Un mondo che non c'è più quello descritto da Ezio Gallori, macchinista ferroviere, sindacalista, insignito dal Presidente della Repubblica come Stella al merito come Maestro del lavoro, nell'intervista rilasciata a Controradio.
Nel dopoguerra di piena espansione per le FS, grazie anche al passaggio dal vapore all'elettrico, quasi tutta la classe di Ezio, alunni dell'Istituto Tecnico Industriale preparati appositamente per fare i macchinisti, fu assunta in ferrovia. I ferrovieri arrivarono ad essere 225 mila ed oggi sono 70 mila. La ferrovia trasportava il 36% delle merci italiane e nel solo deposito di Firenze vi erano ben 440 macchinisti addetti al trasporto merci. Oggi non si trasporta quasi più nulla come merci. Nel 1964 le FS sfiorarono il pareggio di bilancio mentre oggi, nonostante cospicue sovvenzioni da parte delle Regioni, Trenitalia SpA ha in attivo solo la Freccia Rossa (ma il Gallori ne dubita).
"A quel tempo i pendolari la mattina alle otto avevano la precedenza sui Rapidi e i Direttissimi. Oggi conviene quasi sempre prendere l'auto rispetto alla Freccia Rossa" dice l'ex ferroviere.
Un mondo da sempre antifascista e di sinistra quello delle ferrovie, penso a Spartaco Lavagnini ed anche al presidente della mia sezione dell'ANPI, Alfio Tabani, il quale ogni tanto ama raccontarmi del boicottaggio che subì in occasione del concorso interno o dell'assegnazione della casa da parte delle FS. Un ambiente ultrasindacalizzato come mi dipingeva mio padre e come conferma il buon Gallori in questa intervista quando racconta che lo sciopero politico del 10 luglio 1960 contro il governo Tambroni ebbe un'adesione del 98%. "Quando fui assunto conobbi gente che aveva dei valori immensi, gente che era orgogliosa di essere stata punita per aver scioperato come accadeva ai tempi di Scelba"
Un mondo che non esiste più anche come attenzione alla sicurezza che veniva sopra a tutto. Gallori racconta infatti che dal 1957 al 1985, il periodo in cui lavorò, si registrarono solo 7 macchinisti morti, mentre dal 1985 al 2005 furono ben 54. Prima si puntava alla sicurezza assoluta (ai concorsi non si poteva sbagliare una domanda sulla sicurezza) mentre da quando le FS sono diventate "S.p.A." il confronto costi/benefici può far mettere in conto anche qualche morto se ciò porta a risparmiare.
Ezio Gallori, classe 1938, nomina suoi maestri macchinisti figure storiche come Augusto Castrucci, espulso dalle ferrovie da Benito Mussolini e ripresentatosi subito dopo l'Armistizio al Ministro affermando: "Le ferrovie sono nostre e da oggi le gestiamo noi", e Vasco Palazzeschi, primo segretario della Camera del Lavoro di Firenze. Racconta anche di quando Mauro Moretti era sindacalista delle FS e di come la controparte tentava di superare le trattative da un lato con minacce ma molto spesso con tentativi di corruzione ("Molti sindacalisti furono ripagati con case"). Racconta di lotte importanti e dei suoi diciotto processi subiti per le più svariate ragioni, anche sul diritto di sciopero, dai quali è uscito sempre assolto per aver esercitato un diritto costituzionale. Come quando lo incriminarono per aver denunciato, agli inizi degli anni Novanta, l'acquisto da parte di FS di locomotive assolutamente inutili perché incompatibili con l'impianto elettrico esistente (costo 125 miliardi di lire).
"Bastano cento milioni per sospendere questo sciopero?" gli chiesero una volta e, al suo rifiuto, uno degli interlocutori fece all'altro: "Vedi, come ti avevo detto, è delle Brigate Rosse" "No," rispose Ezio, "sono di un'altra brigata, molto rara, quella dell'onestà."
Ezio Gallori ha sempre goduto di grande consenso tra i lavoratori: "Non credo nelle lotte minoritarie. Gli scioperi, quando si fanno, si devono fare tutti uniti. L'unità è essenziale. Il più coraggioso è quello che fa un passo indietro ma riesce a fronteggiare l'avversario."
E conclude con tutta la sua simpatia: "Viaggio sempre con il cappellino e il fischietto per le manifestazioni. Sono diventato un manifestante continuo. Vorrei che i giovani di oggi, allevati a televisione, capissero che ci sono anche dei valori con i quali ad una certa età devi fare i conti."
Un mondo che non esiste più quello di Ezio.
Nel dopoguerra di piena espansione per le FS, grazie anche al passaggio dal vapore all'elettrico, quasi tutta la classe di Ezio, alunni dell'Istituto Tecnico Industriale preparati appositamente per fare i macchinisti, fu assunta in ferrovia. I ferrovieri arrivarono ad essere 225 mila ed oggi sono 70 mila. La ferrovia trasportava il 36% delle merci italiane e nel solo deposito di Firenze vi erano ben 440 macchinisti addetti al trasporto merci. Oggi non si trasporta quasi più nulla come merci. Nel 1964 le FS sfiorarono il pareggio di bilancio mentre oggi, nonostante cospicue sovvenzioni da parte delle Regioni, Trenitalia SpA ha in attivo solo la Freccia Rossa (ma il Gallori ne dubita).
"A quel tempo i pendolari la mattina alle otto avevano la precedenza sui Rapidi e i Direttissimi. Oggi conviene quasi sempre prendere l'auto rispetto alla Freccia Rossa" dice l'ex ferroviere.
Un mondo da sempre antifascista e di sinistra quello delle ferrovie, penso a Spartaco Lavagnini ed anche al presidente della mia sezione dell'ANPI, Alfio Tabani, il quale ogni tanto ama raccontarmi del boicottaggio che subì in occasione del concorso interno o dell'assegnazione della casa da parte delle FS. Un ambiente ultrasindacalizzato come mi dipingeva mio padre e come conferma il buon Gallori in questa intervista quando racconta che lo sciopero politico del 10 luglio 1960 contro il governo Tambroni ebbe un'adesione del 98%. "Quando fui assunto conobbi gente che aveva dei valori immensi, gente che era orgogliosa di essere stata punita per aver scioperato come accadeva ai tempi di Scelba"
Un mondo che non esiste più anche come attenzione alla sicurezza che veniva sopra a tutto. Gallori racconta infatti che dal 1957 al 1985, il periodo in cui lavorò, si registrarono solo 7 macchinisti morti, mentre dal 1985 al 2005 furono ben 54. Prima si puntava alla sicurezza assoluta (ai concorsi non si poteva sbagliare una domanda sulla sicurezza) mentre da quando le FS sono diventate "S.p.A." il confronto costi/benefici può far mettere in conto anche qualche morto se ciò porta a risparmiare.
Ezio Gallori, classe 1938, nomina suoi maestri macchinisti figure storiche come Augusto Castrucci, espulso dalle ferrovie da Benito Mussolini e ripresentatosi subito dopo l'Armistizio al Ministro affermando: "Le ferrovie sono nostre e da oggi le gestiamo noi", e Vasco Palazzeschi, primo segretario della Camera del Lavoro di Firenze. Racconta anche di quando Mauro Moretti era sindacalista delle FS e di come la controparte tentava di superare le trattative da un lato con minacce ma molto spesso con tentativi di corruzione ("Molti sindacalisti furono ripagati con case"). Racconta di lotte importanti e dei suoi diciotto processi subiti per le più svariate ragioni, anche sul diritto di sciopero, dai quali è uscito sempre assolto per aver esercitato un diritto costituzionale. Come quando lo incriminarono per aver denunciato, agli inizi degli anni Novanta, l'acquisto da parte di FS di locomotive assolutamente inutili perché incompatibili con l'impianto elettrico esistente (costo 125 miliardi di lire).
"Bastano cento milioni per sospendere questo sciopero?" gli chiesero una volta e, al suo rifiuto, uno degli interlocutori fece all'altro: "Vedi, come ti avevo detto, è delle Brigate Rosse" "No," rispose Ezio, "sono di un'altra brigata, molto rara, quella dell'onestà."
Ezio Gallori ha sempre goduto di grande consenso tra i lavoratori: "Non credo nelle lotte minoritarie. Gli scioperi, quando si fanno, si devono fare tutti uniti. L'unità è essenziale. Il più coraggioso è quello che fa un passo indietro ma riesce a fronteggiare l'avversario."
E conclude con tutta la sua simpatia: "Viaggio sempre con il cappellino e il fischietto per le manifestazioni. Sono diventato un manifestante continuo. Vorrei che i giovani di oggi, allevati a televisione, capissero che ci sono anche dei valori con i quali ad una certa età devi fare i conti."
Un mondo che non esiste più quello di Ezio.
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