lunedì 1 aprile 2013

Se un borgo si vende l'anima

La storia di Coreno Ausonio, borgo al confine tra Lazio e Campania, è sicuramente emblematica di tutti quei casi in cui il far soldi facilmente senza uno sguardo lungimirante ha lasciato il vuoto alle generazioni successive.
La racconta a Fahrenheit Radio 3 Carlo Ruggero, giornalista e scrittore, che, insieme al fotografo Matteo Di Giovanni, ha scritto "Una pietra sul passato.
L'economia e la cultura di Coreno Ausonio era basata sul tentativo di coltivare quella terra piena di pietre. Leggenda vuole che uno scalpellino abruzzese, venuto per la ricostruzione di Monte Cassino, abbia scoperto che quelle pietre, sulle quali i vecchi contadini soffrivano e sudavano, erano in realtà una miniera d'oro: si trattava infatti di un marmo bellissimo e costosissimo.
Fu così che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale furono aperte le prime cave e in pochi anni la modernità ebbe un'accelerazione fortissima, stravolse la cultura, le tradizioni, il paesaggio sia fisico che umano; un fiume di denaro invase le strade di questo paese arroccato sui Monti Aurunci, trasformandolo per sempre. Negli anni Ottanta, momento di massima espansione, le cave arrivarono ad essere ben 54 e più di mille lavoratori, in un paese di 1700 abitanti, vivevano grazie all'attività estrattiva compreso l'indotto. Esse rappresentavano lo strumento di rivalsa sulla povertà millenaria in cui avevano vissuto i padri.
L'approccio al territorio e il modo di gestirlo fu però miope. Si cercava l'arricchimento facile e si scavava dove si trovava il materiale migliore senza preoccuparsi delle conseguenze sul territorio. Una gestione senza una visione di medio e lungo termine che consentisse un benessere più diffuso e di più lunga durata, realizzata abbandonando certi valori che erano alla base della vita contadina (il sacrificio, il lavoro, il rispetto per la terra, ecc.)
Negli anni Novanta arrivarono dalla Turchia e dal Brasile marmi molto simili ma più economici. Il paese rimase stupito di fronte alla crisi del proprio marmo che era considerato una ricchezza inesauribile. La cultura contadina, spazzata via nel giro di pochi decenni, non era stata sostituita da una cultura imprenditoriale capace di gettare le basi per uno sviluppo sostenibile sia dal punto di vista ambientale (oggi le colline di Coreno sono completamente mangiate dall'attività estrattiva) sia dal punto di vista culturale.
Così oggi le cave attive sono pochissime, è ripresa l'emigrazione e quella bellissima pietra deve essere polverizzata per produrre dentifrici e polveri per cosmetici. Frantumare tutto per le applicazioni industriali.

Come non andare con il pensiero allo scempio che stanno facendo delle splendide Alpi Apuane che stanno letteralmente sbriciolando e devastando (dimenticate, per favore, Michelangelo che si sceglie i blocchi di marmo) come mostra bene questo filmato.


Aut Out – la distruzione delle Alpi Apuane il più grande disastro ambientale d’Europa(cortometraggio di Alberto Grossi presentato al Trento Film Festival)

2 commenti:

  1. L'abilità degli italiani di rovinare o ignorare il proprio patrimonio (artistico o ambientale) è eccezionale; penso che in Occidente siamo gli unici. Mi pare di capire che ormai per Coreno Ausonio sia troppo tardi.

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  2. Grazie per questo articolo, e di nuovo grazie per aver riportato l'attenzione sulle nostre amate Apuane. Il problema è gravissimo, purtroppo chi dovrebbe schierarsi ed ha le chiavi per aprire molte porte, ancora non lo fa! Proprio venerdì scorso sono andata all'assemblea annuale del Cai che su questo argomento non si è ancora schierato, pensa che nessuno di loro era presente al Foro Boario a Settembre scorso dove si parlava "Alpi Apuane - Montagne Irripetibili" . Che tristezza!...
    La lettrice silente stuzzica nel cuore.
    Baci a presto

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