mercoledì 31 marzo 2010

Sotto il segno del Tau



Se Odifreddi ha fatto il cammino di Santiago, anche quell'atea di Artemisia può fare la pellegrina sul cammino di San Francesco la settimana santa, no?
Come andrà a finire?
Cosa faranno i suoi tre uomini a casa senza di lei?
Ve lo racconterò al mio ritorno.

Auguri laici di buona Pasqua.
Artemisia

domenica 28 marzo 2010

La parità e la libertà

Ho sentito Luisa Muraro intervistata a Fahrenheit e per me è stato un sollievo. Primo motivo: il conduttore la presenta come una che "ha al suo attivo un passato da femminista" e lei lo corregge subito aggiungendo "anche un presente". Finalmente qualcuna che non si vergogna di definirsi "femminista". Secondo motivo: il suo rifiuto del classico discorso sulla parità. Come mi fa innervosire quando, parlando di condizione femminile, si riconduce tutto alla cosiddetta "parità"! "Di che vi lamentate: avete voluto la parità, no?" Quanto detesto questo tipo di affermazioni. "Parità" di che?
Mi viene in mente quella famosa frase del femminismo storico (che però io ho appreso solo recentemente) "Remember, Ginger Rogers did everything Fred Astaire did, but backwards and in high heels." (Ricorda, Ginger Rogers fa tutto quello che fa Fred Astaire ma all'indietro e sui tacchi alti")
E infatti la Muraro afferma nell'intervista che la parità tra uomo e donna (e non solo quella) è un miraggio e anche piuttosto ridicolo. La differenza sessuale c'è e rende impossibile la comparazione tra donna e uomo. E' fuori discussione che i diritti debbano essere comuni a donne e uomini, che bisogna combattere le discriminazioni (non solo verso le donne ma verso tutte le categorie discriminate), vigilare perché le leggi che ci sono vengano applicate, ecc. Ma questo non è femminismo. Le donne, per una malintesa accezione dell'emancipazione, fanno cose stupide, come andare a vedere gli spogliarelli maschili, oppure orribili come la guerra.
La vera conquista delle donne, secondo la Muraro e anche secondo me, sarà (il futuro l'ha usato lei, io avrei usato il condizionale) il "senso libero della differenza". L'esplicarsi della libertà femminile, cioè la libera realizzazione di sé nell'indipendenza da modelli esteriori, (e anche di quella maschile, che speriamo sia sempre più libertà e non prevaricazione) farà vedere ancor meglio quella differenza che adesso troppo spesso è confinata in stereotipi.
Ma che significa esattamente "libertà femminile"? Beh, per esempio, come dice la Muraro in un'altra intervista: "Quello che ci manca veramente, è il tempo. Alle donne scarseggia drammaticamente il tempo per sé."

sabato 27 marzo 2010

Votiamo in attesa di tempi migliori

Quanto a capacità "convincitoria" (come dice Marina) sono sempre stata una schiappa. Però non demordo e lo ribadisco: anche per queste elezioni è importante andare a votare. L'astensionismo non mi convincerà mai. Non sto qui a rifare i predicozzi già fatti più volte in occasioni precedenti:
Non mollate ragazzi!
Chi non vota non ha diritto di lamentarsi
Non è mai il momento di astenersi

Scusate l'autoreferenzialità ma sono stanca e non saprei cosa aggiungere. Purtroppo in Italia siamo sempre in emergenza e, a quanto pare, non ci si può rilassare mai.
Quindi andiamo a votare consapevoli che:
1) questo strumento è stato purtroppo svuotato di gran parte di significato in quanto all'elettore si è cercato di dare meno informazioni possibili lasciandogli solo da fare una croce su una figurina;
2) il nostro vero compito è la difesa quotidiana della Costituzione, dei diritti conquistati e del senso della comunità.
Verranno tempi migliori.

mercoledì 24 marzo 2010

Aguzzando la vista

Sono attratta da tutto ciò che è "naturale". Ecco che, appena finita di scrivere la frase precedente, è partita subito la vocina dello scettico razionalista che è dentro di me (ma spesso accanto a me) che mi dice che "naturale" non significa niente. Va bene però non voglio che questo sia l'alibi per accettare sempre l'intervento dell'uomo e perdere di vista (ho detto "vista"?) quello che è collegato alla propria natura di esseri viventi.
Anche la perdita di capacità di messa a fuoco che sto sperimentando è una cosa naturale. E' il mio cristallino che si irrigidisce o qualcosa del genere. Ci sono aspetti dell'invecchiamento che non mi danno troppo fastidio (per esempio le rughe o i capelli bianchi o la pelle meno elastica) e altri che faccio fatica ad accettare (soprattutto quelli che comportano il non riuscire più a fare una cosa come la facevo prima).
La presbiopia è una di quelle complicazioni che mi riesce difficile mandar giù. Sarà che, per fortuna, non ho mai avuto bisogno di occhiali e l'idea di esserne dipendente mi terrorizza. Una mia amica mi ha consigliato un'optometrista che segue il metodo Bates di cui non avevo mai sentito parlare ma che mi ha attratto subito perchè si propone di riacquistare la capacità visiva in modo appunto "naturale", cioè facendo determinati esercizi. L'optometrista mi ha consigliato degli esercizi da fare con gli occhiali stenopeici che sono di plastica con i forellini e fanno arrivare fasci di luce paralleli sull'occhio. Sinceramente all'inizio ero un po' scettica però mi ha convinto il fatto che, se è vero che con gli occhiali correttivi l'occhio si adatta e tende a peggiorare sempre di più, ho pensato che costringendolo a "fare ginnastica" al massimo sarei rimasta com'ero. E poi si trattava semplicemente di usare questi occhiali per brevi periodi al giorno leggendo, lavorando al computer o guardando la TV. Incredibilmente già dopo il primo mese ho recuperato qualcosa e in questo secondo mese, entusiasmata dai progressi, mi sto applicando e devo dire che il miglioramento è tangibile.
L'optometrista applica questo metodo con un approccio olistico. Per esempio mi ha guardato l'iride, dove secondo lei si può vedere lo stato di salute dei miei organi, ha indagato sulla mia alimentazione dandomi consigli ed infine mi ha dato degli esercizi un po' meno convincenti come il palming e il sunning. Sono sincera, nel mio rapporto con medicina alternativa tendo a dare ragione alla vocina scettico-razionalista di cui sopra e mi sento un po' presa in giro. Però ovunque si tratti di contare sull'impegno quotidiano di educazione del proprio corpo, io ci sto analogamente alla ginnastica medica che seguo da quattro anni e di cui ho visto gli ottimi risultati.

domenica 21 marzo 2010

Dietro ciascun nome una storia

Una giornata impegnativa. Partenza alle sette con il treno alta velocità. Arrivo a Milano un po' prima delle nove. Qualche fermata della metro ed eccoci a Porta Venezia. Il cielo è grigio e ogni tanto comincia a spruzzare una pioggerellina sottile. Quest'anno per fortuna ci è toccata una bandiera di Libera. Attraversiamo il lungo corteo fotografando i vari striscioni delle scuole.
Le facce pulite dei ragazzi, anche molto piccoli, sono il ricostituente che mi darà fiducia per un bel po'. Passiamo anche la selva dei gonfaloni (dove con piacere notiamo anche quello del Comune di Firenze) e arriviamo in testa al corteo. Qui niente musica sparata a palla ma solo persone di tutte le età che sfilano in silenzio. Sono i familiari delle vittime innocenti della mafia. Li riconosci perché hanno al collo o sulla maglietta la foto del loro caro, talvolta anche la storia.
E' con loro che percorriamo il tragitto che ci porta in Piazza Duomo. Sono persone comuni, alcune anziane, altre giovani con bambini piccoli, alcune hanno il volto un po' scavato. Li accomuna una storia di grande sofferenza. E' guardando le loro facce che mi rendo conto esattamente del significato di questa giornata, più di quello che è accaduto l'anno passato a Napoli quando, avendo fatto tardi, siamo rimasti sempre tra i ragazzi delle scuole. E' con questa consapevolezza che, arrivati in piazza Duomo, ascolto la lettura dei novecento nomi e cognomi che vengono ricordati oggi. Come è lungo questo elenco! Vittime innocenti di mafia. Si pensa subito ai nomi noti di Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, si pensa ai poliziotti, ai sindacalisti, ai giornalisti. Ma tra le vittime innocenti di mafia ci sono anche persone comuni, che mai avrebbero pensato di far parte di questo elenco, come Annalisa Durante, 14 anni, o Dario Scherillo, 26 anni, o Silvia Ruotolo, o la famiglia Nencioni, interamente distrutta nella strage dei Georgofili a Firenze. Don Ciotti nel suo intervento appassionato ed infuocato riesce a toccare, senza fare il nome di un politico o di un partito, tutti i punti più sentiti da chi ha bisogno di legalità e di giustizia: le leggi ad personam, l'acqua pubblica, il razzismo, la crisi economica, la difesa della Costituzione. Non può fare a meno però di commuoversi quando si rivolge ai tanti familiari seduti davanti al palco che, sono sicura, egli conosce uno ad uno.

Qui altre foto della giornata.
Rassegna stampa della giornata dal sito di Libera.

sabato 20 marzo 2010

martedì 16 marzo 2010

Chissà perché mi interessa sempre tutto?

Gli amici di Firenzeinbici mi segnalano un incontro pubblico sulla mobilità (ciclabilità, servizi pubblici, ecc.) che forse mi aiuterebbe a capire cosa bolle nella pentola dei nostri amministratori riguardo a questo aspetto, secondo me, centrale nella vita della mia città. Mannaggia, è proprio la domenica nella quale abbiamo promesso ai nonni di andare a pranzo da loro.
Mi piacerebbe andare anche a quello sulla sostenibilità "3Rx0Rifiuti" con Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF, che ho già avuto occasione si sentire anni fa e che è molto bravo e competente. Ma sabato prossimo sarò a Milano.
Al liceo di mio figlio organizzano una serie di lezioni, aperte anche ai genitori, sull'educazione alimentare (Conoscere i cibi, i fattori dei consumi metabolici e se stessi. Cinque incontri per essere più in forma). Un tema che mi sta molto a cuore, peccato che l'orario (le 15) mi costringe a prendere permesso in ufficio.
Ho scoperto che l'editrice La Terza organizza la domenica mattina, nell'ambito dell'iniziativa "Firenze Scienza", al Teatro Odeon delle lezioni di storia della scienza che devono essere molto interessanti (l'astronomia secondo Dante, la cupola di Brunelleschi, le costellazioni scoperte da Galileo e dedicate ai Medici). Se il tempo è bello però come faccio a chiudermi in un teatro e non sfruttare le prime domeniche di primavera per riprendere a camminare?
Leggo sul blog di Piero Ricca, che pur con la sua irruenza, per me rimane un punto di riferimento per la libertà di espressione, che in un circolo Arci di Firenze è previsto un dibattito sulla libertà del web. Mi piacerebbe proprio andarci, ma come faccio? La sera dopo cena crollo di stanchezza.
E che dire degli incontri di Caffè Scienza, sempre molto accattivanti? Quello sul Perché i ragazzi odiano la matematica deve essere molto carino, magari così capisco anche il mio rifiuto (pregiudiziale, lo ammetto) per questa materia. Stesso problema di cui sopra.
E come la mettiamo con il ciclo "Leggere per dimenticare"? Sono anni che mi stampo il programma evidenziando quelle tre o quattro presentazioni di libri che mi interessano e poi per un motivo o per un altro non ce la faccio ad andarci. Il mercoledì pomeriggio in effetti è l'unico, durante la settimana, che ho un paio d'ore per fare le lavatrici, stendere, stirare e cucinare qualcosa di decente.
Uffa! Come si fa? Troppe tentazioni! Certo, devo fare delle scelte, devo dare delle priorità. Ma ogni rinuncia mi costa comunque un po' di dispiacere. Ma perché mi interessa sempre tutto? Perché sono così curiosa di tutto? Perché questa bulimia di saperne di più? Perché non mi viene mai (o quasi mai) da pensare "ecchisenefrega!" come fanno tanti? Devo avere qualche tara ereditata chissà da chi (i miei genitori non sono affatto così). Forse dalla mia nonna esuberante. Boh!

sabato 13 marzo 2010

Piccola oasi lontana dai troll

Ogni tanto nel mio piccolo gruppo di amici blogger qualcuno manifesta il desiderio di interventi di dissenso. Non capisco molto questa esigenza. Non è che bisogna essere sempre tutti d'accordo su tutto, per carità. Sarebbe noioso. Io trovo che in questo, come in altri blog che seguo, ci sia scambio di opinioni ma per fortuna non quelle polemiche sterili che si leggono su certi siti molto frequentati con interventi che spesso sfociano nell'insulto fine a se stesso di chi non ha nessun interesse verso l'interlocutore o verso il suo pensiero quanto solo bisogno di dar sfogo alle proprie frustrazioni.
Francamente mi guardo bene dal frequentare blog e siti che hanno questi toni e mi conforta un bell'articolo di Leonardo Tondelli su L'Unità di qualche tempo fa che spiegava bene quella che è l'esperienza di chi come me bazzica la rete ormai da qualche anno.
Cito qualche passo anche se ne consiglio la lettura integrale:
"Voi praticoni di internet avete i vostri riferimenti, i vostri feed, le persone simpatiche ed esperte di questo o quel settore che avete selezionato in anni di frequentazioni, ed è questo a rendere la vostra finestra così colorata e interessante."
"Internet è piena di melma, inutile negarlo (nessuno infatti ci ha provato). Però in mezzo alla melma ci sono cose straordinarie che valgono tutta la bolletta, e persone che sostengono, come me, che è inutile criticare la melma: l'unico sistema per migliorare la qualità è creare piccole oasi di cose intelligenti e interessanti, in zone non troppo remote da quelle dove passa il grande traffico. I blog che leggo quotidianamente sono una realizzazione imperfetta di questa idea di oasi: mi riassumono i fatti importanti del giorno in modo esauriente e divertente, mi raccontano notizie singolari e importanti che da solo non avrei trovato mai, a volte mi fanno arrabbiare, ma sempre per un'idea diversa dalla mia, non per uno schizzo d'odio. Però ci ho messo anni a selezionarli, e ho dovuto vincere il fascino per la melma, per i deliri dei dementi, che soprattutto all'inizio mi soggiogavano e mi facevano perdere tempo prezioso (tuttora, a portata di clic, c'è la perdizione). Insomma, ci ho messo anni per rendere davvero efficiente e interessante quella che una volta si chiamava “navigazione” su Internet."
E' proprio così. A cosa serve mettersi a litigare con chi non ne sa affatto più di te ma crede di poterti insegnare come stanno le cose? Oppure con chi si sente il diritto di giudicarti da qualche frase che lasci in rete senza sapere nient'altro di te? La realtà di tutti i giorni è piena di gente che ti aggredisce, di gente nervosa e prepotente. Per questo mi tengo cara la mia piccola oasi.

venerdì 12 marzo 2010

mercoledì 10 marzo 2010

Grazie Iacona

La casa, la scuola, l'acqua, la giustizia, l'energia. Presa diretta secondo me vale da sola il canone RAI. Una finestra sull'Italia. Senza lustrini e cosce di fuori, senza chiacchiere di politici che urlano uno sull'altro. Riccardo Iacona e i suoi bravi colleghi vanno in giro per l'Italia, riprendono, fanno domande, si intrufolano e ti raccontano in modo semplice e chiaro quello che hanno visto.
Purtroppo le sei puntate di Presa diretta sono finite ma mi dicono che abbiano fatto un buon indice di ascolto. Consiglio a chi non le avesse viste di farlo attraverso il sito della trasmissione.
Ciascuna di esse meritava un post a parte ma non ho avuto tempo. Quindi mi limito ad una carrellata di ciò che mi ha colpito di più.
In "Case da pazzi", mettendo da parte la nausea della pratica degli affitti a nero mostrata con telecamera nascosta, mi è piaciuto il palazzo che un Municipio di Roma ha acquistato e recuperato, spendendo una cifra ragionevole senza cementificare ulteriore territorio, e fornendo a diverse famiglie una risposta ad un bisogno primario.
"Acqua rubata" ha mostrato l'assurdità della gestione privata degli acquedotti come ad Arezzo dove, pur essendo in maggioranza la quota pubblica, il Comune non può far niente perchè la gestione è in mano alle banche (oltre che alla multinazionale proprietaria della rimanente quota). Fa da contraltare l'ottimo funzionamento dell'acquedotto pubblico di Milano.
La puntata sull'Abruzzo ha confermato in modo semplice e diretto tutto quello che la nostra amica Anna-Miskappa ci ha raccontato in questo anno dal terremoto. Delle tante e varie testimonianze ricordo la signora anziana che abita nelle famose C.A.S.E., costate 2700 euro a metro quadro e superaccessoriate, ma che non riesce a trattenere le lacrime per la nostalgia verso la comunità di cui faceva parte (quella del centro storico) e dalla quale invece ora è completamente tagliata fuori (non avendo oltre tutto l'auto) e per di più temendo di essere considerata un'ingrata.
"Sole Vento Alberi" ha impietosamente puntato i riflettori su ciò che è stato fatto in Germania e ciò che NON è stato fatto in Italia su l'energia verde.
Le puntate sulla scuola e sulla giustizia sono quelle che mi hanno straziato di più il cuore. In "Scuola fallita" hanno fatto vedere i bambini e i ragazzi della Milano bene che frequentano scuole con rette proibitive e tutto quello che potresti desiderare comprese le sovvenzioni della regione. Dal ricco menu della loro mensa siamo passati ai ragazzi di una scuola media di Palermo (unico luogo contro il degrado del quartiere) che mangiavano il loro arancino freddo portato da casa indossando il cappotto perchè non avevano neppure riscaldamento. E che dire della grottesca giostra delle classi dell'Istituto Nautico di Messina costrette al trasferimento continuo per carenza di aule?
Quanto alla giustizia, le immagini che sono rimaste scolpite nella mia mente riguardano il procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto (che è per Messina quello che Corleone è per Palermo) che, alla manifestazione antiracket, promette lotta contro la mafia "finchè rimarrà anche un solo giudice" (e in effetti sono rimasti in due) e l'anziano giudice rimasto solo nella deserta Procura di Enna che dopo quarant'anni di servizio fa tutto, dagli atti amministrativi più banali alle udienze ("vada in pensione" gli ha consigliato il Ministro Alfano). E come non pensare a Kafka vedendo le immagini del Palazzo di Giustizia di Milano? Nel piano più alto il processo dove Berlusconi non si presenterà mai, sotto il processo Parmalat a rischio di prescrizione ed infine nei sotterranei i processi lampo alle ragazze rom beccate a rubare confezioni di tonno e di grana. Davvero un affresco sull'ingiustizia umana.
Perchè non lasciamo i politici fuori dalla televisione tutto l'anno e lasciamo che Iacona e suoi colleghi ci raccontino il nostro paese?

Vedi anche il post W la TV di Iacona

domenica 7 marzo 2010

L'ignoranza e la fatica dello studio

Il professor Ivano Dionigi, eletto di recente rettore dell'Università di Bologna (incarico che lui ha definito "meraviglioso e tremendo"), ospite nella trasmissione di Augias Le Storie, ha confermato (quasi un grido di dolore) i dati emersi da un'inchiesta del Centro Europeo dell'Educazione: l'8% dei laureati non sa scrivere, il 25% ha scarsa padronanza con l'italiano, il 21% arriva ad un livello minimo di comprensione del testo. Il rettore ha constatato che gli studenti arrivano all'università in condizioni di semianalfabetismo. Anche secondo un'inchiesta dell'Ocse il 33% degli Italiani legge senza poter capire, firma ma non è in grado di scrivere.
Il discorso e la ragione sono ciò che ci distingue dagli animali, dice il professor Dionigi e, citando Platone, ricorda che "parlare bene, oltre ad essere una cosa bella in sé, fa anche bene all'anima". Le cause, secondo Dionigi, vanno ricercate nella scuola, che è sottoposta a continui terremoti di riforme, e, più in generale, al fatto che si va sempre più verso un mondo facilitante, mentre dovremmo riscoprire la bellezza e la durezza dello studio. Fino agli anni Settanta abbiamo dovuto parlare di diritti e dovevamo conquistare certi diritti dei ceti più bassi, ma sono più di trent'anni che in questo paese non si declina più la parola doveri. Ai giovani viene trasmesso, anche dalle famiglie, il messaggio che la laurea non ha più il valore di una volta e in generale non c'è più l'educazione al lavoro, alla durezza della fatica.
Il magnifico rettore è forse un nostalgico e anche un po' snob. Può darsi. Nel mio piccolo però posso confermare che davvero nei ragazzi c'è ormai il rifiuto per tutto ciò che costa sforzo e non c'è il gusto del conquistarsi qualcosa con l'impegno e la fatica. Forse sarò conservatrice e desueta anche io, ma trovo che questo andazzo sia triste e desolante. La vita facilitata e predigerita (ammesso di poterla veramente ottenere) è una vita che non sa di niente.
Mi vengono in mente i miei figli: il grande che pontifica che "studiare non serve a niente, me lo ha detto la prof" (non so se sia vero o se sia una sua personale interpretazione) mentre il piccolo che adotta come criterio di scelta della scuola superiore: "voglio andare dove si fa meno". Non c'è male: proprio figli del loro tempo.

venerdì 5 marzo 2010

Se persino i moderati si arrabbiano...

"La decisione di chiudere i programmi di approfondimento RAI è gravissima, senza precedenti in Europa. E' come se ci fosse paura che questi programmi svelino illusioni spesso spacciate per realtà. Il miracolo de L'Aquila, non è vero: L'Aquila muore. La crisi è finita, non è vero: la crisi continua a mordere. Della mafia non si parla: la criminalità organizzata governa di fatto un terzo del paese. Nascondere i problemi vuol dire aggravarli, portarli alla luce. Litigare sui problemi potrà dispiacere a chi governa, ma è un aiuto a pensare, oltre ad essere la regola numero uno della democrazia: conoscere per deliberare. La decisione del direttore generale della RAI dottor Masi di abolire questi programmi è sbagliata e arreca pregiudizio all'azienda quali che siano le ragioni per le quali è stata presa.
Moderato come sono, per esperienza, per educazione, per carattere, obbedirò nei limiti della ragionevolezza."



A me piace molto Augias e non mi perdo neanche una puntata della sua trasmissione su RAI3 che va in onda da anni e che, nonostante l'orario, fa circa un milione e mezzo di ascolti. Mi piace proprio perché è un signore, è colto, misura le parole, ma non si fa scrupoli, dall'alto della sua età e della sua esperienza, di dire quello che pensa. Se anche un moderato come lui sente di fare una denuncia così dura (per altro molto condivisibile) vuol dire che la situazione è veramente grave.

mercoledì 3 marzo 2010

Dai, dai, che ci siamo!

E' ora di tirare fuori gli scarponi e di cominciare ad allenarsi!

lunedì 1 marzo 2010

I treni della felicità

Fa bene sentir parlare di un'Italia che non ti aspetteresti, un'Italia solidale e generosa con semplicità. E' quella che racconta Giovanni Rinaldi nel libro "I treni della felicità" intervistato a Fahrenheit Radio 3.
Subito dopo la guerra circa 70.000 bambini rimasti soli o senza sostentamento a causa dei bombardamenti o a causa degli arresti durante le rivolte contadine del Sud furono accompagnati dalle donne dell'UDI (Unione Donne Italiane) presso famiglie emiliane, romagnole, toscane o marchigiane, che li accolsero e li ospitarono come fossero loro figli per alcuni mesi o per alcuni anni. Rinaldi ha raccolto le testimonianze di questi bambini ormai divenuti adulti. Si trattava dei bambini di Napoli abbandonati in mezzo alla strada, di quelli di Frosinone senza casa a causa dei bombardamenti o dei figli dei braccianti pugliesi arrestati dopo le retate a seguito delle rivolte contadine. Questi bambini scoprirono un mondo diverso rispetto a quello povero del Sud. Chi racconta della scoperta della cioccolata o della prima briosche, chi della paura, sentendo parlare emiliano, di essere arrivato in Russia e non voleva scendere dal treno. Paure e difficoltà che furono superate dall'umanità di queste donne che aprirono la loro casa e li accolsero come figli tanto che ancora oggi i legami con queste famiglie permangono con lettere, visite per le vacanze, ecc. C'è chi, come Giovanna Pagani di Massa Lombarda, ricorda come avesse accolto con una certa gelosia il ragazzino sardo altissimo che arrivò nella sua casa per poi capire, grazie all'amore che i genitori seppero dare ad entrambi, di averci guadagnato e non perso. Ci fu persino chi decise di rimanere: come Amerigo Marino che oggi vive a Senigallia. Dopo sei mesi ad Ancona in una famiglia che lo aveva accolto meravigliosamente, tornò in Puglia e cominciò a manifestare disagio rifiutando il cibo e inducendo alla fine la mamma a ricercare la famiglia ospitante.
Un'Italia che sembra un'altra rispetto a quella divisa ed egoista di oggi ma che probabilmente è quella vera anche se non viene mai raccontata.