sabato 1 novembre 2008

Siamo tutti bugiardini

Un'amica di cui ho perso le tracce, come spesso succede, era solita salutarmi con frasi del tipo: "Ti telefono sicuramente in settimana!" oppure "Ci vediamo assolutamente nei prossimi giorni!". Sembrava così e perentoria nelle sue promesse che io, le prime volte, mi stupivo del fatto che poi puntualmente non le mantenesse. Mio marito l'aveva soprannominata "bugiardina".
A pensarci bene, però, siamo tutti un po' bugiardini. Chi di noi non saluta con la promessa di risentirsi o di rivedersi, anche se, interrogandoci seriamente, sappiamo già che sarà difficile mantenere la promessa? Poi magari capita che ci rivedremo davvero ma al momento che lo diciamo non intendiamo certo impegnarci seriamente. E' una convenzione dirsi "Ci vediamo" o "ci sentiamo" e forse queste frasi vanno prese così, come una parte del saluto, non alla lettera.
Quando ero più giovane e più intransigente la cosa mi faceva star male. "Meglio non promettere niente che mentire", mi dicevo. Poi crescendo ho imparato ad accettare le convenzioni. Come quella che prevede la domanda rito "Come stai?" mentre in realtà non ce ne importa poi molto di saperlo. Basta provare a raccontare davvero in dettaglio i nostri malesseri ed acciacchi vari per vedere l'imbarazzo o la noia del nostro interlocutore. Attenzione: sto parlando di conoscenze superficiali, non di amici veri, sto parlando di chi mente in mala fede per ottenere un vantaggio.
In tutti quei contatti che rimangono alla superficie della nostra vita un "Come stai?" o un "Ci vediamo" non si negano a nessuno. In fondo siamo tutti bugiardini!

28 commenti:

  1. anch' io ho avuto la tua stessa evoluzione: per molto tempo sono stato un grande nemico delle frasi fatte o delle formule di rito negli incontri e nei saluti, poi ho capito che non c è niente di male a salutarsi con un ci vediamo, l unica che ancora non riesco a sopportare è "teniamoci in contatto eh", che trovo veramente ridicola. A volte però queste espressioni sono anche frutto delle buone intenzioni: che so, si conosce qualcuno per breve tempo, durante una vacanza o un congresso, ci si trova molto bene, magari si fanno discorsi che non si fanno neanche con le persone più vicine, al momento del commiato c è l' intenzione di rivedersi, ritrovarsi, e allora scatta la promessa, che in realtà è una speranza.

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  2. E' vero Belphagor, un'altra cosa che in passato mi dava molta noia era il vanificarsi delle promesse di mantenersi in contatto finita una certa esperienza (ex compagni di scuola, ex colleghi, compagni di viaggio, ecc.). Oggi capisco che è normale, anche se le eccezioni ci sono e sono segno che la simpatia è stata davvero forte. Mi vengono in mente due delle più care amiche: A. compagna del "corso delle pance" (preparazione al parto anno 1995) e S. compagna del mio primo viaggio a piedi (anno 2005).

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  3. Personalmente cerco di essere nell'unicità delle cose, cioé: pensare, parlare e agire seguono la stessa retta. E se poi sono costretto, preferisco dire una mezza verità!
    Degli altri? Beh, ognuno segua la propria personalità!

    Felice serata.
    Rino.

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  4. Ma come ti vengono in mente questi post?Li sogni la notte?

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  5. Rino: essere coerenti con le proprie promesse è faticoso, no? Buona serata anche te!

    Carla: i trucchi del mestiere non si rivelano ;-)

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  6. Hai ragione, ma è triste quello che dici. Ci sono frasi che è giusto dire, ma forse promesse che non si dovrebbero fare per convenienza e forse dovremmo avere più il desiderio di ritrovarci, di incontrarci davvero, non con tutti, ma con quelli con cui stiamo bene. Invece forse ci chiudiamo troppo nelle nostre case. Ma non mi sembra il tuo caso. Un abbraccio, Giulia

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  7. Due domande due: la prima è cosa vuol dire lo slogan che il bambino scandisce nella foto allegata al post.
    La seconda: ma perchè come immagine di profilo Giuditta che fa la gola ad Oloferne ?? Con chi ti identifichi dei due ??

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  8. Belphagor, lo slogan è una filastrocca che usano i bambini inglesi quando si accusano l'un l'altro di essere bugiardi e vuol dire più o meno: "bugiardo, bugiardo, ti prendono fuoco le mutande!" In realtà prima ho trovato la foto e poi, facendo una ricerca, ho scoperto cosa voleva dire. Carina no?
    Riguardo all'immagine che ho scelto come avatar, mi identifico ovviamente in Giuditta, nella quale si identificava a sua volta l'autrice del quadro, Artemisia Gentileschi. E' un'immagine potente che esprime tutta la rabbia di questa pittrice che ha saputo riscattarsi dalla sua sfortuna. Ne ho parlato in questo post: Arte...misia e in questo Arte al femminile.
    Tranquillo, però. Come scrivo nel mio profilo, sono una persona pacifica!
    Grazie per l'interessamento!

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  9. Be vero... io per esempio avevo detto che quando i tati sarebbero tornati a scuola avrei avuto piu' tempo nel visitare i blogger amici come te e invece me ne ritrovo meno di prima... bugiardina me!
    Spero di essere la ben'accetta lo stesso
    un caro saluto
    Dona

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  10. C'è una tizia con cui ho avuto a che fare una ventina di anni fa (specifico: rapporti diciamo artistici.... insomma: niente di sessuato). Beh, 'sta tizia ogni tanto, a scadenze all'incirca, annuali la rivedo, ci scambio due chiacchierelle banali (mi sta pure sugli zibidei....) ed alla fine puntualmente questa conclude con: "...e una di queste sere ci vediamo!", con un entusiasmo che a me all'inizio francamente spiazzava, in quanto è chiarissimo che non ne ha mai avuto voglia.
    Ok... detto questo... Dico subito: fra le ipocrisie dell'esistenza quotidiana, quella delle frasi di rito è bricioletta. Per altro, ancora ho spesso il ruzzo pe' il capo (trad.: una forma di simpatica e momentanea demenza), per cui tendo a "rompere" le ritualità: se incontro qualcuno simulo terrore, se mi fanno un regalo faccio una faccia delusissima, etc.
    Comunque le parole hanno un valore relativo al contesto comunicativo: possono essre formule o no. Dipende anche dal tipo di comunicazione corporea, ad esempio.
    E poi: i riti non necessariamente sono "ipocriti": formule di saluto o altre ritualità di questo tipo fanno da "binari" del rapporto umano e, al contempo, rendono possibile l'immediata definizione di un terreno di comunicazione. Rassicurano.
    Mi viene in testa che in molte zone dell' India si scuote la testa (quello che noi intendiamo come "così e così") per comunicare "ciao, non voglio farti del male, credo proprio che possiamo stare un po' insieme io e te". Lo si usa fra persone che si incontrano per la prima volta, anche.
    Mi viene in testa che l'etimo più accreditato di "ciao" fa derivare il nostro simpatico saluto, dalla formula in uso in quel di' a Venezia: "sciavo" (sottinteso: tuo), cioè "schiavo tuo".

    Straparlo, eh....?

    Ciao :-)

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  11. anche io ho sempre provato fastidio per le convenzioni perché ne sentivo tutta la falsità, ma ho imparato che servono ad "oliare" i rapporti sociali
    marina

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  12. Leggendo i vari post, ora capisco perché a me danno fastidio anche gli amici che ogni volta che ti incontrano ti danno la mano e non mi riferisco a coloro che non vedo da lungo tempo, ma agli amici che incontro frequentemente.
    Forse ,perché ho sempre ritenuto le convenzioni un po' ipocrite.

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  13. Ma io personalmente penso che il dire ci sentiamo ...e poi sparire per un pò di tempo e poi riprensentarsi, come nulla fosse, sia dovuto al ritmo di vita di oggi. Siamo sempre di corsa, presi dai nostri impegni di lavoro, di famiglia e se alcune volte volessimo anche solo telefonare ad una persona cara, ci passa di mente.
    Alla sera arriviamo a casa talemnte stanchi che non abbiamo vogliia di uscire nuovamente per incontrare amici o anche solo di sentirli al telefono....O forse è come dici tu, forse siamo veramente bugiardini...Ciao giò

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  14. Io il 'ci vediamo/'ci sentiamo' non lo dico spesso, però quelle volte che lo dico cerco sempre di ricordarmelo!

    Poi, se lo dico lo dico maggiormente ad i miei amici,e con loro ho tutt'altro dialogo, e bugiardini là lo siamo già a prescindere :D

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  15. Io non dico mai come stai né ci vediamo.
    Anche perché io non sono una persona sociale. Solo che gli altri si offendono perché, boh, forse pensano che sono snob.
    Ma forse lo sono davvero, snob, in fondo.
    E non me ne frega un granché.

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  16. Apologia del bugiardino. Il termine "bugiardino" mi piace perchè è affettuoso. Io lo leggo come un bonario e ironico rimprovero a quelli come la mia amica. Ma in realtà le volevo bene e l'accettavo così com'era. Per questo non ho parlato di ipocrisia. Non è ipocrisia la sua. Quando lo dice ne è convinta davvero. Poi hanno ragione Dona e Giò: presi come siamo da mille cose e non tutte scelte liberamente, molte subite, la fretta, la stanchezza, ci dimentichiamo delle promesse fatte in buona fede.
    Da giovani invece ci teniamo di più ad essere rigorosamente sinceri e lo dimostrano i commenti di Pandoro ed Alice.

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  17. io penso che nella maggior parte dei casi ci sia la buona fede, cioè la reale volontà di risentirsi, rivedersi, proseguire qualcosa che ci sembra possa riportare un'amicizia lontana o crearne una nuova. Poi le circostanze, la vita, gli impegni ci portano altrove o portano altrove la nostra mente. A me è capitato ultimamente più volte , rivedere persone che avevo lasciato in un'altra parte della mia vita, lontane e improvvisamente riapparse; non mi sento "bugiardino" nell'aver pronunciato quelle solite frasi perché nel dirle le pensavo davvero, ora son già passate settimane ed a quelle parole non sono seguiti atti.
    Ma non ho ancora rinunciato.

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  18. La società ormai si muove su questi modi di fare superficiali e consueti....
    quanti poi ad esempio, parlo di conoscenze non amicizie, appena ti sposi ti chiedono insistentemente "Quando farete dei figli?" o se vai a convivere invece "Quando vi sposate?" senza sapere che con tali modi, non sapendo nulla della persona, potresti ferire profondamente chi hai davanti??

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  19. No, Arte, io non sono bugiardino.
    Cioe' si', le convenzioni le subisco e le utilizzo anch'io, e quando incontro qualcuno non evito di chiedergli "come stai?" anche se non me ne frega niente. Cosi' come lui/lei mi chiede "come stai?" e io gli rispondo "bene" anche se sto malissimo.

    Pero', parlando di amici, e non di formalita', capita sempre che se non sono io a muovermi gli amici ti abbandonano completamente, facendosi cogliere dal flusso della vita anziche' tentare di governarlo.
    Ad esempio ho chiamato al telefono settimana scorsa l'amica M, l'insegnante di cui ti avevo parlato, dopo... uhm... due anni che non ci sentivamo. Ovviamente "pensavo giusto a te" mi ha detto (e francamente le credo, anche a me capita di pensare a lei frequentemente, ad esempio qualche giorno fa quando ne parlavo con te).
    La telefonata (che gia' durava da ore) si e' improvvisamente interrotta per un'altra telefonata urgente che lei ha ricevuto sull'altra linea. La promessa e' stata di risentirci giovedi', ma giovedi' non mi ha chiamato (ne' io me l'aspettavo). Mi ha chiamato ieri sera, ma solo perche' aveva bisogno di una consulenza (di computer lei non ci capisce una fava). Stavolta ci siamo lasciati che ci sentiamo presto. Ma so gia' che passeranno altri anni finche' io mi dimentichero' di lei oppure mi verra' la voglia di richiamarla.

    E' triste? Boh... e' cosi' che va la vita. Il problema e' che a me vien voglia di cercare di mantene le amicizie vere, anziche' lasciare che i rapporti si ossidino nei ricordi.
    E' vero che poi questo e' comunque il loro destino (l'amica M. era vicina di casa quando abitavo a Torino, ora per incontrarsi bisognao organizzare una spedizione!). Pero' una telefonatina ogni tanto dimostrerebbe che in fondo non e' che proprio non ci importa niente....

    Boh... quest'argomento mi ha messo tristezza. Vado a bermi un caffe'.

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  20. Spunto, hai perfettamente ragione. Quelle che citi sono altre domande che tipicamente detesto. Non sono domande convenzionali, sono indelicate.

    Ue', e' tornato Dario! Spiace averti messo tristezza. Non era mia intenzione.

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  21. Sai cosa, Arte?
    Questo argomento mi tocca davvero nel profondo.
    Tutta una serie di casi della vita. Tanto frequenti che mi sono spesso chiesto se non sia proprio io che inconsciamente tendo al loro verificarsi lavorandoci attivamente. Il che renderebbe la cosa ancora piu' triste. Cioe'...

    Boh....

    Insomma, se riguardo alla mia vita... e qui Pandoro mi dira' che sono un vvvekkio!... rivedo i vari periodi della mia esistenza, che in fondo non sono confinati in comparti stagni, ma sono in ogni caso identificabili chiaramente, a partire dalla prima adolescenza, sino ad arrivare ad oggi. Ognuno di essi vedeva sempre qualche coprotagonista accanto a me. Ricordo C, la ragazza di cui ero innamorato al liceo, ad esempio, che era anche la migliore amica di quel periodo. S'e' sposata, ha qualche marmocchio e non la vedo da almeno quindici anni. Oppure A, il tipo che mi ha insegnato a sentire la musica di dentro invece prima ancora di imparare la tecnica per esprimerla. E' diventato un grande pianista e s'e' trasferito a Roma, non lo vedo da almeno dieci anni. Oppure L, che ho considerato la sorella che non ho mai avuto, con cui ho intrattenuto amicizia fraterna per cinque o sei anni, e poi abbiamo smesso di frequentarci improvvisamente. Ora e' sposata, due figlie, l'ultima volta che l'ho sentita (tre anni fa) stava pianificando di trasferirsi in Brasile.... Potrei continuare per capitoli interi.
    Tutte amicizie talmente profonde da sentirmi totalmente spiazzato per il fatto di constatare che sono terminate. E tuttavia sono terminate. Ed io sento la profonda mancanza di ognuna di esse.

    A nulla sono valsi i miei tentativi di mantenerle in vita. E la colpa non credo che sia solo dell'atteggiamento "bugiardino" e convenzionale di quelle persone. Alla fine anch'io mi sono scocciato di tenere stretti quei rapporti infilandoci gli artigli, perche' alla fine, nonostante gli artigli, i rapporti si logorano perche' in ogni caso non sono alimentati dalla naturalezza che un rapporto pretende.

    Con M, ad esempio, ho condiviso un periodo della mia vita. Ora non lo condivido piu'. Se anche ci telefonassimo tutti i giorni, quel periodo non lo condividiamo piu'.

    ...sto cominciando ad apparire logorroico eh? vabe'... fine.

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  22. Capisco, Dario. Quello che descrivi lo proviamo tutti ed e' una cosa molto piu' profonda del tema del post. Parlavo infatti di convenzioni e rapporti superficiali. Le amicizie profonde che finiscono per cause indipendenti dalla nostra volonta' sono un'altra cosa. Una cosa che fa male, e' vero. Che dici? Ci facciamo un altro post?

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  23. :-) sono riuscito ad andare fuori tema di nuovo.

    Dai dai, facciamo un altro post. Io ne ho uno in cantiere, ma mi sa che mi pigliera' qualche giorno...

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  24. Arte, hai tanti di quei commenti ogni volta che quando arrivo in fondo trovo sempre qualcuno che ha gia` detto quello che volevo dire io e percio` lascio perdere!

    Ma comunque ti leggo sempre!

    Io ero ancora piu` spiazzato di te durante i primi tempi qui in Gran Bretagna quando qualcuno mi diceva "See you later", alche io cominciavo a chiedere ma later quando?? No perche` io dopo devo fare questo e poi quest'altro, non so se riusciamo a vederci piu` tardi, magari facciamo un altro giorno... Dovevi vedere le loro facce!

    Poi qualcuno me l'ha spiegato...

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  25. Marco, mia moglie ('mericana) mi saluta con un semplice "laterz". All'inizio spiazzava molto anche me ;-)

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  26. OT Se è per questo, cara Artemisia, io sono più indietro di te (forse) anche quanto a frequentazioni.
    Sono stato assente alcuni giorni, cercherò di aggiornarmi sulle intelligenze in movimento come la tua.
    Un caro saluto
    Frank57

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  27. Cara Artemisia, sono rimasto letteralmente sbalordito nel vedere che ti sei letta tutto il mio blog dall'inizio e hai lasciato numerosi e graditissimi commenti. E' la prima volta che mi succede ed è stata un'emozione molto forte.
    Ho commentato il tuo post di gennaio sulle supermamme che condivido pienamente. Io mi sono accorto di essere (e ho ancora la tendenza ad essere) un superpapà, quindi so sulla mia pelle cosa vuol dire e quanta fatica si fa a cambiare, ma è assolutamente necessario.
    Grazie di nuovo, Giorgio.

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  28. La domanda più difficile cui rispondere, per me, è proprio: "Come va?" Perchè forse dovremmo intenderla come fosse "how do you do?" Una domanda che non vuole una risposta reale, ma solo un "Bene, grazie", che rassicuri chi ci incontra. Ho fatto fatica a capirlo, ma ora mi adeguo.

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