domenica 28 settembre 2014

Che fatica! Però...

Che fatica!
Il motivo principale per il quale sto trascurando questo blog è dovuto alla mia attività per l'A.N.P.I. 
Con il fatto del Settantesimo della liberazione mi sono infilata in una corposa attività di raccolta di testimonianze, partecipazione alle iniziative delle altre sezioni, riunioni al provinciale, trasferte per gli eventi nazionali o regionali (oltre alla consueta attività di tesseramento, mailinglist e pagina di google+). 
Insomma, me lo sono proprio cercata. 
Poi con questa telecamerina in mano mi sono un po' montata la testa. Mi sento un po' Diego Bianchi e sento l'irresistibile impulso a riprendere tutto ciò a cui partecipo per poi farci quelle che io chiamo "videosintesi". Un lavoro divertente e creativo di montaggio, ma quanto tempo porta via!
E poi che gratificazione l'amicizia che nasce con questi intervistati 80/90enni che mi dicono: "Ma lo sai che mi ha visto mia nipote su internet e ha detto che sono stata davvero brava?! Lo sai che persino il mio medico mi ha vista su internet e mi ha fatto i complimenti per quello che ho raccontato?!"
Insomma quando la sera dopo cena, con la stanchezza della giornata, mi metto davanti al PC a montare questi video (taglia, assembla, sovrapponi le immagini, regola l'audio, metti la dissolvenza tra le scene, sfuma, inserisci il sottofondo musicale, converti e trasferisci su YouTube, con il preziosissimo aiuto del marito informatico) talvolta mi chiedo "ma chi me lo fa fare?". Talvolta avrei voglia di buttarmi sul divano a vedermi un film come fa mio figlio.
Però poi succede come venerdì scorso che, in occasione del solito anniversario che onoriamo tutti gli anni e al quale partecipano sempre i soliti quattro vecchietti, succede che venga un sacco di gente, anche facce nuove, anche giovani, anche compagni del provinciale che persino portano il medagliere. Succede che la sala è piena, succede che mi fanno pure i complimenti. Sì, una gran fatica, ma anche una certa soddisfazione.
Ed infine, (perché no?) bando all'anonimato, eccomi qui a fare compagnia sullo schermo ai miei intervistati ai quali auguro, con tutto il mio affetto, ancora cento anni ad aiutarmi a tener viva la sezione ANPI Enrico Rigacci di Firenze.

martedì 16 settembre 2014

Campo di Libera a San Giuseppe Jato


Non stupisce che l'Alto Belice Corleonese abbia vinto nel 2012-2013 il premio "Paesaggio del Consiglio d'Europa". In effetti non ci si stancherebbe mai di ammirare queste colline solcate da vigneti sotto un cielo terso. 
In questa parte di quel magnifico triangolo posto al centro del Mediterraneo che è la Sicilia, operano sulle terre confiscate ai mafiosi tre cooperative agricole: la Placido Rizzotto, la Pio La Torre e la Lavoroenonsolo.
Fa piacere apprendere che vi è collaborazione tra le tre realtà tanto che esse utilizzano le stesse cantine per la trasformazione delle uve e spesso integrano le loro materie prime per ottenere la più alta qualità dei loro vini.
Fa piacere sentire che i tempi in cui la Placido Rizzotto era costretta a fare la trebbiatura scortata dai Carabinieri o quelli dei sabotaggi alle colture e ai mezzi agricoli sono lontani ricordi.
Fa piacere scoprire che il saldo positivo del bilancio del consorzio Libera Terra fa di questa scommessa una vittoria sullo scetticismo.
Fa piacere sentire che a San Giuseppe Jato, San Cipirello e Corleone non si respira più quella cappa di omertà e di paura di un paio di decenni or sono. Certo, la mafia c'è ancora, ma non è così forte e così pervasiva come purtroppo è nel Trapanese e ancora di più in Calabria.
Un campo molto piacevole e confortevole questo appena concluso a San Giuseppe Jato. L'esiguo gruppo di partecipanti (tra l'altro molto collaborativi) ha reso tutto più facile. E poi, che gran soddisfazione la vendemmia di bionda uva Grillo (destinata all'ottimo omonimo vino)!
Che bello riempire ceste su ceste insieme gli infaticabili operai Giacomo, Roberto, Dario, Rosario, Gianni e tutti gli altri e tornare alla villetta (ex proprietà di Vito Brusca) con la pelle puzzolente di verde rame, ma felice!


Ed infine come dimenticare il gelo di angoscia provato nel bunker nel quale fu tenuto prigioniero e poi ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo e, d'altro canto, la calda passione dell'ottantanovenne Mario, sopravvissuto alla strage di Portella della Ginestra?
Sarà forse che nelle mie vene scorre per metà sangue siciliano, ma qui ci devo proprio tornare presto. Magari per un bel giro pizzofree.