giovedì 29 marzo 2012

Il disagio dell'esule in patria

Corrado Augias si è guadagnato da tempo le ire e il risentimento di molti Cattolici italiani (compresi i miei amici blogger). Non sta a a me difenderlo, non ne ho né le competenze né l'interesse anche se devo dire, da esterna, che non l'ho mai trovato irrispettoso. Per esempio, nella sua intervista a Fahrenheit Radio 3, sul suo ultimo libro "Il disagio della libertà. Perché agli Italiani piace avere un padrone", Augias si mostra fortemente critico verso la "tiepida religiosità degli Italiani" confrontando empiricamente il comportamento riscontrato durante la messa in una chiesa gesuita di Parigi rispetto a quello che egli ha rilevato in una chiesa romana. Anche l'esagerato culto dei santi tipico del Cattolicesimo secondo Augias rivela l'indole italiana e ripropone lo schema del patronus e del clientes della Roma classica.
Al di là della scivolosa questione della religiosità, mi sento di concordare con Augias quando sottolinea negli Italiani una propensione al servilismo, al familismo, al comodo delegare le scelte all'uomo forte piuttosto che prendersi la responsabilità di impegnarsi e di agire. Mali che, d'altra parte, già segnalava il buon Leopardi nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani del 1824 appellando gli Italiani come "popolaccio dei popolacci", così come anche Piero Gobetti che scriveva "Bisogna amare l'Italia con orgoglio di europei e con l'austera passione dell'esule in patria." Quest'ultima definizione calza perfettamente con il sentimento con il quale mi trovo quasi costantemente a convivere. Non perché io sia esente da pecche, ci mancherebbe, ma perché mi capita continuamente di notare intorno a me una maleducazione, un lassismo, un'approssimazione, un menefreghismo che mi addolorano ancora prima di farmi rabbia.
Esercizi di libertà per gli Italiani proposti da Augias nell'intervista? Studiare, leggere, seguire programmi che aiutano a riflettere, impegnarsi, cercare di capire. La libertà, troppo spesso interpretata con un "fare quello che ci pare", è invece impegno, fatica, partecipazione, è un bene fragile e bisogna lavorarci.

4 commenti:

  1. Io continuo a non digerirlo per il suo fare superbo che sotto la scorza del galantuomo e delle sue risate garbate, è sempre in agguato per dare frecciate pungenti alla Chiesa e a chi non la pensa come lui. L'obiettivo, neanche tanto mascherato, lo si scopre in libreria dove è immancabile trovare i suoi tantissimi libri (contro) la Chiesa (tra l'altro ricchi di imprecisioni e distorcimenti atti a comprovare le sue tesi). Insomma non crede, ma ci fa i soldi sopra (come fa altresì PierPippo Odiffreddi). Non è questa anche ipocrisia?

    Secondo me, se si ritornasse a riscoprire la religione nel suo vero senso, approfondire senza pregiudizi oltre lo strato istituzionale della Chiesa, si scoprirebbe un modo di concepire la vita che porterebbe la società ad amare gli altri disinteressatamente, mettere avanti i prìncipi morali e a far crescere un nuovo umanesimo più positivo, libero e sereno..

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  2. ma Augias, come spesso chi critica la Chiesa cattolica in quanto istituzione centralizzata e affatto comandata dai credenti, in quanto reazione paternalistica a un mondo moderno e "liberale", anche se prova un certo rispetto per le scienze empiriche non mi sembra criticare i sentimenti religiosi ...

    sPuntoCattolico, almeno su questo lei è contraddittorio.

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    1. Interessante spunto di riflessione. Peccato un po' ermetico.

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  3. ma Augias, come spesso chi critica la Chiesa cattolica in quanto istituzione centralizzata e affatto comandata dai credenti, in quanto reazione paternalistica a un mondo moderno e "liberale", anche se prova un certo rispetto per le scienze empiriche non mi sembra criticare i sentimenti religiosi ...

    sPuntoCattolico, almeno su questo lei è contraddittorio.

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