domenica 14 aprile 2013

Cosa pensano gli Americani

Chissà perché mi interessa tanto tutto quello che ha a che fare con gli Stati Uniti! Forse perché è una società che assomiglia per molti versi alla nostra, con uno stile di vita apparentemente simile, eppure sento che ci sono delle enormi differenze.
Me lo ha confermato l'intervista a Fahrenheit Radio 3 ad Francesco Antinucci, il quale ha scritto " Cosa pensano gli Americani. E perché sono così diversi da noi?
Il criterio di identità e di cittadinanza, per esempio. Il nostro è  un criterio etnico, un'identità culturale, legata alla lingua e alla discendenza. Se così fosse nessuno sarebbe cittadino degli Stati Uniti. Il loro criterio è invece la condivisione degli stessi valori, a partire dalla democrazia. Secondo Francesco Antinucci, per gli Americani la democrazia è una sorta di teocrazia laica, nel senso che assomiglia all'adesione ad un credo anche se laico, una religione civile.
Negli USA, negli ultimi 20 anni, il percorso fatto da 20 milioni di persone per diventare cittadini americani ha richiesto solo che fossero in regola con il pagamento delle tasse e non avessero commesso gravi reati. La conoscenza della lingua, per esempio, non è strettamente necessaria, in quanto la lingua non è l'elemento unificante. Serve solo per facilitare l'integrazione. 
Un'altra grande differenza con la società europea è l'allergia degli Americani per l'intervento statale (che noi Italiani invece tendiamo ad invocare continuamente) e la passione per il principio dell'autonomia, secondo il quale il cittadino deve farcela da solo e far riferimento solo alla sua comunità. La comunità di vicinanza che si autogestisce è una fissazione della società USA derivata dai tempi dei primi coloni. Per questo mentire, in questo tipo di cultura, è considerato gravissimo, perché significa tradire la comunità a cui si appartiene e che è basata sulla fiducia reciproca. 
Una cosa a cui tengono molto in USA pare sia la garanzia dell'uguaglianza delle opportunità in partenza. Famoso è il S.A.T. (Scholastical Aptitude Test) che tutti i ragazzi fanno per l'ammissione ai college. Non è un esame di profitto, ma dovrebbe servire a testare le attitudini. Lo strumento dovrebbe appurare le capacità di apprendimento al di là delle disuguaglianze di base dovute all'ambiente nel quale i ragazzi sono cresciuti. Il fatto che il test ci riesca o meno pare sia oggetto di discussione da almeno centocinquant'anni. 
Una delle cose che mi hanno colpito di più dell'intervista a Francesco Antinucci è stato apprendere la diffusa pratica dei ricchi Americani di fare donazioni soprattutto alle università presso le quali hanno studiato come 
Michael Bloomberg, sindaco di New York e uno degli uomini più ricchi del mondo, che ha donato alla Johns Hopkins University, dove ha studiato, un miliardo e cento milioni di dollari. L'abitudine alle donazioni alle Università, secondo Francesco Antinucci, non è dovuta al fatto che l'importo si può detrarre dalle tasse perché ciò è possibile anche in Europa ma qui nessuno lo fa.  Nessun Europeo donerà mai un miliardo né un milione all'università dove ha studiato. La spiegazione sta piuttosto in una sorta di senso di riconoscenza. Noi infatti chiamiamo questa operazione "donare" mentre gli Americani la chiamano "give back", restituire. Restituisco alla società che mi ha permesso di diventare quello che sono e senza la quale non avrei fatto tutti questi soldi. L'università ove si è studiato è considerata il trampolino del proprio successo. 
Quanto questo trampolino sia ancora ritenuto essenziale (ben più che in Italia, temo) lo dimostra anche un interessante articolo di Altreconomia dal quale si scopre che tanti studenti americani si stanno indebitando oltre ogni limite per poter studiare all'università, tanto che, con ben 900 miliardi di dollari di debito, gli studenti rischiano di essere la prossima causa di crisi economica in USA.
Probabilmente in USA il pezzo di carta ancora apre certe porte mentre in Italia purtroppo esso non basta. Ecco perché non ci si indebita per studiare ma neanche poi ci si sente in dovere di donare una volta arrivati.

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9 commenti:

  1. Mh... sono abbastanza d'accordo con la tua analisi. :-) questi argomenti sono parte degli scontri culturali casalinghi, come puoi immaginare.

    In effetti sono proprio queste caratteristiche che non mi piacciono del modello americano.
    Da una parte e' bello che ci sia della riconoscenza nei confronti delle universita' - piu' in generale che il ricco si senta in dovere di contribuire attivamente al sostegno economico della societa'. La cosa che non mi piace e' che il sostentamento della societa' si basi (anche) su questa attitudine etica personale dei singoli.

    Una cosa che mi ha lasciato sconcertatom ad esempio, e' stata la campagna "adopt a mile" che ho visto alle Hawai'i. Chi aderisce si sceglie un miglio della highway (la strada principale che gira intorno all'isola di Kaua'i), e contribuisce per le spese necessarie per tenere in ordine quel miglio (pulizia, riparazioni dell'asfalto, illuminazione pubblica, decorazioni floreali... cose di questo tipo). Visto che la highway appartiene all'amministrazione pubblica (la County di riferimento), non dovrebbe essere preciso dovere dell'amministrazione pubblica tenerla in ordine? Se non vale questo principio, mi pare che il concetto stesso di societa' venga meno.

    Naturalmente la differenza tra questo atteggiamento e quello nostrano di buttare la bottiglia di plastica dal finestrino non solo sulla highway, ma anche sulla mulattiera di campagna dove puoi star sicuro che nessuna amministrazione pubblica provvedera' a raccoglierla prima che si trasformi totalmente in diossina, e' abissale.

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  2. :-) sto divagando, come al solito?

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    1. No, no. Anzi, mi aspettavo un tuo contributo di origine "familiare". Interessante.

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  3. Dunque, mi permetto di aggiungere alcune considerazioni:

    Credo che ci sia, negli Americani, una certa ostinazione nel voler artificiosamente rivendicare lo spirito di appartenenza alla Nazione. Che, a rigore, non esiste nemmeno, se accettiamo la definizione secondo cui la Nazione e' l'insieme delle persone che identificano le proprie radici culturali in una storia comune. Il patriottismo americano, ad esempio, mi pare del tutto artificioso, se comparato al nostro, che fa riferimento piu' al nazionalismo (personalmente non mi piacciono ne' l'uno ne' l'altro).
    La "cultura americana", confronto alla nostra, non esiste. E, conversando con amici americani, mi sono reso conto che non riescono nemmeno a capire il concetto di cultura di popolo. Un buon vino e' dato da un paio di millenni di storia che hanno modellato il gusto. Riconoscere un buon vino da uno cattivo significa avere quella radice culturale. Un paio di millenni fa loro non solo non esistevano come Nazione, ma appartenevano ognuno a una cultura diversa e inconciliabile.
    Nonostante cio' in quanto americani hanno artificiosamente adeguato i valori personali a valori collettivi costruiti ad hoc.
    Credo poi che sia proprio questa ostinazione che rappresenti il collante. Ad esempio io, in condizioni accettabili (chesso', per esempio se mi trasferissi definitivamente negli States) non avrei problemi "etici" a rinunciare alla cittadinanza Italiana. Perche' non e' certo la cittadinanza che alimenta il mio spirito di appartenenza alla Nazione. Non ho bisogno di avere scritto "Cittadino Italiano" sul passaporto. R invece non rinuncerebbe mai alla cittadinanza USA. Credo che il motivo sia da ricercare nel fatto che, non avendo legami radicati, la rinuncia alla cittadinanza equivale ad una perdita di identita' sociale. Credo che per R abbia un peso maggiore la non-appartenenza alla cultura italiana che l'appartenenza a quella americana.
    Naturalmente ci sono aspetti positivi e negativi in entrambi i modi di essere: per noi e' piu' difficile integrare lo straniero (e non parlo solo di deriva razzista - anche per me e' difficile riuscire a sentirmi parte di un uno composto da gente che mette il ketchup sulla pasta).
    Questo giustifica anche l'esibizione del senso di appartenenza. Dopo l'attacco alle torri gemelle, in molte case veniva esposta la bandiera a stelle e strisce. Qui non credo sarebbe successa la stessa cosa.
    Tu dici che la lingua non e' l'elemento unificante della cultura USA. Mi sono chiesto, allora, quale sia un elemento unificante. E non sono riuscito a darmi una risposta, se non un insieme di slogan. La democrazia e' un elemento unificante, ma non mi pare che i cittadini americani abbiano un'idea precisa, o quanto meno comune, di che cosa significhi democrazia. L'uguaglianza di opportunita', anche li', e' un concetto che non sono riuscito a farmi definire. Per me se uno ha mille miliardi di dollari non ha le stesse opportunita' che ha un homeless, e quindi in una societa' in cui le due situazioni coesistono lo Stato non puo', anche volendo, garantire le pari opportunita'.

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  4. Grazie per il contributo, Dario. Anch'io mi sento abbastanza internazionalista.
    Che la lingua non unifichi gli Americani non lo dico io (che non ne so un bel nulla) lo dice Antinucci e non lo so se è vero. Antinucci dice che ci hanno provato più volte a rendere obbligatoria la conoscenza della lingua inglese ma ciò non ha avuto successo.
    Ricordati che io il più delle volte mi limito a trascrivere quello che ha destato la mia curiosità.

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  5. :-) come al solito mi sono espresso male.
    Per la mia modesta esperienza posso dire che Antinucci ha ragione a dire che la lingua non e' l'elemento unificante della cultura USA. Io conosco un po' di hawaiiani, che tra l'altro costituiscono un campione non molto significativo degli statunitensi, visto che vivono in una manciata di isolette isolate dal resto del continente. Li' parlano naturalmente con accenti diversissimi, a seconda delle etnie. Tutti capiscono l'inglese, ma nessuno lo parla. La lingua piu' diffusa e' il Pidgin, una specie di dialetto diabolicamente ottenuto sempliricando l'inglese e aggiungendoci qua e la' parole prese in prestito dalle altre etnie che compongono la popolazione. Credo che a New York non capirebbero una parola di uno che parla Pidgin.

    No, quel che volevo dire e' che proprio mi pare che non ci sia alcun elemento significativo unificante nella cultura USA. Tutto cio' che loro pensano sia unificante, a me pare solo un insieme di concetti astratti e inapplicati. La democrazia, ad esempio, e' un elemento unificante, ma non ha molto senso se prima non ci si accorda su che cosa significhi democrazia. Stessa cosa per le pari opportunita'. Pensa alla diffusione delle armi, giustificata dal II emendamento. E' un concetto che per noi non sta in piedi. Eppure per loro e' fondamentale. Chi non si rifiuta di possedere una pistola si ostina a dire che la sua sicurezza e' garantita dal fatto che chiunque altro sia libero di averne una in tasca.
    A me pare che tutto questo sia frutto di una artificiosa ostinazione nell'identificare cose collettive in cui credere, proprio per riconoscersi come Nazione ("l'america e' la terra delle pari opportunita'" - poi pero', prova ad emergere, se ci riesci - un'intera classe media non ha nemmeno la copertura sanitaria garantita, poi pero' ha il frigo side-by-side e il SUV parcheggiato in giardino).
    Questo ha indubbiamente il vantaggio di una estrema apertura rispetto a chiunque dice qualcosa di diverso: pensa al dibattito sulla pena di morte. Io non ce la farei a discutere l'argomento con uno che e' a favore. Quando, dopo un paio di birre con alcuni amici mi sono dichiarato "comunista" quelli si sono a sorpresa dimostrati interessati alle mie argomentazioni, mentre io mi aspettavo rifiuto totale.

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  6. :-) naturalmente, io, dimenandomi tra pidgin e inglese, faccio una confusione tale da far sorridere gli hawaiiani e arricciare il naso agli stranieri con cui talvolta mi capita di dover esprimermi in inglese, ad esempio al lavoro.

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  7. :-)
    Ecco alcuni divertenti esempi di Pidgin, per gli amanti del genere:

    Aloha = "ciao"
    Mahalo = "grazie"
    Ainokea (I don't care) = "non me ne frega niente"
    Da kine la-ret (that kind like that) = "una roba del genere"
    ding-a-ling = organo genitale maschile - anche usato per intendere "stupido"
    Shaka-brah! (shake it, brother!) = "scuotilo, fratello" (come saluto, accompagnato con uno scuotimento della mano con pollice e migolo ritto, tipo cornetta del telefono)
    Luau = "festa" (mangereccia)
    Dodo head = "testa di dodo" (come insulto, per intendere "stupido")
    ...

    ...e poi c'e' tutta una sintassi particolarmente divertente, ma qui si fa lunga....

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