venerdì 27 febbraio 2009

Liberi di decidere

Mercoledì scorso sono andata al Teatro Puccini di Firenze dove l'associazione "Liberi di decidere" ha fatto la sua prima uscita pubblica presentando il proprio modello di testamento biologico, una «carta di autodeterminazione improntata alla libertà di rivendicare il diritto di scegliere le cure a cui sottoporsi» e nella quale era presente anche un notaio per firmare l'atto e renderlo formalmente valido.
"Chi vuoi che ci sia?", dicevo a mio marito che temeva code. Previsione smentita in pieno. L'adesione è stata al di là di ogni aspettativa: il teatro era strapieno, non si riusciva ad entrare né in platea né in galleria, le fotocopie del modulo per la autodichiarazione esaurivano continuamente, nella zona circostante macchine parcheggiate in ognidove. La sensazione era quella di un pubblico trasversale. Non i soliti noiosi di sinistra per i quali ogni occasione è buona per manifestare (cioè quelli come me!), ma semplicemente gente decisa a fare qualcosa per evitare che le vengano imposte norme che toccano la sfera più intima e personale, quella che ha a che fare con la vita, la morte e la sofferenza.
Di modelli per il cosiddetto testamento biologico in rete ormai ne gira parecchi ma il dubbio che viene è quanto possano valere legalmente una volta che sarà passata questa assurda legge. L'avvocato ed il notaio presenti mercoledì si sono mostrati sicuri che questa dichiarazione, oltre a servire da pressione dell'opinione pubblica, possa essere comunque valida se fatta con una delle due formalità previste (quella davanti al notaio e quella con il testimone e la raccomandata a se stessi).
Naturalmente non ce l'ho fatta a fare la dichiarazione, ma segnalo agli amici di Firenze e dintorni che martedì 3 marzo ci sarà un nuovo incontro pubblico sempre con il notaio.
Infine vi propongo un video con l'intervento di Ignazio Marino. E' un po' lungo (17 minuti) ma serve anche a rincuorarci scoprendo che ci sono ancora persone capaci di buon senso come il senatore Marino.

mercoledì 25 febbraio 2009

Spengi la televisione

La Società Italiana di Pediatria ha lanciato la campagna "Un giorno senza TV" per sollecitare le famiglie a trovare alternative ai pomeriggi, alle serate - e soprattutto ai pasti - davanti alla TV. Le indagini che ogni anno questo organismo svolge su "Abitudini e stili di vita degli adolescenti" (12-14 anni) dimostrano una correlazione tra un eccesso di fruizione televisiva e alcuni effetti negativi come la maggiore propensione a bere alcolici, ad assumere sostanze, ad una alimentazione poco corretta ed anche a comportamenti sociali negativi, (più aggressività o più tendenza a giustificare gli atti violenti).
E' certo che la proposta ha valore simbolico perché un giorno senza TV non risolve niente ed è anche vero che la televisione in sé non è il male assoluto. Pare che vi siano indagini, per esempio, che dimostrano il contrario, cioè la correlazione tra un buon profitto scolastico e l'utilizzo massiccio della TV. Secondo la sociologa Marina Damato comunque tutte le indagini hanno un unico comune denominatore: quando i ragazzi possono fare un'altra cosa la preferiscono. Si torna sempre quindi alla responsabilità dei genitori e degli adulti in genere nel proporre alternative e nel monitorare la qualità oltre che la quantità.
La cosa però che mi ha colpito di più nella puntata di Fahrenheit che ha trattato questo argomento sono stati i dati sulla quantità di spot che i ragazzi italiani "assorbono".
Secondo la SPI, se un ragazzo vedesse Italia1, il canale di gran lunga più seguito, due ore tutti i giorni dalle 15.30 alle 18.30, in un anno vedrebbe 35.000 spot pubblicitari.
La professoressa Damato cita una ricerca, a cui ha partecipato e che si è appena conclusa in 11 paesi europei, sugli spot pubblicitari alimentari nella fascia dalle 15 alle 20 dalla quale è emerso che:
- l'Italia ha il doppio degli spot alimentari nei programmi per bambini di tutta Europa;
- le reti Mediaset battono la RAI 6 a 1;
- ogni 5 minuti c'è qualcuno o qualcosa "che induce a mangiare" (non a caso siamo il paese con più bambini obesi d'Europa);
- mentre in altri paesi si pubblicizza il prodotto con le sue caratteristiche e il suo sapore, da noi si vendono tutti i prodotti con l'associazione ad una qualche felicità (gadget, ecc.).

lunedì 23 febbraio 2009

Non dimentichiamoci della scuola pubblica

I riflettori sulla scuola pubblica si sono spenti ma la situazione non è affatto cambiata. I media al solito macinano i temi e quello che era d'attualità lo scorso autunno scompare e qualcuno può pensare che sia magicamente risolto. Ma non è così.
Fanno bene quindi quelli che nella scuola lavorano a richiamare l'attenzione. Tagli, proteste e malcontento c'erano stati anche in passato ma mai, nella mia modesta esperienza, gli insegnanti avevano approfittato del momento della consegna delle pagelle, un momento da un lato ufficiale dall'altro di routine, per lanciare un allarme. Così allegati alla pagella di mio figlio ho ricevuto due documenti: due gridi di dolore.
Il primo del "Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione". Non conoscevo l'esistenza di questo organismo. Pare che sia un organo istituzionalmente chiamato a dare una consulenza tecnico-professionale al Ministro ed infatti la circolare (indirizzata proprio al Ministro) è su carta intestata del MIUR. Nella lettera si esprime "fermo dissenso e viva preoccupazione sulle scelte operate sul sistema istruzione", si paventa "una destrutturazione del sistema scolastico pubblico" e si chiede "profonda revisione dei provvedimenti adottati, a partire dall'introduzione dell'insegnante unico e l'orario di 24 ore settimanali".
Il secondo documento è invece del Collegio dei docenti della scuola media di mio figlio e parla dei disagi dovuti alla mancata assegnazione dei fondi da parte del Ministero, alla riduzione del tempo scuola e dei docenti, all'aumento del numero di alunni per classe, all'abolizione delle ore di compresenza. "Non si può stare a vedere. Non si può fare finta di nulla", scrivono i docenti.
Non lasciamoli soli.

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Altri post sulla scuola:
W la squola
L'anima spenta della scuola
+ scuola x tutti : - ingiustizia

sabato 21 febbraio 2009

Piccoli eroi dimenticati

"Una storia che sembra che parli di soldi ma in realtà parla di cose più importanti: di dignità, di libertà e anche di onore, ma soprattutto parla di futuro. Una guerra quotidiana che si combatte contro un sistema assassino che finisce per ucciderlo il futuro. Piccoli eroi sconosciuti che hanno combattuto contro il sistema assassino tenendo duro fino alla fine. Parla di chi si è piegato a quel sistema, di chi ha fatto finta di niente, di chi lo ha sfruttato criminalmente. Ma soprattutto parla di quelli che il sistema l'hanno combattuto, quelli che sono morti come in tutte le guerre e quelli che ce l'hanno fatta e hanno vinto."

Così inizia una bellissima puntata di Blu Notte, la trasmissione di Carlo Lucarelli, dedicata agli imprenditori che si sono ribellati al racket, perché l'antimafia non la fanno solo i magistrati e i poliziotti, ma anche coloro che coraggiosamente vogliono fare impresa in modo pulito. Chi chiede il pizzo non usa mai questa parola, che infatti è un'invenzione giornalistica, ma usa l'espressione "mettersi a posto".

"Le parole sono importanti perché dire che quando uno dà i soldi alla mafia 'si mette a posto' vuol dire che prima a posto non era. Quando uno si dice che 'si mette a posto' dovrebbe significare, per esempio, che paga le tasse che prima non aveva pagato. Le tasse sono chieste legittimamente ai cittadini per pagarci dei servizi. Ma 'mettersi a posto' con la mafia significa che in quel territorio lo Stato è la mafia ed è con lei che il cittadino deve mettersi a posto."

Lucarelli parte dal giovanissimo produttore inglese di vino marsala che scrive una lettera al capomafia locale dicendo che non vuole pagare, per passare a raccontare la storia di Libero Grassi, proprietario di una fabbrica di maglieria che dava lavoro a 200 dipendenti. Libero rifiutò di pagare, si rivolse alle forze dell'ordine e scrisse, il 10 gennaio 1991, la famosa lettera al Giornale di Sicilia che cominciava con "Caro estortore". "... Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere...", scrisse Libero Grassi.
Ma i tempi non erano ancora maturi. Il presidente dell'Associazione Industriali dichiarò che le estorsioni rappresentavano "un dettaglio". Il 29 agosto 1991 Libero Grassi venne ucciso.
Secondo uno studio della Fondazione Chinnici il pizzo sottrae l'1,3% del PIL regionale (più di 1 miliardo di euro all'anno). Pare che venga chiesto anche ai venditori di aglio al minuto. Ma, per fortuna, l'esempio di Libero Grassi è stato seguito da altri imprenditori coraggiosi sempre più numerosi come Vincenzo Conticello, proprietario dell'Antica focacceria di Palermo e Silvana Fucito, imprenditrice presidente dell'associazione antiracket di Napoli.
Questi imprenditori sono riuniti in 58 associazioni (perché solo l'unione dà il coraggio di sfidare gli estortori) che aderiscono al FAI, Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane.
Il 21 giugno 2004 Palermo è tappezzata da centinaia di adesivi con la frase
UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO È UN POPOLO SENZA DIGNITÀ, una frase molto semplice ma che in quel momento sembra rivoluzionaria. Era l'inizio di quel movimento giovanile che prende il nome di Addio Pizzo.
Nel luglio 2008 si tengono gli interrogatori degli imprenditori citati nel libro paga del boss Salvatore Lo Piccolo e succede qualcosa di nuovo: 19 dei 20 imprenditori convocati denunciano il loro estortore con decisione e senza tentennamenti. Non una vittoria ma una crepa su quel muro che prima o poi crollerà.
La puntata finisce con la bellissima lettera scritta dai ragazzi delle scuole per il Concorso Libero Grassi:

"Caro estortore, ho deciso che pagherò. Pagherò le tasse, tutte. Pagherò i miei dipendenti, tutti e li metterò in regola, anche gli extra comunitari. Pagherò le mie scelte, di persona e infatti il mio voto non lo venderò più. Sarà meno facile di fare quello che fanno tutti quando vogliono fare i furbi. Ma lo farò perché è come quando ti diagnosticano un male incurabile e ti scopri innamorato della vita. Ecco il cancro, caro estortore, sei tu. E io non voglio morire di questo cancro. Per questo pagherò tutti ma non pagherò te. E se verrai a farmi del male resisterò perché oggi sono un uomo libero."


Altri post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra

giovedì 19 febbraio 2009

Multitasking è bello?

Come tipico delle donne, tendo a fare più cose insieme. Con l'ansia del tempo che passa come costante compagna, l'ottimizzazione diventa un mio pallino. Mi accorgo però che questo fatto mi sta giocando brutti scherzi, cioè mi capita alla fine di scoprirmi (orrore, orrore!) dispersiva.
Per esempio, avendo una casa su più piani, cerco di minimizzare le necessità di passare da un piano e l'altro. Così se devo salire a portar su la roba stirata perchè non dare un passaggio anche al giornale che poi leggerò a letto? Se devo scendere ad accendere il forno quale migliore occasione per portare giù anche il contenuto delle ceste dei panni sporchi? E così via. Sempre più spesso però mi capita di cambiar piano e di chiedermi: "Ma perchè diavolo sono salita? Oddio non mi ricordo più che dovevo fare!"
In ufficio, ancora peggio. Mentre mi accingo a firmare dei documenti vedo la "bandierina" che mi segnala l'arrivo di un email. Lascio le carte, apro l'email, comincio a rispondere. Nel frattempo arriva una telefonata che ha come riultato la promessa da parte mia di un fax. Mi alzo allora per andare a fare fax ("che ci vuole? Così non ci penso più"). Torno in stanza e mi casca l'occhio su dei documenti che dovevo fotocopiare. Certo, visto che vado nella stanza della fotocopiatrice, dove c'è anche la stampante potrei approfittare e mandare in stampa quella lettera. E così via, cominciando dieci cose contemporaneamente e non finendone neanche una.
Eppure un tempo non ero così. Mi è sempre piaciuto essere veloce, accurata e produttiva, in casa come fuori. Forse dovrei prendere atto che gli anni passano, la capacità di concentrazione diminuisce e dovrei resistere alle continue interferenze e distrazioni.
Ma succede anche a voi?

martedì 17 febbraio 2009

Sotto assedio

Saranno allarmisti questi di Liberacittadinanza? Saranno esagerati? Siamo davvero in dittatura? Siamo in regime mediatico?
Queste sono le domande con cui io e la mia amica R, con cui condivido passione e sdegno civile, siamo uscite dal convegno che si è svolto a Firenze sabato scorso sullo stato della giustizia e dell'informazione (disponibile l'audio su Radio Radicale).
Certo a sentire il brillante intervento di Travaglio, quello appassionato di De Magistris e quello più pessimista di Carlo Vulpio, non si ha dubbi sul pericolo per la nostra democrazia. Sembra che sia in atto un processo di svuotamento di significato della nostra Costituzione e della nostra Democrazia con dei provvedimenti che apparentemente non toccano nulla ma in realtà le anestetizzano. Anche l'informazione sta messa molto male. E dire che noi minoranza che accediamo ad internet bene o male qualche alternativa ce l'abbiamo. Chi non ha questo mezzo, non si rende conto secondo me di quanto sia manipolato, inquinato e omertoso ciò che gli fanno sapere.
Mi è piaciuto anche l'intervento di Bruno Tinti, ex magistrato che si occupa da venticinque anni di diritto penale dell'economia. Tinti mi piace perché è molto pratico. Con flemma ed ironia ci ha raccontato le conseguenze che ci saranno nel lavoro quotidiano dei magistrati se verrano approvati i provvedimenti che sta preparando il governo.
Tanto per citarne uno dei tanti, il Pubblico Ministero non potrà aprire un'inchiesta se ravviserà autonomamente un reato (come accade ora). Dovrà aspettare che qualcuno lo denunci. E chi potrà mai denunciare un reato dei colletti bianchi se persino la polizia giudiziaria che gli era affidata ora non dipenderà più da lui ma dal potere esecutivo (ministero dell'interno o della difesa)? Sembrano tecnicismi ma non lo sono. Tinti spiega questa ed altre cose allarmanti sul suo blog.
Quando andavo a scuola, a educazione civica, ci insegnavano che uno dei pilastri su cui si basa la democrazia è la suddivisione dei poteri, legislativo, esecutivo e giuridico. Mi sembra che questa suddivisione stia venendo meno.
Non se se siano esagerati, però io sono parecchio allarmata.
Che fare?

domenica 15 febbraio 2009

Mamma orgogliosa /3

A tavola una sera a cena.

Artemisia: "Come è andato il compito di Italiano?"
D: "Ho preso cinque e anche L. ha preso cinque."
A: "Mannaggia! E il tuo amico F.?"
D: "Lui non è venuto al compito perchè non aveva studiato."
A: "E i suoi genitori gliel'hanno permesso?"
D: "Sì, gli hanno fatto saltare anche l'interrogazione di scienze. Infatti ha interrogato me. Meno male che ho preso 6 e mezzo. Sai, mamma, ho visto il diario di L.: ha ben 11 giustificazioni dei genitori perchè non aveva fatto i compiti."
E (l'altro figlio): "E allora un mio compagno mi ha detto che non era venuto a scuola perchè non aveva voglia e la mamma ha detto: Va bene!"
A, dopo un rapido scambio di occhiate con il marito che sottintende Mo' che diciamo?: "Ma secondo voi, ragazzi, in tutta onestà, fanno bene questi genitori a concedere tutte queste giustificazioni?"
D: "No."
E: "Neanche secondo me".

Pfui!!!

venerdì 13 febbraio 2009

Le agende di Daniela

Domenica 15 febbraio ci saranno le primarie per scegliere il candidato a Sindaco di Firenze. Riguardo alla lunga e sofferta vicenda di questa consultazione, partita l'estate scorsa come primarie del PD, investita dalla vicenda Castello e trasformata per questo in primarie di coalizione, rimando ai numerosi articoli de La Repubblica Firenze per chi e' interessato. Ugualmente non mi dilungherò' sui profili dei cinque candidati (ebbene si': sono ben cinque) che trovate qui.
Vorrei solo spiegare la mia preferenza: innanzitutto sono molto favorevole alle primarie come a qualsiasi mezzo che faccia esprimere le persone, in secondo luogo a questa consultazione voterò per Daniela Lastri.
E' una persona che ho sempre stimato perché mi e' capitato di incontrarla tutte le volte che ho partecipato, in tempi non sospetti, a belle iniziative. Già da quando i miei figli andavano al nido e c'erano problemi di riduzione di posti ci facevano questo nome come di una persona cui rivolgerci perché "sensibile a questi temi". Alla inaugurazione della bella scuola di mio figlio c'era la Lastri. Quando sono andata con mio figlio al Rockcontest c'era la Lastri. Quando la scuola di mio figlio ha partecipato alla bella iniziativa chiamata SpotLab c'era la Lastri. Quando sono andata ad un convegno su Simone de Beauvoir c'era la Lastri. Insomma ho avuto l'impressione di una persona che e' presente ovunque ci sia qualcosa di importante per il settore di cui si occupa. Una persona che non delega, che si fa carico. Per me questo e' un buon segnale.
Lo scorso 19 dicembre sono andata alla serata di presentazione della sua candidatura. Quello che mi ha colpito, al di la' dei suoi buoni propositi, sono stati i ripetuti accenni delle sue sostenitrici (Sandra Bonsanti e Livia Turco) sulle sue leggendarie agende piene di impegni, appuntamenti e incontri. Insomma una che non si concede soste, una sgobbona.
In quella serata pero' mi sono resa conto dei suoi difetti: Daniela Lastri non e' un tipo spumeggiante (nonostante gli appariscenti capelli platinati). Mi sembra che sia timida, abbastanza emotiva e molto seriosa. Non l'ho mai sentita fare battute spiritose come fanno continuamente Matteo Renzi e Lapo Pistelli che hanno una personalità molto più accattivante. Lei ha parlato di "esercizio mite del potere, senso profondo del limite, autocontrollo". In questo mi ci rivedo molto: una donna mite, seria e gran lavoratrice. Purtroppo pero' la politica richiede anche prontezza, faccia tosta e una bella corazza. Quindi se penso a Daniela Lastri, non tanto in competizione con i suoi concorrenti di partito, ma con gli avversari del centrodestra qualche dubbio sulla sua tenuta mi viene.
L'altro dubbio può essere legato al fatto che la sua e' una candidatura di continuità. Ha lavorato a lungo con l'attuale giunta di Palazzo Vecchio e quindi non credo che non porterà cambiamenti profondi come invece promettono Pistelli (Lapo punto a capo) e soprattutto Renzi (Facce nuove in Palazzo Vecchio). Il mio giudizio sull'operato della Giunta uscente e' tutto sommato positivo (anche se le rimprovero l'eccessiva cementificazione e il termovalorizzatore).
Ma l'episodio che mi ha fatto superare ogni dubbio e' stata la discesa in campo di Michele Ventura, il quale si e' candidato per "ricompattare l'area exDS" (motivo incomprensibile ai più, secondo me) e, per non aumentare il già alto numero dei candidati, a chi chiede di fare un passo indietro e di fare il Vicesindaco? A Daniela Lastri. Io l'ho letta come una tipica prepotenza maschile. Ma come? Una che si e' presentata a luglio, ben sei mesi fa, ha sempre creduto nelle primarie, ora arriva la vecchia volpe della politica e le chiede: "Fatti da parte, ragazza, qui il gioco si fa serio".
Eh no! Viva la lobby rosa allora!

mercoledì 11 febbraio 2009

Guida al consumo critico

Sono d'accordo con padre Alex Zanotelli quando dice che il cittadino non vota solo quando si reca alle urne ma anche quando fa la spesa. Di qui l'importanza di un manuale che ci aiuta a capire chi c'è dietro un marchio, quali sono le imprese che producono i cibi e gli oggetti che compriamo, come si comportano nei confronti dell'ambiente, dei lavoratori, dei paesi poveri, se hanno sedi nei paradisi fiscali, ecc. E' uscita la nuova edizione della Guida al Consumo Critico a cura del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
Per chi non la conosce, la guida presenta una prima parte introduttiva dove spiega cosa vuol dire praticare un consumo responsabile secondo i diversi aspetti implicati (consuma sobrio, libero da scorie, corto e naturale, equo, senza crudeltà, democratico, sovrano). In seguito vengono analizzati i vari prodotti alimentari e di igiene per quanto riguarda la loro utilità e le loro implicazioni ambientali e sociali, con schede di veloce consultazione dei vari marchi.
Nella parte successiva vengono spiegati azienda per azienda sia i comportamenti positivi che le critiche riguardo a trasparenza, abuso di potere, sicurezza e diritti dei lavoratori, ecc. Infine (e questa credo sia una novità della nuova edizione) c'è una breva guida alla scelta dei prodotti in base agli imballaggi, all'energia necessaria per produrli ed al loro impatto ambientale per smaltirli.
Per chi ha letto le precedenti edizioni, la nuova è ugualmente utile perché le imprese sono in continua fusione e cessione dei vari marchi.
Il primo approccio per chi si avvicina al consumo critico può dare un senso di scoraggiamento perché, ad essere esigenti, si trova difficilmente una azienda senza macchia. Ma l'importante, secondo me, è essere informati e sensibilizzati. Per il resto, privilegiando certi aspetti rispetto ad altri secondo la nostra sensibilità personale, fare la spesa non è poi una cosa così tremenda.

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Altri miei post sul consumo critico:

Il giusto prezzo del cibo
Il cibo, il pianeta, l'economia
Il fascino di un mondo diverso
Lo shopping che mi piace
La dura vita della consumatrice critica
Risparmio responsabile
Sono una consumatrice critica

martedì 10 febbraio 2009

Che fatica!

Sono stanca. Non il fisico, ma il cervello è stanco. Mi sento a stento energie per andare al minimo, per fare le cose ordinarie, quelle che si fanno con poco sforzo. Ed invece mi sembra che mi venga richiesto uno sforzo sempre maggiore.
Sono ventisei anni che lavoro per questo ente e otto che mi occupo di contabilità. Ho sempre notato l'alternarsi di periodi intensi con altri più calmi nei quali poter tirare il fiato e darsi un ritmo blando. Invece da alcuni mesi il fiato non lo tiro mai. Sarò io che invecchio ma non riesco più a star dietro a tutte le continue novità che, chissà come mai, complicano invece di semplificare (e il DURC, il CIG, l'Equitalia, il RUP, l'Unicredit). La lista delle cose da fare non diminuisce mai perché è tutto un interferire di gente con le richieste più varie, spesso su cose in cui io non c'entro nulla. E difendersi certe volte è quasi più faticoso che ottemperare.
A casa, fermo restando il preziosissimo aiuto del marito, c'è sempre qualcosa che si somma alle incombenze normali e quotidiane che già basterebbero da sole e avanzerebbero. Sciocchezze, per fortuna, pero', per fare un esempio, se il figlio grande, mosso da raptus di gelosia, tronca in due il cavo da chitarra elettrica del fratello, a chi toccherà mai andare a ricomprarlo?
E il tempo libero per le cose che mi piace fare? Sempre troppo poco. Le giornate, le ore, i minuti sono sempre troppo corti e mai dilatabili. Ed ecco la sensazione di essere costantemente in ritardo: 58 post di amici e 152 "politici" da leggere; due lezioni degli Amici dei Musei da sbobinare; ad ascoltare Fahrenheit sono meta dicembre; per Le Storie, Parla con me e Controradio solo alla settimana passata; le puntate de La Storia siamo noi, che mi piacciono un casino, si accumulano tanto che ormai non le conto più; non parliamo dei numerosi film, libri e audiolibri in lista d'attesa. E i post? Sono diverse le idee appuntate nel file-promemoria ma quando mi ritroverò a svilupparle chissà se mi ricorderò che cosa volevo dire!
Insomma costantemente in ritardo. Un po' come questo computer che sempre più spesso comincia a "rullare" e mi fa vedere dopo secoli le parole che scrivo. Ecco, cosi' mi sento oggi: a scoppio ritardato.
Ma forse il motivo è semplicemente che anche stanotte il sonno è saltato. Forse basterebbe dormire decentemente per ritrovare le energie. Chissà! Vedremo.

domenica 8 febbraio 2009

L'oro della camorra

Dopo Gomorra dovrebbe essere chiaro a tutti ormai, ma forse ancora oggi qualcuno, specialmente se vive al nord, continua a pensare che le mafie siano un problema di ordine pubblico legato al sud del nostro paese. Forse ancora oggi qualcuno, quando pensa alla mafia, immagina il contadino con la coppola e la lupara. Dopo anni che mi interesso a questo tema, dopo aver ascoltato tanti dibattiti e conferenze, seguito tante trasmissioni in Tv e alla radio, letto libri, partecipato a convegni, per me è molto chiaro che la criminalità organizzata è un sistema che interessa non solo tutta l'Italia ma che riguarda anche l'Europa. Più che un problema di ordine pubblico (la cosiddetta mafia militare), la mafia è soprattutto una zavorra che pesa sull'economia del nostro paese. I mafiosi non sono gangster, sono criminali ma sono anche imprenditori, professionisti, politici e purtroppo talvolta anche esponenti delle forze dell'ordine. E' stato stimato che le mafie "fatturino" qualcosa come 130 miliardi di euro con le attività illecite che investono nel nord dell'Italia e anche nel nord dell'Europa (Saviano ci ha insegnato che mezza Aberdeen in Scozia è di proprietà del sistema dei Casalesi).
Purtroppo non c'è mai sufficiente attenzione e consapevolezza su questo tema. Non si pensa che il pizzo, indirettamente attraverso il lievitare degli appalti pubblici, lo paghiamo tutti noi. E allora sarà bene correre il rischio di risultare noiosa ed insistere su questo argomento.
Per esempio parlando di Rosaria Capacchione, giornalista del Mattino di Napoli, che vive sotto scorta da quando, durante il processo Spartacus, è stata minacciata di morte insieme a Roberto Saviano e a Raffaele Cantone. L'oro della camorra è la sua analisi del nuovo volto della criminalità organizzata: una potenza capace di muovere centinaia di migliaia di euro e gestire i settori chiave dell'economia italiana. Un libro scarno, meticoloso, che documenta l'ambivalente rapporto della Camorra con l'economia, in particolare di quei 7-8 paesi del casertano che però hanno un potere enorme.
La giornalista racconta che è con la massa enorme di soldi post-terremoto dell'80 che nasce la figura dell'imprenditore camorrista. Fino ad allora c'era una sorta di patto di non interferenza e una certa sudditanza tra camorra e imprenditoria. Il camorrista si limitava a chiedere la tangente. Ai vecchi camorristi, che erano più che altro agricoltori ed avevano una visione della criminalità organizzata piuttosto parassitaria, sono succeduti i figli che hanno deciso di sostituirsi agli imprenditori continuando a conservare la capacità criminale di intimidazione.
Nel dopoterremoto quindi la camorra si sostituisce all'impresa sana e riesce a creare un regime di monopolio, per esempio con il cemento, con i laterizi, con il movimento terra e le palificazioni. Oggi chiunque voglia fare movimento terra in questa zona o si rivolge ad un'impresa di camorra, o ad un'impresa del nord che ha dei costi tre volte superiori. Queste persone sono dei bravissimi imprenditori e potrebbero esserlo anche senza essere camorristi. Essendosi sostituiti completamente all'economia sana sono solo loro che possono dare lavoro in una provincia in cui il tasso di disoccupazione supera il 30%. Tutti gli elementi di economia legale sono più faticosi (dai fidi bancari, all'assicurazione, ecc.).
Vi è un'inspiegabile circolazione di denaro. La provincia di Caserta ha una raccolta di risparmio bassa vista la disoccupazione ma c'è un numero di sportelli bancari impressionante. La camorra casalese non ha niente a che vedere con quella da gangster di Secondigliano ed è forse è più vicina alla mafia siciliana, ha un'altra mentalità, meno metropolitana.
Nel libro della Capacchione i fatti di sangue rimangono sullo sfondo mentre in primo piano è l'interesse per l'enorme quantità di contante che si intuisce da alcuni indizi, una specie di "caccia al tesoro". I casalesi infatti uccidono solo quando c'è la necessità, soprattutto nei passaggi da un potere all'altro.
Anche nella politica i camorristi cercano direttamente di sostituirsi (vedi i diversi assessori condannati per associazione camorristica).
Dove colpirli? Rosaria Capacchione non ha dubbi: sui soldi, soprattutto anticipandoli dove si prevede che si formerà un flusso di denaro come, per esempio. nei paesi dell'Est che si stanno aprendo all'economia occidentale e che sono poco controllabili.
Secondo la giornalista ci vogliono molti anni e molta curiosità per capire questa gente e ci racconta che lei andava in questura e si faceva spiegare le storie dei personaggi collezionando le foto dei pregiudicati quasi fossero figurine.
Come per Saviano, anche per Rosaria Capacchione il suo prezioso lavoro di giornalista sul territorio è stato vanificato adesso che è costretta a muoversi con la scorta.


Altri post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra

venerdì 6 febbraio 2009

Nostalgica TV

L'altro giorno ho visto con mio figlio un documentario della serie Correva l'anno sulla TV degli anni Sessanta. Per fortuna, ho cominciato a riconoscere qualcosa di familiare solo verso la fine della puntata! Mio figlio spalancava gli occhi divertito dai miei gridolini di nostalgico entusiasmo di fronte al Giornalino di Gianburrasca con Rita Pavone



o alla sigla di Canzonissima 1968 (la mitica Zum zum zum)



E' certo che un modo semplicissimo per scoprire la fascia di età delle persone è proprio quello di chiedere loro quali programmi ricordano come associati alla loro infanzia e/o alla loro gioventù (prima che arrivassero alla meravigliosa età in cui si può snobbare completamente la televisione perché si è sempre fuori con gli amici).
Ecco quindi che mi trovo subito in sintonia con Unodicinque a proposito dello sceneggiato (non chiamatelo fiction, please) Il segno del comando con Carla Gravina e Ugo Pagliai, la cui sigla, ritrovata su YouTube mi provoca qualche lacrimuccia. Ero bambina e la sua atmosfera misteriosa della Roma di notte mi creava qualche disagio quando andavo a letto ma quanto mi piaceva!



Mi viene il magone anche a rivedere la sigla de La Freccia Nera (lo slavatino Aldo Reggiani mi pareva bonissimo!):



E' difficile per i ragazzi di oggi capire l'ansiosa attesa della TV dei Ragazzi, immaginare una televisione di soli due canali in bianco e nero, senza telecomando, senza videoregistratore, DVD o satellite, ma anche senza pubblicità! Questa infatti non era quella cosa invasiva che ti spunta anche durante una partita mentre viene sistemato il pallone per tirare una punizione. La pubblicità era la reclame del mitico Carosello, dopo il quale, secondo l'articolo 1 del patto di stabilità in casa mia, bisognava andare a letto.





Venne poi il tempo di Happy days ed in seguito il periodo di Quelli della notte finché venne anche per me (meglio tardi che mai) il momento di uscire fuori con gli amici.

Coraggio: abbandoniamoci ad un momento di nostalgia e ditemi i programmi della vostra infanzia o della vostra adolescenza.

martedì 3 febbraio 2009

Quanto vale il lavoro del pubblico dipendente?

Nella famigerata legge 133 dell'agosto 2008 (figlia dell'altrettanto famigerato decreto legge 112 del giugno 2008), l'attuale governo ci ha messo tante di quelle cose e così diverse tra loro che viene da pensare che l'avessero "covata" per tutta la durata (purtroppo breve) del governo Prodi. Talmente tante cose che l'opposizione, che già dorme, secondo me, di molte cose non n'è nemmeno accorta.
Oggi ve ne racconto una che, sia pur marginale, non so quanto sia nota.
"Nell'ambito del processo di riorganizzazione e razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di progressiva riduzione del numero dei dipendenti pubblici" un dipendente di un ente pubblico, come quello per cui lavoro, per gli anni 2009-2010-2011, può chiedere di essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni. La sua richiesta è irrevocabile e sarà oggetto di valutazione discrezionale da parte dell'ente che potrà, sulla base delle proprie esigenze funzionali ed organizzative, accogliere o meno la domanda. Non si tratta di "cessazione" ma di "sospensione" del rapporto di lavoro. Il personale non presta attività lavorativa ma percepisce trattamento economico temporaneo pari al 50% di quello complessivamente goduto al momento del collocamento nella posizione di esonero e matura i contributi previdenziali in misura intera. In questo periodo non si può instaurare rapporti di lavoro dipendente con altri soggetti pubblici o privati ma si può svolgere lavoro autonomo e attività di volontariato (incentivata, infatti in tal caso il trattamento economico è elevato al 70%). Al momento del collocamento a riposto per raggiunti limiti di età il dipendente avrà diritto alla pensione come se fosse rimasto in servizio.

Traducendo in italiano il burocratichese della circolare di cui ho riportato il contenuto: i dipendenti pubblici che lavorano almeno da 35 anni (e che hanno la facoltà di lavorare fino ad altri cinque) possono nei prossimi tre anni stare a casa (o fare volontariato o lavoro autonomo) a metà stipendio continuando a maturare la pensione come se lavorassero.
Non ho capito se questo "metà stipendio" elargito senza nessuna prestazione lavorativa lo paga l'ente di appartenenza o l'INPS o chi altro. Comunque sia esce tutto dalle tasche del contribuente.

Prima di esprimere un mio parere su quanto sopra mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa operazione.

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domenica 1 febbraio 2009

L'uso politico della storia

Conoscere la storia dell'umanità è essenziale per non ripeterne gli errori ed anche per elevarsi dall'angusta dimensione del proprio tempo. E' un po' come rinascere tante volte, come dilatare la nostra esistenza che è un segmento talmente breve comparata ai secoli trascorsi. Per questo penso che sia senz'altro positivo il successo delle lezioni di storia che si sono tenute e si stanno svolgendo a Roma e anche a Firenze a cura della casa editrice La Terza con le code che si formano ben molto prima dell'inizio di ciascuna di esse.
Secondo Marina Caffiero, che insegna Storia Moderna all'Università di Roma La Sapienza, questi eventi che attirano tanto pubblico si spiegano con il fatto che la storia è diventata spettacolo, ciò serve ad attirare l'attenzione ma si presta a molte falsificazioni. La professoressa afferma che, mentre nei paesi anglosassoni la divulgazione storica ha un livello molto raffinato, in Italia non c'è osmosi tra il mestiere di giornalista e quello di storico. Il giornalista spesso (per fortuna non sempre) tratta molto male la storia deformandola per altri fini, mentre, d'altro canto, lo storico spesso è incomprensibile.
La deformazione e la strumentalizzazione della storia per farne un uso politico e di propaganda è il tema sia della puntata di Le Storie - Diario Italiano che ha avuto come ospite la Caffiero, sia del libro che essa ha curato insieme a Micaela Procaccia (dirigente dell'Archivio di Stato), "Vero e falso".
Il fatto è che per fare storia correttamente bisogna basarsi sui documenti, come ci insegna anche l'ottimo Rino, il mio personale punto di riferimento quando si parla di questa materia. Invece molto spesso ciò non avviene, soprattutto da parte dei giornalisti che si improvvisano storici.
Marc Bloch diceva che un falso ben raccontato diventa vero a forza di essere ripetuto e che il falso storico una volta che ha attecchito tende a persistere. Marina Caffiero fa l'esempio dell'attentato di via Rasella, che provocò l'eccidio delle Fosse Ardeatine. E' passata nell'opinione pubblica comune la convinzione che ci fu da parte dei nazisti un invito ai partigiani autori dell'attentato a presentarsi e che fu la mancata presentazione di questi a determinare la rappresaglia. Invece non ci fu nessun bando, i rastrellamenti cominciarono subito e la rappresaglia fu comunicata solo successivamente, con il famoso manifesto "l'ordine è stato eseguito".
Ci sono due temi che sono particolare oggetto di strumentalizzazione: la Resistenza, che da mito fondatore della Repubblica e della Costituzione sta diventando il peccato originale e la Shoah, cioè il rapporto con gli ebrei e l'antisemitismo. Sono due nodi importanti per la nostra identità italiana che vengono continuamente rovesciati da quei fenomeni che prendono il nome di revisionismo e negazionismo.
Per quanto riguarda i negazionisti, uno storico francese molto importante li chiama "gli assassini della memoria" ed infatti negare la memoria ad un popolo significa negargli l'identità (il cosiddetto "sterminio di carta"). Probabilmente ciò si spiega con una ripresa dell'antisemitismo (vedi la tesi della lobby ebraica che complotta contro l'Italia dimenticando il contributo che gli ebrei italiani hanno dato al risorgimento, alla prima guerra mondiale, alla resistenza).
Quanto alla Resistenza è chiaro che bisogna prendere coscienza anche degli aspetti più oscuri della nostra storia (per esempio le foibe e le rese dei conti post-Resistenza) ma per giudicare bisogna guardare i fini ultimi. Anche prendendo atto di episodi pesanti e incresciosi (le ombre appunto) esiste sempre una distinzione fra chi aveva certi valori e chi ne aveva altri.
Il revisionismo sulla Resistenza e il negazionismo nei confronti della Shoah, dice la storica, hanno come obiettivo quello di confondere vittime e carnefici in un indistinto in cui tutto è uguale. Ma la Storia non è tutta uguale ed è nostro compito farne una corretta trasmissione ai giovani.