giovedì 29 gennaio 2009

Facciamoci due risate


Ogni tanto fa bene farsi due risate come quelle che mi sono fatta leggendo i proverbi livornesi contenuti in questa pagina di Wikiquote. Sul sito c'è persino una pagina dedicata alla discussione dove si spiega le origini del vernacolo di questa città, un modo di scherzare così spudoratamente triviale che non si riesce ad esserne scandalizzati. Va preso così com'è, esattamente come le mitiche locandine del Vernacoliere. (Arriva nelle vostre città il Vernacoliere?).
A me i livornesi stanno troppo simpatici!
Ve ne riporto solo qualcuno ma, se vi piace il genere, vi invito a leggerli tutti:

Ama' senz'esse' amato è come pulissi 'r culo senza ave' caato.

Chi ha potta ha pane chi ha cazzo more di fame.

Culo alto, ci fò un salto.

Gli amici sono 'ome ' fagioli: parlano dietro.

Le parole le porta via 'r vento, le bicirette i livonesi e i bischeri nessuno.

Mi pai quello che mi caò sull'uscio e poi la rivoleva!

Né per scherzo né per burla 'ntorno ar culo un ci voglio nulla.

Si lavora, si fatìa, per 'er pane e pella fia, si lavora tutto l'anno ma la fia un ce la danno.

Se donna 'un vòle, omo 'un pòle.

Sei simpati'o come un gatto attaccato a 'oglioni.

Un ciànno mia cresciuti a bucce di coomero.

mercoledì 28 gennaio 2009

Ed infine anch'io ho letto Gomorra

"Lo devi leggere" mi diceva un'amica continuando a spaventarmi con il racconto dei terribili scenari contenuti in questo libro. A dire il vero, io questo romanzo/inchiesta non lo volevo proprio leggere perché di solito rifuggo dai libri, che pur essendo sacrosante denunce, so che fanno stare male. E poi del contenuto di Gomorra sapevo già quasi tutto avendo sentito numerose interviste a Saviano, sin dalla prima presentazione a Fahrenheit, ed anche visto il film di Matteo Garrone.
Eppure Gomorra è riuscito comunque a sorprendermi. Prima di tutto perché è scritto bene. Non è un arido e spietato elenco di omicidi, cifre, nomi, indagini (anche se c'è tutto questo), ma è soprattutto un racconto appassionato e scorrevole, per nulla pesante.
E poi un'altra cosa mi ha colpito: l'amore di Saviano per la sua martoriata terra che traspare da tutto il libro. Si capisce che l'autore non scrive con il semplice intento di denunciare e nemmeno con disgusto per quello che è costretto a vedere, ma con doloroso affetto. Si sente che il suo è un bisogno che gli nasce dal profondo, è un grido di chi non ce la fa più ad assistere a certe cose e stare zitto.
Ormai (e per fortuna) è noto a tutti ed io sarò arrivata buon ultima ma voglio comunque riportare qui una pagina di Gomorra (pagg.135-136) che mi ha colpito e che può dare l'idea del suo stile tra reportage e poesia:

"Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della 'ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall'ETA in Spagna e dall'IRA in Irlanda, più delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia. La camorra ha ucciso più di tutti. Mi viene in mente un'immagine. Quella della cartina del mondo che spesso compare sui giornali. Campeggia sempre in qualche numero di "Le Monde Diplomatique", quella mappa che indica con bagliore di fiamma tutti i luoghi della terra dove c'è un conflitto. Kurdistan, Sudan, Kosovo, Timor Est. Viene di gettare l'occhio sull'Italia del sud. Di sommare i cumuli di carne che si accatastano in ogni guerra che riguardi la camorra, la mafia, la 'ndrangheta, i Sacristi in Puglia o i Basilischi in Lucania. Ma non c'è traccia di lampo, non v'è disegnato alcun focherello. Qui è il cuore dell'Europa. Qui si foggia la parte maggiore dell'economia della nazione. Quali ne siano le strategie d'estrazione, poco importa. Necessario è che la carne da macello rimanga impantanata nelle periferie, schiattata nei grovigli di cemento e monnezza, nelle fabbriche in nero e nei magazzini di coca. E che nessuno ne faccia cenno, che tutto sembri una guerra di bande, una guerra tra straccioni. E allora comprendi anche il ghigno dei tuoi amici che sono emigrati, che tornano da Milano o da Padova e non sanno chi tu sia diventato. Ti squadrano dall'alluce alla fronte per cercare di soppesare il tuo peso specifico e intuire se sei un chiachiello o uno bbuono. Un fallito o un camorrista. E dinanzi alla biforcazione delle strade sai quale stai già percorrendo e non vedi nulla di buono al termine del percorso.
Tornai a casa, ma non riuscii a stare fermo. Scesi e iniziai a correre, forte, sempre più forte, le ginocchia si torcevano, i talloni tamburellavano i glutei, le braccia sembravano snodate e si agitavano come quelle di un burattino. Correre, correre, correre ancora. Il cuore pompava, in bocca la saliva annegava la lingua e sommergeva i denti. Sentivo il sangue che gonfiava la carotide, tracimava nel petto, non avevo più fiato, dal naso presi tutta l'aria possibile che subito rigettai come un toro. Ripresi a correre, sentendo le mani gelide, il viso bollente, chiudendo gli occhi. Sentivo tutto quel sangue visto a terra, perso come rubinetto aperto sino a spanare la manopola, l'avevo ripreso, lo risentivo in corpo."


Altri miei post su Saviano e sulla criminalià organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
E' ora di finirla!
Povera Campania!
Il punto sull'antimafia
Segnalazione


domenica 25 gennaio 2009

Foto di classe

Mio figlio in questi giorni ha portato a casa la foto della sua classe: seconda liceo scientifico. Non è ovviamente quella che vedete sopra per motivi di riservatezza. Si tratta infatti della foto della mia classe alla sua età.
Non so perché ma quando i miei figli portano la foto della classe mi piace guardarla insieme a loro e cercare di indovinare la personalità dei suoi compagni, il ruolo che hanno all'interno della classe e magari qualche cosa delle loro famiglie.
E' un gioco che mi diverte. Talvolta ci indovino, talvolta no. E' un modo anche per conoscere di più l'ambiente nel quale essi passano una parte importante della loro giornata e del quale noi genitori sappiamo quel poco (veramente poco) che trapela dai loro racconti.
Nella foto in questione prima di tutto mi ha colpito la maggioranza numerica delle ragazze sui maschi (13 contro 7). Sarà solo un caso oppure sono caduti finalmente i pregiudizi secondo i quali le materie scientifiche sono più maschili e quelle letterarie più adatte alle donne?
Quindici-sedici anni sono gli anni dei brufoli, della produzione copiosa di sebo che unge i capelli (per fortuna ora c'è il gel a mascherare), di quell'aspetto ibrido tra il bambino e l'adulto che non rende certo giustizia delle caratteristiche fisiche di una persona. Insomma, diciamolo, gli adolescenti sono proprio bruttini, poverelli.
Per fortuna però regna il sorriso tra i compagni di mio figlio. Sembrano tutti così spensierati, tranne due ragazze che sedute in prima fila sono serissime, anzi, hanno proprio l'aria cupa. Siedono un po' distaccate fisicamente mentre tutti gli altri si abbracciano o si tengono la mano. Chissà perché queste due ragazze sono così ombrose.
Quanto a look le ragazze sono tutte uguali: tutte rigorosamente con i capelli lunghi, la riga laterale e la testa reclinata da un lato. Ci sono due gemelle che non si assomigliano per niente ed infatti mio figlio mi dice che sono molto diverse anche come carattere: una più simpatica e meno brava a scuola, una che colleziona bei voti ma anche diverse antipatie. Non è così singolare questo. Anche nella mia classe alle superiori c'erano due gemelli (che invece fisicamente si assomigliavano moltissimo) che ci tenevano a fare sempre cose diverse, a frequentare amici diversi. Tra l'altro uno dei due è stato anche il mio primo amore.
Tornando alla nostra foto, l'unica che ha un look un po' diverso è la mia preferita: una ragazza cinese, con il suo caschetto nero, gli occhiali ed un sorriso radioso. Mi piace tanto questa ragazza perché è bravissima a matematica ma riesce bene anche in tutte le altre materie. Non so come sia la sua famiglia ma ho visto che ai colloqui con i genitori accompagna la madre probabilmente per aiutarla con la lingua.
"Per forza", dice mio figlio, "non ha nient'altro da fare che studiare!". Secondo me non è vero, perché anzi la vedo sempre chiacchierare con gli altri ragazzi. Forse è solo un po' invidioso perché è una ragazza intelligente che dà le pappe a tutti loro maschi, lunghi lunghi, pelosi e brufolosi.

venerdì 23 gennaio 2009

La guerra santa di Barbero

Le crociate erano dei pellegrinaggi o delle operazioni di conquista? Come si concilia il comandamento non uccidere con il concetto di guerra santa? Come erano visti gli occidentali dai Turchi e dai Bizantini?
Sono queste le domande a cui tenta di rispondere l'impareggiabile Alessandro Barbero nelle tre conferenze che ha tenuto all'ultimo Festival della Mente di Sarzana su questo tema. Le sue lezioni sono sempre godibilissime e ricche di interessanti spunti di riflessione.
Nella prima lezione, lo storico spiega che le Crociate erano sì una specie di pellegrinaggio e un momento catartico ma anche una sorta di protocolonialismo. Accanto all'entusiasmo religioso, che comunque era presente, c'era anche l'avidità sfrenata e il desiderio di conquista più spudorato.
Nella seconda lezione, Barbero ci parla, trovando delle affinità, del concetto di guerra santa cristiana e di jihad musulmana. Interessante è il fatto che, mentre i primi cristiani rifiutavano l'uso delle armi, ed infatti erano perseguitati anche perché si rifiutavano di fare il servizio militare, con Costantino si cominciò a pensare che, se il sovrano è legittimo (cioè cristiano) e comanda una guerra, si può, con sofferenza, accettare di aiutarlo. Prima delle Crociate però la guerra rimane una dolorosa necessità per i cristiani. S.Agostino diceva: "si fa la guerra per raggiungere la pace" e in ogni caso, una volta tornati, si facevano penitenze per purificarsi da quello che comunque era ritenuto un peccato: uccidere.
Con le Crociate invece si ha il passaggio da guerra legittima a guerra santa. Si comincia con la remissione dei peccati garantita da Urbano II a chi vi partecipa fino ad arrivare a dichiarare dei martiri coloro che vi muoiono con in mano la spada insanguinata. Non sono sicura che la Chiesa sia tornata alla cristianità delle origini su questo punto.
Nella terza lezione, il professore ci racconta le crociate viste dagli altri e sceglie dapprima la testimonianza della principessa bizantina Anna Comnena e poi quella dell'emiro turco Usama.
Molto carini questi brani che ci aiutano a capire come certi fenomeni possono essere così diversi a seconda del punto di vista. Nelle parole della principessa bizantina, figlia dell'imperatore Alessio Comneno) emerge il giudizio ambivalente che questa civiltà antica, di lingua e cultura greca, ma molto centralizzata e anche multietnica, dà di quelli che lei chiama "i barbari occidentali", che sono tanti ("più numerosi dei granelli di sabbia e delle stelle del cielo"), ambiziosi, avidi, maleducati, loquacissimi, però coraggiosi e abili a maneggiare la spada.
Anche l'emiro Usama vede questi uomini che lui chiama "Franchi" come rozzi, dagli usi incomprensibili (per esempio non sembrano affatto gelosi delle proprie donne), ma li ammira perché sono grandi guerrieri.

Sul sito del Festival della Mente sono disponibili gli audio e i video di tutte e tre le lezioni.

martedì 20 gennaio 2009

Non vedo l'ora di...

Quante cose facciamo ogni giorno per dovere! Sicuramente di più di quelle che facciamo per scelta o per piacere. Quante incombenze alle quali non possiamo sottrarci! Ci svegliamo la mattina già sapendo che dobbiamo adempiere ai nostri doveri di genitori, di mogli, di mariti, di figli, di impiegati, di contribuenti, di cittadini, ecc. Ritagliarsi del tempo per sé, per le cose che ci piacciono e che facciamo solo perché ci divertono o ci rilassano è l'operazione più ardua che ci sia. Eppure ce lo dobbiamo. Tutti noi abbiamo delle attività alle quali non vediamo l'ora di dedicarci perché ci fanno stare bene, ci rilassano, ci gratificano.
A me piace fare tante cose, ma se devo dire qual è la cosa che nel quotidiano non vedo l'ora di fare, beh, lo ammetto, è mettermi davanti al PC portatile e navigare in rete, leggere post e articoli, commentare e rispondere ai commenti.
E qual è l'attività che preferite per rilassarvi? Quella a cui ricorrete senza indugio quando vi concedete una pausa?

domenica 18 gennaio 2009

Donne che mi piacciono /1: quando il cervello spiega tutto

Mi piacciono le donne che hanno saputo farsi largo in un mondo che fa di tutto per attribuire loro un ruolo secondario e subalterno e in particolare quelle che sono riuscite ad affermarsi in campi tradizionalmente maschili. Penso che queste donne abbiano non una, ma due, tre, quattro marce in più.
Una di queste è la centenaria senatrice Rita Levi Montalcini. Pare che dorma pochissimo, lavori tutte le ore del giorno, trascorra il suo tempo nei laboratori e sui libri e che sia impossibile sorprenderla in disordine.
In effetti mi piace la sua eleganza quasi aristocratica ma soprattutto ammiro la sua pacata ragionevolezza, la semplicità del suo approccio razionale alle cose. L'ho sentita tante volte in televisione ma recentemente mi hanno colpito un paio di sue risposte durante l'intervista che a rilasciato a Concita De Gregorio per L'Unità.
Prima di tutto ha esordito dicendo: "Dovrebbe avere la gentilezza di non chiedermi di parlare di cose di cui non so. Tutt'al più ne possiamo conversare." Vi immaginate in questo paese arrogante e becero in cui tutti pontificano su tutto, anche su cose di cui non sanno un bel niente, un premio Nobel che si preoccupa per prima cosa di non parlare di argomenti sui quali non si sente preparata?
Quando le è stato chiesto cosa dire, alla luce delle sue ricerche, del fondamentalismo, del terrorismo, delle dittature ha risposto:
"Il cervello spiega tutto. Bisogna partire da qui. Il nostro modo di comportarci è più emotivo che cognitivo. Esiste un centro arcaico del cervello, limbico: non ha avuto nessuno sviluppo dall'australopiteco ad oggi, è identico. E' la sede dell'aggressività. Il cervello limbico ha salvato l'uomo quando è sceso dagli alberi. Oggi può essere la causa della sua estinzione."
L'aggressività ha sede in un cervello limbico collettivo?
"Il cervello è individuale. Ma è certo che i totalitarismi le dittature, i fondamentalismi hanno sempre fatto appello alle pulsioni arcaiche dell'uomo. Hanno puntato sulla prevalenza del sistema arcaico su quello cognitivo. L'evoluzione culturale alimenta la neocorteccia. E' per questo che l'unico vero antidoto ai sistemi totalitaristici è la cultura. La conoscenza. I fondamentalismi si servono del cervello arcaico e lo strumentalizzano. La neocorteccia, il cervello del linguaggio e della cognizione, deve prendere il comando sul cervello arcaico per controllare la fase emotiva e primitiva del comportamento."
Ecco secondo me in queste poche righe ci sta la spiegazione ultima di tanti fenomeni su cui vengono spesi fiumi di parole. Non dobbiamo certo rinnegare le nostre emozioni, anche quelle negative, anche quelle che non ci piacciono. Dobbiamo conoscere e venire a patti con la nostra aggressività. E' però il nostro cervello più evoluto che ci deve guidare.
Altrimenti tanto valeva rimanere australopitechi.

giovedì 15 gennaio 2009

Giovani rockers e nonni orgogliosi

Domenica scorsa sono andata con mio figlio rockettaro alla gara per band emergenti Firenze Cambia Musica, organizzata dal comitato elettorale di Lapo Pistelli (aspirante sindaco).
Confesso che la musica rock non mi piace affatto, ma porto volentieri mio figlio a queste manifestazioni. Deve essere bello ed emozionante per questi ragazzi fare musica insieme con gli amici e poi vincere la timidezza ed esibirsi su un palco. Lui ha appena 13 anni però gli piace molto la chitarra elettrica e chissà magari che non gli capiti di metter su una band tra qualche anno.
Siamo arrivati al Saschall che c'era ancora poca gente e siamo riusciti ad impossessarci di un paio delle poche poltroncine in fondo alla sala. Accanto a noi c'erano due signori anziani. Soprattutto lui pareva molto anziano, sull'ottantina direi. Visto il tipo di musica mi sembravano del tutto fuori luogo.
"Scommetti che sono i nonni di qualche ragazzo che suona?", faccio a mio figlio. "Che carini, però a venire a sentire il nipote! Magari detestano questo tipo di musica."
In effetti, nonostante fossimo in fondo alla sala il volume era al solito altissimo e il povero signore era costretto a coprirsi con la mano l'orecchio. Dopo un po' vediamo passare uno spilungone giovanissimo (16-17 anni) che, con distaccata nonchalance, accenna un saluto con la mano e dice loro qualcosa. Era infatti il fortunato nipote.
All'annuncio della band successiva vedo i due nonni alzarsi e andare verso il palco. Curiosa li seguo e li scorgo là, in piedi davanti al palco, investiti da una insostenibile montagna di decibel, lui con il suo bastone e un sorriso estasiato, lei che batteva il tempo con il piede, lo sguardo fisso verso quel bassista spilungone e riccioluto che nascondeva l'emozione nella sua Tshirt con le maniche arrotolate.
Che tenerezza! E anche un po' invidia perché non credo che riuscirei mai a trascinare i miei genitori o i miei suoceri in una situazione così.
Evviva i bassisti in erba e i loro nonni orgogliosi!

martedì 13 gennaio 2009

USA vs Italia: 3 a 3


Divertente botta e risposta tra due giornalisti che si conoscono da anni su un argomento interessante ma trattato in modo leggero, senza nessuna ambizione di studio sociologico approfondito. Simpatica puntata di Le Storie - Diario Italiano (25 min). Ospite: Vittorio Zucconi . Tema: gli Stati Uniti, le ragioni per cui possiamo amare oppure odiare questo paese quasi con la stessa intensità, il confronto con la nostra vecchia Italia. Lo spunto è dato dalla vittoria di Obama e dal libro di Zucconi "L'aquila e il pollo fritto".

Secondo Zucconi il carburante degli Stati Uniti è sempre stato il sogno Obama ha avuto il merito di rimettere in moto l'idea che domani sarà meglio di oggi. Pensando a quanto siamo delusi e demotivati noi in questo periodo, su questo punto direi: 1 a 0 per gli USA.

Zucconi nel libro racconta di aver incontrato al cinema una signora grassa con le infradito accanto ai figli obesi che si ingozzavano di popcorn inzuppato nel burro. Aggiunge però che qualche anno dopo ha incontrato purtroppo lo stesso tipo di famiglia in Italia. Io però non sono convinta che gli Italiani seguano molto questo trend americano. In Italia il culto della buona tavola (nonostante la pubblicità) resiste e la qualità delle materie prime alimentari sono una delle nostre ricchezze, anche se forse devono essere sempre più difese (vedi post Il giusto prezzo del cibo) . Qui direi che siamo 1 a 1.

Secondo Zucconi noi scimmiottiamo le cose peggiori degli USA e non quelle migliori. Per esempio, un senatore repubblicano che ha avuto una condanna per falsa testimonianza si è voluto presentare lo stesso alle elezioni ed ha perso clamorosamente in Alaska, stato di grande tradizione repubblicana. In USA infatti non c'è mai stato in parlamento un deputato o un senatore con condanne penali. Su questo punto, ahimè, non abbiamo speranze: 2 a 1.

C'è un campo in cui l'Italia è di gran lunga migliore degli Stati Uniti. Zucconi scrive nel suo libro che la morale americana del consumo è la seguente: "mangia come un porco, ammalati, prendi le pillole del miracolo e la chirurgia, a condizione di pagare 2600 dollari al mese di assicurazione sanitaria privata, fino al raggiungimento dell'età nella quale non ti assicura più nessuno e ti affidano all'assistenza pubblica che rifiuta le terapie più costose". Negli USA la prima causa di bancarotta individuale sono i conti medici. 2 a 2

Nella puntata si parla poi di un giovane e bravo chirurgo italiano che, trovando la strada sbarrata dai soliti raccomandati negli ospedali pisani, è andato ad operare all'estero ed è diventato recentemente famoso per un riuscitissimo trapianto di trachea senza rigetto. Gli ospedali americani sono pieni di medici e ricercatori italiani. In Italia permane la gerontocrazia, mentre in USA hanno un presidente di 47 anni. 3 a 2

Si passa poi a parlare della strage di Colombine e delle armi facili in USA. Secondo Zucconi gli USA non affondano le proprie radici sulla Bibbia ma sul fucile. E qui l'Italia, secondo me, guadagna il pareggio : 3 a 3

Tempi supplementari?

domenica 11 gennaio 2009

E due!

Tutti quelli che aprono un blog si chiedono inevitabilmente: "Quanto durerò?", "Quanto tempo prima di stancarmi, esaurire le idee, disamorarmi del giocattolo?" "Riuscirò a trovare il tempo, ad essere costante?" In effetti neanch'io avrei pensato mai di arrivare al secondo compleanno, 287 post, una quindicina di commenti in media, tante belle persone conosciute attraverso di esso (36 blog di amici a cui sono abbonata, più altri frequentati più saltuariamente). Mi piacerebbe ringraziarli e salutarli citandoli uno ad uno ma ho paura di dimenticarmene qualcuno che giustamente ci rimarrebbe male. Se non ci fossero loro, lo dico chiaramente, non ci sarebbe divertimento. Hai voglia a dire scrivo per sfogarmi, scrivo perché mi è sempre piaciuto farlo, scrivo perché mi tengo in esercizio, scrivo perché mi aiuta a riflettere, a rielaborare ciò che mi accade, a sfogare le mie ansie, le mie arrabbiature, i miei desideri, le mie soddisfazioni. Sì, questo è tutto vero ma senza lettori e soprattutto senza commentatori, il giochino non funzionerebbe e avrebbe vita breve.
Grazie quindi ancora una volta a tutti voi.
Non ho simpatia per le ricorrenze ma approfitto di questo secondo compleanno per una riflessione critica, che poi in realtà gira sempre intorno alla domanda del mio primo post. Da un po' di tempo trovo tra gli amici blogger un po' di stanchezza, un po' di latitanza e di frettolosità nei commenti (non solo al mio blog, ben inteso). Penso che questo sia dovuto al fatto che ormai per tutti noi i contatti sono tanti, sempre di più, e con dispiacere spesso si è costretti ad essere superficiali nella lettura dei post, soprattutto quelli più lunghi e quelli di contenuto più impegnativo, così come nell'ascoltare gli audio e visualizzare i video proposti. Niente di male, per carità. Ci sono tante cose più belle e più importanti da fare che leggere i post. Però mi chiedo se questa trascuratezza non svuoti di senso il fatto di tenere un blog, cioè un diario pubblico commentabile. Per essere più chiara: talvolta scrivo un post e penso a determinati amici blogger confidando che l'argomento stimoli in loro una certa di discussione, magari anche delle critiche, e poi invece non ricevo da essi commenti oppure ricevo commenti "en passant". E' un po' un peccato, secondo me. Non che pretenda di proporre chissà quali argomenti originali ed interessanti, però sinceramente così non mi diverto un granché. Qualcuno mi ha detto che non commenta perché scrivo post "esaustivi". Ecco io non voglio essere esaustiva, io voglio provocare i vostri pareri e le vostre riflessioni sui vari argomenti anche se capisco che ci vuole più tempo a disposizione e più fatica. E il tempo e l'energia, lo so perfettamente, sono beni assai preziosi.

Mi piacerebbe sapere se anche gli altri blogger hanno la stessa mia impressione o se ricevono più o meno sempre il feed back che si aspettano.

D'altra parte, come scrive il buon Heike, il miglior blog in assoluto è questo qua. ;-)

mercoledì 7 gennaio 2009

Le chiavi sulla porta


Quando vado in vacanza in Lunigiana noto con piacere che in quei piccoli borghi si usa ancora lasciare durante il giorno le chiavi sulla porta. In questi piccoli paesi in genere non c'è nulla, al massimo un bar che fa anche da alimentari, emporio, ecc., e tutti si conoscono . La strada allora non è "altro" rispetto alla propria casa ma è un luogo che fa parte della comunità.
Qui si va a casa degli altri senza prima dover telefonare per sapere se è il caso e se non si disturba, come succede in città. A casa mia a Firenze suonano il campanello solo gli amici di mio figlio e i venditori porta a porta o i Testimoni di Geova. Mai che qualcuno venga a trovarci così, spontaneamente, a sorpresa.
In ufficio dobbiamo passare un badge (oltre a quello per registrare l'orario) solo per entrare e per uscire, proprio per aprire la porta. Generalmente si chiude a chiave la stanza anche per arrivare al piano di sotto a prendere un caffè alla macchinetta.
Ma perché dobbiamo essere ridotti così? Perché non possiamo lasciare anche noi le chiavi sulla porta? Sogno un mondo dove non c'è bisogno di chiavi, di codici segreti, di password. Dove tutti si fidano di tutti perché sanno che non conviene a nessuno tradire la fiducia.


martedì 6 gennaio 2009

Segnalazione

Da lunedi' 29 dicembre a venerdi' 9 gennaio, dalle 23.30 alle 00.00 Radio 3 Rai: "Fantasmi - Napoli: dentro il vulcano" di Roberto Saviano. Il ciclo in dieci puntate in cui Roberto Saviano racconta le sue indagini su Napoli, cartina tornasole di un sistema economico che coinvolge tutta l'Italia. Il ciclo radiofonico e' un viaggio attraverso i maggiori sistemi dell'economia del sud e non solo: il tessile, l'edilizia, il mercato delle armi, le discariche. Come gia' nel romanzo "Gomorra", il viaggio riguarda lo sfruttamento non solo delle merci ma anche degli uomini: dei ragazzini, nuovi arruolati della camorra o coinvolti nel lavoro delle discariche, il ruolo delle donne, imprenditrici oggi ma anche vittime involontarie della camorra, e nell'immaginario sociale e cinematrografico che muove desideri e interessi. Attraverso la musica, le parole e la voce di tre gruppi napoletani, Co'sang, A67 e Kosanost, lo scrittore descrive la Napoli di oggi, citta' punto d'osservazione, ferita aperta dalla quale poter osservare l'intero sistema economico italiano.

ELENCO PUNTATE:

1. La musica racconta Napoli: co'sang, A167, kosanost.
2. Viaggio nelle nuove geografie del tessile: geografia e odore delle merci.
3. Cemento, viaggio nella nuova edilizia: i treni dal sud a nord.
4. Il mercato delle armi: Kalashnikov.
5. Le discariche.
6. Donne: le donne manager e le donne vittime di camorra.
7. Scampia: il mondo salvato dai ragazzini
8. Il cinema e la camorra: l'immagine criminale alimentata dal cinema.
9. Secondigliano: mercato della droga.
10. Scrivere le cose.

Purtroppo l'ho scoperto solo adesso ma qui ci sono le prime cinque puntante scaricabili in podcast. Presumo e spero che pubblicheranno anche le altre.

Perchè questo tipo di trasmissioni vanno in onda a notte fonda e non vengono pubblicizzate per niente?

lunedì 5 gennaio 2009

Il giusto prezzo del cibo

In questi giorni di festa mi sono messa in pari con i video scaricati ma che non avevo ancora avuto tempo di vedere. Mi è piaciuta molto la puntata di Report del 30 novembre dal titolo "Il piatto è servito" nella quale si è di nuovo tornati a trattare uno dei temi che mi stanno molto a cuore: il prezzo del cibo e il suo costo in termini di sfruttamento della terra e delle persone.
L'ottimo servizio di Michele Buono e Piero Riccardi parte da una scatola di pelati di quelle con cui si fa il sugo e che costa intorno ai 50 centesimi e arriva a chi i pomodori li produce e li raccoglie. Sono mostrate le condizioni degli extracomunitari che raccolgono i pomodori lavorando dalle 6 del mattino alle 6 di sera per 20 euro, dormendo in terra nei casolari abbandonati. L'unico proprietario terriero che ha accettato di essere intervistato ci racconta di come è costretto a dare sempre più dopanti chimici perché i terreni sono stanchi e non riescono a produrre abbastanza per rientrare nei costi. Si apprende che il prezzo dei prodotti agricoli non lo fanno mai i produttori ma le centrali di acquisto che, per strappare il prezzo più basso possibile (tipo 10 centesimi al kilo per i pomodori), rendono irrisori i guadagni dei produttori.
Si passa poi a scoprire che il prezzo di vendita del parmigiano nella grande distribuzione è così basso che il produttore, che deve rispettare dei rigorosi criteri di qualità (latte appena munto, niente conservanti, ecc.), non ce la fa a rientrare nelle spese. Ci vogliono 16 litri di latte e 24 mesi di stagionatura per fare un kilo di parmigiano dal quale riescono al massimo a ricavare 7 euro e 30.
Che senso ha questo sistema produttivo-distributivo del cibo? Finiremo per avere un cibo di qualità ma di alto costo destinato a chi se lo può permettere ed un cibo di scarsa qualità per il resto delle persone.
Mi ha colpito questa citazione di Justus von Liebig, il chimico tedesco che a metà dell'800 introdusse la chimica in agricoltura: "Confesso volentieri che l'impiego di concimi chimici era fondato su principi che non esistono nella realtà. Questi concimi dovevano condurre ad una rivoluzione totale dell'agricoltura. Il concime di stalla doveva essere completamente abbandonato, e le sostanze minerali asportate dalle coltivazioni dovevano essere sostituite con concimi minerali. Il concime avrebbe permesso di coltivare sullo stesso campo, con continuità ed in modo inesauribile, sempre la stessa pianta. Nella mia cecità, ho creduto che nella meravigliosa catena delle leggi che uniscono la vita alla superficie della terra, ci fosse un anello mancante che io potevo rimpiazzare."
Per fortuna la puntata termina con due buoni esempi. Nelle mense di 740 scuole il Comune di Roma ha previsto per capitolato che tutto debba essere biologico e prodotto il più vicino possibile, frutta e verdura di stagione (non a caso dal 2001 non c'è stata più una tossinfezione). Inoltre, da quando si usano piatti di porcellana, posate di metallo e bicchieri di vetro sono sparite nove tonnellate di rifiuti di plastica al giorno. L'altro buon esempio è l'Ospedale di Asti dove pure utilizzano prodotti freschi (non surgelati) provenienti da 40 produttori locali riuniti in cooperativa dalla Coldiretti, rigorosamente di stagione e biologici. Il pasto singolo costa 1 euro in più rispetto a prima ma i giorni di degenza sono diminuiti perché, come dimostrano alcuni studi, la malnutrizione abbassa le difese immunitarie e rende più cagionevoli alle infezioni.

venerdì 2 gennaio 2009

Eppure sarebbe tanto semplice

Sognare è legittimo e fa anche bene. E allora continuiamo a sognare ancora un po'. Ci sarà tempo per il risveglio.
All Human Right for All, sguardi del cinema italiano sui diritti umani, è un film collettivo: 30 cortometraggi di 30 registi italiani, uno per ogni articolo della Carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il film è stato proiettato già i primi di dicembre a Roma ed è andato in onda su RaiInternational online il 26 dicembre.
Per il momento ho visto solo il cortometraggio di Daniele Luchetti che si intitola "Art.15 La lettera". Il corto immagina una mattina qualunque in una casa affollatissima di extracomunitari che si svegliano e ascoltano il GR1 mentre fanno colazione. La notizia trasmessa parrebbe inizialmente la solita: "caccia all'immigrato da parte delle forze dell'ordine ..." Ma ecco il colpo di scena. Il governo ha deciso con una sterzata di 180 gradi di cambiare totalmente le leggi sull'immigrazione: una volta identificati agli immigrati verrà data la cittadinanza italiana. Ed infatti, mentre ascoltano increduli questa notizia, i nostri protagonisti ricevono una lettera personale dal capo del governo con un assegno di risarcimento. Raccontandolo così non si rende la bellezza di questo cortometraggio. Vi consiglio davvero di vederlo. E' il primo della seconda parte del film.
Io l'ho già visto due o tre volte e tutte le volte mi viene un nodo alla gola.
Per chi non può vedere il video, un piccolo assaggio, il testo della lettera:

E' il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano che ti scrive. Conosciamo la tua storia personale di sofferenza e di sacrificio. Sappiamo che sei venuto in Italia spinto dalla povertà e siamo in grado di capirti perché anche i nostri nonni fecero la nostra dolorosa scelta.
E' per questo che il governo ti offre di diventare cittadino italiano senza alcuna procedura burocratica. In cambio ti chiediamo solo, come ad ogni altro cittadino italiano, di rispettare le leggi e di partecipare alla vita civile della nostra comunità senza rinnegare le tue credenze politiche e religiose. Ti preghiamo di lavorare per la tua felicità, per il benessere economico tuo e dei figli che avrai i quali, dalla nascita, saranno a pieno titolo cittadini del nostro paese.

Ti facciamo le nostre scuse ufficiali per quello che tu e gli altri immigrati avete patito a causa di leggi sbagliate, di sospetti, di paura del diverso ma anche a causa di cittadini italiani ai quali è convenuto essere disonesti per trarne un vantaggio economico. Non accadrà più. Non lo consentiremo più. Non permetteremo che un essere umano ne sfrutti un altro nel nostro paese.
Troverai allegato a questa lettera un assegno di risarcimento per i torti subiti e un mio contributo personale alla tua crescita economica e alla tua tranquillità. Che questo denaro possa aiutarti a crescere onestamente e a sentirti più rapidamente sulla strada della completa integrazione.
Benvenuto in Italia,
Silvio Berlusconi

Eppure sarebbe tanto semplice...