lunedì 20 febbraio 2012

Le cose sono di chi se le merita


Mi ricordo quando, da giovane, ho trascorso un paio di mesi a Londra e andavo sovente alla National Gallery ad ammirare la Venere e Marte di Botticelli non riuscendo proprio a capire perché questo dipinto non fosse vicino alla Primavera e alla Nascita di Venere, conservati nella mia città.
E se tutte le opere d'arte sparse nel mondo tornassero lì ove in origine erano collocate? Alzi la mano chi, visitando musei stranieri colmi di capolavori italiani, non ha pensato che bisognerebbe rivendicarli indietro. Perché non ci riprendiamo i nostri Caravaggio, i nostri Antonello da Messina, i nostri Piero della Francesca più o meno legalmente emigrati?
Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, ospite de Le storie - Diario italiano, alla domanda: "Dipendesse da Lei, restituirebbe i fregi del Partenone alla Grecia o li lascerebbe al British Museum di Londra?"
"Che domanda terribile!" risponde la storica dell'arte. "Gli Inglesi li hanno presi ma li hanno anche conservati benissimo. Le cose sono di chi se le merita. Noi non abbiamo tenuto tante cose perché non le abbiamo volute. I proprietari di tante opere d'arte, le grandi famiglie non hanno mai esitato a vendere i propri gioielli [si veda anche la collezione di Camillo Borghese, n.d.A.] per continuare a vivere agiatamente. Adesso stiamo facendo lo stesso vendendo pezzi di paesaggio. Vendere il nostro paesaggio serve a chi vuole continuare a mantenere un certo tenore di vita con l'idea che sia sempre meglio che lavorare."
Tra le poche eccezioni, a Firenze lo scorso sabato è stata commemorata con affetto Anna Maria Luisa de' Medici, ultima della famiglia, che stipulò con i subentranti Lorena il famoso patto il quale stabiliva che essi non potessero trasportare "o levare fuori della Capitale e dello Stato del GranDucato ... Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose... della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri".

3 commenti:

  1. Bella questione...
    Anche perchè dovremmo restituire parecchio, e mi piange il cuore (ad esempio) al pensiero di dover chiudere il Museo Egizio di Torino o svuotare le sale del British dedicate a Tutankamon...
    Impossibile, ahimè, porre rimedio a secoli di accordi (più o meno sbilanciati) e soprattutto di razzie imperialcoloniali.
    Lasciamo tutto com'è, per quanto riguarda il passato, e rassegnamoci (anche se un obelisco rubato all'Etiopia, quello di Axum, lo abbiamo restituito pochi anni fa, mi pare...)

    Per il futuro, si tratta di capire a chi appartengono le opere d'arte. All'artista? Al committente? Al paese che le ha prodotte o a quello che la ha commissionate, dopo un tot di anni come accade per i diritti di autore sulle opere letterarie?

    Per il paesaggio, credo che si tratti di un bene comune indisponibile. "La repubblica italiana fu il primo Stato al mondo a considerare nella propria costituzione (art. 9) la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio. ".
    (Leggasi al proposito questo assai documentato articolo di Vezio De Lucia sul tentativo di tutela operato nel nostro paese, oggi assai in affanno di fronte alle inesorabili "necessità del mercato": http://eddyburg.it/article/articleview/18436/0/99/)

    Anche se poi, di fatto, alcune zone della Toscana e delle Langhe appartengono già a tedeschi ed inglesi, che le trattano assai bene...

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  2. Eh sì, voi di Torino avreste un bel debito verso gli Egiziani. :-)

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  3. La questione è molto interessante. Canova, in qualità di funzionario dello stato pontificio, si era battuto strenuamente affinché le opere italiane tornassero in Italia. Effettivamente, la struttura, lo stile, le influenze di un'opera d'arte sono strettamente legate al territorio in cui sono nate. Credo che ogni opera dovrebbe fare ritorno al luogo d'origine, per giustizia nei confronti della sua storia e di chi la studia (parlo soprattutto delle opere rubate e depredate, non di quelle donate!) Certo, il problema della loro manutenzione è fondamentale e in questo periodo di crolli pompeiani (per dirne solo una) meglio che le opere stiano davvero dove possano essere conservate bene.

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