mercoledì 31 dicembre 2008

Gesti che accendono la speranza

Nel 2007 ho finito l'anno con l'anno con questo post che raccontava una storia di quelle che fanno sperare. Così vorrei finire anche quest'anno con un post di buone notizie, o comunque di storie che accendono la speranza.
Fa sperare il gesto del Vescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, che ha creato un fondo di 1 milione di euro per aiutare la famiglie di chi perde il lavoro in questo periodo di crisi. I soldi necessari sono stati reperiti dall'otto per mille, dalle offerte, da alcuni tagli nelle spese della diocesi e anche, pare, da risparmi personali. E' un gesto che non cambia nulla rispetto alle ingiustizie del liberismo economico e rispetto alla indulgenza della Chiesa Cattolica nei confronti dei ricchi, però è un segno concreto di sobrietà e solidarietà che mi fa capire quale dovrebbe essere il vero senso del Natale.
Infine oggi ho letto una storia di quelle che mi piacciono davvero tanto. Tiziana Concu, 43 anni, addetta in un supermercato di Cagliari, ha trovato una cassetta contenente 160.000 euro in contanti e assegni e l'ha consegnata ai carabinieri. La cosa più bella secondo me è la semplicità con cui la signora Concu ha spiegato il suo gesto: "Non erano soldi miei, qualcun altro li ha guadagnati e uno che perde tutti quei soldi può rischiare il posto di lavoro» Ed ha aggiunto: "La mia è una bella famiglia, mi basta e mi avanza."
In Italia ci sono anche persone così. Speriamo che il 2009 sia l'anno degli Italiani come la signora Concu.

mercoledì 24 dicembre 2008

Quelle sì che erano famiglie!

Palermo, inizio anni Cinquanta. La famiglia di mia madre (la quarta da sinistra) il giorno della prima comunione di due delle sue numerose sorelle. Una famigliona, quella di mia madre. Mio nonno faceva il sarto ed era orgogliosissimo delle sue sette figlie e del suo unico viziatissimo maschietto. Mia madre mi racconta di quando andavano al cinema e lui chiedeva contento alla cassa ben 10 biglietti.
Mia nonna ha passato tutta la vita in casa. Anche lei cuciva, oltre ad occuparsi di tutte le faccende e tutte le incombenze che le richiedevano i figli. Quale donna oggi pagherebbe questo prezzo? Non per nulla nessuna delle mie zie ha avuto più di due figli. Hanno tutte lo stesso sorriso le ragazze. Lo stesso sorriso che hanno ancora oggi.


Eccoli d'estate in Corso Tukory, dove vivevano. Deve essere una giornata particolare visto che sono tutti vestiti eleganti. Mia madre è la terza da sinistra, con il vestito a fantasia, i guanti bianchi e la collanina di perle. Mio zio con la cravatta e i capelli ben strigliati. Notate lo sguardo superbo di mio nonno. Simpatico anche lo sguardo scanzonato del ragazzino curioso sulla destra, mentre il passante sulla sinistra ha tutta l'aria del macho mediterraneo. Sullo sfondo a destra e anche a sinistra si intravvedo due auto dell'epoca. Certo direi che il traffico non era ancora un problema.
Mentre oggi...

lunedì 22 dicembre 2008

Sono io il Grinch



Avete presente il film "Il Grinch"? Ecco in questo periodo io mi sento tanto Il Grinch (quello della prima parte del film, prima che si rincoglionisca nel lieto fine).
Detesto il Natale. L'ho sempre detestato.
Da piccola mi piaceva molto l'attesa (fare l'albero e il presepe, sciropparmi per giorni il disco con le canzoni natalizie, ecc.). Poi però arrivava il gran giorno, stracarico di aspettative (più degli adulti che mie, devo dire) e io ero nervosissima. Mi sentivo al centro dell'attenzione e percepivo molta tensione in casa mia tra i miei genitori e la mia nonna.
Da adolescente trovavo di una noia mortale le feste in famiglia e avrei preferito essere a scuola con i miei compagni.
Il più bel Natale che ho passato è stato l'anno in cui eravamo soli io e quello che sarebbe diventato mio marito e, approfittando della bella giornata, abbiamo fatto una bella escursione su Monte Morello con il nostro panino, in barba alle tradizioni.
Unica pausa positiva sono stati gli anni in cui avevo i figli piccoli e mi divertivo a far scrivere loro le lettere a Babbo Natale e a preparare i pacchetti per loro.
La cosa che mi dà più noia in realtà è che, già da novembre, cominciano a fracassarci gli zebedei (per usare una tipica espressione di Anna-MissKappa) per indurci allo shopping. Si percepiscono già un mese prima gli ormoni del consumatore in circolo.
Sarò ancora più antipatica: non mi piace fare regali a comando e soprattutto non mi piace riceverli. Lo trovo un rito assurdo. Sono grata a Frida per avermi ricordato il significato storico del dono che credo però oggi si sia perso. E' così raro indovinare i gusti e i desideri del destinatario! Nella maggior parte dei casi, dopo esserci arrovellati il cervello per un po', si compra la prima cosa che capita e per di più facendosela incartare dal negozio così non si perde tempo. Ammiro molto quelli (spesso e volentieri "quelle") che sanno fare regali originali e di buon gusto. Io sono una vera schiappa. Me ne rendo conto. Quando scarto un regalo poi mi sono sempre sentita imbarazzata perché temo di non saper fingere se non mi piacerà.
Tra l'altro sento spesso persone che si lamentano di tutto questo ma nessuno ha il coraggio di rompere la tradizione.
Faccio una proposta: aboliamo il Natale, aboliamo questa farsa. Che sia solo una ricorrenza religiosa per chi è credente (e se lo fossi sarei ancora più arrabbiata per questa mercificazione del Natale).
Lo so che sono poco politically correct.
Ebbene, il Grinch sono io (prima della ceretta ;-) ).

domenica 21 dicembre 2008

Abbiamo bisogno di buoni esempi

Se come me siete stufi di notizie deprimenti, guardatevi la puntata di Le Storie-Diario Italiano del 1 dicembre scorso.
Ospite di Corrado Augias è il generale dei carabinieri in pensione Roberto Jucci, che dal 2003 è Commissario per l'Emergenza della valle del Sarno (500 kmq, 1 milione di abitanti) e, con una squadra di tecnici, la sta risanando dai veleni costruendo depuratori, collettori e reti fognarie soprattutto impiegando pochissime risorse a cominciare dal suo compenso: zero.
"Ho avuto molto dalla vita.", dice l'ottantatreenne generale, "Ho sistemato i figli. Ho una pensione dignitosa. Vorrei che quello che mi spetterebbe fosse dato ai figli dei carabinieri caduti."
Alla domanda sulle eventuali infiltrazioni camorristiche, il generale ha risposto, con tutta tranquillità, di aver passato il primo anno e mezzo a parlare con i giovani della zona ed aver instaurato un tale buon rapporto con la popolazione grazie al quale, tranne in pochissimi casi, non ha dovuto respingere le imprese che si proponevano.

Alla puntata ha partecipato anche il presidente di Legambiente Sicilia, Mimmo Fontana, che ha illustrato un altro buon esempio. Nell'agrigentino l'impianto di Siculiana smaltisce i rifiuti senza emissioni pericolose nell'ambiente, recupera il gas e fornisce energia a circa 2000 famiglie. L'impianto è gestito da Giuseppe Catanzaro, vicepresidente della Confindustria in Sicilia, che, manco a dirlo, si sottrae dal pagamento del pizzo.

Non so voi, ma io di queste notizie ho bisogno come il pane.

venerdì 19 dicembre 2008

Vohabolario Fiorentino

Ringrazio gli amici blogger che sono stati al gioco. Spero che lo abbiate trovato divertente come io ho trovato le vostre risposte. Mi sembra confermato che, dialetto o come lo si voglia chiamare, ci sono parole ed espressioni fiorentine che non sono comprese nel resto d'Italia. D'altra parte è anche vero che, sottoponendo il test ai miei figli, il risultato è stato disastroso e ciò forse fa riflettere. I ragazzi di oggi hanno un linguaggio omologato che sembra aver perso molto delle tradizioni locali. E' così anche da voi?
Ed ecco le soluzioni (le note tra parentesi sono mie):

BULLETTA: Chiodo. (evvai Julo!)

BOLOGNA: Mortadella (con sorpresa ho scoperto che si usa in tutta l'Italia tranne a Bologna).

CINCI: Pene.

DESINARE: Il pasto principale della giornata, di solito a mezzogiorno. “Dopo desinare”, Dopo pranzo.
(Questa la conoscono in diversi)

IMPIANTITO: Pavimento della casa. (Non solo di legno!)

INCIGNARE: Il primo taglio che si fa su qualcosa come una forma di formaggio, un prosciutto, un salame…
“Incigna i’ prosciutto”, Inizia il prosciutto.
(bravo Julo! Giam ci dice che esiste un analogo napoletano).

LAMPREDOTTO: È uno dei quattro stomaci dei bovini, quello più grossolano, che viene cotto a lungo (lessato) in acqua con pomodori, cipolla, prezzemolo, sedano, sale e pepe e altre spezie che non è dato sapere, segreto di ogni buon cuoco.
(Conosciuto da qualcuno di voi, anche assaggiato? E' buono, parola di vegetariana!)

MIDOLLA: Mollica del pane. (Pare assai sconosciuta)

SÌSTOLA: Tubo di gomma o di plastica che si usa per annaffiare.
(Anche questa sconosciuta anche se noi Fiorentini siamo convinti che sia italiano)

TAMBURLANO: Simbolo di oggetto ingombrante e antiestetico. Usato anche per “Mi hai fatto una testa come un tamburlano”, Mi hai rintronato con le chiacchiere o col frastuono.

TROMBAIO: Operaio addetto alla riparazione di tubature e condutture d’acqua nelle abitazioni. [da tromba nel significato antico di ‘pompa’]. Per estensione, idraulico in genere, fontaniere.
(Nonostante questo termine ispiri le più turpi congetture e faccia sbellicare dal ridere i miei figli, è abbastanza usato a Firenze e, a quanto ci racconta Dario, anche in Lombardia).

DA’ DI BARTA: Ribaltare, capovolgersi, anche perdere la testa. “A preso la ‘urva a tutto spiano e gl’ha da’o di barta”, A preso la curva molto velocemente e si è capovolto. “Ma te t’ha da’o di barta...”, Hai proprio perso la testa...
(Chissà perchè molti di voi hanno pensato ad un significato a luci rosse!)

DI BUZZO BONO: Di buona volontà, con impegno. (Questa pare sia nota)

FA’ A MICCINO: 1) Usare qualcosa con parsimonia, poco alla volta. “Fa’ a miccino ce n’è poco!”. 2) Essere avari nel comprare qualcosa, “T’ha’ fatto a miccino!”.
(Vi confesso che anch'io fino a poco tempo fa non conoscevo questa espressione. Carinissima l'ipotesi di Julo: fare le fusa)

TRA NINNOLI E NANNOLI: Tra una cosa e un’altra. “Perdersi tra ninnoli e nannoli”.
(Indovinata da Belphagor)

VOLECCI LE BINDE: Con grande sforzo e tempo. Da binda, argano [dal tedesco antico ‘winde’, argano].
(Fantastica l'ipotesi di Seneca52: "mi viene in mente "desiderare la Bindi (nel senso di Rosy) ma mi sembra impossibile!!!")

Queste definizioni sono tratte dal divertente "Vohabolario del Vernaholo Fiorentino e del Dialetto Toscano di ieri e di oggi" (edizione: Maggio 2008) che vi consiglio di scaricare e sfogliare (notare anche le illustrazioni).

Ed infine il premio (quello sì a luci rosse):

NÀCCHERO: Letteralmente: Piccolo uomo sciancato ma utilizzato quasi sempre per richiamare vivamente l’attenzione di qualcuno. “Oh nàcchero, ma chi tu credi di piglia’ pe’ i’ culo!”, Ehi te ma chi credi di prendere in giro!

BOLLORE: Quando fa molto caldo, “L’è un bollore oggi”, Oggi fa veramente molto caldo.


Il complemento oggetto.... ve lo lascio immaginare.

giovedì 18 dicembre 2008

Ma icchè tu mi dici?

Noi fiorentini abbiamo la fortuna (o la sfortuna) di non avere un dialetto, cioè una vera e propria lingua parallela all'italiano. Grazie all'illustre concittadino Alighieri, ci sentiamo un po' autorizzati a pensare che tutte le parole che usiamo fanno parte comunque della lingua italiana. Magari sono definite "toscanismi" sul Devoto-Oli, però sono italiane, ovvia!
Invece talvolta mi sono accorta, parlando con colleghi di altre città e anche da qualche commento ricevuto qui sul blog, che il significato di alcuni comuni termini o espressioni fiorentine non è affatto noto nel resto d'Italia. Questa cosa devo dire che mi diverte assai.
Così ho pensato di fare un giochino con voi amici blogger (gli amici toscani sono esclusi per ovvi motivi). Riporto qui alcune parole e alcune espressioni che per un fiorentino non hanno misteri (o almeno spero) e vi chiedo gentilmente di farmi sapere se ne conoscete il significato ma soprattutto se sono usate anche dalle vostre parti.
Pronti?

BULLETTA
BOLOGNA
CINCI
DESINARE
IMPIANTITO
INCIGNARE
LAMPREDOTTO
MIDOLLA
SÌSTOLA
TAMBURLANO
TROMBAIO
DA’ DI BARTA
DI BUZZO BONO
FA’ A MICCINO
TRA NINNOLI E NANNOLI
VOLECCI LE BINDE

Naturalmente in un prossimo post troverete la soluzione. Chi ci sta?
Ai più bravi in omaggio la traduzione della scritta della foto ;-)

martedì 16 dicembre 2008

Sei una bestia Viskovitz

Il sesso? Non sapevo neanche di averne uno. Figuratevi quando mi dissero che ne avevo due.
"Noi lumache, Visko", mi spiegarono i miei vecchi, "siamo ermafroditi insufficienti...".
"Che schifo!", strillai. "anche noi di famiglia?".
"Certamente, figliolo. Siamo in grado di svolgere sia la funzione maschile che quella femminile. Non c'è nulla di cui vergognarsi". Con la radula mi indicò dove si trovavano i due arnesi."


"Com'era papà?", chiesi a mia madre.
"Croccante, un po' salato, ricco di fibre".
"Prima di mangiartelo, voglio dire".
"Era un tipino insicuro, ansioso, nevrotico, un po' come tutti voi maschietti, Visko".


"Papà, voglio smettere di bere".
"Non dire sciocchezze, Visko, sei una spugna".
"Che significa? Che dovrei stare tutta la vita appeso a questo scoglio a filtrare e vorticare acqua, come un vegetale?".
"Tu sei un vegetale, Visko, o comunque uno zoofita. Che discorsi...".


Io, Viskovitz, ero un microbo.
"Non sono le misure che contano, Viskovitz", sentivo dire. "L'importante è esser se stessi".


Sono alcuni degli spassosi incipit tratti dai racconti del libro "Sei una bestia, Viskovitz" di Alessandro Boffa. In questo periodo sono troppo stanca per le solite letture impegnate e quindi mi sono concessa questa piccola raccolta che mi ha divertito moltissimo. Il protagonista è ogni volta un animale diverso ma si chiama sempre Viskovitz (Visko in famiglia), prova immancabilmente una passione difficile e sofferta per Ljuba, mentre gli amici/rivali si chiamano sempre Zucotic, Petrovic e Lopez. In realtà l'autore, dietro il puntuale gergo scientifico del biologo, cala in questi animali vizi e virtù umanissime.
"Una lumaca con due sessi, un pappagallo che parla d'amore, un ghiro che fa sogni erotici, un cane antidroga buddista, un microbo con un complesso d'inferiorità, un leone innamorato di una gazzella, un camaleonte alla ricerca di sé stesso, uno squalo, un verme, uno scarafaggio... Viskovitz è ognuna di queste bestie e molte altre ancora." Così recita la quarta di copertina.
Se non lo avete ancora fatto, vi consiglio di leggerlo.

domenica 14 dicembre 2008

Angela esiste



Finesettimana a Collevecchio in Sabina ospite nel Convento di Sant'Andrea, ex convento di Cappuccini ristrutturato e gestito dall'associazione Progetto continenti.
Ospitalità ottima, persone squisite.

Angela esiste?


Per fortuna, esiste.
Grazie Angela!

giovedì 11 dicembre 2008

E tornare al disimpegno degli anni Ottanta?

Impressioni degli ultimi giorni in ordine sparso.
Ieri sera, dopo tanto tempo, ho visto il TG3: Berlusconi vuole cambiare la Costituzione (aridaje!), l'Italia è al quarantaquattresimo posto per le emissioni di CO2 seguita solo da Polonia e Cina, nel PD non hanno di meglio da fare che accoltellarsi tra correnti, quelli della sinistra sono ancora a guardarsi l'ombelico per decidere chi ce l'ha più bello, intanto la gente perde il lavoro, peggiorano i servizi ai cittadini, i giovani hanno poche speranze di un futuro migliore. Insomma ce ne sono di motivi per spararsi o per chiudersi in un eremo in montagna.
Domani c'è lo sciopero generale. Sarò ancora una volta in piazza. Sto preparando altri slogan da "indossare", anche per mio figlio quindicenne ed i suoi compagni. Gli farò scegliere tra un "Non rubatemi il futuro" e un "Quando la scuola è in vendita, ribellarsi è giusto".
Marco da Londra mi scrive: "A mio parere i cortei lasciano il tempo che trovano" Invece io ci credo, caro Marco. Può darsi che non servano. In ogni caso ho bisogno di sentirmi circondata da persone che condividono la mia preoccupazione, il mio sdegno, la mia rabbia. Mi sento meno sola. Come dice Marco-Lupo in un bellissimo sofferto post: "Esserci. Rioccupare gli spazi anche fisicamente, esprimendo il proprio dissenso in modo forte."
Oggi nel bar dove facevo colazione ho visto Daniela Lastri, una dei candidati alle primarie per il sindaco di Firenze. Una persona che stimo e che ho apprezzato per quello che ha fatto come assessore alla pubblica istruzione. Avrei voluto avvicinarla e dirle: "Mi raccomando a lei che è una persona perbene: basta liti, odi e colpi bassi tra di voi. Fate che la gente veda che il vostro interesse primario non è la poltrona bensì la città. E poi basta cemento! Voglio un sindaco come Renato Soru. Per favore, rinunciate ai soldi che potete spillare al privato se questo significa altri metri cubi di cemento." Avrei voluto dirle queste ed altre cose. Ma le primarie sono rimesse in discussione e verranno fatte per coalizione e non per partito. Meglio? Peggio? Non lo so. Staremo a vedere!
Il mio fegato riceve colpi tutti i giorni eppure non riesco a chiudermi nella mia torre dorata. Sì, perché lo ammetto: per fortuna e per il momento, non ho di che lamentarmi nella mia vita. L'altro giorno accompagnando in auto mio figlio dodicenne a lezione di musica, gli spiegavo che la coda che trovavamo era dovuta ai fessi che ancora si ostinano ad andare in centro a fare shopping natalizio con l'auto. "Alla faccia della crisi!", ho esclamato. "Perché? Siamo in crisi?" mi chiede lui. Meno male che almeno lui non se ne è accorto!
E allora perché rimetterci domani un'altra giornata di lavoro? Potrei chiudermi nel mio confortevole privato e passare il tempo a guardarmi l'ombelico, come facevo negli anni Ottanta. Già, gli anni ottanta, anni dell'edonismo reaganiano, della Milanodabere, della DC e del PSI. Anni anche di preoccupanti crack finanziari, come mi stanno ricordando le puntate di Crack. Storie di uomini, capitali e poteri (Alle otto della sera, Radio2): il Banco Ambrosiano, Calvi, Sindona, ecc. Ma io in quegli anni ero impegnata a capire me stessa, a risolvere i miei problemi sentimentali, a resistere alla mia capoufficio che mi faceva mobbing e mi informavo poco, non mi interessavo di politica, non mi importava nulla che non fosse la mia vita. Disimpegno puro. Chissà, forse stavo meglio.

lunedì 8 dicembre 2008

Trappole mentali

Lo sapevate che quando proviamo disgusto, anche morale, si attiva quella parte del nostro cervello che si chiama insula? Lo sapevate che da questo viene l'espressione "masticare amaro"? Lo sapevate che quando facciamo del bene proviamo piacere tanto che si attiva la stessa parte del nostro cervello che entra in gioco quando gustiamo un buon cibo o sniffiamo cocaina o facciamo sesso? Lo sapevate che esistono "trappole cognitive" che traggono in inganno la nostra razionalità in modo analogo a quello che fanno le illusioni ottiche?
Queste ed altre cose interessanti le ho imparate ascoltando l'intervento che ha tenuto Matteo Motterlini al Festival della mente: Intrappolamenti. Come il cervello prende le nostre decisioni e che vi consiglio caldamente di ascoltare o, ancor meglio, di vedere in video (sono entrambi scaricabili).
Secondo Motterlini, professore di Logica e Filosofia della Scienza, a tutti noi piacerebbe avere l'infallibile razionalità del dottor Spock di Star Trek mentre in realtà siamo più simili a Charlie Brown quando dice: "La mia testa è calda e stupida". Durante la lezione il relatore sottopone al pubblico diversi giochi per dimostrare l'illogicità di certe scelte comuni. Quello che ci mette veramente nei guai nella vita di tutti i giorni, dice Motterlini, non è quello che non sappiamo, per quale siamo prudenti, ci informiamo, chiediamo consigli, bensì quello che crediamo di sapere e che invece non sta affatto così. I nostri comportamenti irrazionali però non sono casuali, hanno un metodo che è stato studiato recentemente dagli scienziati cognitivi. E' stato scoperto che i nostri errori cognitivi sono persistenti, sistematici e generali (cioè sbagliano allo stesso modo sia i profani che gli esperti).
Uno dei vari giochi che propone il professor Motterlini è quello del pallone e delle scarpe da calcio che costano complessivamente 110 Euro. Se le sole scarpe costano 100 euro in più del pallone, quanto costa quest'ultimo? La maggior parte delle persone risponde subito istintivamente che il pallone costa 10 euro. Perché?
Il motivo è che nel nostro cervello ci sono due sistemi: il sistema 1, istintivo, veloce, costa poco sforzo, fa fare tante cose insieme e ci porta ad ingannarci, e il sistema 2 più accurato ma lento, pigro, richiede sforzo, concentrazione e quindi ci impedisce di fare più cose insieme, basato su regole apprese con fatica. Il nostro "pilota automatico" (il sistema 1) parte subito e ci fa rispondere che il pallone costa 10 euro e solo dopo aver attivato il sistema 2 ci correggiamo e capiamo che costa 5.
Motterlini propone poi altri giochi tratti da esperimenti dello psicologo israeliano Daniel Kahneman atti a dimostrare come, alla stessa questione, rispondiamo diversamente a seconda che ci venga posta secondo il rischio di vincita o secondo il rischio di perdita. Siamo molto più avversi al rischio quando si tratta di vincere e molto meno quando si tratta di perdere perché perdere fa molto più male di quanto piacere faccia vincere. Gli esperimenti sulle scimmie cappuccine dimostrano come l'avversione alla perdita sia più un fatto evolutivo che culturale.
Altri esperimenti citati studiano invece i comportamenti dal punto di vista del senso morale e utilizzano la risonanza magnetica per scoprire quali parti del cervello si attivano durante le nostre scelte. Potete averne un'idea dal Moral sense test Harvard di Marc Hauser
Il professore conclude affermando che non esiste il Dottor Spock e che nessuno, tranne chi avuto lesioni particolari in certe parti del cervello, può fare a meno di essere condizionato dalle emozioni nelle proprie scelte. L'importante è riconoscere onestamente i propri limiti ed accettare gli errori per conoscerli meglio.
L'amico Belphagor mi perdoni per l'invasione di campo.

Per chi preferisce la lettura: i libri di Matteo Motterlini.

sabato 6 dicembre 2008

Le chiavi di casa in tasca

I miei genitori, per nulla convinti della scuola media di quartiere, mi iscrissero ad una situata nel centro della città. Correva l'anno 1973, non avevo ancora undici anni e già imparai a prendere l'autobus per andare a scuola. Se penso a quanto era (ed è ancora) ansiosa mia madre mi meraviglio un po' di questa scelta. Quell'abbonamento in tasca però mi dava un gran senso di libertà. E non venite a dirmi che allora c'erano meno pericoli. Sull'autobus era abbastanza frequente essere palpata da uomini che, come ho capito solo da grande, si potevano definire tranquillamente "pedofili".
Il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media mi sembra che sia vissuto oggi come un trauma più per i genitori che per i ragazzi. Fino alla quinta elementare la maggior parte dei bambini non fa neppure un chilometro da solo. Vengono "scortati" ovunque. Poi, trascorsa l'estate, si ritrovano alle medie, l'orario non copre tutto il tempo lavorativo dei genitori ed allora subentra la rivoluzione nell'organizzazione familiare. E' normale che questo passaggio a noi genitori faccia un bell'effetto ansiogeno ma perché non dare più fiducia ai ragazzi?
Davanti alle scuole medie noto tanti genitori che accompagnano in macchina i loro figli e me ne chiedo il motivo. Se abbiamo scelto di iscrivere il nostro bambino o la nostra bambina in una scuola fuori del nostro quartiere e non facilmente raggiungibile autonomamente, beh, allora ce la siamo andata a cercare. Se invece li accompagnamo in auto perché ci facciamo scrupoli a svegliarli la mattina quel quarto d'ora prima necessario per andare da soli, chiediamoci se davvero i ragazzi non preferirebbero andare da soli per sentirsi grandi e anche magari per incontrarsi lungo il tragitto con altri compagni e condividere tratti del percorso.
Vi sono poi genitori (soprattuto mamme, come una mia collega) che si incasinano la vita perché che non concepiscono che il figlio torni a casa senza trovare il pranzo pronto. Francamente non li capisco. I miei figli sembrano essere contenti di arrangiarsi da soli scaldandosi qualcosa con il forno a microonde senza la mamma tra le scatole. Chi accende Virgin Radio a tutto volume, chi si guarda i Simpson, chi invita il compagno a mangiare un panino con il kebab comprato alla rosticceria egiziana. Insomma una parte della giornata del tutto autogestita (a patto che ripuliscano tutto).
Certo che a noi genitori questo crea un attimo di smarrimento, ma posso assicurare che bastano pochi mesi per scoprire che il nostro bimbo o la nostra bimba non sono più tali.
Le chiavi di casa in tasca sono, a mio parere, sono il simbolo della libertà conquistata e della conseguente accresciuta autostima.

mercoledì 3 dicembre 2008

Che ne sarà della piana fiorentina?


L'inchiesta sullo sviluppo urbanistico di Castello e la conseguente bufera in casa PD sono arrivate alle cronache nazionali. In realtà la storia di questo progetto edilizio e le polemiche annesse sono note ai fiorentini da molto tempo. Non mi voglio di certo addentrare in esse ma semplicemente proporvi un reportage fotografico per darvi un'idea del luogo di cui stiamo parlando.
Come ho imparato all'ultima visita degli Amici dei Musei con l'archeologo Daniele Gregori, Firenze sorge in una piana che un milione di anni fa era coperta dal mare. Mentre il mare si ritirava, l'Arno, grazie alla sollevazione di alcuni monti, invece di scorrere verso il Lazio deviò il suo corso verso questa pianura che, all'epoca, era insalubre, acquitrinosa e inospitale. La popolazione del Neolitico con il tempo ne bonificò alcuni tratti e si trasferì dalle colline sempre più in basso costruendo dei villaggi.
La cosiddetta "area di Castello" in realtà si riferisce alla pianura che si estende alla periferia ovest di Firenze ed e' delimitata dalla ferrovia, dal Viale XI Agosto (data della liberazione dai nazifascisti), dalla pista dell'aeroporto di Peretola e dall'autostrada Firenze-Mare. Essendo circondata da territori già molto antropizzati (Peretola, Sesto Fiorentino, ecc.) questa zona non poteva non essere oggetto di appetiti urbanistici.
Passandoci tutti i giorni per recarmi al lavoro e per tornare a casa, mi sono affezionata a certi scorci di questa zona che richiamano un ambiente rurale che ormai non c'è più. Ecco perché ho pensato di fotografarlo prima che sparisca.
Tra la fine della pista dell'aeroporto di Peretola e la ferrovia ci sono due ruderi che molto probabilmente danno il nome alla Via delle Due Case:


Guardandoli bene da vicino però si capisce che non erano affatto due semplici case di contadini ma edifici di un certo pregio architettonico (balcone con ferro battuto, loggia, tracce di affreschi, ecc.).
Ho scoperto anche una piccola cappellina che dà il nome a Via della Cappella:


Tutti intorno campi, canneti, fossi dove si postano gli aironi e questi bellissimi alberi:



Ancora più vicino alla pista degli aerei c'è uno stagno dove un gruppo di cacciatori tiene dei germani da richiamo. L'ambiente intorno fa dimenticare la città vicina:


Se alziamo il nostro sguardo appena più in là non vediamo altro che gru ed edifici in costruzione, sia verso Firenze


sia verso Sesto Fiorentino.

Consiglio di dare un'occhiata anche alle altre immagini contenute in questo album.

Un giorno probabilmente tra Firenze e Pistoia non ci sarà più alcuna interruzione di territorio antropizzato e vi sarà un'unica grande metropoli.
E' proprio necessario questo cemento? Cosa sarà dell'aria e del clima di questa piana tra qualche anno?