15 maggio 2011, ultima giornata del campionato di serie A. Nel derby Bari-Lecce, Andrea Masiello segna un autogoal che sancisce la vittoria al
Lecce, salvandolo dalla retrocessione. Sembra non volersi rialzare da terra da quanto è scioccato ed
amareggiato. “Lui che ha dato tanto, non voleva [sic] che finisse così
male” afferma ingenuo il cronista. Ma i giornalisti Giuliano Foschini e Marco Mensurati, ospiti
di questa puntata de Le storie Diario Italiano e autori del libro
“Lo zingaro e lo scarafaggio”, ci spiegano che il calciatore era
stato pagato 200.000 Euro dall'altra squadra per tuffarsi il quel
preciso momento e spingere la palla in porta. Masiello, che pure è un calciatore di indiscutibile talento e che aveva firmato per l'anno
successivo un contratto da un miliardo l'anno, ha confessato
agli inquirenti che accasciato a terra non era affatto abbattuto ma stava ridendo per l'incredibile facilità con la quale era riuscito a portare a termine l'operazione.
Intorno ai vent'anni ero una tifosa appassionata, frequentavo la curva Fiesole e sono andata anche a qualche trasferta della Fiorentina. Mi sono divertita tantissimo e capisco quindi perfettamente i miei figli che non si perdono una partita della Viola. Per quanto mi riguarda, il calcio professionistico ha chiuso con la tragedia dell'Heysel. Rimasi disgustata del fatto che la partita si disputò ugualmente nonostante i morti. Ma quella fu solo la goccia che fece traboccare il vaso e che sancì la mia presa di coscienza di quanto il calcio professionistico fosse solo un grande spettacolo mediatico che muoveva tanti (troppi) soldi. La quinta azienda italiana, secondo il giornalista Foschini.
L'inchiesta lunga un anno di Foschini e Mensurati, raccontata in modo romanzesco ma del tutto veritiero nel libro, porta alla luce scenari ancora più inquietanti, se mai ce ne fosse bisogno.
I due giornalisti raccontano il loro incontro a
Skopje con Hristiyan Ilievski, bandito macedone latitante, un essere che definito su tutti i verbali “brutto e terrificante”, “capace
nel giro di 23 secondi di far fare a un milione di Euro due volte
il giro del mondo sull'asse Ascoli-Singapore, andata e ritorno. Un
giro geniale, che investiva i soldi degli altri sul bene più
trascurato dai mercati internazionali: la stupidità dei calciatori e
dei tifosi.”
Nel libro infatti si
legge che il criminale “aveva capito che i calciatori sono una
massa di bambini avidi e viziati, gente convinta che il proprio
tenore di vita sia un diritto, qualcosa di scontato, e non una
variabile che dipende, come qualsiasi altra catergoria, da cose come
il tempo che passa, il talento, la fortuna. Uomini diseducati alle
sofferenza fin da ragazzini.”
L'immaturità dei "moderni gladiatori” (salvo le dovute eccezioni che ci sono sempre in tutte le categorie) non mi meraviglia. D'altra parte, nella maggior parte dei casi, sono ragazzi che si sono trovati con troppi soldi per le mani da giovanissimi e che si lasciano corrompere così facilmente, pur essendo ricchi, perché devono mantenere sempre un tenore di vita connesso con le
aspettative del ruolo.
Il fatto inquietante è che figuri come
Ilievski fanno soldi grazie ai tifosi che hanno una sorta di
rimozione. Questi criminali guadagnano di più scommettendo su
una partita di calcio come Albino Leffe - Piacenza (12 milioni di Euro
nel giro di tre minuti, spostandoli su conti correnti di Singapore)
che con una partita di droga, rischiando così molto di meno (al massimo un
anno e sei mesi di carcere). Questo alibi è dato dai tifosi che
fanno finta di non vedere. Anche la mafia italiana utilizza le scommesse calcistiche per riciclare capitali illeciti. Infatti se lo Stato si presenta a
sequestrare i beni di un mafioso, egli, mostrando la ricevuta di una scommessa, può evitare il sequestro.
Io capisco la passione. Il gioco del calcio è bellissimo ed emozionante, ma una volta apprese queste cose, non potrei continuare a far finta di nulla. Se proprio non si riesce a farne senza, perchè allora non seguire i provinciali degli esordienti? Almeno finché non inquineranno anche quelle.
Non credo sia solo un problema etico, ma anche sportivo. Cioe', se il calcio e' inquinato da questo tipo di episodi, finisce che non viene premiata la qualita' agonistica. E allora che gusto ci potrebbe essere nel tifare?
RispondiEliminaÈ tutto vero. Eppure io non riesco a staccarmi del tutto dal calcio. Ormai seguo molto di più il tennis, ma ogni tanto sbircio, pur con la delusione nel cuore
RispondiEliminamarina
Cara Artemisia, ciao. Anche io, come Marina, pur riconoscendo che è tutto vero mi sento legata al mondo del calcio (anche perché il figlio è proprio lì). Quanto alla partita che fu disputata nonostante la tragedia, ne parlavo recentemente con un amico il quale accennava al fatto che si trattò (anche) di una questione di ordine pubblico, nel senso che lo stadio era affollatissimo e l'annuncio che non ci sarebbe stata la partita avrebbe rischiato di creare un'ulteriore tragedia, per via delle reazioni scomposte della gente. Tutto molto triste, comunque; io a volte dico "Passiamo al nuoto" ma so che non lo faremo mai...
RispondiEliminaSì la so, Licia, la storia dell'ordine pubblico ma non mi convince più di tanto. E poi, appunto, fu solo la goccia che fece traboccare il vaso già colmo della mia disillusione nei confronti del calcio professionistico.
EliminaQuanto al resto non mi dici niente di nuovo: in casa mia il calcio è di casa (giocato sui campi, al computer, visto alla TV e dalla curva, fantacalcio, ecc.). Il calcio non si tocca!
No comment! Ma proprio...No comment!
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