I promotori tengono a sottolineare che non sono il centosettantottesimo partitino della sinistra, né l'ennesimo candidato alle primarie.
«Su la testa: l’Italia ricomincia da te» si definisce un "gruppo di pensiero, di azione e di pressione trasversale nel quale
fin dalla nascita convergono persone di provenienza, età, professione e
cultura diverse, il cui obiettivo comune è stato mettersi insieme per
non rassegnarsi né all’astensione né all’eterno ricatto del
‘meno peggio’".
Si definiscono anche animati da "volontà di riscatto e di coinvolgimento." Ove per "riscatto e coinvolgimento" intendono il non rassegnarsi
e non arrendersi: né alla tentazione di astenersi «tanto non cambia
niente», né alla presunta ineluttabilità dell’ingiustizia sociale e
civile, né all’impossibilità di proporre e realizzare idee forti.
E' d'altra parte, non si può non condividere le loro idee elencate qui.
Certo, di movimenti di partecipazione civica in questi anni ce ne sono stati tanti (chi si ricorda più il Popolo Viola, per esempio?). Ma forse il fatto di comparire e scomparire con altrettanta velocità è la loro intrinseca e inevitabile natura di strumento di pressione, più che di concretizzazione delle proposte.
Sfogliando il loro sito mi piacciono le loro proposte che vengono definite "riforme concrete, realistiche e radicali che cambino in
meglio le vite delle persone. Come sono stati nel passato lo statuto dei
lavoratori, la scuola media unica, il nuovo diritto di famiglia, il
diritto al divorzio e all’interruzione di gravidanza." Mi piace il loro partire dalla Costituzione. Non è certo originale ma doveroso. Mi piace che ci sia qualcuno che ha ancora voglia di fare, come per esempio, distribuire adesivi davanti ai seggi delle primarie:
Domenica andrò a votare con poca fiducia e molto disincanto per "l'usato sicuro" (o per il meno peggio che dir si voglia), però l'adesivo me lo porto. Ancora non ho deciso se quello con "Io voglio lo Stato Laico" oppure "Io voglio scuole pubbliche di qualità". Magari mi porto tutti e due.
Credo che tutti vogliamo scuole pubbliche di qualità, forse ci sono pareri diversi su cosa significa qualità. Un caro saluto, Giulia
RispondiEliminaMah! Direi che invece i ceti alti preferiscano che le scuole pubbliche siano di scarsa qualità, tanto i loro rampolli li mandano alle private. Gli altri, più ignoranti sono e meglio è.
EliminaIn effetti sono richieste/pareri molto comuni nei gruppi civici e nella mentalità di una determinata cerchia di persone. Qualche mese fa ho firmato a Roma proposte simili valide solo per la capitale. Non saprei dire quale sceglierei tra queste: alcune mi sembrano quasi utopiche, altre sacrosante ma forse meno urgenti. Ad esempio i matrimoni gay penso dovrebbero essere una sorta di conseguenza dello Stato laico (che, ricordiamolo, costituzionalmente è già così).
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