giovedì 12 aprile 2012

Se anche De Mauro fu bocciato...

Che l'adolescenza sia un'età difficile e delicata è fuori dubbio. Si è così impegnati a costruirsi una personalità, a capire chi siamo e cosa vogliamo, a "manipolare" questo io che non è più bambino ma non è ancora adulto, che non ci restano tempo e voglia per fare quello che la società ci chiede: studiare. Studiare? A che servirà mai? Sì, va bene, come ci dicono i grandi, bisogna studiare per farci una cultura, magari forse una posizione o comunque per acquisire gli strumenti per affrontare la vita. Ma a quattordici, quindici, sedici anni altre sirene chiamano con più prepotenza: dalla voglia di affermarsi nel gruppo dei pari (quanta maggiore soddisfazione sparare cazzate tra compagni piuttosto che seguire la lezione!), al desiderio di cimentarsi in quello che ci piace (dal calcio alla musica rock) finanche al richiamo per il gioco dei bei tempi che furono (la fida playstation è sempre a portata di mano).
Ecco che in tutto questo quadro (nel quale qualcuno di famiglia si riconoscerà) tocca invece impegnarsi perché la fine della scuola incombe e c'è da rimediare le insufficienze, onde non giocarsi l'estate o, peggio ancora, l'anno.
Che il successo scolastico non misuri il valore di una persona è confermato da illustri esempi (oltre ad Einstein noto a tutti, scopro che anche Andreotti ha ripetuto la terza media). Uno di questi pare sia Tullio De Mauro, famoso linguista, professore in diverse università, accademico della Crusca ed ex Ministro della Pubblica Istruzione, il quale, intervistato a Fahrenheit sul suo ultimo libro "Parole di giorni un po' meno lontani", racconta che non ebbe vita facilissima come studente, nemmeno con i temi.
Alle medie, per esempio, si era incaponito nell'usare un periodare molto frammentato, di cui andava molto orgoglioso, perché secondo lui esso doveva mimare l'andamento di un ruscello impetuoso vicino alla sorgente per diventare più ampio via via che il fiume proseguiva il suo corso. "Periodetti singhiozzanti" fu il giudizio della professoressa sul tema.
Il ragazzo Tullio De Mauro leggeva molto anche a quell'epoca ma se lo teneva per sé, come succede a tanti ragazzi (o forse "succedeva"). Al Ginnasio fu persino bocciato da un professore che lo aveva preso di mira, rimandato ad ottobre e messo in crisi durante l'esame per farlo fallire. Il linguista afferma però di non esserci rimasto troppo male e di averlo vissuto come un anno di quiete, nel quale ebbe l'opportunità di studiare meglio e di leggere di più, un incidente di percorso quindi.
"Ha tenuto conto di queste esperienze quando è stato chiamato a fare il ministro?" chiede l'intervistatrice. "Sono state un modello di riferimento costante" risponde il professore e sottolinea la necessità della qualità degli insegnanti come risolutiva all'interno della grande complessità del sistema scolastico, elemento senza il quale l'organizzazione e gli investimenti servono a poco.
Tornando ai nostri ragazzi, al di là di quello che faranno nella vita, ritengo comunque che debbano imparare a misurarsi con le difficoltà e la scuola può essere comunque una buona palestra in questo senso.

3 commenti:

  1. Penso anch'io che una sana bocciatura in alcuni casi vada applicata per il bene dei ragazzi.
    Il problema è che oggi come oggi non c'è in tal senso sensibilità, rispetto e volontà di capire questa cosa.. infatti se osi minimamente rimproverare (peggio quindi quando si propone di bocciare qualcuno), di ritrovarti minimo i genitori rissosi alla porta o psicologi che ti rimproverano di aver traumatizzato i ragazzi o ancora una denuncia per maltrattamenti..

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  2. Naturalmente hai ragione, peccato che tutto ciò avvenga durante un'età in cui si dovrebbe essere spensierati.
    Cristiana

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  3. Ma si può essere spensierati riguardo alla scuola, Cristiana. Basta impegnarsi un minimo. Parlo per i miei che, ti assicuro, non si ammazzano di studio!

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