martedì 17 gennaio 2012

Civil servant cinque anni dopo

L'altro giorno ho preso contatti con un ufficio pubblico per motivi di lavoro (non dico quale per evitare qualsiasi minima possibilità di identificazione). Al telefono mi presento come "la responsabile amministrativa" (nientedimenoché) del mio ente il quale ha una denominazione per esteso che fa ancora un po' di impressione visto che contempla ben quattro parole. Il tutto per ottenere un appuntamento da "addetti ai lavori" e non da semplice cittadina figlia di nessuno.
In realtà il "capo team" (così me l'hanno presentato) dell'ufficio pubblico in questione non si è affatto né commosso né impressionato. Mi ha dato l'appuntamento ma con l'aria di chi ha da fare di meglio.
Infatti appena arrivata mi ha indirizzato subito alla sua impiegata dicendomi: "Cominci pure con la signora O. Tra poco arrivo".
La signora O. invece mi ha fatto una buona impressione. Stava davanti al suo PC con la scrivania piena di fogli (che non sempre è sintomo di grande attività ma spesso sì), molto sorridente e paziente, mi ha indicato una procedura un po' più snella di quella standard per ottenere le pratiche di cui abbiamo bisogno. Mentre spiegava intercalava accenni di scontento del tipo: "Tanto poi, si sa, dovrò farli tutti io..."
Non mi piace chiedere favori, nemmeno per cose nelle quali non ho il minimo interesse personale. Tuttavia è facile giustificarsi in questi casi dicendo che "non abbiamo personale". Mi sono accorta allora di aver toccato il tasto dolente che ha innescato la signora O.: "Ecco, ci siamo capite! Ormai è così dappertutto nelle pubbliche amministrazioni. Parliamoci chiaro: c'è chi non fa UN BEL NIENTE, mentre il lavoro viene portato avanti sempre dai soliti, che sono sempre meno." "A chi lo dice!" ho replicato io.
Da un lato fa piacere trovare una sponda per le proprie insoddisfazioni, dall'altra però comincio a temere che queste lamentele siano, non solo noiose e inutili, ma anche "rituali". La mia è soprattutto un'autocritica che mi è venuta in mente rileggendo i post che ho scritto sulle mie frustrazioni lavorative e che riporto sotto.
Il boss non si è fatto vivo e, quando sono passata a salutarlo, gli ho posto l'unico dubbio che era rimasto in sospeso con la signora O. ma neanch'egli ha saputo darmi una risposta.

Civil servant
La frustrazione di chi fannullone non è
Non mi sento motivata
Mi hanno detto di rivolgermi a te

2 commenti:

  1. penso che per sopravvivere, ovunque, bisogna diventare un po' duri, puntare all'obiettivo e fare slalom fra i fannulloni, gli invidiosi etc. etc.
    le lamentele in fin dei conti sono un lecito sfogo, ma ho notato che non servono, perchè le persone collaborative e competenti e laboriose, si riconoscono vicendevolmente subito... è solo una mia impressione? e trovo anche affascinante il rapporto che si instaura rapidamente, sereno e di fiducia, come un silenzioso riconoscimento reciproco. meglio allora secondo me condividere il piacere che ne deriva, e il piacere del lavoro che tante volte viene frustrato. almeno io la vivo così...

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  2. E' anche la mia impressione. Penso che sia l'approccio giusto.

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