Questo fine settimana sarò a Terra Futura, una mostra-convegno sui temi a me cari della sostenibilità ambientale ed etica. Chi ha occasione di passare da Firenze, ci faccia una scappata. Lo consiglio.
venerdì 28 maggio 2010
Terra Futura
Questo fine settimana sarò a Terra Futura, una mostra-convegno sui temi a me cari della sostenibilità ambientale ed etica. Chi ha occasione di passare da Firenze, ci faccia una scappata. Lo consiglio.
martedì 25 maggio 2010
Dalla mela ciucca alla pera briaca estiva
Umbria, San Lorenzo di Lerchi nei pressi di Città di Castello. Qui opera da più di 20 anni l'associazione "Archelogia arborea" che ricerca e salva specie e varietà locali di piante, soprattutto alberi da frutto. Concretamente l'associazione, portata avanti dall'agronoma Isabella Dalla Ragione che ha raccolto la passione del padre Livio, ricerca, soprattutto nei luoghi abitati dagli anziani agricoltori, piante che stanno scomparendo e le riproduce, tramite la tradizionale tecnica dell'innesto nell'azienda di famiglia creando così una "collezione" che ha lo scopo di preservare quella specifica varietà di pianta.
Stavo pedalando verso la palestra e dopo questa introduzione alla relativa puntata di Questioni di stili di Controradio confesso che stavo cancellando il file perché l'argomento mi sembrava di modesto interesse. Ed invece soffermandomi ad ascoltare l'intervista ad Isabella Dalla Ragione sono rimasta incantata da quello che ho sentito. Un mondo per me completamente sconosciuto.
L'agronoma e suo padre hanno iniziato questa attività in tempi in cui non si parlava affatto di "erosione genetica" o di perdita di biodiversità. Il loro intento era più che altro quello di salvare, insieme alle piante, le proprie radici culturali, agronomiche, gastronomiche, ecc. che erano legate ad un certo di tipo di agricoltura.
Questa diversità, dice Isabella Dalla Ragione, si ottiene anche mantenendo l'equilibrio tra la presenza dell'uomo ed il rapporto con gli insetti, buoni e cattivi, con le api e gli uccelli cioè preservando il cosiddetto "agroecosistema". Gli insetti utili, come per esempio le coccinelle, arrivano solo se ci sono le afidi. Così si mette a dimora l'assenzio che attrae l'afide nero, il primo ad arrivare. La coccinella arriva e trova questa specie di "colazione" che le è stata preparata. Una volta che è nel frutteto, più tardi nella stagione, arrivano gli afidi della frutta ma la coccinella è già presente e trova in essi il suo "pranzo". Quindi anche gli insetti dannosi fanno parte dell'equilibrio.
Così per avere gli uccelli nel frutteto, gli unici che eliminano le larve minatrici delle foglie, si deve lasciar loro mangiare un po' di frutta.
Isabella Dalla Ragione passa a spiegare il grande lavoro dei preziosissimi bombi che cominciano ben prima delle api ("le mie operaie di fiducia") e sono utili per i fiori precoci come quelli dei mandorli che si hanno a fine febbraio quando le api non sono ancora attive. E i bombi si attirano con striscie di piante selvatiche e di leguminose.
L'agronoma di Archeologia Arborea non usa prodotti chimici (salvo un po' di rame e di zolfo) "perché l'equilibrio si romperebbe subito" ma soprattutto sistemi agronomici (potature, areazione delle piante). "Una pianta non può essere sfruttata al massimo ma bisogna lasciarle la sua vigoria".
Incuriosita dalla trasmissione sono andata a vedere il loro sito e sono rimasta stupita dalla varietà di mele e pere che essi hanno in collezione e che è solo una piccola parte di quello che esisteva. Così penso alle insipide mele golden che si mangiano tutto l'anno e che vengono tenute in frigorifero e maturate a comando tramite l'etile perché la grande distribuzione richiede così. Frutta impoverita di sostanze nutritive e di sapore. Penso alla frutta lasciata marcire sugli alberi o buttata via perché in sovraproduzione.
E penso a come Isabella Dalla Ragione parla del terreno come "il più grande tesoro dell'agricoltore", un tesoro che va rispettato e che non va impoverito con un uso massiccio di concimi minerali o con l'uso casuale ed esagerato del trattore che uccide tutti i microrganismi.
L'agronoma indica la Valle del Tevere, un territorio coltivato per cinquanta anni in intensivo per il tabacco e che è ormai completamente sterile. "E' questo il prezzo che vogliamo pagare?", chiede.
Pensare che nel mio pellegrinaggio sulle orme di San Francesco sono passata vicino a Lerchi. Pensare che volevo cancellare il file.
Stavo pedalando verso la palestra e dopo questa introduzione alla relativa puntata di Questioni di stili di Controradio confesso che stavo cancellando il file perché l'argomento mi sembrava di modesto interesse. Ed invece soffermandomi ad ascoltare l'intervista ad Isabella Dalla Ragione sono rimasta incantata da quello che ho sentito. Un mondo per me completamente sconosciuto.
L'agronoma e suo padre hanno iniziato questa attività in tempi in cui non si parlava affatto di "erosione genetica" o di perdita di biodiversità. Il loro intento era più che altro quello di salvare, insieme alle piante, le proprie radici culturali, agronomiche, gastronomiche, ecc. che erano legate ad un certo di tipo di agricoltura.
Questa diversità, dice Isabella Dalla Ragione, si ottiene anche mantenendo l'equilibrio tra la presenza dell'uomo ed il rapporto con gli insetti, buoni e cattivi, con le api e gli uccelli cioè preservando il cosiddetto "agroecosistema". Gli insetti utili, come per esempio le coccinelle, arrivano solo se ci sono le afidi. Così si mette a dimora l'assenzio che attrae l'afide nero, il primo ad arrivare. La coccinella arriva e trova questa specie di "colazione" che le è stata preparata. Una volta che è nel frutteto, più tardi nella stagione, arrivano gli afidi della frutta ma la coccinella è già presente e trova in essi il suo "pranzo". Quindi anche gli insetti dannosi fanno parte dell'equilibrio.
Così per avere gli uccelli nel frutteto, gli unici che eliminano le larve minatrici delle foglie, si deve lasciar loro mangiare un po' di frutta.
Isabella Dalla Ragione passa a spiegare il grande lavoro dei preziosissimi bombi che cominciano ben prima delle api ("le mie operaie di fiducia") e sono utili per i fiori precoci come quelli dei mandorli che si hanno a fine febbraio quando le api non sono ancora attive. E i bombi si attirano con striscie di piante selvatiche e di leguminose.
L'agronoma di Archeologia Arborea non usa prodotti chimici (salvo un po' di rame e di zolfo) "perché l'equilibrio si romperebbe subito" ma soprattutto sistemi agronomici (potature, areazione delle piante). "Una pianta non può essere sfruttata al massimo ma bisogna lasciarle la sua vigoria".
Incuriosita dalla trasmissione sono andata a vedere il loro sito e sono rimasta stupita dalla varietà di mele e pere che essi hanno in collezione e che è solo una piccola parte di quello che esisteva. Così penso alle insipide mele golden che si mangiano tutto l'anno e che vengono tenute in frigorifero e maturate a comando tramite l'etile perché la grande distribuzione richiede così. Frutta impoverita di sostanze nutritive e di sapore. Penso alla frutta lasciata marcire sugli alberi o buttata via perché in sovraproduzione.
E penso a come Isabella Dalla Ragione parla del terreno come "il più grande tesoro dell'agricoltore", un tesoro che va rispettato e che non va impoverito con un uso massiccio di concimi minerali o con l'uso casuale ed esagerato del trattore che uccide tutti i microrganismi.
L'agronoma indica la Valle del Tevere, un territorio coltivato per cinquanta anni in intensivo per il tabacco e che è ormai completamente sterile. "E' questo il prezzo che vogliamo pagare?", chiede.
Pensare che nel mio pellegrinaggio sulle orme di San Francesco sono passata vicino a Lerchi. Pensare che volevo cancellare il file.
Isabella Dalla Ragione è stata intervistata anche da Radio3
sabato 22 maggio 2010
10, 100, 1000 Nicola Gratteri
Non mi stancherei mai di ascoltare Nicola Gratteri, magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia, da anni in prima linea nella lotta contro la 'ndrangheta e da anni sotto scorta. Nell'intervista rilasciata a Corrado Augias ha abbandonato per un attimo il suo tono pacato quando ha spiegato come la legge sulle intercettazioni è il sistema di indagine più economico e garantista (oltre che più efficace) che ci sia e ci sono tranquillamente i mezzi tecnici per individuare i responsabili di eventuali abusi.
Di seguito ampi stralci della sua intervista rilasciata a Loredana Lipperini per Fahrenheit Radio3 della quale non mi sono sentita di fare ulteriori tagli tanto mi è parsa interessante. Prima o poi troverò il coraggio di leggere il suo ultimo libro "La malapianta"
D. Se San Luca è la sede di un'organizzazione criminale che fattura ogni anno 44 miliardi di Euro deve pur esserci una strategia dietro tanta desolazione.
R. La 'ndrangheta ha sempre cercato di mimetizzarsi e di nascondere il denaro. Non ha mai investito in Calabria ma al Nord d'Italia e all'estero. All'inizio del paese si nota qualche palazzotto costruito dal capomafia negli anni Settanta come forma di esibizione del potere.
D. La Piovra Bianca ha voluto nel proprio paese un aereoporto, una sopraelevata e un ospedale di prim'ordine. E invece la 'ndrangheta?
R. Essa ha sempre cercato di schiacciare la comunità locale creando paura e anche bisogno in modo che si sia costretti a rivolgersi al capomafia per ottenere come favore quello che dovrebbe essere un diritto della collettività.
D. E' la mafia più ricca?
R. In questo momento sì perché detiene quasi il monopolio dell'importazione di cocaina in Europa. Cosa Nostra ha fatto l'errore di impegnarsi nello stragismo contro lo Stato e questo è stato costretto a reagire. La 'ndrangheta invece si è sempre presentata "con il cappello in mano" e ha sempre cercato di prendere accordi con gli uomini dello Stato. Risulta molto credibile per i cartelli colombiani anche perchè non ha il pericolo dei collaboratori di giustizia a causa della sua struttura strettamente familistica. Infine ha molta liquidità di denaro che le permette di comprare in contanti grosse partite di cocaina dal Sud America da importare in Europa (Spagna, Olanda)
D. Quando si guadagna dal commercio di cocaina?
R. Per quello che è la mia esperienza non esiste al mondo attività più redditizia. Dalle intercettazioni è emerso che un chilo di cocaina pura al 98% a Bogotà costa 1200 Euro, mentre un grammo a Roma costa 50 Euro. Ecco perché il guadagno della sola 'ndrangheta corrisponde al reddito di due piccoli stati dell'Est Europeo. La sua culla è in provincia di Reggio Calabria, sull'Aspromonte. La Calabria è una delle regioni con minore densità di popolazione. Eppure ha generato questo mare incredibile.
[...]
D. Si diventa piccoli corrieri della droga anche per ottenere visibilità?
R. Sì, i giovani sono attratti dal fascino misterioso della 'ndrangheta: si sentono più potenti, si sentono guardati in modo diverso. Il guadagno facile, il pensare che facendo qualche viaggio per Milano o per Torino o per Bologna risolveranno i loro problemi. Sì, riusciranno a comprarsi l'ultimo modello di auto alla moda. Ma al sesto/settimo viaggio statisticamente verranno arrestati (sono gli esecutori materiali dei reati che finiscono dentro, non i mandanti). Questi giovani, che saranno anche già sposati con figli (come è tipico degli 'ndranghetisti), finiranno in galera a sbattere la testa nel muro capendo di essere stati usati e strumentalizzati dai capimafia ma non possono fare nulla. Non possono nemmeno confessare perchè in paese avranno un centinaio di parenti dei quali dovrebbero parlare per ottenere protezione. Spesso il capomafia manda a questi interrogatori degli avvocati che fanno parte dell'organizzazione e questi sono per così dire i cani da guardia che li rassicurano e nello stesso tempo controllano che non parlino. Questa tutela legale dura nella fase in cui l'imputato potrebbe ottenere benefici parlando e poi viene pian piano abbandonato. Intanto la giovane moglie a casa farà la vedova bianca perchè verrà controllata dai familiari, non si può separare o divorziare quindi risposare. Vivrà sola nel suo dolore per lunghi tristi anni. Non è un caso che nei paesi ad alta intensità mafiosa ci sia il più alto consumo di psicofarmaci.
D. E' strano come non ci si renda conto della trappola perché la ricchezza, all'interno della 'ndrangheta, rimane nelle mani di un'elite.
R. Solo i capi sono ricchi, tutti gli altri affiliati di basso livello entrano morti di fame ed escono tali. Finiscono i propri anni in galera oppure morti ammazzati. La ricchezza non è costruirsi un bell'appartamento o comprarsi una macchina da 40 mila euro, questo lo può fare anche un bravo muratore o un bravo meccanico che vive la sua vita senza stress, senza la paura che la notte qualcuno bussi alla porta o che qualcuno ti spari. Purtroppo c'è molta ignoranza e incoltura. Per questo andiamo nelle scuole a spiegare ai ragazzi i falsi valori della 'ndrangheta. Cerchiamo di parlare ai ragazzi in termini economici ("non è conveniente") piuttosto che ideologici ("non è morale, non è cristiano"). Io cerco di parlare il linguaggio dei giovani e usare esempi pratici. E' la strategia di lungo periodo quella più importante.
D. A proposito di convenienza lei afferma nel libro che la cocaina tiene in piedi l'economia, se non mondiale, di moltissimi paesi.
R. Certo, grande parte di questi soldi vengono reinvestiti nelle attività lecite (ristorazione, edilizia, finanza) e creano "un indotto". Se improvvisamente dovessero mancare questi soldi ci sarebbero grandi contraccolpi nell'economa legale perché essa, soprattutto in questo periodo di crisi, si appoggia all'economia illegale. In periodi di crisi le banche fanno difficilmente credito e gli imprenditori che non si fanno problemi etici fanno entrare nella società qualche prestanome della 'ndrangheta oppure ricevono soldi ad usura.
D. E' singolare, pensando a questo, che la 'ndrangheta nell'immaginario continui ad essere pensata come una mafia "stracciona".
R. Infatti la 'ndrangheta sta bene attenta a nascondere la ricchezza. Difficilmente lei vedrà in Calabria un capomafia ostentare l'orologio d'oro o la macchina da centomila euro. Sono i "garzoni" di 'ndrangheta ad ostentare il lusso. I veri capimafia hanno un tenore di vita quasi da contadini ma sono persone che decidono il destino di interi paesi e decidono chi sarà eletto sindaco spostando il loro pacchetto di voti.
D. Lei usa un'immagine molto forte nel libro "controlla anche il battito cardiaco di un paese".
R. La 'ndrangheta è una minoranza ma con il sistema elettorale attuale basta spostare un pacchetto di voti e si determina chi sarà sindaco al quale verrà poi chiesto il conto cioè si deciderà, chi farà il tecnico comunale, il comandante dei vigili urbani, chi vincerà l'appalto e così via. Creerà un sistema di oligopoli, deciderà dove verranno aperti i supermercati e la gente sarà indotta a comprare lì dove i prodotti costeranno meno (quel esercizio non dovrà pagare il pizzo, non avrà chiesto prestiti alle banche). Non c'è libera concorrenza.
[...]
D. Di 'ndrangheta si parla solo quando la cronaca ne parla.
R. Per il giornalista il problema esiste solo se c'è il morto a terra. Pochi si fermano per capire quello che è successo e perché. Con la strage di Duisburg si è attirato l'attenzione di molte testate giornalistiche internazionali che sono venute a San Luca e hanno fatto inchieste. Tant'è che un mese dopo il capomafia ha chiamato due famiglie e le ha costrette a fare la pace perché all'estero non si possono permettere di fare reati eclatanti come omicidi, o sparare alle serrande o bruciare auto. Attenzione: le polizie europee non sono attrezzate alla lotta alla criminalità organizzata. Quando si sente di affiliati arrestati all'estero spesso questo è frutto delle indagini dei magistrati italiani. La caduta delle barriere in Europa ha facilitato soprattutto le mafie. Non c'è armonizzazione nella legislazione anche per i reati comuni. Per esempio, a Madrid non si può fare una persecuzione di notte. Paradossalmente l'Italia è il più evoluto per la lotta alla mafia. La polizia investigativa è tra le migliori al mondo.
D. Come muoversi sul piano culturale?
R. Prima di tutto non ci dovrebbero essere trenta alunni per classe ma quindici. La scuola non è attrezzata per creare cultura e nemmeno per dare istruzione. Nella scuola si studia poco la lingua italiana, la matematica, la storia. Per fare cultura ci vogliono investimenti. Ci vorrebbero scuole a tempo pieno. Scuole belle e attrezzate dove i ragazzi potrebbero passare anche il pomeriggio giocando invece che stare per strada o davanti ai videogiochi o alla televisione.
D. Sul piano concreto voi magistrati avete gli strumenti per fare fino in fondo quello che vi prefiggete di fare?
R. No. Innanzitutto non abbiamo strumenti normativi adatti a contrastare le mafie. Ci vorrebbe un codice che consentisse di far stare veramente 20-30 anni i mafiosi in carcere in modo tale che non sia conveniente delinquere. Ci sono carceri che stanno scoppiando e altre ancora chiuse e nessuno ne parla (vedi isole).
D. Ventuno anni con la scorta, due o tre attentati sventati.
R. Ho avuto la fortuna di conoscere quella generazione straordinaria che amava la cultura e i libri. Ero affascinato da un mio zio, dalla sua cultura e dalla sua sensibilità. Volevo imitarlo ma l'ho fatto malamente. Ho cercato di laurearmi e fare qualcosa di concreto per quella terra. Ma quando ho iniziato non immaginavo di fare questa vita.
Di seguito ampi stralci della sua intervista rilasciata a Loredana Lipperini per Fahrenheit Radio3 della quale non mi sono sentita di fare ulteriori tagli tanto mi è parsa interessante. Prima o poi troverò il coraggio di leggere il suo ultimo libro "La malapianta"
D. Se San Luca è la sede di un'organizzazione criminale che fattura ogni anno 44 miliardi di Euro deve pur esserci una strategia dietro tanta desolazione.
R. La 'ndrangheta ha sempre cercato di mimetizzarsi e di nascondere il denaro. Non ha mai investito in Calabria ma al Nord d'Italia e all'estero. All'inizio del paese si nota qualche palazzotto costruito dal capomafia negli anni Settanta come forma di esibizione del potere.
D. La Piovra Bianca ha voluto nel proprio paese un aereoporto, una sopraelevata e un ospedale di prim'ordine. E invece la 'ndrangheta?
R. Essa ha sempre cercato di schiacciare la comunità locale creando paura e anche bisogno in modo che si sia costretti a rivolgersi al capomafia per ottenere come favore quello che dovrebbe essere un diritto della collettività.
D. E' la mafia più ricca?
R. In questo momento sì perché detiene quasi il monopolio dell'importazione di cocaina in Europa. Cosa Nostra ha fatto l'errore di impegnarsi nello stragismo contro lo Stato e questo è stato costretto a reagire. La 'ndrangheta invece si è sempre presentata "con il cappello in mano" e ha sempre cercato di prendere accordi con gli uomini dello Stato. Risulta molto credibile per i cartelli colombiani anche perchè non ha il pericolo dei collaboratori di giustizia a causa della sua struttura strettamente familistica. Infine ha molta liquidità di denaro che le permette di comprare in contanti grosse partite di cocaina dal Sud America da importare in Europa (Spagna, Olanda)
D. Quando si guadagna dal commercio di cocaina?
R. Per quello che è la mia esperienza non esiste al mondo attività più redditizia. Dalle intercettazioni è emerso che un chilo di cocaina pura al 98% a Bogotà costa 1200 Euro, mentre un grammo a Roma costa 50 Euro. Ecco perché il guadagno della sola 'ndrangheta corrisponde al reddito di due piccoli stati dell'Est Europeo. La sua culla è in provincia di Reggio Calabria, sull'Aspromonte. La Calabria è una delle regioni con minore densità di popolazione. Eppure ha generato questo mare incredibile.
[...]
D. Si diventa piccoli corrieri della droga anche per ottenere visibilità?
R. Sì, i giovani sono attratti dal fascino misterioso della 'ndrangheta: si sentono più potenti, si sentono guardati in modo diverso. Il guadagno facile, il pensare che facendo qualche viaggio per Milano o per Torino o per Bologna risolveranno i loro problemi. Sì, riusciranno a comprarsi l'ultimo modello di auto alla moda. Ma al sesto/settimo viaggio statisticamente verranno arrestati (sono gli esecutori materiali dei reati che finiscono dentro, non i mandanti). Questi giovani, che saranno anche già sposati con figli (come è tipico degli 'ndranghetisti), finiranno in galera a sbattere la testa nel muro capendo di essere stati usati e strumentalizzati dai capimafia ma non possono fare nulla. Non possono nemmeno confessare perchè in paese avranno un centinaio di parenti dei quali dovrebbero parlare per ottenere protezione. Spesso il capomafia manda a questi interrogatori degli avvocati che fanno parte dell'organizzazione e questi sono per così dire i cani da guardia che li rassicurano e nello stesso tempo controllano che non parlino. Questa tutela legale dura nella fase in cui l'imputato potrebbe ottenere benefici parlando e poi viene pian piano abbandonato. Intanto la giovane moglie a casa farà la vedova bianca perchè verrà controllata dai familiari, non si può separare o divorziare quindi risposare. Vivrà sola nel suo dolore per lunghi tristi anni. Non è un caso che nei paesi ad alta intensità mafiosa ci sia il più alto consumo di psicofarmaci.
D. E' strano come non ci si renda conto della trappola perché la ricchezza, all'interno della 'ndrangheta, rimane nelle mani di un'elite.
R. Solo i capi sono ricchi, tutti gli altri affiliati di basso livello entrano morti di fame ed escono tali. Finiscono i propri anni in galera oppure morti ammazzati. La ricchezza non è costruirsi un bell'appartamento o comprarsi una macchina da 40 mila euro, questo lo può fare anche un bravo muratore o un bravo meccanico che vive la sua vita senza stress, senza la paura che la notte qualcuno bussi alla porta o che qualcuno ti spari. Purtroppo c'è molta ignoranza e incoltura. Per questo andiamo nelle scuole a spiegare ai ragazzi i falsi valori della 'ndrangheta. Cerchiamo di parlare ai ragazzi in termini economici ("non è conveniente") piuttosto che ideologici ("non è morale, non è cristiano"). Io cerco di parlare il linguaggio dei giovani e usare esempi pratici. E' la strategia di lungo periodo quella più importante.
D. A proposito di convenienza lei afferma nel libro che la cocaina tiene in piedi l'economia, se non mondiale, di moltissimi paesi.
R. Certo, grande parte di questi soldi vengono reinvestiti nelle attività lecite (ristorazione, edilizia, finanza) e creano "un indotto". Se improvvisamente dovessero mancare questi soldi ci sarebbero grandi contraccolpi nell'economa legale perché essa, soprattutto in questo periodo di crisi, si appoggia all'economia illegale. In periodi di crisi le banche fanno difficilmente credito e gli imprenditori che non si fanno problemi etici fanno entrare nella società qualche prestanome della 'ndrangheta oppure ricevono soldi ad usura.
D. E' singolare, pensando a questo, che la 'ndrangheta nell'immaginario continui ad essere pensata come una mafia "stracciona".
R. Infatti la 'ndrangheta sta bene attenta a nascondere la ricchezza. Difficilmente lei vedrà in Calabria un capomafia ostentare l'orologio d'oro o la macchina da centomila euro. Sono i "garzoni" di 'ndrangheta ad ostentare il lusso. I veri capimafia hanno un tenore di vita quasi da contadini ma sono persone che decidono il destino di interi paesi e decidono chi sarà eletto sindaco spostando il loro pacchetto di voti.
D. Lei usa un'immagine molto forte nel libro "controlla anche il battito cardiaco di un paese".
R. La 'ndrangheta è una minoranza ma con il sistema elettorale attuale basta spostare un pacchetto di voti e si determina chi sarà sindaco al quale verrà poi chiesto il conto cioè si deciderà, chi farà il tecnico comunale, il comandante dei vigili urbani, chi vincerà l'appalto e così via. Creerà un sistema di oligopoli, deciderà dove verranno aperti i supermercati e la gente sarà indotta a comprare lì dove i prodotti costeranno meno (quel esercizio non dovrà pagare il pizzo, non avrà chiesto prestiti alle banche). Non c'è libera concorrenza.
[...]
D. Di 'ndrangheta si parla solo quando la cronaca ne parla.
R. Per il giornalista il problema esiste solo se c'è il morto a terra. Pochi si fermano per capire quello che è successo e perché. Con la strage di Duisburg si è attirato l'attenzione di molte testate giornalistiche internazionali che sono venute a San Luca e hanno fatto inchieste. Tant'è che un mese dopo il capomafia ha chiamato due famiglie e le ha costrette a fare la pace perché all'estero non si possono permettere di fare reati eclatanti come omicidi, o sparare alle serrande o bruciare auto. Attenzione: le polizie europee non sono attrezzate alla lotta alla criminalità organizzata. Quando si sente di affiliati arrestati all'estero spesso questo è frutto delle indagini dei magistrati italiani. La caduta delle barriere in Europa ha facilitato soprattutto le mafie. Non c'è armonizzazione nella legislazione anche per i reati comuni. Per esempio, a Madrid non si può fare una persecuzione di notte. Paradossalmente l'Italia è il più evoluto per la lotta alla mafia. La polizia investigativa è tra le migliori al mondo.
D. Come muoversi sul piano culturale?
R. Prima di tutto non ci dovrebbero essere trenta alunni per classe ma quindici. La scuola non è attrezzata per creare cultura e nemmeno per dare istruzione. Nella scuola si studia poco la lingua italiana, la matematica, la storia. Per fare cultura ci vogliono investimenti. Ci vorrebbero scuole a tempo pieno. Scuole belle e attrezzate dove i ragazzi potrebbero passare anche il pomeriggio giocando invece che stare per strada o davanti ai videogiochi o alla televisione.
D. Sul piano concreto voi magistrati avete gli strumenti per fare fino in fondo quello che vi prefiggete di fare?
R. No. Innanzitutto non abbiamo strumenti normativi adatti a contrastare le mafie. Ci vorrebbe un codice che consentisse di far stare veramente 20-30 anni i mafiosi in carcere in modo tale che non sia conveniente delinquere. Ci sono carceri che stanno scoppiando e altre ancora chiuse e nessuno ne parla (vedi isole).
D. Ventuno anni con la scorta, due o tre attentati sventati.
R. Ho avuto la fortuna di conoscere quella generazione straordinaria che amava la cultura e i libri. Ero affascinato da un mio zio, dalla sua cultura e dalla sua sensibilità. Volevo imitarlo ma l'ho fatto malamente. Ho cercato di laurearmi e fare qualcosa di concreto per quella terra. Ma quando ho iniziato non immaginavo di fare questa vita.
Altri miei post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra
Piccoli eroi dimenticati
Per amore della Calabria
Niente regali alle mafie
Dietro ciascun nome una storia
Mafia e Chiesa
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LIBERA,
Vi consiglio,
Vorrei un mondo diverso
venerdì 21 maggio 2010
Senza respiro
Questa settimana è passata senza che neanche me ne accorgessi. Tornata dalle vacanze avrei voluto riprendere la vita consueta lentamente e in modo indolore. A casa ho trovato tutto a posto e tranquillo grazie ai miei uomini (grande gratitudine per il mio adorabile consorte). In ufficio invece, oltre alla prevedibile mole di arretrati, mi sono trovata un bel po' di cose impreviste da fare, di grane e di problemi che, insieme a qualche doverosa incombenza personale, mi hanno travolto senza darmi respiro.
Così mi trovo già a venerdì senza essere riuscita a scrivere un post sui vari spunti che mi ero annotata prima di partire, con un migliaio di post arretrati da leggere, con tutte le mie trasmissioni preferite registrate in queste due settimane da guardare, senza parlare poi del sonno arretrato e di quel leggero mal di testa che mi ha accompagnato in questi giorni.
Non ci siamo. Non mi piace correre così. Prima o poi mi metterò in pari ma, al solito, quello che non riuscirò a conquistare sono le pause, quei preziosi momenti di vuoto per riflettere, per metabolizzare le sensazioni, quei bei momenti in cui non si ha niente altro da fare che pensare. Ecco quei momenti li sono proprio un miraggio per me e non è certo una novità.
Cercherò di accontentarmi di questo quarto d'ora ritagliato aspettando al bordo del campo l'inizio della partita di mio figlio.
Così mi trovo già a venerdì senza essere riuscita a scrivere un post sui vari spunti che mi ero annotata prima di partire, con un migliaio di post arretrati da leggere, con tutte le mie trasmissioni preferite registrate in queste due settimane da guardare, senza parlare poi del sonno arretrato e di quel leggero mal di testa che mi ha accompagnato in questi giorni.
Non ci siamo. Non mi piace correre così. Prima o poi mi metterò in pari ma, al solito, quello che non riuscirò a conquistare sono le pause, quei preziosi momenti di vuoto per riflettere, per metabolizzare le sensazioni, quei bei momenti in cui non si ha niente altro da fare che pensare. Ecco quei momenti li sono proprio un miraggio per me e non è certo una novità.
Cercherò di accontentarmi di questo quarto d'ora ritagliato aspettando al bordo del campo l'inizio della partita di mio figlio.
domenica 16 maggio 2010
Sulcis Iglesiente
Cosa porto con me di ritorno da questo viaggio a piedi nella Sardegna Sud-Occidentale? Un paio di centinaia di foto fatte nel vano tentativo di catturare la luce, i colori, i profumi e i ricordi. Qualche paginetta di appunti sul mio taccuino dove ho infilato qualche fogliolina di mirto e un fiore di lavanda selvatica. Qualche depliant sui posti che ho visto. Le pabassinas e le pardulas (dolcetti) di Fluminimaggiore. Alcuni momenti che, come per tutti i viaggi a piedi che ho fatto, mi rimarranno particolarmente impressi nella mente. In questo caso il tratto tra Portoscuso e Porto Paglia percorso in silenzio calpestando rocce antiche di milioni di anni, rocce scure scolpite dal vento, rocce a picco su un mare a tratti turchese a tratti blu cobalto, rocce che c'erano da prima, prima dei profumati cespugli di ramerino, di elicrisio, di ginestra nana e di cisto, prima delle straordinarie distese di Fichi degli Ottentotti dai bei fiori fucsia e gialli, prima delle ciminiere di Porto Vesme visibili in lontananza.
Ma da questo viaggio mi porto anche le strette di mano dei Sardi che ho incontrato, i loro sguardi, le loro storie, i loro progetti. Gente che sta cercando un'identità dopo che la pagina di fatica e di ricchezza delle miniere è stata chiusa, gente che, per non scappare dalla propria isola, sta inventandosi un futuro scommettendo su un'idea.
Come Marco dell'agriturismo Golfo di Palmas, il ragazzo dai bei riccioli arrabbiato per i mille ostacoli che incontra e che spera in una qualche "rivoluzione" che cambi le cose. Come Silvana, dal timido sorriso, che ci ha preparato un ottimo Cascà, il couscous portato a Calasetta dai coloni tabarchini. Come Luca, tecnico delle saline di Sant'Antioco, che ci spiega con composto orgoglio come fanno lui e i suoi colleghi a fornire di sale mezza Europa. Come Paola, che con altre donne porta avanti il progetto Domusamigas, ospitalità diffusa ed ecosostenibile. Come Tiziana che, al Tempio di Antas, propone con altre tre socie l'idea di un turismo che non sia fatto solo di belle spiagge. Come Pietro, ex minatore ora tecnico dell'IGEA, che ci ha raccontato come il primo sciopero generale d'Italia sia stato proclamato nel 1904 in solidarietà dei minatori sardi uccisi dalla polizia a Buggerru. E come Paolo che ci ha offerto il buonissimo latte di capra per colazione (oltre a tutti gli altri prodotti della sua azienda).
La vita di un uomo non è niente: qualche centimetro che allunga una stalattite, ci ha insegnato il coinvolgente Ubaldo nella grotta di Su Mannau. Eppure la passione, le speranze, le delusioni delle persone non sono cosa da poco. Alla fine è questa riflessione che mi porto a casa dal Sulcis Iglesiente.
Ma da questo viaggio mi porto anche le strette di mano dei Sardi che ho incontrato, i loro sguardi, le loro storie, i loro progetti. Gente che sta cercando un'identità dopo che la pagina di fatica e di ricchezza delle miniere è stata chiusa, gente che, per non scappare dalla propria isola, sta inventandosi un futuro scommettendo su un'idea.
Come Marco dell'agriturismo Golfo di Palmas, il ragazzo dai bei riccioli arrabbiato per i mille ostacoli che incontra e che spera in una qualche "rivoluzione" che cambi le cose. Come Silvana, dal timido sorriso, che ci ha preparato un ottimo Cascà, il couscous portato a Calasetta dai coloni tabarchini. Come Luca, tecnico delle saline di Sant'Antioco, che ci spiega con composto orgoglio come fanno lui e i suoi colleghi a fornire di sale mezza Europa. Come Paola, che con altre donne porta avanti il progetto Domusamigas, ospitalità diffusa ed ecosostenibile. Come Tiziana che, al Tempio di Antas, propone con altre tre socie l'idea di un turismo che non sia fatto solo di belle spiagge. Come Pietro, ex minatore ora tecnico dell'IGEA, che ci ha raccontato come il primo sciopero generale d'Italia sia stato proclamato nel 1904 in solidarietà dei minatori sardi uccisi dalla polizia a Buggerru. E come Paolo che ci ha offerto il buonissimo latte di capra per colazione (oltre a tutti gli altri prodotti della sua azienda).
La vita di un uomo non è niente: qualche centimetro che allunga una stalattite, ci ha insegnato il coinvolgente Ubaldo nella grotta di Su Mannau. Eppure la passione, le speranze, le delusioni delle persone non sono cosa da poco. Alla fine è questa riflessione che mi porto a casa dal Sulcis Iglesiente.
Qui alcune foto del viaggio.
Altri post sui miei viaggi a piedi:
Perché fare un viaggio a piedi?
I misteri dei tufi etruschi
Uno dei "salotti buoni" del pianeta Terra
Di ritorno dal Parco Nazionale d'Abruzzo
Engadina
Corsica Mare e Monti
Di ritorno dalla Val Maira
Il sentiero dell'Inglese (Aspromonte)
Il Cammino di Francesco
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Viaggi a piedi
giovedì 6 maggio 2010
Saluti e baci
La primavera è fredda e piovosa ed io ho tanta voglia di estate. Le notizie sono sempre demoralizzanti ed io ho sempre più voglia di qualcosa di positivo. Gli amici blogger sono sempre più distratti, indaffarati o pigri. E allora preparo lo zaino, tiro fuori gli scarponi e me ne vado per una decina di giorni. Vi lascio con questa bellissima rosa che ho fotografato nel giardino della scuola di musica di mio figlio.
Un abbraccio a tutti,Artemisia
mercoledì 5 maggio 2010
Perché ce l'hanno tanto con le donne?
Le donne non devono profumarsi.
Le donne non devono indossare abiti ornati.
Le donne non devono indossare abiti di stoffa sottile.
Le donne non devono indossare abiti attillati.
Le donne devono coprire interamente il loro corpo.
Gli abiti delle donne non devono assomigliare a quelli degli uomini.
Gli abiti delle donne non devono assomigliare a quelli delle donne non musulmane.
Gli ornamenti dei loro piedi non devono produrre alcun suono.
Le donne non devono indossare abiti fruscianti.
Le donne non devono camminare al centro della strada.
Le donne non devono uscire di casa senza il permesso del marito.
Le donne non devono parlare con estranei. Se hanno necessità di farlo, devono farlo a bassa voce e senza ridere.
Le donne non devono guardare gli estranei.
Le donne non devono avere a che fare con gli estranei.
Malalai Joya, 32 anni, eletta al parlamento afgano e da esso espulsa nel 2007 perché vi aveva denunciato la presenza dei Signori della Guerra (i trafficanti di droga nemici delle donne al pari dei Talebani). Da allora è oggetto di minacce, vive sotto scorta e gira il mondo spiegando che in Afganistan non c'è affatto la democrazia come si vuol far credere all'Occidente.
La coraggiosa attivista, la cui autobiografia è uscita recentemente anche in Italia ("Finché avrò voce") è stata intervistata anche a Fahrenheit e ha raccontato che le donne in Afganistan, soprattutto nelle province, vivono la stessa situazione di violenza e di oppressione dei tempi dei Talebani. Malalai sottolinea come per gli occidentali l'oppressione delle donne sia collegata strettamente al fatto di portare il burqa mentre invece per molte afgane esso rappresenta una protezione perché non le fa riconoscere da chi le perseguita oppure addirittura permette di nascondervi sotto i libri quando si recano nelle scuole a loro proibite. Commovente il punto dove ricorda quando da bambina frequentava le scuole clandestine per le donne e conobbe Meena, la fondatrice del movimento Rawa poi uccisa dai servizi segreti afgani.
Ascoltare queste storie fa davvero venire i brividi. Di recente ho letto dell'attentato dei Talebani contro una scuola femminile dove hanno intossicato con il gas 80 bambine e mi chiedo: perché tanto accanimento contro le donne? Perché le donne fanno tanta paura?
Su questo blog altre notizie e interviste sulla coraggiosa Malalai Joya.
Le donne non devono indossare abiti ornati.
Le donne non devono indossare abiti di stoffa sottile.
Le donne non devono indossare abiti attillati.
Le donne devono coprire interamente il loro corpo.
Gli abiti delle donne non devono assomigliare a quelli degli uomini.
Gli abiti delle donne non devono assomigliare a quelli delle donne non musulmane.
Gli ornamenti dei loro piedi non devono produrre alcun suono.
Le donne non devono indossare abiti fruscianti.
Le donne non devono camminare al centro della strada.
Le donne non devono uscire di casa senza il permesso del marito.
Le donne non devono parlare con estranei. Se hanno necessità di farlo, devono farlo a bassa voce e senza ridere.
Le donne non devono guardare gli estranei.
Le donne non devono avere a che fare con gli estranei.
(Estratto dalla normativa emanata dal governo afgano nel 1992).
Malalai Joya, 32 anni, eletta al parlamento afgano e da esso espulsa nel 2007 perché vi aveva denunciato la presenza dei Signori della Guerra (i trafficanti di droga nemici delle donne al pari dei Talebani). Da allora è oggetto di minacce, vive sotto scorta e gira il mondo spiegando che in Afganistan non c'è affatto la democrazia come si vuol far credere all'Occidente.
La coraggiosa attivista, la cui autobiografia è uscita recentemente anche in Italia ("Finché avrò voce") è stata intervistata anche a Fahrenheit e ha raccontato che le donne in Afganistan, soprattutto nelle province, vivono la stessa situazione di violenza e di oppressione dei tempi dei Talebani. Malalai sottolinea come per gli occidentali l'oppressione delle donne sia collegata strettamente al fatto di portare il burqa mentre invece per molte afgane esso rappresenta una protezione perché non le fa riconoscere da chi le perseguita oppure addirittura permette di nascondervi sotto i libri quando si recano nelle scuole a loro proibite. Commovente il punto dove ricorda quando da bambina frequentava le scuole clandestine per le donne e conobbe Meena, la fondatrice del movimento Rawa poi uccisa dai servizi segreti afgani.
Ascoltare queste storie fa davvero venire i brividi. Di recente ho letto dell'attentato dei Talebani contro una scuola femminile dove hanno intossicato con il gas 80 bambine e mi chiedo: perché tanto accanimento contro le donne? Perché le donne fanno tanta paura?
Su questo blog altre notizie e interviste sulla coraggiosa Malalai Joya.
lunedì 3 maggio 2010
L'Atene di Socrate
Ho appena finito di ascoltare Luciano Canfora su Socrate nella serie di Alle Otto della Sera (programma purtroppo recentemente eliminato da Radio2 i cui dirigenti forse hanno paura che la cultura e la capacità critica degli ascoltatori sia troppo coltivata). Canfora è sicuramente un uomo colto e preparato ma purtroppo è un po' difficile seguirlo perché ha un modo di parlare sempre uguale che porta l'ascoltatore a distrarsi.
Un paio di spunti interessanti comunque li ho ricavati da questo "audiolibro". Per esempio, quando Canfora racconta che, dopo cento anni di regime democratico, in un clima cupo di scoraggiamento dovuto alla guerra appena persa in Sicilia, un gruppo di oligarchi prende il potere. Spesso, dice Canfora, quando si parla di colpi di mano che hanno portato a regimi autoritari si pensa che tutto sia avvenuto in modo veloce e contro la volontà dei più. Invece quasi sempre ciò è avvenuto facendo che la volontà dei più si orientasse nel senso desiderato da chi organizzava il colpo di mano. E così anche nell'Atene del 411 a.C. un'elite organizzata risulta, rispetto alla massa dell'assemblea popolare, IRRESISTIBILE. La democrazia viene smantellata ma solo tramite procedure formalmente rispettose delle regole cioè tramite decisioni votate dall'assemblea popolare.
E che dire del decreto di Diopite, votato dalla "gretta e oscurantista maggioranza" degli Ateniesi che aveva in odio i filosofi e che era nemica delle novità? Il decreto approvato prevedeva che fossero passibili di denuncia e andassero processati "coloro che non credono agli dei e che tengono lezioni intorno alle entità celesti".
Così nell'Atene del tardo V secolo a.C., che noi siamo soliti connettere all'arte così sublime e al più illuminato pensiero filosofico, il cittadino comune approvava questo decreto liberticida, che vietava la libera ricerca filosofica e anche scientifica e che intendeva colpire persone come Anassagora, che Socrate aveva frequentato, e la geniale Aspasia, donna amatissima da Pericle, protettrice dei filosofi e degli artisti ma anche donna di liberi costumi e perciò odiata perché non si conformava a quel modello di donna castigata, subalterna, intenta solo a procreare chiusa in casa.
Manipolazione del consenso e maggioranza gretta e oscurantista quindi anche allora.
La storia magister vitae? Sì, attenzione però: mai nelle stesse forme.
Un paio di spunti interessanti comunque li ho ricavati da questo "audiolibro". Per esempio, quando Canfora racconta che, dopo cento anni di regime democratico, in un clima cupo di scoraggiamento dovuto alla guerra appena persa in Sicilia, un gruppo di oligarchi prende il potere. Spesso, dice Canfora, quando si parla di colpi di mano che hanno portato a regimi autoritari si pensa che tutto sia avvenuto in modo veloce e contro la volontà dei più. Invece quasi sempre ciò è avvenuto facendo che la volontà dei più si orientasse nel senso desiderato da chi organizzava il colpo di mano. E così anche nell'Atene del 411 a.C. un'elite organizzata risulta, rispetto alla massa dell'assemblea popolare, IRRESISTIBILE. La democrazia viene smantellata ma solo tramite procedure formalmente rispettose delle regole cioè tramite decisioni votate dall'assemblea popolare.
E che dire del decreto di Diopite, votato dalla "gretta e oscurantista maggioranza" degli Ateniesi che aveva in odio i filosofi e che era nemica delle novità? Il decreto approvato prevedeva che fossero passibili di denuncia e andassero processati "coloro che non credono agli dei e che tengono lezioni intorno alle entità celesti".
Così nell'Atene del tardo V secolo a.C., che noi siamo soliti connettere all'arte così sublime e al più illuminato pensiero filosofico, il cittadino comune approvava questo decreto liberticida, che vietava la libera ricerca filosofica e anche scientifica e che intendeva colpire persone come Anassagora, che Socrate aveva frequentato, e la geniale Aspasia, donna amatissima da Pericle, protettrice dei filosofi e degli artisti ma anche donna di liberi costumi e perciò odiata perché non si conformava a quel modello di donna castigata, subalterna, intenta solo a procreare chiusa in casa.
Manipolazione del consenso e maggioranza gretta e oscurantista quindi anche allora.
La storia magister vitae? Sì, attenzione però: mai nelle stesse forme.
sabato 1 maggio 2010
Il lavoro è un diritto, non un favore
Parola del partigiano Pillo*
* Silvano Sarti, presidente provinciale dell'ANPI Firenze.
* Silvano Sarti, presidente provinciale dell'ANPI Firenze.
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