Pur rappresentando circa il 2% del peso del corpo, il nostro cervello consuma circa il 20% dell'energia necessaria per tenersi in vita, anche quando non lo usiamo. Ci vogliono circa diciotto anni per completare il processo di fetalizzazione, cioè di completamento della formazione del nostro cervello. Abbiamo circa cento miliardi di cellule nervose, ciascuna con diecimila collegamenti (le famose sinapsi) che cambiano molto velocemente creando continuamente reti neurali. Usiamo solo il 20% di questi possibili collegamenti e più usiamo un certo circuito più esso si rinforza. Tutto quello che percepiamo con i sensi arriva frammentato al cervello, adatto a rispondere a domande semplici e preordinate. E' la corteccia cerebrale che in un terzo di secondo annoda tutti i fili e rende ciò che è arrivato ragionevole e continuo. La guaina mielinica che ricopre il fascio nervoso che collega i neuroni fa sì che l'impulso nervoso abbia la velocità di un jet supersonico anziché quella di un uomo a piedi. Dalla sua presenza, che raggiunge il massimo intorno ai diciotto anni, o dal suo deteriorarsi dipende la velocità dei nostri riflessi.
Non mi stancherei mai di stare a sentire Edoardo Boncinelli, genetista e neuroscienziato dalla grande capacità divulgativa, autore di La vita della nostra mente, presentato anche a Le Storie-Diario italiano.
Quale argomento affascinante sono le neuroscienze! Gli esseri viventi, dice il professor Boncinelli, sono un miracolo della capacità di ottimizzare tutte le funzioni.
Ecco perché ho apprezzato molto le sue tre lezioni tenute al Festival della mente dell'anno scorso e riascoltabili sul sito: La mente e il corpo. Le tre età: la formazione, la maturità, l'invecchiamento.
Non mi stancherei mai di ascoltarlo anche perché è rassicurante. "La mente invecchia molto più lentamente del corpo. Per qualcuno quasi non invecchia. Non è vero che si perde la memoria, si perde la velocità nel richiamare i ricordi, soprattutto i nomi. Basta non arrabbiarsi e non spazientirsi: i ricordi sono lì e ci vuole solo un po' più di tempo per farseli tornare in mente."
Poi il neuroscienziato sconfina verso la filosofia con il concetto di coscienza che ha vari livelli, di cui il più alto, l'io fenomenico, consiste nella "mia personale percezione delle cose, dovuta alla mia storia personale e ai miei ricordi, alle mie inclinazioni e alle mie avversioni, e che nessun altro può afferrare fino in fondo." Un io unico e irripetibile, che non muore insieme al mio corpo e che, almeno per ora, non è possibile replicare. Ma dove si trova questo io? Per quello che ne sappiamo oggi, in quel milione di miliardi di connessioni sinaptiche del mio cervello.