giovedì 30 settembre 2010

Ragazzi, fatevi aiutare!

Il presidente della sezione ANPI a cui appartengo è un giovanotto di 87 anni portati benissimo. "Il peso sulle spalle però si sente", mi ha detto ieri pomeriggio alla commemorazione della liberazione del mio quartiere. Di tanto in tanto non resiste alla tentazione e parte con il racconto di quegli anni nel quale i salti logici sono compensati da un fervore ammirabile. Non so quante volte mi ha raccontato che l'8 settembre del 1943 era a Gorizia e ha visto i treni merci carichi di soldati italiani fatti prigionieri e avviati verso i campi in Germania. Per questo, una volta riuscito a rientrare a Firenze, ha scelto di darsi alla macchia. Gli brillano gli occhi quando ripercorre quegli eventi e ieri deponendo la corona sul cippo non è riuscito a nascondere la commozione.
Un altro anziano presente alla cerimonia mi ha preso da una parte e anche lui ha cominciato a raccontare. Aveva 14 anni nell'estate del 1944. Non era partigiano ma aiutava a fortificare con i sacchi di sabbia l'edificio dei ferrovieri dove era asserragliato il comando dei partigiani. Mi ha raccontato che questo complesso era quasi una piccola città, con due pozzi d'acqua, la mensa, le cantine adibite alla custodia dei prigionieri. Quando mi ha detto che, insieme ad una infermiera con un carretto, trasportava i cadaveri da un'altra parte della città per seppellirli ho pensato a mio figlio che ha la sua stessa età di allora e mi è sembrato inimmaginabile che facesse una cosa del genere. Anche egli, dopo essersi lasciato trascinare dai ricordi, si è scusato per "avermi annoiato".
Se non fossi troppo timida, questi ragazzi me li abbraccerei forte.
Il presidente della mia sezione in realtà fa tutto da solo. Mi sono offerta più volte di aiutarlo nelle cose pratiche, magari mettendo a disposizione un po' di nuove tecnologie per pubblicizzare le attività dell'ANPI perché in queste occasioni non ci siano sempre i soliti quattro vecchietti (anzi sempre meno, per forza di cose). Ma ho l'impressione che non vogliano farsi aiutare. Non lo so se è per orgoglio, se non vogliono delegare oppure perché sono un po' "smarriti" in questo mondo di oggi.
Eppure bisognerebbe sostenere questa associazione. Ce n'è bisogno oggi più che mai. Per esempio forse non tutti sanno che da alcuni anni "coloro che, condividendo il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire," possono iscriversi come "antifascisti" anche se non sono stati partigiani o combattenti come previsto dallo Statuto.

lunedì 27 settembre 2010

Ma come parla?

C'è una cosa che ho sullo stomaco da tempo ma avevo delle remore. Un dibattito che ho sentito in questi giorni a Controradio mi ha fatto scattare la molla e lo devo proprio scrivere: io penso che le persone che parlano ad un pubblico hanno il dovere di rendersi comprensibili a quanti più ascoltatori possibili quindi chi parla in modo incomprensibile, in modo fumoso o ancora peggio usando termini da addetti ai lavori mi irrita profondamente.
Premetto che:
1) non apprezzo la banalizzazione del linguaggio, cioè quella tendenza ad usare per pigrizia e superficialità sempre le stesse parole impoverendo il nostro vocabolario;
2) sono contraria alla preoccupante tendenza a ridurre tutto a slogan per venire incontro agli istinti e ai sentimenti più primordiali (tipo "padroni a casa nostra", "non metteremo le mani nelle tasche degli Italiani", vaffa vari e altre amenità ancora più volgari);
3) sono la prima (e forse sono rimasta tra i pochi) ad ammirare le persone che hanno cultura, che si esprimono con una dialettica ricca e profondità di concetti.
Tuttavia troppo spesso dietro un linguaggio difficile si cela solo l'interesse a mostrare che si è studiato, l'autocompiacimento nel sentirsi parlare o addirittura il voler nascondere la povertà dei contenuti e forse persino il tentativo di ingannare l'interlocutore. Troppo spesso chi parla ad una platea non è affatto interessato a farsi capire quanto a far bella mostra di sé.
Non vi dirò l'argomento della trasmissione sopracitata (e nemmeno chi vi è intervenuto) perché non è importante di cosa stessero parlando. Voglio solo riportare alcune espressioni di quelle che mi fanno venire l'orticaria tenendo presente che si tratta solo di un esempio tra i tanti:
"...si tratta di documento prodotto in sinergia completa con...", "il documento su cui abbiamo fatto questa analisi riguarda una proposta che è in itinere", "abbiamo voluto dare una lettura, un contributo soprattutto positivo per farci in qualche modo parte attiva del processo di partecipazione", "sin dalle battute iniziali dell'ingresso nella compagine ordinistica l'anno scorso, quest'ordine ha cercato di esser un elemento di raccordo e catalizzare energie nuove e argomenti nuovi sulla città, credendo nel luogo della città", "raccogliamo degli input in modo inclusivo", "il metodo del Sindaco è denso di originalità e di buoni presupposti, ma è l'inizio di un percorso. Ci poniamo il problema come istituzione (e questo contributo ne è un tangibile effetto) di proporre le professioni come un possibile interlocutore, non certamente da parificare a quella che può essere una generica cittadinanza", "portatori di saperi e di esperienze", "fase di raccolta delle idee e delle forze", "questioni metodologiche", ecc.
Non è che queste espressioni in quanto tali siano incomprensibili e una persona dotata di media cultura come me è benissimo in grado di capirle ma deve fare un certo sforzo per seguire il ragionamento. E' perché mi devo sforzare di capirti? Non stai spiegando filosofia teoretica o meccanica quantistica. Parli alla radio e hai il dovere di venire incontro all'ascoltatore con un linguaggio vario e ricco quanto vuoi ma non inutilmente fumoso.
Evviva allora Corrado Augias che quando i suoi ospiti usano una frase un po' difficile li ferma e li costringe a spiegarsi in parole più semplici dicendo: "Sa, qui siamo in televisione".
E che dire del linguaggio legale. Perché le leggi, i provvedimenti, le circolari sono sempre incomprensibili? Perché usare espressioni come: "Nelle more dell'acquisizione di siffatta documentazione..."? C'è una sola spiegazione: far sì che il popolo non capisca e possa essere ingannato. Anche Don Milani, se non erro, diceva ai suoi alunni che il primo strumento per il povero per non farsi fregare era quello di essere capace di comprendere le cose scritte dai ricchi.
Quanto sarebbe bello estendere ad altri campi l'acronimo informatico KISS: Keep it Simple, Stupid! (Ci sarebbe da parlare anche di short ma lo farò un'altra volta)
E che voglia di far mio l'urlo liberatorio di Nanni Moretti in Palombella Rossa (anche se egli si riferisce in realtà più all'uso di espressioni alla moda)!


venerdì 24 settembre 2010

Anche a Gesu a Betlemme dissero: "non c'è posto"

Da tempo la comunità islamica fiorentina ha avanzato la richiesta di costruire una moschea, dato che l'attuale luogo di culto è indecoroso e molto sacrificato. Il sindaco Renzi, in campagna elettorale, affermò che non aveva niente in contrario e invitò gli interessati a presentare un progetto. Poco tempo è stato presentato un progetto a firma dell'architetto David Napolitano che ha fatto molto discutere.
Il Sindaco però ha posto più che altro il problema del luogo dove costruirla affermando che "non c'è posto". E' vero che la città è già abbondantemente edificata e infatti il Piano Strutturale che sta per varare il Comune è impostato proprio a non costruire nuovi edifici ma a recuperare quelli non utilizzati.
Nel dibattito si è inserito lo storico dell'arte Tommaso Montanari che ha fatto una proposta originale e innovativa ma nello stesso tempo antica: perché non donare con un gesto unilaterale di pace e di dialogo alla comunità islamica una chiesa in via di dismissione?
Montanari, fiorentino e cattolico, ricorda, intervistato a Controradio, che moltissime chiese hanno perso la loro funzione e sono state destinate ad altri usi, sia comunitari che privati (abitazioni, negozi, attività industriali). Negli ultimi anni, con la contrazione del culto, molte chiese non sono più utilizzate, sono un peso per le diocesi che infatti se ne disfano e finiscono per trasformarsi nei luoghi più disparati e stupefacenti, dalla Spa allo Show room. Inoltre non tutte le chiese sono di proprietà della curia, alcune sono del Comune o dello Stato.
Devo dire che le affermazioni del professor Montanari durante l'intervista mi sono piaciute molto. Egli ha sottolineato la sua proposta su tre livelli. Uno civile e costituzionale: la comunità islamica ha diritto ad avere un luogo di culto. Uno religioso cristiano secondo il quale bisogna rispondere ai propri valori, cioè di apertura e di fraternità, e non con obiezioni di reciprocità tipo "Quando ci sarà a Riad una chiesa faremo anche noi una moschea". Senza contare che i paesi a maggioranza islamica sono pieni di chiese anche belle e funzionanti (tranne in Arabia Saudita dove non ci sono Cristiani). Infine, dal punto di vista storico culturale, Montanari trova che sia meglio valorizzare il patrimonio artistico-culturale con un impiego "vivo" piuttosto che musealizzarlo come avviene per le chiese dove oggi si entra pagando un biglietto (vedi Santa Maria Novella).
"Nella storia millenaria abbiamo assistito alla stratificazione secondo la quale gli stessi luoghi, e spesso gli stessi simboli, hanno assunto una funzione di volta in volta diversa. Poter registrare una tappa in cui il cambiamento di culto sia legato non a fatti di sangue, non a un rapporto di forza, non a un cambio di civiltà, ma ad una scelta volontaria, spontanea e unilaterale sarebbe veramente una bella pagina di storia dell'arte. Da cristiano mi piacerebbe che la mia religione, che spesso gioca come elemento di regresso, sia per una volta elemento di progresso."
Da atea che vede con preoccupazione ogni ulteriore consumo di territorio, penso che Tommaso Montanari abbia avuto una gran bella idea.

Qui Tommaso Montanari risponde ad alcune frequenti obiezioni che gli sono state fatte.

martedì 21 settembre 2010

Ci potrai trovare quiiiii.... con le nostre notti bianche...

Che invidia mi fa chi si addormenta appena posa la testa sul cuscino! Che nervi essere stanca e aspettare il sonno che non arriva!
Ricordo che anche da bambina qualche volta, se ero preoccupata per qualcosa, non riuscivo ad addormentarmi. Da qualche anno però le cose sono di gran lunga peggiorate e il processo di scivolamento nel sonno è diventato per me delicatissimo. La lettura è la cosa più soporifera che esista per me. Qualsiasi cosa legga, dopo due o tre pagine le palpebre si abbassano, allora capisco che è l'ora di spengere la luce e tipicamente, per dribblare i pensieri ansiogeni, provo a ripetere dentro di me cosa ho appena letto (da lì mi accorgo che spesso non ho capito un bel niente). Talvolta l'espediente fallisce ed allora ho provato negli anni altre strategie: raccontarmi mentalmente film, viaggi o ripercorrere con il pensiero i ricordi di infanzia, ripetere nel pensiero la conferenza o la lezione che ho sentito quel giorno, ascoltare con il lettore mp3 qualcuno che parla.
Ci sono periodi comunque in cui niente sembra funzionare e ormai è infranto il tabu di arrivare al mattino "in bianco". Per fortuna durante il giorno reggo bene e non sento troppo la stanchezza però quando si riesce a riposare decentemente il mondo appare tutto più roseo.
Ma cos'è che mi impedisce di addormentarmi? Talvolta è evidente: sono in un letto che non è il mio, magari in una camerata di un rifugio in montagna con altre persone estranee. E poi non deve essere troppo caldo ma nemmeno devo provare freddo. Infine (come tutti, credo) ho il mio personale retaggio infantile necessario per lasciarmi andare e cioè devo coprirmi la testa, anche con il semplice lenzuolo (esigenza che sconto d'estate con delle gran sudate). Altre volte invece non c'è niente di anomalo o di strano. E allora perchè il sonno non arriva? Mi pare di aver capito che uno dei principali impedimenti è l'avere qualcosa in sospeso, qualcosa di non risolto, qualcosa che mi rode, che sta lì zitto zitto in un angolino del mio cervello. Succede che, una volta spente le luci, "il problema del momento" guadagna l'attenzione. Capita che io non ci possa fare nulla ed allora le cose si mettono male. Altre volte però proprio in quei momenti di insonnia, a bocce ferme, vedo tutto più chiaro e mi viene persino in mente una soluzione percorribile. E allora magicamente mi addormento.
Tuttavia non sempre purtroppo le cose vanno così. E mi fanno una grande invidia quelli che si addormentano ovunque, come i bambini piccoli, in tutte le posizioni possibili, in auto, in treno, in aereo, con la luce, con il rumore, abbracciati a qualcuno. Si vede che non hanno conti in sospeso con il mondo.
Uno di questi giorni mi è capitato di risentire quella bella canzone interpretata dalla Fiorella Mannoia che si intitola "Quello che le donne non dicono" e mi ha colpito quel passaggio che dice: "tanto ci potrai trovare qui, con le nostre notti bianche..." . Vuoi vedere che è un problema prevalentemente femminile!

domenica 19 settembre 2010

Pomarium

Mela Zittella (frutto medio, buccia cerosa di colore verde brillante e guancia rossa, polpa molto croccante e particolare, maturazione invernale); Pera Bugiarda (frutto oblungo, non molto grosso, buccia verde, più scura a maturazione, polpa morbida e fine, sugosa e molto dolce, la più gustosa delle pere estive); Pesca Poppa di Venere (molto vigorosa a frutto molto grosso di bell'aspetto, polpa bianca e profumatissima, matura in settembre); Susina Coscia di Monaca (antica varietà a frutto allungato tendenzialmente giallo, con maculature bruno rossastre, polpa soda e saporosa); Ciliegia Napoleone I (bel durone chiaro con guancia rossa di maturazione medio tardiva, buona pezzatura, sapore ottimo); Fico Buzzone Nero (frutto di buona pezzatura, nero violaceo, con doppia produzione annua).
Sono alcune varietà antiche di piante da frutto che ho estratto dal catalogo dei Vivai Belfiore dove in questi giorni si è svolta la manifestazione Pomarium (Mostra mercato di piante da frutto antiche e rare). Ricordando quanto mi era piaciuta intervista all'agronoma di Archeologia Arborea che ho sentito la primavera scorsa, sono andata a vedere la mostra Pomarium e ho seguito l'ottima visita guidata fatta del responsabile della manifestazione dal quale ho imparato un sacco di cose di questo mondo per me sconosciuto e affascinante che è la frutticoltura.
Una varietà antica da frutto è un cultivar che non ha subito intervento umano di selezione posteriore all'avvento della chimica, corrispondente all'ultimo dopoguerra. Dai tempi antichi infatti l'uomo ha comunque operato una selezione tra le piante da frutto selvatiche per moltiplicare le specie più produttive, più buone e anche più resistenti (domesticazione) ma lo faceva con i metodi tradizionali dell'innesto (nella maggior parte dei casi) o della talea. Il boom economico e le richieste del mercato hanno fatto sì che si spingesse al massimo questa selezione per ottenere frutti che 1) siano belli a vedersi, 2) siano facilmente conservabili in frigo o sottovuoto, 3) siano resistenti alla manipolazione. Le varietà selezionate in modo spinto però perdono in resistenza alle avversità parassitarie e climatiche ma a questo si è sopperito con la chimica. Il problema però è che in questo modo non si conserva il patrimonio genetico delle altre innumerevoli specie che si finiscono per estinguersi.
Di qui nasce il lavoro di ricerca e di salvaguardia che, analogamente ad Archeologia Arborea, il Vivaio Belfiore fa grazie anche ai finanziamenti della Regione Toscana attraverso l'ARSIA.
Questo lavoro ha una parte di ricerca teorica che consiste nello studiare su libri e dipinti le specie di frutti che esistevano nel passato. Famosissima la Pomona Italiana, un catalogo di immagini e descrizioni di varietà di frutta fatta da Giorgio Gallesio nell'800. Importanti sono anche i dipinti che i Medici fecero fare della loro collezione di frutti da Bartolomeo Bimbi e che sono conservati nella Villa di Poggio a Caiano.
La parte pratica invece consiste nel girare le campagne o intervenire su segnalazione per scovare l'esistenza di piante rare, riprodurle e farle mappare geneticamente. E' così che oggi possiamo conservare la Mela Nesta di cui parlava Plinio o la Pera Volpina nota anch'essa dall'epoca degli Antichi Romani.
Durante la lezione mi si è aperta una finestra su un mondo sconosciuto ma probabilmente notissimo a chi vive in campagna. Per esempio, ho capito che per la maggior parte delle piante si ricorre all'innesto perchè solo così siamo sicuri di ottenere una pianta con le stesse caratteristiche di quella che vogliamo (praticamente un clone) mentre attraverso il seme avremmo un patrimonio genetico in parte sconosciuto e potremmo avere delle sorprese. Inoltre ci sono alcune piante che è impensabile riprodurre per seme perchè hanno una giovinezza improduttiva troppo lunga, come l'olivo la cui fase giovanile può durare anche 90 o 100 anni. Infine ci sono piante che non si riesce a riprodurre con l'innesto, come il fico (considerato pianta della fortuna dagli antichi) e che invece dobbiamo riprodurre per talea.
Per chi ha la possibilità, il vivaio è visitabile anche durante l'anno e organizza anche corsi di potatura, innesto e difesa delle piante. Intanto mi segno sull'agenda l'appuntamento primaverile "Orti e Horti".

Qui alcune foto che ho fatto alla mostra Pomarium.

venerdì 17 settembre 2010

Piccole "dolci" frustrazioni di mamma

15 Settembre ore 7:15 (primo giorno di scuola). E' il momento della colazione.
Mio marito a mio figlio minore: "Ricordati di prendere le chiavi di casa, altrimenti rimani chiuso fuori."
Figlio: "Sì certo. Ah, a proposito! Non trovo più le chiavi di casa."
Io: "Come non le trovi più!!! E da quando?"
Figlio: "Ma... almeno da quando sono ricominciati gli allenamenti." [15 giorni, N.d.A.]
Io: "E quando le hai usate l'ultima volta?"
Figlio: "Non ricordo. Forse era luglio..."


16 settembre ore 14
Sono in ufficio e come sempre lascio aperta la pagina della posta personale. Vedo una chiamata in chat di mio figlio maggiore.

D: mamma

(Forse perchè ho messo ho associato al suo contatto una foto di quando era piccolo, questa chiamata mi scioglie. Ha bisogno di me. Che bello! Che piacere quando mi si rivolgono per cose diverse tra mandarmi a quel paese!)

me: si
D: mi puoi stampare una cosa?

(Ma che carino! Sarà sicuramente una cosa per la scuola. Beh almeno saprò cosa fa a scuola. E' sempre così parco di racconti.)

me: va bene mandamela o mandami il link
D: fatto

(Un prospetto con le squadre e i punti del fantacalcio che sta facendo con i suoi amici. Ah ecco!)

me: va bene ne stampo 1 copia o ne vuoi una anche per i tuoi amici?
D: no, tanto l'ho inviato a tutti
me: va bene. Come è andata oggi?

(Ora che ci sei, bello, mi ti tengo ancora qualche minuto. Un piccolo prezzo per il favore che ti faccio, no?)

[dopo un paio di minuti di attesa]
D: bene [silenzio]
me: va beh ho capito non ti sforzare ciao

:-(

mercoledì 15 settembre 2010

Viroli for President!

"Non abbia ancora il signore aperto bocca che sappia già il cortigiano cosa il signore vuol dire e si prepari a soddisfare la sua volontà". Maurizio Viroli, docente di Teoria Politica a Princeton, cita questa frase tratta da un manuale per i frequentatori della corte Pontificia nell'epoca del suo massimo splendore, come esemplificazione del comportamento servile che secondo lui si è affermato nella situazione politica italiana.
Di Viroli ricordo una bellissima lezione di storia su Macchiavelli l'inverno scorso per la serie "Gli anni di Firenze". Mi colpì la sua chiarezza ma anche il suo piglio, le stesse caratteristiche che ho ritrovato nella sua intervista di Fahrenheit Radio 3 sul recente saggio "La libertà dei servi", dove il professore non usa mezzi termini nel definire "corte" il nostro sistema politico.
Il libro nasce dalla richiesta del caporedattore della Princeton Press di spiegare ai non Italiani cosa succede nel nostro sistema politico e nella vostra vita civile perché "risulta per loro incomprensibile".
In effetti, dice Viroli, "in Italia siamo maestri nel costruire sistemi politici nuovi, come le repubbliche del tardo medioevo. Abbiamo inventato il fascismo e adesso abbiamo inventato la corte dentro le istituzioni repubblicane." Esclude che nel nostro paese ci sia una dittatura perché c'è il diritto di opinione, di parola, di voto. La sua idea è che si sia formato appunto all'interno delle istituzioni repubblicane un "sistema di corte", che si crea quando esiste un potere arbitrario enorme, potere legittimo ma molto superiore a qualsiasi altro che esista in quel paese o in paesi simili. Il presidente del consiglio infatti possiede una ricchezza sconfinata, controlla un impero mediatico che nessun leader politico di nessun stato liberale e democratico ha controllato e in più ha un partito suo. Laddove c'è un potere enorme si crea dipendenza cioè una massa di persone che da esso dipendono e si crea la mentalità dei servi, una mentalità di adulazione, un'ossessione per l'apparenza, mancanza di integrità, incapacità di vedere la dignità del dovere, mancanza di coraggio. Tutte caratteristiche dell'animo servile. Laddove c'è un potere enorme non c'è libertà dei cittadini, ma libertà dei servi.
Non è un giudizio sulla persona. Potrebbe avere le migliori intenzioni, potrebbe essere anche Madre Teresa di Calcutta, ma la sola esistenza di questo potere corrode la vita civile repubblicana e trasforma la libertà dei cittadini in libertà dei servi. Essere cortigiani non vuol dire solo obbedire, vuol dire identificarsi nei sentimenti nei pensieri e nella volontà del signore. Viroli ritiene che in Italia ci siano moltissimi cittadini che si identificano nel signore e nella sua corte, ne amano il linguaggio, ne amano lo stile e il modo di pensare; ci sono molti illusi che ne sono affascinati pur non avendo una visione chiara della realtà; mentre pochi sono quelli veramente lontani dalla mentalità della corte, uomini e donne che, se anche avessero la possibilità di essere ammessi nella corte del signore, non entrerebbero perché provano per lo stile cortigiano, per la libertà dei servi, una sorta di ribrezzo morale.
"Come reagire?", chiede l'intervistatore. L'alternativa è un'educazione tramite esempi di vita. Bisogna riacquistare la libertà del cittadino impostando la propria vita al servizio di un ideale, di un principio, del bene comune, non al servizio di un uomo perché potente. E' un lavoro di educazione lento e che può dare frutti in pochi anni ma comunque non ci sono scorciatoie.
Insegnando da venticinque anni negli USA, Viroli non si sente di dire ai giovani di non partire. Li invita certamente a fare un'esperienza all'estero cercando tuttavia di tornare per dare una mano alla propria patria come fecero anche i protagonisti del Risorgimento. "La ricchezza culturale che si acquisisce in paesi di grande tradizione di libertà usatela per rendere libera l'Italia".

domenica 12 settembre 2010

Quando la folla ti ricarica

Avrei tante cose da scrivere, tante tracce di idee e sollecitazioni sul file di appunti per il blog ed altre purtroppo solo nella mia testa sempre meno efficiente. Eppure al solito mi sento ripresa dal vortice delle cose ed è sempre più difficile ritagliarsi momenti ed energia per metterle per iscritto. Qualche impressione di queste ultime tre sere voglio comunque raccontarla.

Giovedì sera sono andata a sentire il mio Sindaco alla Festa Democratica. Prima non mi piace affatto come sono formulati questi eventi: il politico risponde a delle domande di uno o due giornalisti (non si capisce scelti in base a quale criterio e tra l'altro le domande dell'altra sera erano talmente stupide e assurde che persino io gliele avrei fatte di migliori), questi ne prende spunto per fare il suo show, applausi e poi tutti a casa. Che senso ha che il pubblico non possa fare neanche una domanda? Tanto vale vederlo in TV allora. Ci si può lamentare allora se qualcuno ha colto l'occasione per fare delle contestazioni a Torino?
In ogni caso il Renzi è un ciclone. Non è il mio sindaco ideale e non mi piace il suo esibizionismo da spacconcello, saputello. Trovo però che questo tipo di critiche sul temperamento personale non abbiano alcuna utilità. Per giudicare il suo operato io cerco di attenermi ai fatti. Si vanta che Obama gli ha parlato e non è vero (come polemizza un blog)? Ecchissenefrega! Diciamo piuttosto che togliendo i vigilini ha incrementato il parcheggio selvaggio. E' vero che è sempre alla ricerca della migliore posizione davanti alla telecamera ma è anche vero che se succede qualcosa in città lui c'è, è presente a tutte le inaugurazioni, gira le scuole, fa assemblee nei circoli e non si fa trovare impreparato su qualsiasi questione anche piccola che riguarda Firenze. Fa molti proclami ad effetto che spesso non corrispondono a cose effettivamente realizzate (vedi i 100 punti del programma dove ha etichettato come "fatto" anche quelli dove c'è solo un progetto)? Sì, ma è anche vero che ha energie da vendere (basta seguire il suo blog per rendersene conto). Il suo predecessore non si vedeva quasi mai e nelle occasioni pubbliche mandava sempre i suoi assessori. La sua uscita sui dirigenti del PD "da rottamare senza incentivi" tradisce la sua ambizione a fare leader nazionale? E allora? E' un delitto essere ambiziosi? E' stato forse irrispettoso ma la sostanza di quello che ha detto corrisponde esattamente a quello che io come tanti che votano questo partito pensano da diverso tempo dei dirigenti del PD.

Venerdì e sabato sera invece ho partecipato, come l'anno scorso, a due serate per il convegno di Emergency. Un po' smortina la serata di venerdì mentre assai più vivace e coinvolgente quella di ieri terminata con una strepitosa Patti Smith. Tuttavia la cosa più bella di questi eventi è la grande partecipazione (per entrambi le serate Mandela Forum pieno e migliaia rimasti fuori davanti al maxischermo). E' vedere tante facce di giovani e anziani, facce sconosciute e anche qualche faccia nota che non ti aspetteresti (come la storica dell'arte che ci accompagna sempre alle visite degli Amici dei Musei). E' la gente che è arrivata tre ore prima per essere sicura di trovare posto. E' essere insieme a due mie carissime amiche, ai loro amici e persino ai loro figli anche piccoli (com'è che io non riesco mai a trascinare i miei?). Sono le belle ragazze prosperose dietro di me che applaudono entusiaste le parole di Saviano al telefono dall'ospedale in cui è ricoverato. Sono le due tenere signore anziane accanto a me che annuiscono ad ogni passaggio del discorso di Gino Strada e poi mi dicono che sono un po' preoccupate "perché lo trovano un po' sciupato, un po' invecchiato".
Fa proprio bene partecipare a queste cose qui. Al prossimo anno dunque.

Sul sito di Peace Reporter alcuni video dell'evento.

giovedì 9 settembre 2010

E' ri... Presa diretta

"E' una persecuzione giudiziaria"
"Non ho nessuna fiducia nello Stato perchè lo Stato è totalmente in mano ai giudici"
Se pensate che queste affermazioni siano del nostro Presidente del Consiglio (o di uno dei suoi accoliti) avete sbagliato. Le ho sentite dal padre del latitante (per fortuna successivamente scovato in Olanda) accusato della strage di Duisburg, nella puntata di domenica scorsa di Presa Diretta di Riccardo Iacona che ha trattato di 'ndrangheta.
Presa diretta (la domenica alle 21.00 su Rai3) è una delle poche trasmissioni per cui vale la pena di pagare il canone. La puntata di domenica prossima sarà sull'evasione fiscale.
Vi consiglio caldamente di non perderla.

Altri post sulla trasmissione:
W la TV di Iacona
Grazie Iacona

martedì 7 settembre 2010

Zavorra geopolitica o Arca di Noè?

Più leggo libri e seguo trasmissioni di storia e più mi sento ignorante. Eppure la storia è la cosa che più mi appassiona in assoluto e ho capito troppo tardi quanto mi sarebbe piaciuto farne il mio mestiere. Se sulle vicende della nostra Europa comincio ad avere un'idea, pur con grosse lacune, sugli altri continenti le lacune si fanno voragini.
Per questo ho seguito con molto interesse la puntata de La Storia siamo noi "Giochi di potere - L'Africa" dedicata all'indipendenza degli stati africani (purtroppo non ho trovato il link al video su sito della RAI) e ho imparato un sacco di cose soprattutto grazie all'ottima breve intervista alla professoressa Marcella Emiliani in coda alla puntata.
Nella mia ingenuità pensavo che dopo la Seconda Guerra Mondiale il colonialismo occidentale fosse finito grazie all'affermarsi (dopo gli orrori della guerra e delle dittature nazifasciste) del principio di libera autodeterminazione dei popoli. In effetti questo principio è citato nella Carta Atlantica ma, come spiega la prof.ssa Emiliani, la vera ragione della fine del colonialismo tradizionale è stata, al solito, economica: esso costava troppo e non era più consono alla nuova globalizzazione, molto meglio concedere l'indipendenza politica e passare ad un colonialismo economico (chiamato dagli Africani Neocolonialismo o Imperialismo), manipolando e influenzando la classe dirigente dei neonati stati in modo da poter continuare a sfruttare le immense risorse del continente nero.
Un'altra cosa che sempre ingenuamente mi chiedevo è perché la maggior parte dei paesi africani non siano riusciti, dopo l'indipendenza, ad ottenere una situazione di pace e di democrazia mentre purtroppo abbiamo visto un succedersi di regimi sanguinari, di dittatori feroci e anche lotte fratricide. Anche su questo è stato illuminante il parere della storica: i nuovi stati africani negli anni Sessanta hanno "ricevuto" l'indipendenza, non se la sono conquistata, e non sono mai stati resi "sovrani". Inoltre i confini degli stati erano stati decisi dai colonialisti tanto che in alcuni paesi gruppi etnici omogenei si sono trovati divisi e viceversa in altri si sono trovati unite popolazioni che non avevano nulla a che spartire e che da secoli erano addirittura nemiche. Ma soprattutto questi nuovi stati non avevano maturato coscienza e cultura di governo. Kwame Nkrumah, padre dell'indipendenza del Ghana, diceva: "Noi dobbiamo conquistare il regno della politica" perché la politica che conoscevano gli Africani era solo quella estranea e marziana dei colonialisti.
Nkrumah sognava di creare gli Stati Uniti d'Africa da contrapporsi alle superpotenze che invece hanno cercato sempre di dividere gli interessi e di creare conflitti interni.
Oggi l'Africa non fa neanche più notizia e gli economisti si dividono in afropessimisti che la chiamano "una zavorra geopolitica" o "il binario morto della globalizzazione" e gli afroottimisti che la chiamano "l'Arca di Noè" cioè la depositaria di valori (comunitari, di rispetto della natura, ecc.) che l'Occidente sta dimenticando. C'è tanto da pescare lì dentro in termini di valori, afferma la professoressa Emiliani, anche se l'Occidente non lo vuol vedere.

sabato 4 settembre 2010

Dalle Alpi Marittime si vede il mare


Aspre, rocciose, solitarie e poco note, le Alpi Marittime non sono affatto prive di fascino. Dimenticate le malghe, le mucche al pascolo, i boschi e i sentierini confortevoli di altre zone alpine. Lì dominano i valloni di detriti dal meraviglioso silenzio assordante costellati da nevai e piccoli laghetti dai colori incredibili. La fatica della salita su massi e ciottoli di tutte le forme e dimensioni è compensata in cima al valico dalla vista che spazia fino alla Costa Azzurra.
Mi ci voleva proprio questo breve trekking da rifugio a rifugio intorno al Massiccio dell'Argentera. Almeno una volta l'anno sento proprio il bisogno del silenzio e dell'aria delle montagne vere, di spaziare con lo sguardo sopra le vette aguzze che si stagliano sul cielo terso, di fare scorta di quell'aria fina da ricordare nelle nebbiose giornate cittadine che mi aspettano.
E poi sono contenta di aver condiviso finalmente un viaggio con il mio compagno sperimentando (per fortuna positivamente) il fatto di aver lasciato i ragazzi da soli a casa. Abbiamo incontrato davvero poche persone e abbiamo avuto una gran fortuna con il tempo. Cosa volere di più?

Alcune foto del viaggio e la traccia GPS del percorso.


Altri post sui miei viaggi a piedi:
Perché fare un viaggio a piedi?
I misteri dei tufi etruschi
Uno dei "salotti buoni" del pianeta Terra
Di ritorno dal Parco Nazionale d'Abruzzo
Engadina
Corsica Mare e Monti
Di ritorno dalla Val Maira
Il sentiero dell'Inglese (Aspromonte)
Il Cammino di Francesco
Sulcis Iglesiente

mercoledì 1 settembre 2010

Dorfles, il dinosauro

Giornalista, critico letterario, curatore da anni della bella e longeva trasmissione "Per un pugno di libri", Piero Dorfles ha pubblicato recentemente "Il ritorno del dinosauro. Una difesa della cultura".
Mi è sempre piaciuta la trasmissione "Per un pugno di libri" (anch'essa in pericolo ma che per fortuna riprenderà ad Ottobre) e mi sono spesso rammaricata di averla vista poco e di sfuggita. L'intervista che Piero Dorfles ha rilasciato a Fahrenheit Radio 3 mi ha fatto venir voglia di leggere il suo libro, oltre che a ripromettermi di scaricare la trasmissione.
L'autore si ribella a sentirsi chiamare dinosauro e ritiene che non sia vero che siano estinti quelli che pensano che i libri abbiano un valore, che la lettura sia importante e che senza la conoscenza del passato non si possa progettare il futuro. Anzi, egli ritiene che sia in atto un'emergenza culturale e che ci sia bisogno di una sorta di rivoluzione culturale più che di riforme economiche e istituzionali.
"Oggi non corriamo esattamente lo stesso rischio come alla vigilia del fascismo, però corriamo rischi simili, cioè se prevale conformismo e indifferenza (come li definiva Moravia) ci sarà un assolutismo un po' più subdolo, meno terribile di quello fascista, che però ci toglierà delle libertà e forse lo sta già facendo."
Il giornalista vede come cause dell'attuale declino da un lato lo svilimento di tutto ciò che è cultura da parte dei principali strumenti di trasmissione del sapere: la famiglia, la scuola, l'università, la televisione. Dall'altro il prevalere del conformismo nella classe dirigente, dove per conformismo egli intende un certo adattamento alle mode, l'indulgenza verso il prendersi le proprie responsabilità, il rifiuto di tutto ciò che ha a che fare con la cultura, la banalizzazione e l'appiattimento del linguaggio come segno di modernità.
"Ho la netta sensazione che questa scarsa maturità intellettuale non riguardi più solo gli adolescenti e gli sbandati ma anche una gran parte del ceto politico e intellettuale che tende a considerare tutto come superficiale, tutto come perdonabile, tutto come smentibile da un minuto all'altro. Una sorta di adolescenza infinita che ormai arriva fino oltre i settant'anni, anche settantatre."
Ed infine Dorfles insiste sull'importanza dei libri e della lettura. E' vero che ci sono stati nazisti coltissimi che leggevano tanto e che hanno passato la vita a sterminare le persone, ma il mestiere di lettore, dice Piero Dorfles, che non è affatto facile e si impara anche leggendo libri inutili e insignificanti, "è un insostituibile esercizio per la riflessione teorica e il pensiero simbolico. L'uomo è fatto anche di pensieri astratti, leggere serve anche a familiarizzarsi con questa dimensione. Se non si legge succede che si diventa un po' più razzisti, un po' più intolleranti, un po' meno capaci di fare i conti con la complessità della vita contemporanea."
Puntiamo sulla riscossa dei dinosauri, quindi.