Sarà che cerco sempre di capire le cose allargando lo sguardo, cercando un collegamento con ciò che era prima, in sostanza mi piace dare una lettura storica anche alle cose di stretta attualità. Per questo ho trovato stimolante l'intervista a Fahrenheit Radio 3 allo storico Guido Crainz, autore del libro "Autobiografia di una repubblica".
Crainz analizza la storia del nostro paese per capire come possa essere diventato una nazione dove regna «la volgarità di un populismo senza regole», la videocrazia imperante, il degrado dell'etica pubblica, la perdita di pudore, una diffusa «corruzione inconsapevole». I punti salienti dell'affascinante quanto pessimista analisi di Crainz sono:
1) Non è vero che tutto si deve ricondurre al carattere eterno degli Italiani, cattivi, individualisti, familistici, non rispettosi delle regole, perchè ciò suona un po' come una semplicistica giustificazione. Anche l'idea che gli Italiani siano qualunquisti e apolitici va sfatata perché l'Italia ha visto decenni di grande impegno politico, caratterizzati da alte percentuali di votanti, elevato numero di cittadini iscritti ai partiti, grande partecipazione ai movimenti. Negli anni Settanta gli stranieri che venivano da noi erano colpiti dalla politicizzazione del nostro paese.
2) Dopo 17 anni dal momento di crisi segnato da Tangentopoli e dall'irrompere delle Leghe è difficile pensare di vivere ancora in una fase di transizione, che sarebbe troppo lunga, bensì il professore teme che quello che vediamo sia un approdo durevole con il quale bisogna fare i conti ragionandoci e non semplicemente sperare in una ventata che spazzerà via la classe politica "cattiva" che tiene in ostaggio la società civile "buona".
3) Negli anni Cinquanta e Sessanta l'Italia cambiò pelle, smise di essere un paese contadino e arcaico, bisognava definire nuove regole e si confrontarono modi diversi di essere Italiani. Questo confronto continuò negli anni Settanta alla fine dei quali però si assistette a processi di degenerazione del sistema politico (Gelli, Sindona, ecc.). Dagli anni Ottanta il modello che disprezza le regole e afferma l'interesse individuale contro l'interesse collettivo ha sempre meno anticorpi. Un certo modo di pensare l'Italia c'era quindi già fin dagli anni del Miracolo Economico ma trovava diversi anticorpi nella società, nei partiti, nei movimenti culturali e giovanili. Il modello di essere Italiano che si è consolidato in questi ultimi quindici anni quindi c'è sempre stato ma sono venuti meno gli anticorpi. Antonio Gambino nei primi anni Novanta affermò che "non è vero che in Italia ci sono più disonesti che altrove, bensì meno onesti che altrove", cioè esiste meno che altrove una rete attiva di persone oneste (anche minoritaria) ma che dia un'alternativa al modello imperante.
4) Per questo è inutile sperare di risolvere tutto con la caduta di una persona perché l'Italia che si è consolidata in questi anni non cadrebbe in un minuto.
Nella singolare raccolta di SMS che gli ascoltatori di Fahrenheit hanno inviato con le frasi per definire il nostro paese Guido Crainz sottolinea il primo come emblematico: SUV in seconda fila.
Crainz analizza la storia del nostro paese per capire come possa essere diventato una nazione dove regna «la volgarità di un populismo senza regole», la videocrazia imperante, il degrado dell'etica pubblica, la perdita di pudore, una diffusa «corruzione inconsapevole». I punti salienti dell'affascinante quanto pessimista analisi di Crainz sono:
1) Non è vero che tutto si deve ricondurre al carattere eterno degli Italiani, cattivi, individualisti, familistici, non rispettosi delle regole, perchè ciò suona un po' come una semplicistica giustificazione. Anche l'idea che gli Italiani siano qualunquisti e apolitici va sfatata perché l'Italia ha visto decenni di grande impegno politico, caratterizzati da alte percentuali di votanti, elevato numero di cittadini iscritti ai partiti, grande partecipazione ai movimenti. Negli anni Settanta gli stranieri che venivano da noi erano colpiti dalla politicizzazione del nostro paese.
2) Dopo 17 anni dal momento di crisi segnato da Tangentopoli e dall'irrompere delle Leghe è difficile pensare di vivere ancora in una fase di transizione, che sarebbe troppo lunga, bensì il professore teme che quello che vediamo sia un approdo durevole con il quale bisogna fare i conti ragionandoci e non semplicemente sperare in una ventata che spazzerà via la classe politica "cattiva" che tiene in ostaggio la società civile "buona".
3) Negli anni Cinquanta e Sessanta l'Italia cambiò pelle, smise di essere un paese contadino e arcaico, bisognava definire nuove regole e si confrontarono modi diversi di essere Italiani. Questo confronto continuò negli anni Settanta alla fine dei quali però si assistette a processi di degenerazione del sistema politico (Gelli, Sindona, ecc.). Dagli anni Ottanta il modello che disprezza le regole e afferma l'interesse individuale contro l'interesse collettivo ha sempre meno anticorpi. Un certo modo di pensare l'Italia c'era quindi già fin dagli anni del Miracolo Economico ma trovava diversi anticorpi nella società, nei partiti, nei movimenti culturali e giovanili. Il modello di essere Italiano che si è consolidato in questi ultimi quindici anni quindi c'è sempre stato ma sono venuti meno gli anticorpi. Antonio Gambino nei primi anni Novanta affermò che "non è vero che in Italia ci sono più disonesti che altrove, bensì meno onesti che altrove", cioè esiste meno che altrove una rete attiva di persone oneste (anche minoritaria) ma che dia un'alternativa al modello imperante.
4) Per questo è inutile sperare di risolvere tutto con la caduta di una persona perché l'Italia che si è consolidata in questi anni non cadrebbe in un minuto.
Nella singolare raccolta di SMS che gli ascoltatori di Fahrenheit hanno inviato con le frasi per definire il nostro paese Guido Crainz sottolinea il primo come emblematico: SUV in seconda fila.