioni o stampa "impegnate" (sì, lo so, è un termine obsoleto)quindi purtroppo di nicchia. La gente comune, quella che l'informazione la riceve solo dalla televisione, percepisce solo disagio, è e sarà sempre più sacrificata,senza gli strumenti critici per capire che sta pagando il conto di un liberismo immorale che ha consentito a chi era già ricco di arricchirsi ulteriormente a scapito dei più poveri. Come possiamo sperare che le cose cambino?

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  4. Personalmente non mi ritrovo totalmente con ciò che dice Gallino (poi magari mi sbaglierò..)

    - la crisi odierna non è stata generata dalle imprese bensì dalle banche che, come al solito, visto il potere che hanno, la passeranno liscia..

    - la globalizzazione non è un male in sè anzi è una vera opportunità se utilizzata nel giusto modo.

    - Gallino afferma che la rabbia ed il risentimento spingono la gente verso destra od estrema destra.. bhè, sarà, ma a me pare che le ultime elezioni qui in italia e in grecia abbiano detto piuttosto che si scelgono entrambi gli estremi...

    Sono invece d'accordo con il prof Gallino riguardo al fatto della precarietà ed austerità autolesionista e che i partiti sono in pesante ritardo (troppo ancorati ai propri interessi per vedere quelli del popolo)

    Soluzione: riscoprire il significato del bene comune

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