Alcune puntate di Fahrenheit (l'eccellente programma di Radio 3) che ho sentito ultimamente mi hanno fatto riflettere su quanto può essere diversa la sorte di un ragazzo o di un bambino a seconda del semplice fatto di nascere in un posto o in un altro, ma anche di un genere o di un altro. E' una banale conclusione ma andando sullo specifico forse si può scoprire qualcosa che prima non era noto.
Tra i migranti che arrivano in Italia, per esempio, ve ne sono alcuni molto giovani: adolescenti che noi potremmo chiamare "bambini" ma che viaggiano da soli. Arrivano dall'Afganistan attaccati sotto i TIR (come il tredicenne trovato morto tempo fa a Mestre) oppure da Patrasso attraversando il mare tra la Turchia e la Grecia (come racconta un bel servizio di Andrea Nicastro, inviato del Corriere della Sera). Minori Non Accompagnati è il freddo nome burocratico che viene loro dato. Per noi che abbiamo timore a mandare i nostri figli a scuola da soli è difficile immaginare un loro coetaneo in viaggio da solo per il mondo.
Nicastri racconta: "Quando un ragazzo decide di partire dal suo villaggio di fango in Afganistan e di andare in Europa ha in mente un mondo scintillante dove tutti mangiano, una vaga idea basata sui racconti dei parenti accolti magari in Norvegia o in Gran Bretagna." L'obiettivo spesso sono i paesi nordici dove le politiche di accoglienza sono migliori che da noi.
Per la legge italiana comunque un minore non può venire espulso anche se spesso identificare l'età del ragazzo non è facile.
Perché questi ragazzi si mettono in viaggio? Cosa li spinge? Secondo Nicastro spesso la scelta cade sul figlio cadetto, quello che non può ereditare nulla della famiglia, il figlio maschio che è di troppo e che viene invogliato a partire per fare fortuna e possibilmente mandare qualcosa alla famiglia. Vi sono poi ragazzi orfani o con famiglie destrutturate. Per esempio ragazzini che erano con la famiglia in Iran, successivamente deportati in Afganistan e quando sono riusciti a ritornare in Iran illegalmente non l'hanno più trovata. Vi sono quelli il cui padre è scomparso e la madre si è risposata e non li ha voluti portare nella nuova famiglia.
Per pagarsi il viaggio c'è chi vende tutto quello che ha ma ci sono anche ragazzini che si guadagnano il necessario con la prostituzione.
Di questo parla anche Valerio Neri di Save the Children in un'altra puntata di Fahrenheit dedicata agli arrivi a Lampedusa. Sui 30.000 arrivi del 2008, l'8% sono minori di 18 anni. Di questi 80% maschi e il resto femmine. La gran parte arrivano da soli, per esempio dal Nord Africa ma diversi anche dal sud del Sahara (Somali, Nigeriani, Eritrei).
Questi ragazzi raccontano agli operatori di Save the Children storie inimmaginabili su quello che hanno subito, soprattutto in Libia prima di imbarcarsi, storie di vero schiavismo.
Cosa spinge questi che noi considereremmo "bambini" ad affrontare viaggi lunghi anche anni? Essenzialmente la povertà, cioè il non vedere nessuna possibilità di sopravvivenza nei loro paesi, ma anche la dittatura militare (vedi Somalia) o la guerra. Si fugge da uno stato con rischio immediato di essere arrestati o uccisi o si fugge da una povertà senza futuro. Questi ragazzi hanno un progetto migratorio che di solito è quello di raggiungere altri parenti o amici che sanno essere in Germania o in Norvegia ma spesso durante il viaggio cambiano il loro progetto.
Interessante il meccanismo burocratico che Neri racconta. I minori vengono infatti mandati nelle case famiglie dell'agrigentino in attesa della tutela giuridica, cioè che il tribunale dei minori stabilisca qual è l'adulto di riferimento che si prende la responsabilità di loro fino a 18 anni. Il fatto è che questi ragazzi, per motivi linguistici, non capiscono cosa stanno aspettando lì, vedono che non succede niente e scappano andando incontro a grossi rischi come quello di finire nel giro del lavoro nero agricolo o della prostituzione.
Penso allora ai nostri adolescenti tenuti nella bambagia, cresciuti con l'idea che a loro tutto è dovuto, con la noia come unico rischio. Non è detto però che la loro sorte non riservi difficoltà di altro tipo. Ma a questi dedicherò altri post.
Tra i migranti che arrivano in Italia, per esempio, ve ne sono alcuni molto giovani: adolescenti che noi potremmo chiamare "bambini" ma che viaggiano da soli. Arrivano dall'Afganistan attaccati sotto i TIR (come il tredicenne trovato morto tempo fa a Mestre) oppure da Patrasso attraversando il mare tra la Turchia e la Grecia (come racconta un bel servizio di Andrea Nicastro, inviato del Corriere della Sera). Minori Non Accompagnati è il freddo nome burocratico che viene loro dato. Per noi che abbiamo timore a mandare i nostri figli a scuola da soli è difficile immaginare un loro coetaneo in viaggio da solo per il mondo.
Nicastri racconta: "Quando un ragazzo decide di partire dal suo villaggio di fango in Afganistan e di andare in Europa ha in mente un mondo scintillante dove tutti mangiano, una vaga idea basata sui racconti dei parenti accolti magari in Norvegia o in Gran Bretagna." L'obiettivo spesso sono i paesi nordici dove le politiche di accoglienza sono migliori che da noi.
Per la legge italiana comunque un minore non può venire espulso anche se spesso identificare l'età del ragazzo non è facile.
Perché questi ragazzi si mettono in viaggio? Cosa li spinge? Secondo Nicastro spesso la scelta cade sul figlio cadetto, quello che non può ereditare nulla della famiglia, il figlio maschio che è di troppo e che viene invogliato a partire per fare fortuna e possibilmente mandare qualcosa alla famiglia. Vi sono poi ragazzi orfani o con famiglie destrutturate. Per esempio ragazzini che erano con la famiglia in Iran, successivamente deportati in Afganistan e quando sono riusciti a ritornare in Iran illegalmente non l'hanno più trovata. Vi sono quelli il cui padre è scomparso e la madre si è risposata e non li ha voluti portare nella nuova famiglia.
Per pagarsi il viaggio c'è chi vende tutto quello che ha ma ci sono anche ragazzini che si guadagnano il necessario con la prostituzione.
Di questo parla anche Valerio Neri di Save the Children in un'altra puntata di Fahrenheit dedicata agli arrivi a Lampedusa. Sui 30.000 arrivi del 2008, l'8% sono minori di 18 anni. Di questi 80% maschi e il resto femmine. La gran parte arrivano da soli, per esempio dal Nord Africa ma diversi anche dal sud del Sahara (Somali, Nigeriani, Eritrei).
Questi ragazzi raccontano agli operatori di Save the Children storie inimmaginabili su quello che hanno subito, soprattutto in Libia prima di imbarcarsi, storie di vero schiavismo.
Cosa spinge questi che noi considereremmo "bambini" ad affrontare viaggi lunghi anche anni? Essenzialmente la povertà, cioè il non vedere nessuna possibilità di sopravvivenza nei loro paesi, ma anche la dittatura militare (vedi Somalia) o la guerra. Si fugge da uno stato con rischio immediato di essere arrestati o uccisi o si fugge da una povertà senza futuro. Questi ragazzi hanno un progetto migratorio che di solito è quello di raggiungere altri parenti o amici che sanno essere in Germania o in Norvegia ma spesso durante il viaggio cambiano il loro progetto.
Interessante il meccanismo burocratico che Neri racconta. I minori vengono infatti mandati nelle case famiglie dell'agrigentino in attesa della tutela giuridica, cioè che il tribunale dei minori stabilisca qual è l'adulto di riferimento che si prende la responsabilità di loro fino a 18 anni. Il fatto è che questi ragazzi, per motivi linguistici, non capiscono cosa stanno aspettando lì, vedono che non succede niente e scappano andando incontro a grossi rischi come quello di finire nel giro del lavoro nero agricolo o della prostituzione.
Penso allora ai nostri adolescenti tenuti nella bambagia, cresciuti con l'idea che a loro tutto è dovuto, con la noia come unico rischio. Non è detto però che la loro sorte non riservi difficoltà di altro tipo. Ma a questi dedicherò altri post.
Il problema dei minori che girano da soli è un problema non solo europeo ma planetario, andrebbe meglio regolamentato. C'è la carta dei diritti del fanciullo ma non tutte le nazioni la conoscono e la applicano.Si ritorna lì un sistema educativo più diffuso e globalizzato aiuterebbe tutta l'umanità.
RispondiEliminaIeri notte c era un servizio sui ragazzi afghani che da patrasso cercano di arrivare in italia sui camion. Era molto che un servizio del genere non mi faceva così male, 15-16enni con il viso giovane e gli occhi vecchi...davvero terribile.
RispondiEliminaProprio di questo parlava il servizio di Nicastro. Mi sa che non ti sei tanto "rilassato" con questo post, vero Belphagor? ;-)
RispondiEliminaI nostri egoismi ci stanno imbarbarendo, sono decenni ormai che ci siamo rinchiusi nella torre d'avorio del consumismo e i nostri modelli diventano i concorrenti del "grande fratello", volutamente distogliamo gli occhi davanti alla miseria e alla sofferenza, che in fondo riguardano solamente dei paria, non degni di considerazione.
RispondiEliminaCambiare i nostri modelli di vita, diventa sempre più difficile, ma temo che un giorno i paria ci presenteranno il conto e sarà un conto pesante.
Sileno
l'idea di un ragazzo lasciato solo a combattere per la propria sopravvivenza è terribile.
RispondiEliminala solitudine rende le persone dure, è una questione di sopravvivenza.
c'è un ragazzo rumeno in azienda, sembra un uomo rude e maturo. un giorno ho visto la copia del suo documento di identità: ha 21 anni. 21...
c'è qualcosa nei suoi occhi che ha dell'animale ferito e rabbioso che fa paura, ma mi chiedo cosa voglia dire fare come lui che tre anni fa è venuto qui da clandestino, da solo e potendo contare solo su se stesso. diciotto anni... e il vuoto sconosciuto intorno.
(tra l'altro è bravo e dopo il periodo di prova l'hanno tenuto, insomma a lui è andata pure bene, per fortuna e merito).