"La mole crescente di notizie di cronaca nera che ci investono attraverso i media produce vere e proprie epidemie di paura, infezioni dell'immaginario collettivo. Viviamo allora come traumatizzati senza trauma. Ci affidiamo all'uomo forte che prima ci spaventa e poi promette di proteggerci. Abdichiamo a noi stessi."
Antonio Scurati "Il bambino che sognava la fine del mondo"
Devo dire la verità. Guardando le interviste che Scurati ha rilasciato a Le Storie e a Parla con me ho dovuto superare un istintivo e irrazionale senso di antipatia per l'avvenente scrittore. Nonostante questo, trovo interessante e accattivante la sua tesi: se il Ventesimo è stato il secolo della violenza della storia, il Ventunesimo sembra avviato a diventare quello della violenza della cronaca.
Secondo Scurati il XX secolo ha visto immani violenze ma c'era sempre l'idea che si potesse ci si potesse riscattare verso un domani migliore, una società più giusta. Oggi invece questa violenza sminuzzata che ci viene presentata ogni giorno è completamente priva di redenzione. Ogni giorno un delitto, un delitto al giorno.
E' come se ci fosse un pronunciato bisogno di mostri che è il segno preoccupante di una infantilizzazione del mondo adulto. Come se la psiche collettiva regredisse, sotto la spinta dei media, ad uno stato infantile.
Scurati non è contro il dovere della cronaca, bensì contro quel tipo di giornalismo che gonfia il mostro e lascia al fondo dello spettatore la paura che ci rende bambini e proni all'uomo forte che ci governa attraverso la paura, insieme a quei sentimenti di accanimento, di sottile ferocia. La gente lascia la propria vita e va a vedere da vicino il mostro al processo per spaventarsene e allo stesso tempo per maledirlo (vedi la fila di gente comune per assistere al processo di Erba).
"Spesso non potendo avere il bene tanto sfuggente, sdegnoso, tanto raro, ci si accontenta del male".
Anche questa del male come ripiego mi sembra una tesi affascinante. L'umanità infatti è da sempre attratta anche dalla narrazione del bene, dagli eroi antichi alla narrazione cristiana, ma è come se oggi avessimo perso la fiducia nel possibile racconto del bene. E' come se, non sapendo più narrare il bene, non potendo più avere il suo racconto potente, tristemente ripiegassimo nel racconto del male.
Antonio Scurati "Il bambino che sognava la fine del mondo"
Devo dire la verità. Guardando le interviste che Scurati ha rilasciato a Le Storie e a Parla con me ho dovuto superare un istintivo e irrazionale senso di antipatia per l'avvenente scrittore. Nonostante questo, trovo interessante e accattivante la sua tesi: se il Ventesimo è stato il secolo della violenza della storia, il Ventunesimo sembra avviato a diventare quello della violenza della cronaca.
Secondo Scurati il XX secolo ha visto immani violenze ma c'era sempre l'idea che si potesse ci si potesse riscattare verso un domani migliore, una società più giusta. Oggi invece questa violenza sminuzzata che ci viene presentata ogni giorno è completamente priva di redenzione. Ogni giorno un delitto, un delitto al giorno.
E' come se ci fosse un pronunciato bisogno di mostri che è il segno preoccupante di una infantilizzazione del mondo adulto. Come se la psiche collettiva regredisse, sotto la spinta dei media, ad uno stato infantile.
Scurati non è contro il dovere della cronaca, bensì contro quel tipo di giornalismo che gonfia il mostro e lascia al fondo dello spettatore la paura che ci rende bambini e proni all'uomo forte che ci governa attraverso la paura, insieme a quei sentimenti di accanimento, di sottile ferocia. La gente lascia la propria vita e va a vedere da vicino il mostro al processo per spaventarsene e allo stesso tempo per maledirlo (vedi la fila di gente comune per assistere al processo di Erba).
"Spesso non potendo avere il bene tanto sfuggente, sdegnoso, tanto raro, ci si accontenta del male".
Anche questa del male come ripiego mi sembra una tesi affascinante. L'umanità infatti è da sempre attratta anche dalla narrazione del bene, dagli eroi antichi alla narrazione cristiana, ma è come se oggi avessimo perso la fiducia nel possibile racconto del bene. E' come se, non sapendo più narrare il bene, non potendo più avere il suo racconto potente, tristemente ripiegassimo nel racconto del male.
scurati sta sulle palle anche a me. E la sua tesi non mi convince. Se è stata scritta la tragedia greca ci sarà pure un motivo, no? credo che la differenza la facciano i media moderni
RispondiEliminabaci, marina
Veramente la tragedia greca la cita proprio come esempio di rappresentazione del male dove l'eroe che rappresenta il bene si staglia.
RispondiEliminaTra l'altro nella trasmissione Augias fa una battuta divertente dicendo che forse la cronaca puo' essere vista come "la segatura della tragedia greca".
Quello che ci affascina al cinema e nella letteratura è quasi sempre il male. Il male, come altro da noi, ma anche come elemento perturbante capace di rivelare chi siamo. Noi che ci consideriamo esenti dal male.
RispondiEliminaPS: vi racconterò la settimana prossima di Scurati. Che viene a trovarci assieme ad altri quattro scrittori italiani (simpatici!) nel quadro di un convegno sul NIE.
Concordo sul fatto che le notizie di cronaca nera occupano gran parte dei giornali, gran parte dei Tg e programmi d'informazione, infatti se se ne parlasse meno, sicuramente si avrebbero meno emulazioni, perchè secondo me questo accade per tante menti insane. Scurati comunque non può far rientrare questo secolo in quello privo di redenzione, il desiderio di miglioramento c'è e ci sarà sempre, altrimenti siamo tutti animali sadici, gaudenti della violenza. Interessante post, cara ti auguro un buon pomeriggio, un saluto affettuoso.
RispondiEliminaAnnaamria
Sì dai, Chiara, raccontaci. Sono curiosa di sapere se Scurati è veramente antipatico o solo timido (classico appellativo che danno a chi sembra spocchioso... ;-) )
RispondiEliminaio concordo abbastanza.
RispondiEliminami pare che abbiamo perso il senso del bene, della sua potenza, della sua forza, della sua espressione di vita (bene è anche espressione, creazione) relegandolo al "buonismo", che è invece privo di tale forza, anche emozionale. e forse sì un po ciò induce a cercare di riempire il vuoto che ciò ha lasciato con il male.
in un certo senso penso che ciò derivi anche da un certa cultura dell'immagine e dell'eccessivo "antropico" che ci toglie il contatto con noi stessi, e quindi con gli altri. siamo spesso lontani dalla vita stessa, mi colpisce come oggi non si portino i bambini al funerale del nonno perchè non vedano la morte (che non è male, non almeno il male morboso della cronaca nera, ma il male vero che dà senso alla vita e ne crea le priorità fondamentali di bene). forse non è un esempio azzeccato ma mi dà l'idea che ci allontaniamo dalle cose fondamentali, non nel senso di giuste o buone, ma nel senso di reali. allora forse il male diventa un punto di contatto, una specie di ponte fra questa distanza che si è creata fra noi e la realtà della vita.
beh ho delirato un po', ma è un argomento sul quale rifletto da tempo... difficile condensare in poche righe un mare di pensieri... chiedo venia...
P.S. sarò in casentino il w-end, se fai una gita, il mio cell dovresti averlo ciao :)
ahimè scrivo di cronaca. ahimè non ho potuto perdermi una delle udienze del processo di erba. ahimè litigo ogni giorno con alcuni colleghi sull'effettiva utilità di scrivere di ogni singola smorfia che i "mostri" fanno o pensano di fare... io ho una convinzione: il pubblico cerca ciò che gli viene proposto. se una cosa finisce in tv "è". altrimenti, semplicemente, non esiste. non so il motivo per cui la cronaca nera sia diventata così "amata" e "popolare". so solo che, come ha detto il magistrato del processo di erba, dedicare talk show all'innocenza o alla colpevolezza degli imputati trasforma tutti i potenziali giudici e i salotti di casa da accalorati bar sport che si scannano sul rigore non dato, a fanatici aule di tribunale in cui dare condanne o assoluzioni... e questo mi spaventa...
RispondiEliminaGrazie, Paolo, per l'interessante testimonianza. Mi hai ricordato quello che ha detto Di Bella a Che tempo che fa a proposito del fatto che nel suo TG, in controtendenza, tende a tagliare i servizi di cronaca troppo dettagliati.
RispondiEliminaC'è un chiaro fondo di verità in quello che dice Scurati, ma non dipende soltanto dal fatto di ciò che il pubblico vuole sentire, il rapporto dei mass-media col pubblico è da sempre guastato dal Potere e il potere oggi è di chi se lo può permettere, il potere lo danno i cittadini ignoranti quando vanno a votare(li chiamo soltanto ignoranti per non sporcarti il blog) infatti non riflettono per niente su quello che stanno facendo, sono come bambini che aspettano la ciliegia che cade dall'albero!!!...un caro saluto a te e alla tua attenta cultura mia cara amica...ciaoooooooooo
RispondiEliminaIo ho l' impressione che la frammentazione da "male della storia" a "male della cronaca" possa essere inquadrata in un più generale processo di atomizzazione della società contemporanea. I mali "storici" sono stati sempre messi in azione da ideologie di massa, da idee compattanti capaci di mobilitare paesi e comunità intere, cadute queste grandi forze motrici storiche la malvagità di ognuno è libera di esprimersi in qualsiasi direzione.
RispondiEliminaAllegro, eh!
Da buon psicologo avresti dovuto parlare di "convogliare l'aggressivita'", no? ;-)
RispondiEliminaio non ho presente l'uomo Scurati, ma le sue tesi che tu riporti, sono molto affascinanti davvero, spiegano tante cose. Credo che conserverò questo tuo post tra i post interessanti
RispondiEliminaUn abbraccio
Frida
ma se ti dico che io adoro quasi per intero il genere poliziesco/thriller/noir, tu che dici? ;)
RispondiEliminache vuoi che ti dica Marco?
RispondiEliminama no, è per dire che amo questo tipo di narrazione (quando è finta ;))
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