Non sono mica sicura alla fine di aver capito cos'è una forma sonata, un contrappunto, una fuga, cos'è il cromatismo o lo swing! Eppure sono contenta di aver ascoltato quasi una cinquantina delle Lezioni di Musica di Radio 3 dato che il non aver avuto alcuna formazione musicale è uno dei miei tanti rimpianti. Da bambina guardavo con curiosità mio nonno che ascoltava musica classica ad occhi chiusi muovendo le mani e mi chiedevo se immaginasse di essere il direttore d'orchestra o cos'altro.
Le lezioni di Radio 3, alcune dallo studio, altre tratte da quelle tenute all'Auditorium Parco della Musica di Roma, non sono tutte facili e non tutte parimenti godibili.
Alcune riguardano più la storia della musica. Apprendiamo così che, per effetto della Rivoluzione Francese che comportò un allargamento del pubblico, Beethoven "ampiò la musica", sia come strumenti utilizzati che come respiro delle composizioni, che non è la musica di Schubert che si dilunga "ma la pazienza che è corta", apprendiamo di un Haendel raffinato compositore di fama a Londra mentre Bach sogna il successo per tutta la sua vita trascorsa nella provincia tedesca, che Chopin scrisse la sua prima mazurka a sette anni mentre il povero Pergolesi compose lo Stabat Mater sul letto di morte appena venticinquenne, che per "musica classica" in realtà si dovrebbe intendere solo quella che va da fine Settecento alla prima metà dell'Ottocento (Haydn, Mozart e il primo Beethoven) e tante altre cose interessanti.
Splendide le lezioni nelle quali il pianista Roberto Prosseda ci fa capire l'apporto di un interprete rispetto al pezzo musicale da suonare e svela molti degli strumenti tecnici del pianoforte per esprimere in modi così diversi quell'insieme di note che rappresenta un brano musicale.
Per quanto riguarda capire la tecnica e la struttura della musica, le lezioni di Giovanni Bietti, compositore, pianista, musicologo e curatore della trasmissione, non hanno confronti. Bietti smonta pezzo per pezzo i capolavori, te ne spiega i meccanismi, ti prende per mano e te li fa vivere con un entusiasmo e un coinvolgimento che non può lasciare indifferenti.
Ammetto che il mio orecchio grezzo ancora non riesce ad apprezzare la musica atonale del Novecento e neppure il jazz, però ho capito delle cose importanti:
- la musica è arte e quindi non la puoi incasellare, catalogare, spiegare razionalmente fino in fondo;
- l'ascolto della musica classica richiede sforzo, concentrazione, è "ginnastica della mente" (per dirla con Prosseda) e non ha senso metterla in sottofondo mentre si fanno altre cose;
- ascoltare la musica classica è un "lusso" perché significa avere tempo di isolarsi dai tanti suoni che invadono continuamente la nostra vita (basti pensare al fatto che sono costretta a tenere sempre il lettore mp3 al massimo per non sentire i rumori di fondo). Un lusso che temo, con grande rammarico, di non potermi permettere. Peccato!