Quando penso al tema della violenza sulle donne, mi vengono in mente due tipi di circostanze e di sensazioni. Penso a donne sfortunate che non hanno nessuna via di uscita o quasi, come le donne afgane oppure le ragazze straniere attirate in Italia con l'inganno e costrette a prostituirsi in stato di schiavitù e ricatto e questo mi provoca una grande sensazione di rabbia ed impotenza. Poi penso anche a donne che vivono in paesi dove le tutele e i diritti ci sono e che quindi avrebbero la possibilità di uscire dall'inferno in cui si sono cacciate ma non hanno il coraggio di farlo. Perché subiscono? Non voglio giudicarle, ci mancherebbe. Vorrei solo capire.
Sarà che io non accetterei mai di dipendere economicamente da qualcuno (e l'indipendenza economica è il primo strumento per non farsi incastrare). Sarà che molte non hanno la consapevolezza degli strumenti che hanno a disposizione (la cultura al solito gioca un ruolo essenziale). Pare che ci siano anche donne che, pur lavorando e possedendo una certa cultura, mandano giù i soprusi e si prendono le botte sperando che il partner violento prima o poi si ravveda oppure lo perdonano perché tra un episodio e l'altro sembra tornare la persona amabile che era, oppure (peggio che mai) lo giustificano perché persino la violenza è considerata da esse comunque un gesto di affetto, una dimostrazione che lui, a modo suo, tiene a loro. Ecco francamente non riesco a provare comprensione per queste donne.
Domenica scorsa però ho letto
su Il Fatto Quotidiano un'interessante intervista di Elisa Battistini ad
Antonella Faieta di
Telefono Rosa.
“La donna incontra quello che sembra l’uomo dei sogni. ", dice l'avvocato Faieta, "Scatta un investimento emotivo fortissimo. Spesso si va a convivere o ci si sposa. Poi iniziano i segnali negativi: lui critica le amicizie della compagna, dice che i familiari la condizionano troppo. L’obiettivo è isolare la donna dai suoi legami e controllarla il più possibile."
Tragico errore: anche con i migliori partner bisognerebbe sempre mantenere degli spazi e degli interessi propri. Ne va della nostra autostima (questo indipendentemente dai possibili risvolti tragici).
"Sembra incredibile", continua l'articolo, "ma le donne che subiscono maltrattamenti da parte dei partner di solito hanno il coraggio di reagire soltanto dopo molti anni. A volte anche 10 o 15. Come si fa a tollerare la sudditanza psicologica e la violenza fisica per così tanto tempo?" Beh, mi consola notare che queste domande non me lo pongo solo io.
"Si sottovaluta - dice Antonella Faieta - l'enorme senso di vergogna nel dover ammettere che quell'uomo meraviglioso che hai sposato è l'uomo che ti picchia. La vergogna è legata al fallimento. [...] In questi rapporti l'uomo fa leva sul senso di colpa, facendo credere alla donna che se lei si comportasse diversamente le cose andrebbero meglio e lui non sarebbe violento."
E' vero! Accidenti! Perché siamo così predisposte a sentirsi sbagliate?
Poi l'esperta di Telefono Rosa passa a sottolineare il fattore dipendenza economica, la non conoscenza dei proprio diritti. "
Se mi denunci non ti do una lira è una frase ricorrente del marito violento. In realtà è una menzogna: l'uomo è tenuto a farlo". Poi pare che talvolta le donne non trovino comprensione presso le stazioni di pubblica sicurezza alle quali si rivolgono per fare la denuncia. "
Torni a casa, vedrà che passa."
Pare infine che le fasce sociali coinvolte non siano solo quelle più basse ma che sia un fenomeno trasversale, che coinvolge molti professionisti, uomini "normali". "Va sfatata" dice sempre la Faieta, "che bevano o abbiano problemi sul lavoro. Il problema è culturale. Sono uomini legati a stereotipi di dominio e controllo, che desiderano essere onnipotenti; persone fragili, che non sono in grado di avere un rapporto con una donna e riescono ad affermarsi solo con la violenza."
Quest'ultima questione mi fa pensare come anche molti uomini siano prigionieri di questi stereotipi che non permettono loro di essere se stessi fino in fondo e di vivere i propri affetti in modo appagante. Lo spiega bene
l'associazione Maschile Plurale, con le loro ottime iniziative.
Ecco adesso mi sembra di aver capito di più.