Grande strumento la rete. Se domani mi dicessero che non posso più accedervi, penso che entrerei in crisi. Ciò nonostante ho sempre chiaro dentro di me che essa è uno strumento e come tale si può anche farne a meno, magari con un po' di fatica in più. Soprattutto bisognerebbe non lasciarsi prendere la mano. Mentre sto continuando a resistere (tranquillamente, direi) al fascino di Facebook, apprendo che esso è già sorpassato perché i più aggiornati ormai preferiscono "cinguettare".
E se Repubblica Firenze sente il bisogno di dedicare un articolo alla così poco avvincente notizia che il sindaco di Napoli twitta più del mio, mi sento in linea con Michele Serra il quale ha scatenato le ire della twitter-sfera osando affermare che la brevità a cui si è costretti dai 140 caratteri comporta inevitabilmente semplificazione, banalizzazione, mancanza di dialettica e comunque regressione culturale.
Adoro la sintesi ma in questo caso ha ragione Michele Serra: Twitter non è esercizio di sintesi ma comoda semplificazione in un "mi piace/non mi piace", bianco o nero, Y/N, anche su cose che richiederebbero un po' di sforzo di ragionamento e di pensiero. Strumenti come Twitter, come gli SMS o come FB sono comodi per le "comunicazioni di servizio", tipo per concordare un appuntamento, non certo per scambiarsi opinioni o imparare a riflettere.
Ai mali della rete io aggiungerei anche la confortevole quanto deleteria possibilità di nascondersi dietro una tastiera e un nickname che fa sentire tanti in diritto di dare la stura ad offese ed a dichiarazioni sprezzanti che non avrebbero il coraggio di fare di presenza. Cito un caso in cui mi sono imbattuta di recente. Il presidente dell'ANPI, l'avvocato Carlo Smuraglia, un gentleman dotato di una eccezionale dialettica, ricca quanto chiara, è stato preso di mira in rete da alcuni fanatici a proposito del movimento NoTAV. Il presidente si è sentito in dovere di rispondere loro nell'ultima newsletter, anche se forse, a mio modesto avviso, certe uscite andrebbero solo ignorate:
"Ho notato, specialmente in alcune note apparse sul web, dichiarazioni apodittiche, prese di posizione non motivate, atteggiamenti sprezzanti. Non si capisce bene, ad esempio, se alcune osservazioni provengano da iscritti o meno; nel primo caso, sarebbe piuttosto singolare una discussione che fa riferimento al Presidente chiamandolo “Sig. Smuraglia”, con tono evidentemente spregiativo in relazione a ciò che ha detto. Si discute, soprattutto, rispettando le rispettive idee e le rispettive posizioni; altrimenti la discussione è monca o addirittura non è una discussione. Capisco che in molti casi un vincolo deriva dallo strumento di comunicazione, che in qualche modo induce alla brevità e talora alla sommarietà. Ma con le frasi sommarie e apodittiche una discussione non riesce veramente a fiorire e ad approfondirsi; qualche volta finisce per risolversi semplicemente in uno spregio o in un insulto che francamente non serve alla bisogna e non produce alcun risultato."
Anche l'ANPI comunque è su Facebook e su Twitter...
E se Repubblica Firenze sente il bisogno di dedicare un articolo alla così poco avvincente notizia che il sindaco di Napoli twitta più del mio, mi sento in linea con Michele Serra il quale ha scatenato le ire della twitter-sfera osando affermare che la brevità a cui si è costretti dai 140 caratteri comporta inevitabilmente semplificazione, banalizzazione, mancanza di dialettica e comunque regressione culturale.
Adoro la sintesi ma in questo caso ha ragione Michele Serra: Twitter non è esercizio di sintesi ma comoda semplificazione in un "mi piace/non mi piace", bianco o nero, Y/N, anche su cose che richiederebbero un po' di sforzo di ragionamento e di pensiero. Strumenti come Twitter, come gli SMS o come FB sono comodi per le "comunicazioni di servizio", tipo per concordare un appuntamento, non certo per scambiarsi opinioni o imparare a riflettere.
Ai mali della rete io aggiungerei anche la confortevole quanto deleteria possibilità di nascondersi dietro una tastiera e un nickname che fa sentire tanti in diritto di dare la stura ad offese ed a dichiarazioni sprezzanti che non avrebbero il coraggio di fare di presenza. Cito un caso in cui mi sono imbattuta di recente. Il presidente dell'ANPI, l'avvocato Carlo Smuraglia, un gentleman dotato di una eccezionale dialettica, ricca quanto chiara, è stato preso di mira in rete da alcuni fanatici a proposito del movimento NoTAV. Il presidente si è sentito in dovere di rispondere loro nell'ultima newsletter, anche se forse, a mio modesto avviso, certe uscite andrebbero solo ignorate:
"Ho notato, specialmente in alcune note apparse sul web, dichiarazioni apodittiche, prese di posizione non motivate, atteggiamenti sprezzanti. Non si capisce bene, ad esempio, se alcune osservazioni provengano da iscritti o meno; nel primo caso, sarebbe piuttosto singolare una discussione che fa riferimento al Presidente chiamandolo “Sig. Smuraglia”, con tono evidentemente spregiativo in relazione a ciò che ha detto. Si discute, soprattutto, rispettando le rispettive idee e le rispettive posizioni; altrimenti la discussione è monca o addirittura non è una discussione. Capisco che in molti casi un vincolo deriva dallo strumento di comunicazione, che in qualche modo induce alla brevità e talora alla sommarietà. Ma con le frasi sommarie e apodittiche una discussione non riesce veramente a fiorire e ad approfondirsi; qualche volta finisce per risolversi semplicemente in uno spregio o in un insulto che francamente non serve alla bisogna e non produce alcun risultato."
Anche l'ANPI comunque è su Facebook e su Twitter...