"Una storia che sembra che parli di soldi ma in realtà parla di cose più importanti: di dignità, di libertà e anche di onore, ma soprattutto parla di futuro. Una guerra quotidiana che si combatte contro un sistema assassino che finisce per ucciderlo il futuro. Piccoli eroi sconosciuti che hanno combattuto contro il sistema assassino tenendo duro fino alla fine. Parla di chi si è piegato a quel sistema, di chi ha fatto finta di niente, di chi lo ha sfruttato criminalmente. Ma soprattutto parla di quelli che il sistema l'hanno combattuto, quelli che sono morti come in tutte le guerre e quelli che ce l'hanno fatta e hanno vinto."
Così inizia una bellissima puntata di Blu Notte, la trasmissione di Carlo Lucarelli, dedicata agli imprenditori che si sono ribellati al racket, perché l'antimafia non la fanno solo i magistrati e i poliziotti, ma anche coloro che coraggiosamente vogliono fare impresa in modo pulito. Chi chiede il pizzo non usa mai questa parola, che infatti è un'invenzione giornalistica, ma usa l'espressione "mettersi a posto".
"Le parole sono importanti perché dire che quando uno dà i soldi alla mafia 'si mette a posto' vuol dire che prima a posto non era. Quando uno si dice che 'si mette a posto' dovrebbe significare, per esempio, che paga le tasse che prima non aveva pagato. Le tasse sono chieste legittimamente ai cittadini per pagarci dei servizi. Ma 'mettersi a posto' con la mafia significa che in quel territorio lo Stato è la mafia ed è con lei che il cittadino deve mettersi a posto."
Lucarelli parte dal giovanissimo produttore inglese di vino marsala che scrive una lettera al capomafia locale dicendo che non vuole pagare, per passare a raccontare la storia di Libero Grassi, proprietario di una fabbrica di maglieria che dava lavoro a 200 dipendenti. Libero rifiutò di pagare, si rivolse alle forze dell'ordine e scrisse, il 10 gennaio 1991, la famosa lettera al Giornale di Sicilia che cominciava con "Caro estortore". "... Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere...", scrisse Libero Grassi.
Ma i tempi non erano ancora maturi. Il presidente dell'Associazione Industriali dichiarò che le estorsioni rappresentavano "un dettaglio". Il 29 agosto 1991 Libero Grassi venne ucciso.
Secondo uno studio della Fondazione Chinnici il pizzo sottrae l'1,3% del PIL regionale (più di 1 miliardo di euro all'anno). Pare che venga chiesto anche ai venditori di aglio al minuto. Ma, per fortuna, l'esempio di Libero Grassi è stato seguito da altri imprenditori coraggiosi sempre più numerosi come Vincenzo Conticello, proprietario dell'Antica focacceria di Palermo e Silvana Fucito, imprenditrice presidente dell'associazione antiracket di Napoli.
Questi imprenditori sono riuniti in 58 associazioni (perché solo l'unione dà il coraggio di sfidare gli estortori) che aderiscono al FAI, Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane.
Il 21 giugno 2004 Palermo è tappezzata da centinaia di adesivi con la frase
UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO È UN POPOLO SENZA DIGNITÀ, una frase molto semplice ma che in quel momento sembra rivoluzionaria. Era l'inizio di quel movimento giovanile che prende il nome di Addio Pizzo.
Nel luglio 2008 si tengono gli interrogatori degli imprenditori citati nel libro paga del boss Salvatore Lo Piccolo e succede qualcosa di nuovo: 19 dei 20 imprenditori convocati denunciano il loro estortore con decisione e senza tentennamenti. Non una vittoria ma una crepa su quel muro che prima o poi crollerà.
La puntata finisce con la bellissima lettera scritta dai ragazzi delle scuole per il Concorso Libero Grassi:
"Caro estortore, ho deciso che pagherò. Pagherò le tasse, tutte. Pagherò i miei dipendenti, tutti e li metterò in regola, anche gli extra comunitari. Pagherò le mie scelte, di persona e infatti il mio voto non lo venderò più. Sarà meno facile di fare quello che fanno tutti quando vogliono fare i furbi. Ma lo farò perché è come quando ti diagnosticano un male incurabile e ti scopri innamorato della vita. Ecco il cancro, caro estortore, sei tu. E io non voglio morire di questo cancro. Per questo pagherò tutti ma non pagherò te. E se verrai a farmi del male resisterò perché oggi sono un uomo libero."
"Le parole sono importanti perché dire che quando uno dà i soldi alla mafia 'si mette a posto' vuol dire che prima a posto non era. Quando uno si dice che 'si mette a posto' dovrebbe significare, per esempio, che paga le tasse che prima non aveva pagato. Le tasse sono chieste legittimamente ai cittadini per pagarci dei servizi. Ma 'mettersi a posto' con la mafia significa che in quel territorio lo Stato è la mafia ed è con lei che il cittadino deve mettersi a posto."
Lucarelli parte dal giovanissimo produttore inglese di vino marsala che scrive una lettera al capomafia locale dicendo che non vuole pagare, per passare a raccontare la storia di Libero Grassi, proprietario di una fabbrica di maglieria che dava lavoro a 200 dipendenti. Libero rifiutò di pagare, si rivolse alle forze dell'ordine e scrisse, il 10 gennaio 1991, la famosa lettera al Giornale di Sicilia che cominciava con "Caro estortore". "... Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere...", scrisse Libero Grassi.
Ma i tempi non erano ancora maturi. Il presidente dell'Associazione Industriali dichiarò che le estorsioni rappresentavano "un dettaglio". Il 29 agosto 1991 Libero Grassi venne ucciso.
Secondo uno studio della Fondazione Chinnici il pizzo sottrae l'1,3% del PIL regionale (più di 1 miliardo di euro all'anno). Pare che venga chiesto anche ai venditori di aglio al minuto. Ma, per fortuna, l'esempio di Libero Grassi è stato seguito da altri imprenditori coraggiosi sempre più numerosi come Vincenzo Conticello, proprietario dell'Antica focacceria di Palermo e Silvana Fucito, imprenditrice presidente dell'associazione antiracket di Napoli.
Questi imprenditori sono riuniti in 58 associazioni (perché solo l'unione dà il coraggio di sfidare gli estortori) che aderiscono al FAI, Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane.
Il 21 giugno 2004 Palermo è tappezzata da centinaia di adesivi con la frase
UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO È UN POPOLO SENZA DIGNITÀ, una frase molto semplice ma che in quel momento sembra rivoluzionaria. Era l'inizio di quel movimento giovanile che prende il nome di Addio Pizzo.
Nel luglio 2008 si tengono gli interrogatori degli imprenditori citati nel libro paga del boss Salvatore Lo Piccolo e succede qualcosa di nuovo: 19 dei 20 imprenditori convocati denunciano il loro estortore con decisione e senza tentennamenti. Non una vittoria ma una crepa su quel muro che prima o poi crollerà.
La puntata finisce con la bellissima lettera scritta dai ragazzi delle scuole per il Concorso Libero Grassi:
"Caro estortore, ho deciso che pagherò. Pagherò le tasse, tutte. Pagherò i miei dipendenti, tutti e li metterò in regola, anche gli extra comunitari. Pagherò le mie scelte, di persona e infatti il mio voto non lo venderò più. Sarà meno facile di fare quello che fanno tutti quando vogliono fare i furbi. Ma lo farò perché è come quando ti diagnosticano un male incurabile e ti scopri innamorato della vita. Ecco il cancro, caro estortore, sei tu. E io non voglio morire di questo cancro. Per questo pagherò tutti ma non pagherò te. E se verrai a farmi del male resisterò perché oggi sono un uomo libero."
Altri post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra
Piccoli???????????????????????????????
RispondiEliminaE' il titolo della puntata, Chiara. Lo ha scelto Lucarelli :-)
RispondiEliminaCi sono tante guerre, quelle che durano un giorno, quelle che durano secoli.Chissà quanto durerà questa.
RispondiEliminaI giovani dell'Onda, i giovani contro il pizzo, i giovani che seguono la cultura europea: se trovassero un punto di aggregazione avremmo la nuova classe politica!
RispondiEliminaGrande Lucarelli, ho letto di recente il suo libro sulla "nave dei veleni" Jolly Rosso ed apprezzo sempre di più la sua attenzione alla legalità.
RispondiEliminaE grandi soprattutto gli eroi che stanno cercando di far crollare il muro dell'illegalità!
Venerdì sera parteciperò a questo incontro promosso da Libera (http://liberapiemonte.it/2009/02/18/san-sebastiano-la-mafia-al-nord-e-lomicidio-caccia/)
Cascina Caccia è la cascina - nel paese accanto al mio - che un tempo appartenne alla famiglia Belfiore: comprata con soldi sporchi di sangue da Domenico Belfiore, esponente della 'ndrangheta e mandante dell'omicidio del magistrato Bruno Caccia, diventa "isola libera dalla mafia" quando grazie alla legge La Torre (un altro eroe nazionale indimenticabile) viene confiscata ed assegnata a "Libera" di Don Ciotti (http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplRubriche/Torino/digito/grubrica.asp?ID_blog=179&ID_articolo=463&ID_sezione=368&sezione=)
L'infiltrazione mafiosa al nord, come sappiamo, è meno evidente ma non meno pericolosa: non possiamo mai smettere di informarci al riguardo, per non diventare nostro malgrado complici inconsapevoli (magari andando anche solo a mangiare una pizza in un locale aperto con i soldi provenienti dal crimine...)
Bravo, Lupo!
RispondiEliminaChe bello. Funzionerà?
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