Secondo l'ultimo Rapporto Censis le donne italiane che lavorano hanno 7 ore di tempo libero settimanale in meno degli uomini.
"C'era bisogno che ce lo dicesse il Censis?" è stato il commento della mia collega quando, l'altro giorno, si parlava della stanchezza quotidiana e del poco supporto da parte dei mariti. E invece secondo me è importante che vi siano documenti ufficiali che avvalorino e rendano oggettiva quella sensazione perenne di stanchezza, quell'ansia di non riuscire mai a mettersi in pari, che viviamo costantemente noi donne che lavoriamo sia fuori che in casa.
Ha fatto bene quindi Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell'Istat, intervistata su questi temi a Fahrenheit Radio 3, a sottolineare che, se vi è stato un indubitabile avanzamento delle donne italiane negli ultimi decenni, esso è avvenuto ad un prezzo assai alto. Secondo le statistiche infatti, le donne italiane lavorano, se si somma il lavoro di cura con quello extradomestico, più di nove ore al giorno, compresi sabato e domenica.
L'aiuto da parte dei partner è senz'altro aumentato (più nel Centro-Nord che nel Sud) ma l'asimmetria nella divisione dei lavori all'interno della famiglia si è ridotta di miseri otto punti negli ultimi vent'anni passando dall'80% delle ore di lavoro di cura assorbite dalle donne al 72%.
Riguardo ai figli, pare che la parità tra i sessi sia quasi raggiunta nelle nuove generazioni ma tutta giocata al ribasso: il 63% dei figli maschi e il 47% delle figlie femmine dichiara di non dare nessun aiuto domestico.
Insomma le donne della mia generazione, tra i 40 e i 60 anni, vivono schiacciate tra il lavoro fuori casa, preziosa opportunità di autonomia e di realizzazione personale ma anche, per molte, necessità economica dettata dal costo della vita, il lavoro domestico, per il quale non riceviamo (o, se preferite, non siamo capaci di conquistare) grande aiuto, il lavoro di cura prima verso i figli piccoli poi verso i genitori anziani e l'impossibilità di andare in pensione per ancora diversi anni.
"C'era bisogno dell'Istat?" direbbe la mia collega (che comunque, come me del resto, può ritenersi fortunata per diversi motivi). Sì, ritengo che ci sia bisogno. Ritengo che si debba sapere che se queste donne dovessero mollare perchè non ce la fanno più, sarebbe dura per tutti, uomini, donne, giovani, vecchi e bambini. Meditate, gente, meditate.
"C'era bisogno che ce lo dicesse il Censis?" è stato il commento della mia collega quando, l'altro giorno, si parlava della stanchezza quotidiana e del poco supporto da parte dei mariti. E invece secondo me è importante che vi siano documenti ufficiali che avvalorino e rendano oggettiva quella sensazione perenne di stanchezza, quell'ansia di non riuscire mai a mettersi in pari, che viviamo costantemente noi donne che lavoriamo sia fuori che in casa.
Ha fatto bene quindi Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell'Istat, intervistata su questi temi a Fahrenheit Radio 3, a sottolineare che, se vi è stato un indubitabile avanzamento delle donne italiane negli ultimi decenni, esso è avvenuto ad un prezzo assai alto. Secondo le statistiche infatti, le donne italiane lavorano, se si somma il lavoro di cura con quello extradomestico, più di nove ore al giorno, compresi sabato e domenica.
L'aiuto da parte dei partner è senz'altro aumentato (più nel Centro-Nord che nel Sud) ma l'asimmetria nella divisione dei lavori all'interno della famiglia si è ridotta di miseri otto punti negli ultimi vent'anni passando dall'80% delle ore di lavoro di cura assorbite dalle donne al 72%.
Riguardo ai figli, pare che la parità tra i sessi sia quasi raggiunta nelle nuove generazioni ma tutta giocata al ribasso: il 63% dei figli maschi e il 47% delle figlie femmine dichiara di non dare nessun aiuto domestico.
Insomma le donne della mia generazione, tra i 40 e i 60 anni, vivono schiacciate tra il lavoro fuori casa, preziosa opportunità di autonomia e di realizzazione personale ma anche, per molte, necessità economica dettata dal costo della vita, il lavoro domestico, per il quale non riceviamo (o, se preferite, non siamo capaci di conquistare) grande aiuto, il lavoro di cura prima verso i figli piccoli poi verso i genitori anziani e l'impossibilità di andare in pensione per ancora diversi anni.
"C'era bisogno dell'Istat?" direbbe la mia collega (che comunque, come me del resto, può ritenersi fortunata per diversi motivi). Sì, ritengo che ci sia bisogno. Ritengo che si debba sapere che se queste donne dovessero mollare perchè non ce la fanno più, sarebbe dura per tutti, uomini, donne, giovani, vecchi e bambini. Meditate, gente, meditate.
Sì, c'è bisogno di dirlo e di ripeterlo, continuamente, fino a che le stesse donne arrivino a capirlo...perché che lo capiscano gli uomini della tua generazione (generalizzando) la vedo dura!!!
RispondiEliminaE poi ci sono sempre le eccezioni...(e non lo dico per difendere la categoria :-) )
RispondiEliminaApprofitto per augurarti una Buona Pasqua
Pace e benedizione
Julo d.
PS: sono d'accordo che c'è bisogno, per tanti uomini ma anche per qualche donna, di queste statistiche
Artemisia,
RispondiEliminaIo credo che sia davvero una denuncia importante, questa. E credo che ci sia proprio bisogno dell'Istat per rendere consapevoli gli uomini (ma anche le donne) di come stanno le cose in realta'. Perche' una statistica del genere secondo me e' un indice di un problema culturale.
Penso che pero' bisogna stare molto attenti con le generalizzazioni.
Per fare un esempio imbecille, se l'Istat dicesse che molti piu' extracomunitari sono coinvolti in episodi di microcriminalita' non avrei problemi a crederci. Penso che gli immigrati siano tali perche' nei loro paesi erano poveri, e penso che procurarsi i soldi per il pane anche in modi illeciti sia un bisogno. Difficile che un ricco abbia bisogno di rubarmi il portafoglio.
Dire pero' che gli extracomunitari sono ladri mi pare una sfumatura di interpretazione che travisa totalmente la realta'.
Personalmente non credo si possa proprio dire che io lavoro di meno di mia moglie, o che io abbia piu' tempo libero.
Detto questo ovviamente ci sono altri problemi. Ad esempio che lei prima di conoscere me ha in effetti subito duramente questo problema, e forse adesso e' il tempo della rivalsa. Francamente non mi sento di assumermene la colpa, ne' come individuo ne' come appartenente alla categoria degli uomini.
E poi c'e' anche un altra questione che spesso mi sono posto senza venire a capo di una risposta appropriata. Se io in qualche modo ho modo di inseguire una realizzazione professionale (trascuro in questa considerazione gli ultimi anni nei quali sto rivalutando di molto questa aspirazione), be', una casalinga questo stimolo non credo ce lo possa avere. E una lavoratrice-casalinga ne sarebbe molto ostacolata rispetto ad un uomo (credo che valga anche per un uomo casalingo o un casalingo-lavoratore, ma mi pare che si tratti di categorie piuttosto inusuali).
Trovo giusto che ci siano le statistiche che mettono in evidenza certi aspetti negativi della nostra società ma dovrebbero essere anche il Parlamento ed i politici a preoccuparsi di creare leggi che migliorino la vita ed il lavoro dei cittadini
RispondiEliminaIo personalmente in questi ultimi anni, come insegnante di una certa età,ho avuto nuovi incarichi all'interno della mia scuola, anche impegnativi, e passo molto più tempo al lavoro, a discapito della mia vita privata. Se questo è fare carriera ed essere in gamba come gli uomini, o forse più, certe volte mi pesa e mi crea stress... Ci dovrebbe secondo me esserci una via di mezzo !
un caro saluto erica