domenica 4 novembre 2012

Analfabeti nascosti

Che bella testa ha Tullio De Mauro! Quest'estate sono andata a sentirlo alla festa del PD e sono rimasta colpita dalla sua lucidità, nonostante gli anni, dalla sua cultura ed anche dal suo senso dell'umorismo. Il professore non si è mai stancato di ripetere l'importanza dell'istruzione ed anche la necessità di continuarla per tutta la vita.
Intervistato nuovamente a Fahrenheit Radio 3, De Mauro ribadisce quanto poderose ricerche dimostrino che "più alto è il livello di istruzione di una popolazione, migliori sono le capacità produttive e, di conseguenza, il reddito." Ed aggiunge: "nei paesi ricchi del mondo (e l'Italia lo è), usciti di scuola, lo stile di vita porta a dimenticare quello che si è imparato in modo anche molto grave." Indagini denunciano da tempo il fenomeno della dealfabetizzazione o analfabetismo funzionale. Non bastano le capacità di leggere, scrivere e far di conto che la scuola ci aveva insegnato a suo tempo e questi "analfabeti di ritorno" non sono censiti dall'ISTAT il quale registra solo chi si dichiara espressamente analfabeta.
Accurate indagini sociologiche ci dicono che in Italia c'è una dealfabetizzazione che coinvolge più del 40% della popolazione ed in modo grave. Ma dove sono queste persone incapaci di leggere e di scrivere? Apparentemente non le notiamo anche perché di solito l'analfabeta di ritorno sviluppa delle capacità incredibili per mascherare la sua condizione che sente come un deficit.
D'altra parte certe capacità mentali vanno esercitate continuamente, esattamente come quelle muscolari, e se gli Italiani presentano deprimenti indici di lettura, un qualche campanello d'allarme dovrebbe suonare. Secondo l'ISTAT infatti solo il 51,6% delle femmine e il 38,5% dei maschi legge almeno un libro all'anno (media che sale al Centro Nord ma scende al Sud). I "lettori forti", cioè chi ha letto dodici o più libri in un anno, sono solo il 13,8% del totale.
E' vero che lo stile di vita che conduciamo non invoglia: siamo sempre di corsa, la sera siamo stanchi e leggere è faticoso, richiede tempo e concentrazione. E' molto più facile spaparanzarsi sul divano e accendere la TV, possibilmente con un programma di intrattenimento che richieda poco impegno. Inoltre, a meno che non lo si debba fare per lavoro, ormai non serve più scrivere, nel senso di mettere insieme un discorso logico, coerente e corretto sintatticamente. Si va avanti a SMS, chat, al massimo email dove la cura ortografica va a farsi friggere. Probabilmente ho delle fissazioni da maestrina, ma che fitte al cuore quell'uso casuale degli accenti sui monosillabi e quanti ormai scrivono "pò" con l'accento invece che con l'apostrofo!
A proposito di mascheramento delle proprie difficoltà di espressione scritta (non proprio di analfabetismo in questo caso) mi è venuto in mente un mio collega, un giovane e valente impiegato amministrativo, un ragazzo di provincia ma informato, il quale da sempre fa delle fortissime resistenze ad esporre i malfunzionamenti del nostro sistema informatico di contabilità sul sito dell'assistenza. Vuole a tutti i costi esporli per telefono quando la nostra dirigenza ha previsto invece l'apertura di segnalazioni scritte su questo sito proprio perchè venga lasciata una traccia del lavoro che essa fa (si tratta di una ditta esterna). Ho sempre interpretato queste sue resistenze come sintomo del suo temperamento estroverso ed esuberante, alieno alla fredda comunicazione scritta, quando un giorno (di malavoglia) ha scritto un email di protesta al capoprogetto. Pur non essendoci errori ortografici (a parte il solito "pò"), era esattamente la trascrizione di una veemente protesta verbale, con espressioni colloquiali, manciate di punti esclamativi e di sospensione e con scarsa chiarezza espositiva del problema in questione. Il mio collega non è certo un analfabeta di ritorno però, facendo le dovute proporzioni, non oso pensare come possa ridursi una persona che per lavoro non ha mai  occasione di leggere o scrivere un testo.
D'altra parte che dire di me che non so più fare un banale calcolo a mente?

21 commenti:

  1. "D'altra parte che dire me che non so più fare uno banale calcolo a mente?"

    :-) :-)

    Bella questa chiusura comica. Molto efficace.

    Pace e benedizione
    Julo d.

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  2. Be', non e' vero che nelle e-mail non e' richiesta la cura ortografica. Un'e-mail scritta male risalta subito. Ok per sms e chat, ma lo trovo normale visto che sono molto piu' vicine al linguaggio parlato.

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  3. E' vero che l'esercizio conta parecchio.
    Su me stesso l'ho notato in un paio di cose.
    La matematica e' sempre stata la mia passione, tanto che al liceo davo ripetizioni ad altri ragazzi del liceo. E ho continuato durante l'universita'. Ora non credo di ricordare nemmeno come si fa uno "studio di funzione" (l'espressione stessa suona vintage).
    Credo di scrivere bene. Molto meglio decisamente di quando ero al liceo, quando una prof di lettere di strette vedute tendeva a giudicare male i miei scarsi profitti in materia, senza rendersi conto che quei giudizi avevano l'effetto di reprimere ogni mio tentativo di migliorarmi.
    Pero' non sono quasi piu' capace di scrivere a penna. Ogni volta che scrivo lo faccio su PC.

    Gli accenti li sbaglio tutti perche', abituato su una tastiera americana, uso sempre l'apostrofo invece che le lettere accentate.

    Credo che "po'" con l'accento sia accettato. Anche se fa inorridire anche me.
    Ammetto di avere qualche problema con gli altri monosillabi. Mi sa che devo andare a ripassarmeli. Ad esempio "Fa'" nel senso di imperativo del verbo fare, vuole l'accento o l'apostrofo o nessuno dei due? E nel senso di terza persona singolare del presente indicativo? E che dire di "fa'" nel senso di "un'anno fa'"?
    Boh

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    1. "Studio di funzione" non suona solo vintage: e' vintage. Ormai e' un esercizio obsoleto, considerato che su qualsiasi smartphone puoi installare un'app che ti disegna il grafico e non ce la farai mai a controllare 200 persone ad un esame.
      I prof di lettere non capiscono un c***o... la scuola italiana funzionera' quando sparira' la parola TEMA.
      Per quello che riguarda i dubbi grammaticali: fa' come imperativo del verbo fare vuole l'apostrofo perche' e' forma elisa di "fai" (lo stesso vale per di', imperativo di dire); mentre non vuole l'accento ne' come terza persona singolare del presente ne' come posposizione temporale :-) Non so come mai, visto che per esempio la terza persona singolare di "dare" va con l'accento... Sono quelle cose per cui dici "e' cosi'!"

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  4. http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=4319&ctg_id=93

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  5. ps: comunque Tullio de Mauro ha sicuramente una bella testa, ma e' un po' troppo fissato con la cultura classica per i miei gusti; anche se capisco che non sia tutta colpa sua: per anni quel dogma e' stato inculcato nelle menti degli scolari...

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  6. Proprio in questi giorni sto leggendo il delizioso pamphlet "L'idioma gentile" di Edmondo De Amicis, vetusto ma appassionato libello sulla necessità e sul piacere d'uso della nostra lingua (e mentre leggo penso a te, perchè il confronto tra la rudezza piemontese e la ricchezza di espressioni toscana è costante:-)), e mi sento già così di una ignoranza abissale...:-)

    (ce l'ho in epub, se vuoi te lo passo:-))

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    1. Grazie, Lupo. Vedo se il mio informatico di fiducia me lo trova e in caso contrario te lo chiederò.

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    2. 448 pagine?! Mi spiace, dopo un paio di recenti esperienze, ho maturato il proposito di non leggere libri superiori a 300 pagine.

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    3. :-) e io che "libello" l'ho sempre considerato un diminutivo!

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    4. Infatti anch'io immaginavo una cosa "snella" ma certo pensando che Lupo i libri se li mangia a colazione... dovevo immaginarmelo.

      Con i miei ritmi da tartaruga,un libro di 448 pagine mi occupa dai 2 ai 3 mesi (come risulta dalla mia pagina su aNobii)

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  7. @arte: e leggìne solo un pezzo, che problema c'è?:-) mica è un romanzo...:-)

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    1. Lo sai che per me è un tabu non leggere interamente un libro. Ognuno c'ha le sue perversioni :-)

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  8. Letto l'articolo dell'Accademia della Crusca.
    Ho scoperto che ne' (congiunzione) si scrive con l'accento (io l'avrei scritto con l'apostrofo - e non solo per problemi di tastiera).
    Avrei anche accettato po' con l'accento, perche' ho letto da qualche parte che e' consentito, anche se non mi piace.

    E poi credevo che tutte le parole multisillabiche non piane avessero bisogno dell'accento, anche se non ambigue, almeno in linea teorica, anche se mi sa che non lo usa nessuno. E invece l'articolo non dice niente in proposito.

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    1. Vi segnalo un altro loco per amatori:-))

      http://www.dizionario.rai.it/

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  9. Concordo con quello che dice De Mauro

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  10. Di errori credo di farne anch'io ma quando negli sms o su facebook vedo le a senza h o con la h quando non ci va mi viene un brivido. Perché sono al massimo sei parole, quando ci vuole a controllarle?
    Io trovo che a scuola siano troppo lassisti. Mia figlia è in terza media e scrive come se fosse alle elementari (che non legga questo commento!) eppure prende sempre sei...e non è l'unica!

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  11. È vero: spesso noto anch'io questa cosiddetta "desalfabetizzazione". Non saprei individuarne precisamente le cause; immagino sia dovuto soprattutto ad una questione sociologica. Permettetemi di dire che gran parte delle volte il problema si presenta fin dalle scuole elementari (e anche dopo), quando gli insegnanti inculcano nozioni nel cervello degli studenti senza che questi comprendano il perché o il per come.
    In secondo luogo c'è da dire che tante volte la colpa è proprio dei ragazzi, che una volta arrivati al liceo si dimenticano le regole grammaticali imparate negli anni precedenti. E sostanzialmente gliene frega poco di rispettarle, a meno che non si tratti di scrivere per la scuola. Non a caso nelle chat, negli SMS e sui social network gli errori sono all'ordine del giorno; sintomi non tanto di ignoranza, quanto di sbadataggine. Penso che l'unico modo per fissare le suddette regole sia leggere (libri o qualsiasi altra cosa), in quanto si hanno continuamente di fronte lettere e parole. Io stesso ho imparato a leggere e scrivere in degna maniera sfogliando per anni le strisce dei "Peanuts". Mi ricordo anche quando ero piccolo mi insegnarono che "qual'è" vuole l'apostrofo. Pensate un po'!

    Per i dubbi di grammatica basta andare sul sito dell'Accademia della Crusca; segnalo anche questo sito, in cui si possono porre quesiti direttamente ad alcuni linguisti: http://linguista.blogautore.repubblica.it/

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    1. "inculcano" è proprio un verbo che non mi piace. Soprattutto da quando lo usò l'ex presidente del consiglio...
      Siamo sicuri che i ragazzi apprendano lo scrivere correttamente per poi dimenticarlo per incuria? Uhm... mi sa che quando certe regole le hai davvero assimilate è come andare in bicicletta o nuotare: non lo dimentichi. Parlo delle cose basilari come l'ortografia. Per la sintassi è un'altra cosa.

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    2. Devi anche considerare che se per anni, all'infuori della scuola, non scrivi è comprensibile dimenticare alcune regole grammaticali. Hai ragione sull'assimilazione che si ricorda per sempre; si vede che il problema è proprio che da giovani non si assimilano queste cose. Ripeto: in parte per colpa degli insegnanti e in parte per la consueta svogliatezza degli studenti. Figuriamoci alle elementari.

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