mercoledì 29 aprile 2009

E' di moda il viola

Vi sarete accorti passando davanti alla vetrina di una boutique o tra le bancarelle di un mercatino di quanto sia monocromatica anche quest'anno la moda: il viola imperversa, dalle magliette, alle felpe, agli zainetti, alle cinture. Ci chiedevamo con mio marito da chi e quando vengono decise queste mode. Chi sono i manovratori che pilotano il gusto? Voi avete un'idea?
Intanto però sabato scorso, durente un'escursione nel Parco Culturale della Memoria sul Monte Giovi, mi sono chiesta:

è la moda che si ispira alla natura,

o è la natura che...

...segue la moda?


lunedì 27 aprile 2009

Ci sono ragazze che ... /2

Al contrario di quella dei minori migranti, l'infanzia e l'adolescenza nei paesi industrializzati occidentali è un periodo dorato, nel senso che i nostri ragazzi, nella maggior parte dei casi e per fortuna, hanno tutto: affetto, attenzione, istruzione, una casa, nutrizione a sufficienza, possibilità di giocare e socializzare con i coetanei, cure mediche, stimoli culturali, ecc. E' giusto che sia così. Ma i nostri ragazzi purtroppo sono oggetto di attenzione anche del mercato come abbiamo visto anche in questo post.
Sarà una mia personale impressione di madre di figli maschi, ma credo che le bambine e le ragazze siano più tartassate dai modelli imposti dal mercato che le portano ad essere adolescenti precoci, Lolite troppo in erba chiamate a far parte del coro delle aspiranti veline, modelle, ballerine, fidanzate di calciatori. L'interessante puntata di Fahrenheit Radio 3 che, partendo da un allarme lanciato dall'associazione "Liber" tramite un seminario dal titolo "Ombelico generation", ha denunciato il fatto che anche la letteratura per l'infanzia si sta adeguando a questi modelli femminili "commerciali".
Secondo Loredana Lipperini, autrice di "Ancora dalla parte delle bambine", il problema non è tanto nella televisione quanto nella scuola e cita l'indagine che una giovane sociologa ha fatto sui libri di testo delle elementari. Dall'indagine è emerso che anche in questi libri il modello suggerito è quello di una femminilità leziosa, fragile, vanitosa ma anche piccina, invidiosa, pronta a farsi branco. La maggior parte delle donne adulte viene rappresentata o mentre si trucca o mentre si veste o mentre sfaccenda in casa o mentre sale su uno sgabello perché c'è un topo. Questi sono i modelli che vengono proposti alle bambine insieme ai programmi televisivi ed insieme anche ai libri che si legano a quei programmi.
Non so a voi ma a me sono venuti i brividi leggendo l'articolo di Massimo Gramellini su La Stampa dove si racconta di una maestra di terza elementare che ha indetto un concorso tra i bambini per eleggere la più bella della classe.
Loredana Lipperini sottolinea che, accanto alla scarsa qualità dei modelli, c'è anche la precocizzazione. Oggi si comincia ad essere legati a stili adolescenziali verso i dieci anni. Il target di alcuni cartoni per bambine con femminilità molto scosciata, ma anche molto stupida, sono le bambine di cinque anni. Il merchandising dedicato alle bambine di quell'età non è più fatto di bambole ma di cosmetici. Ciò si lega a quanto abbiamo visto in questo post a proposito del libro di Anna Oliviero Ferraris "La sindrome di Lolita".
Come si può pensare che anche la letteratura per l'infanzia non attui, per questioni di mercato, una rincorsa scellerata a questi modelli?

sabato 25 aprile 2009

venerdì 24 aprile 2009

Momento di pace

Ore 18:30
Momento di pace strappato alla corsa degli impegni. Per uno strano fenomeno nel giorno di permesso per la donazione di sangue si condensano tante di quelle cose da fare che alla fine la giornata risulta essere assai più faticosa di quelle lavorative. Colloqui con i professori, pratiche burocratiche, acquisti particolari, lavatrici, parrucchiere, risentire i verbi irregolari a mio figlio, portare a riparare la bici. Altro che giorno di riposo!
Così adesso, mentre sto aspettando l'inizio della partita di mio figlio, mi godo questi ultimi raggi di sole del pomeriggio. Adocchiato un sentierino che oltrepassa l'argine dell'Arno, sono sgattaiolata qui sulla sponda sabbiosa, meta domenicale di pescatori le cui tracce si notano ancora nel fango.
Il fiume scorre lento e torbido ai miei piedi, gli uccelli cinguettano, fischiano, trillano, tubano, chioccolano, una rana gracida, il vento fa frusciare le foglie di maestosi alberoni. Sull'altra sponda vedo ciclisti e corridori percorrere la stradella bianca. Più in là la ferrovia ed oltre il quartiere popolare delle Piagge. Sull'acqua liscia ogni tanto si formano dei cerchietti: qualche pesce che sale in superficie per mangiare un insetto. Un insolito verso richiama la mia attenzione: una coppia di anatre passa volando sopra la mia testa.
Che pace!
Sento il fischio dell'arbitro. Devo andare. Peccato.

mercoledì 22 aprile 2009

Italia dall'estero

E' sorprendente leggere le notizie che riguardano il nostro paese su un giornale estero. Avevo da tempo sentito parlare di questo blog Italia dall'estero, che probabilmente molti di voi conoscono già, e più o meno mi immaginavo cosa potessero scrivere sull'Italia ma francamente sono rimasta ugualmente sorpresa. Al di là dei fatti che qui passano abbastanza sotto silenzio ed invece vengono riportati sulla stampa estera, sono rimasta sconcertata per la chiarezza con cui vengono raccontate le cose, per il linguaggio diretto che i nostri media sembrano aver dimenticato. E questo non solo su giornali famosi che spesso vengono additati come "comunisti" dal nostro premier, come The Economist, ma anche su sconosciute e insospettabili testate svizzere, polacche, greche, australiane, canadesi, messicane, irlandesi.
Faccio solo alcuni esempi tra i tanti reperibili sul blog Italia dall'estero.

Pilar Garces su Diario de Mallorca scriveva sul caso Englaro:
"La sera in cui Eluana moriva, i politici litigavano come gatti cercando di portar avanti, con urgenza, una legge che la attaccasse per sempre alla macchina, un testo irrazionale, che poi è stato ritirato perché spaventoso, persino per i medici ultraconservatori.
Quella stessa sera, la maggioranza degli italiani sceglieva in televisione tra i programmi sul caso di Eluana e il Grande Fratello. Ha vinto quest’ultimo, trasmesso in uno dei canali di Berlusconi. L’audience ha preferito la finzione più dolce e inutile, convenientemente impacchettata e pronta per essere consumata. L’altra finzione, la ragazza mora esultante che in qualsiasi momento si sarebbe alzata dal letto, era troppo difficile da mandar giù.
La Chiesa cattolica, non voleva perdere una partita sul suo campo. Magari si fosse mostrata così belligerante quando venivano bombardate case piene di bambini a Gaza o quando il governo perseguita gli immigrati che scappano dalla fame a due passi dai suoi templi. Dimenticando uno dei principi più belli della sua religione, la compassione per la sofferenza del prossimo, i fedeli hanno montato decine di altarini con la foto della bella ragazza che non esisteva più. Dimenticando anche che Gesù Cristo ebbe la possibilità di scappare ma, avvalendosi della sua libertà personale, preferì seguire il suo cammino, quello di una morte certa."

E ancora Stefan Troendle sul Tagesschau (Il caso Englaro dimostra la pericolosità di Berlusconi):
"Silvio Berlusconi all’estero viene spesso sottovalutato, come “un pazzo che non va preso sul serio”, che cerca solamente di attirare l’attenzione con le sue ripetute uscite. Io credo che questo sia un grande errore. Sorridere e fare educatamente finta di niente davanti a questo o a quel passo falso è proprio la strategia diplomatica più sbagliata. Quest’uomo va preso sul serio, bisogna tenerlo d’occhio, bisogna criticarlo. E non dimentichiamo che quest’anno l’Italia ha la presidenza del G8.
Quel che fa più male: nel caso Eluana il comportamento di Berlusconi è stato sostenuto, se non addirittura ispirato, dalla Chiesa cattolica. Ovviamente la Chiesa si batte contro ogni forma di eutanasia - questo è sacrosanto. Ma che nel farlo stringa anche alleanze con Berlusconi, invece di criticarlo apertamente per la sua politica pericolosa, è un vero peccato.
In occasione del vertice italo-tedesco di Trieste il Presidente del Consiglio italiano si è nascosto dietro una colonna e è sbucato facendo allegramente cucù all’arrivo della cancelliera tedesca. Purtroppo molti italiani non hanno ancora capito che razza di tipo abbiano effettivamente eletto."

Dalla Svezia Kristina Kappelin scrive sul Journalisten:
"Ma che cos’è, insomma, che rende il festival di Sanremo simile all’Italia? In primo luogo l’inverosimile miscela di banale e sublime, unita all’incapacità di essere ”moderni”. Per esempio, al festival sono sempre presenti una o due belle e giovani donne che fanno parte della scenografia, una sorte di delizia per gli occhi. Possibilmente una mora e una bionda. La grande novità dell’anno era che una di queste bellezze era stata sostituita da un fotomodello. Questa sì che è avanguardia! Le battute politicamente scorrette sono un altro ingrediente imprescindibile del festival di Sanremo, del tutto in linea con il comportamento del capo del governo ai summit internazionali."

All'indomani del congresso di fondazione del Partito della Libertà, Mads Frese sul danese Information.dk (Il principe d’Italia) scrive:
"Il congresso di fondazione di Roma è stato pensato come una cerimonia con al centro il fattore X di Berlusconi – uno show, che ricorda soprattutto la cultura politica di paesi come Cuba e Corea del Nord....
Silvio Berlusconi ha elencato i valori del nuovo partito: libertà, democrazia, modernità, meritocrazia, giustizia sociale, identità nazionale e costituzione (Berlusconi si è però riferito alla costituzione italiana solo dopo aver nominato il Papa).
...
Ma nel suo discorso durato 90 minuti non ha trovato nessun motivo valido per nominare uno dei concetti centrali della democrazia: la tripartizione dei poteri.
Non c’è stato un solo riferimento alle istanze di controllo della democrazia, ma solo molte vaghe parole sul decisionismo e sul mandato popolare di Berlusconi. Il concetto di libertà è stato sventolato come un conflitto tra cittadino e stato, come se la politica si dovesse concretizzare nella figura del principe, dopo che Berlusconi abbia completato la sua ”rivoluzione liberale, borghese, popolare, moderata e interclassista”.
Una cosa però è certa: è la democrazia ad essere in gioco nel cuore dell’Europa."

Non è che la stampa estera sia tenera nemmeno con la sinistra come vediamo da questo articolo di Miguel Mora su El Pais:
"All’opposizione, il promettente PD di due anni fa si è rivelato una mera comparsa. Senza ambizioni, senza energia, senza capacità di influire, si direbbe che le uniche cose per cui ha spiccato siano state la propria divisione interna e i casi di corruzione comunale-provinciale-regionale, con in testa Napoli e il megascandalo del costruttore Alfredo Romeo (17 imputati). È la cosiddetta questione morale: arresti, inchieste, clientelismo…Bari, Sardegna, Pescara, Basilicata. Come se di colpo il PD, rara amalgama tra ex democristiani ed ex comunisti, avesse recuperato le vecchie abitudini della Democrazia Cristiana. A parte questo, c’è poco da raccontare: scarse idee sull’immigrazione, ancor meno proposte per uscire dalla crisi economica, nessuna notizia del promesso cambio generazionale e via libera senza opporre resistenza al Lodo Alfano, la cosiddetta legge salva-Berlusconi. Dopo vari mesi di inattività, il “Governo ombra della sinistra ombra”, come si incomincia a conoscere in Italia, è caduto nei sondaggi al 25%..."

Molti giornali stranieri, anche i più impensabili, hanno evidenziato le gaffe del nostro premier compresa quella che ha sparato sui terremotati e che in Italia è stata riportata solo da un giornale. Berlusconi pare abbia detto all’emittente televisiva tedesca N-TV che i terremotati "hanno tutto ciò di cui hanno bisogno. Hanno assistenza medica, pasti caldi… naturalmente, la loro sistemazione è un pochino temporanea, ma dovrebbero vederla come se fosse un fine settimana in campeggio.” Questa gaffe è stata riportata, oltre che dall'impietoso Times e dal francese Le Figaro, persino dall'australiano The age, dal canadese La Presse, dal messicano La Jornada.

Non so che effetto fa a voi, ma a me che mi sento spesso estranea nel mio paese, sicuramente in minoranza, attaccata a valori "vecchi e obsoleti", leggere le lucide analisi dei corrispondenti stranieri da un lato mi fa vergognare mentre dall'altro mi rinfranca, anche perché non mi pare di cogliere in loro disprezzo, semmai addolorato stupore per "Una terra per i cui doni ho sempre sentito gratitudine" per usare le parole di Maruja Torres nel suo “Italia nostra” su El Pais.


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Altri estratti da Italia dall'estero che consiglio però di leggere integralemente:

Berlusconi riesce sempre a cavarsela
[Eric Arends su de Volkskrant]
Sorprendente come i cittadini e i media accettino in massa le sue bugie
Da corrispondente in Italia mi sento spesso come Keanu Reeves nel film The Matrix, o Jim Carrey nel Truman Show. È una sensazione spaventosa: vivere e lavorare in una democrazia dell’Europa Occidentale che fu tra i fondatori dell’Unione Europea e fa parte di prominenti forum internazionali come il G8, e ciò nonostante sentirsi come i personaggi che lottano in angosciosi film su illusione e realtà.
Ma l’Italia di Silvio Berlusconi ne dà tutto il motivo. Quindici anni dopo l’ingresso di Berlusconi nella politica italiana, il paese si allontana sempre più dai valori democratici essenziali.

Sempre più a fondo
[Alexandre Stille sul Süddeutsche Zeitung]
"La situazione della nazione e’ disastrosa, la politica e’ corrotta, l’economia e’ agli sgoccioli. E l’unico che avrebbe il potere di fare qualcosa al riguardo è il capo del governo. Ma a lui interessa solo la sua ricchezza. Italia, che cosa sei diventata?"
"Si tratta di uno dei più strani e insoliti fenomeni politici dei nostri giorni: da 14 anni, l’Italia è stata quasi ininterrottamente governata da un capriccioso miliardario con 17 procedimenti penali sulle spalle e che nonostante ciò ha ancora il supporto di una grande maggioranza degli italiani. Berlusconi all’estero può apparire come un pagliaccio, tuttavia la sua popolarità nel suo paese e’ superata solo dal suo narcisismo."

Silvio Berlusconi riscrive la storia
[Miguel Mora su El Pais]
Dopo l’era di Mani Pulite, nel 1994 il Cavaliere vinse le elezioni, ma durò solo pochi mesi al Governo. Dopo venne la “traversata del deserto”, decine di processi contro di lui, le sue imprese ed i suoi collaboratori. Berlusconi se l’è sempre cavata, qualche volta assolto, altre volte grazie alla prescrizione, altre per amnistia, altre ancora perché il reato contestatogli aveva smesso di essere tale grazie ad una legge approvata da lui stesso.
Oggi, niente di tutto ciò importa più. Alla maggioranza degli italiani il conflitto di interessi non importa nulla. Il Cavaliere non ha parlato dei suoi trascorsi giudiziari nel suo discorso, salvo per far cenno alla “magistratura comunista”. Padrone di un impero finanziario, mediatico, editoriale, calcistico e cinematografico, Berlusconi si sente immune. Per una ragione. Governa senza opposizione.

La fusione dà più potere a Berlusconi
[Peter Loewe su Dagens Nyhetere]
Viene da chiedersi come ciò possa avvenire [Berlusconi al Quirinale]. Con un’altra legge su misura o qualcosa che assomigli ad un piccolo colpo di stato? Berlusconi, grazie al suo ministro della giustizia, è riuscito a fermare una pesante accusa di corruzione. La legge che lo protegge dice che dev’essere a disposizione della giustizia quando il suo mandato scadrà – sempre nel 2013.
Manca però ancora tanto tempo, e le conseguenze sono devastanti per l’Italia, che qualcuno ha definito una ”democratura”. In superficie tutto continua come al solito, ma intanto la democrazia viene sistematicamente svuotata di contenuto. Berlusconi governa, l’opposizione tace, e tace anche il suo ex alleato di coalizione Fini, che silenziosamente fa approvare ogni decisione.

Italia: l’ombra del fascismo
[Guardian]
A differenza della Germania postbellica, l’Italia del dopoguerra non ha mai fatto i conti con la propria eredità fascista. Il risultato è che mentre in Germania il neofascismo non è mai riaffiorato seriamente, in Italia ci sono stati importanti segni di continuità, tra cui leggi e funzionari ereditati dall’era Mussolini e la rifondazione postbellica del rinominato partito fascista, a dispetto di una cultura pubblica in principio anti-fascista. Queste continuità stanno diventando più forti proprio ora. È un giorno di vergogna per l’Italia.
...
Nonostante le sue lontane origini liberali, l’Italia moderna è storicamente un paese di destra. Eppure, è sconvolgente pensare che tra i 20 capi mondiali che si incontreranno questa settimana al vertice sull’economia a Londra ci sarà un capo di Stato che ha ricostruito oggi la propria base politica sulle fondamenta gettate dai fascisti e che afferma che è probabile che come risultato la destra resterà al potere per generazioni.


La regina fa fare brutta figura a Silvio Berlusconi - Ma come diavolo è finito al comando di un così grande Paese?

[Iain Martin sul Telegraph]
L’Italia è talmente un bel Paese, perché continua imperterrita a ritrovarsi governata da questo uomo? La nazione che ci ha dato i Romani, la Peroni, la pasta, il parmigiano, il Rinascimento, la Galleria degli Uffizi a Firenze, Gina Lollobrigida, Gucci e la Ferrari, ha anche lottato per poter fare un appropriato uso di questo business della democrazia. E’ forse perché la nazione nella sua forma attuale è una costruzione relativamente recente? Può darsi.
Qualunque sia la ragione, gli Italiani sono finiti troppe volte con Berlusconi al potere perché possa continuare a considerarsi un incidente.
Il suo dominio è forse il riflesso su questo dato di fatto, ovvero che la vita e la cultura italiana funzionano, nel modo più inaspettato, in parte perché la vita pubblica è caotica e poco seria? In effetti, forse ciò si adatta perfettamente agli italiani perché significa che possono evitarsi il fastidio di prendere sul serio la vicende nazionali e concentrarsi invece sulla famiglia, sugli amici e sul proprio vicinato, sulla propria città od al massimo regione? Hmmm…non saprei dire.
O continua a vincere semplicemente perché possiede la maggioranza delle stazioni televisive italiane? Piuttosto probabile.

domenica 19 aprile 2009

Ci sono ragazzi che... /1

Alcune puntate di Fahrenheit (l'eccellente programma di Radio 3) che ho sentito ultimamente mi hanno fatto riflettere su quanto può essere diversa la sorte di un ragazzo o di un bambino a seconda del semplice fatto di nascere in un posto o in un altro, ma anche di un genere o di un altro. E' una banale conclusione ma andando sullo specifico forse si può scoprire qualcosa che prima non era noto.
Tra i migranti che arrivano in Italia, per esempio, ve ne sono alcuni molto giovani: adolescenti che noi potremmo chiamare "bambini" ma che viaggiano da soli. Arrivano dall'Afganistan attaccati sotto i TIR (come il tredicenne trovato morto tempo fa a Mestre) oppure da Patrasso attraversando il mare tra la Turchia e la Grecia (come racconta un bel servizio di Andrea Nicastro, inviato del Corriere della Sera). Minori Non Accompagnati è il freddo nome burocratico che viene loro dato. Per noi che abbiamo timore a mandare i nostri figli a scuola da soli è difficile immaginare un loro coetaneo in viaggio da solo per il mondo.
Nicastri racconta: "Quando un ragazzo decide di partire dal suo villaggio di fango in Afganistan e di andare in Europa ha in mente un mondo scintillante dove tutti mangiano, una vaga idea basata sui racconti dei parenti accolti magari in Norvegia o in Gran Bretagna." L'obiettivo spesso sono i paesi nordici dove le politiche di accoglienza sono migliori che da noi.
Per la legge italiana comunque un minore non può venire espulso anche se spesso identificare l'età del ragazzo non è facile.
Perché questi ragazzi si mettono in viaggio? Cosa li spinge? Secondo Nicastro spesso la scelta cade sul figlio cadetto, quello che non può ereditare nulla della famiglia, il figlio maschio che è di troppo e che viene invogliato a partire per fare fortuna e possibilmente mandare qualcosa alla famiglia. Vi sono poi ragazzi orfani o con famiglie destrutturate. Per esempio ragazzini che erano con la famiglia in Iran, successivamente deportati in Afganistan e quando sono riusciti a ritornare in Iran illegalmente non l'hanno più trovata. Vi sono quelli il cui padre è scomparso e la madre si è risposata e non li ha voluti portare nella nuova famiglia.
Per pagarsi il viaggio c'è chi vende tutto quello che ha ma ci sono anche ragazzini che si guadagnano il necessario con la prostituzione.
Di questo parla anche Valerio Neri di Save the Children in un'altra puntata di Fahrenheit dedicata agli arrivi a Lampedusa. Sui 30.000 arrivi del 2008, l'8% sono minori di 18 anni. Di questi 80% maschi e il resto femmine. La gran parte arrivano da soli, per esempio dal Nord Africa ma diversi anche dal sud del Sahara (Somali, Nigeriani, Eritrei).
Questi ragazzi raccontano agli operatori di Save the Children storie inimmaginabili su quello che hanno subito, soprattutto in Libia prima di imbarcarsi, storie di vero schiavismo.
Cosa spinge questi che noi considereremmo "bambini" ad affrontare viaggi lunghi anche anni? Essenzialmente la povertà, cioè il non vedere nessuna possibilità di sopravvivenza nei loro paesi, ma anche la dittatura militare (vedi Somalia) o la guerra. Si fugge da uno stato con rischio immediato di essere arrestati o uccisi o si fugge da una povertà senza futuro. Questi ragazzi hanno un progetto migratorio che di solito è quello di raggiungere altri parenti o amici che sanno essere in Germania o in Norvegia ma spesso durante il viaggio cambiano il loro progetto.
Interessante il meccanismo burocratico che Neri racconta. I minori vengono infatti mandati nelle case famiglie dell'agrigentino in attesa della tutela giuridica, cioè che il tribunale dei minori stabilisca qual è l'adulto di riferimento che si prende la responsabilità di loro fino a 18 anni. Il fatto è che questi ragazzi, per motivi linguistici, non capiscono cosa stanno aspettando lì, vedono che non succede niente e scappano andando incontro a grossi rischi come quello di finire nel giro del lavoro nero agricolo o della prostituzione.
Penso allora ai nostri adolescenti tenuti nella bambagia, cresciuti con l'idea che a loro tutto è dovuto, con la noia come unico rischio. Non è detto però che la loro sorte non riservi difficoltà di altro tipo. Ma a questi dedicherò altri post.

venerdì 17 aprile 2009

Non so compatire

Da giorni mi dico che forse dovrei fare un post sul terremoto in Abruzzo ma poi mi chiedo: "Che posso dire mai che non sia già stato detto e mille volte meglio?" "Che cosa posso avere da aggiungere io?". Poi mi dico che può sembrare cinico parlare delle mie vacanze quando c'è chi ha perso in un attimo, se non la vita, tutto quello che ha.
Confesso che io non riesco a compatire, cioè a "partecipare all'altrui patimento" come recita il vocabolario. Certo che mi dispiace, certo che seguo con ansia le notizie che ci arrivano da Anna e dai miei colleghi dei Laboratori del Gran Sasso, certo che vorrei fare e cercherò di fare quello che posso per aiutarli, ma non mi viene niente da dire che non mi suoni falso o assurdo o retorico.
Senza togliere assolutamente niente a chi lo fa ( e sicuramente fa bene a farlo), mi rendo conto che questo è un mio personale limite.
Recentemente sono andata ai funerali dei genitori di una mia collega, morti a pochi giorni di distanza l'uno dall'altra. Penso che le abbia fatto piacere vedere che le sono vicina, sono arrivata lì, l'ho abbracciata, ma non ho saputo cosa dirle. Che le dico? Le dico quello che penso e cioè che la morte di due persone molto anziane che da tempo soffrivano e vivevano una vita-non-vita secondo me è una liberazione per loro e per lei? Non sta bene.
Cosa dico al marito di una mia amica morta a cinquanta anni di tumore in questi giorni? Cosa gli dico io che non credo in nessun aldilà, in nessuna consolazione eterna, io che trovo la cosa solo una grande ingiustizia e una grande sfiga?
Non so consolare. Ci sono persone bravissime a trovare le parole giuste in queste circostanze. Io non ci riesco. Perdonatemi. Sento che nessuno possa capire veramente quello che si prova in certe situazioni se, per fortuna, non ci si è passati. Ecco perché ha ragione Saretta nel citare De Andrè:
E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà
.

giovedì 16 aprile 2009

Tre giorni sul Delta del Po


Quello che mi è piaciuto:
  • Fare finalmente qualcosa tutti e quattro insieme.
  • Passare tre giorni facendo attività fisica (pedalando) all'aria aperta con tempo bello.
  • La cucina della sig.ra Mazzocco.
  • Mio figlio grande che apprezza una cena a base di pesce.
  • La luna piena appena sorta: una palla rossa che si riflette sul grande fiume.
  • Il giro in barca tra i canneti, la spiaggia e l'isola di Scanno di Boa.
  • La pace dell'oasi di Ca' Mello. Sentire i versi dei tanti uccelli nascosti tra la vegetazione.
  • Camminare sull'argine la sera a Ca' Tiepolo con il Po che scorre silenzioso e tranquillo, le luci di Ca' Vernier sulla sponda opposta e il profumo di qualche fioritura rinvigorito dalla guazza.
Quello che mi è piaciuto di meno:
  • Il B&B con poco spazio sia nelle camere che all'esterno.
  • La mancanza di pane, soprattutto a colazione, che non sia quei terribili panini ferraresi.
  • Il fatto che in alcuni tratti non ci fosse un'alternativa ciclabile alle strade provinciali dove le macchine sfrecciavano a forte velocità.

Aggiornamento: la cosa piu brutta:
Carbone a Porto Tolle: "Il governo affossa Kyoto e il pacchetto clima"

lunedì 13 aprile 2009

Per amore della Calabria

"La disperazione peggiore di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile." (Corrado Alvaro)
C'è una regione dove questa frase è particolarmente vera: la Calabria.
La 'ndrangheta: più lungimirante di Cosa Nostra, più organizzata della camorra, più spietata della Sacra Corona Unita. Centocinquanta anni fa una semplice organizzazione di pastori dedita al pizzo e ai sequestri di persona, oggi una holding internazionale capace di fa scorrere in tutto il mondo fiumi di sangue e di cocaina: 155 cosche conosciute, un esercito di 6000 soldati, con succursali in tutto il mondo.
Recentemente ho letto su Repubblica che non si riesce più a trovare magistrati che vogliano fare il pubblico ministero in Calabria e quelli che ci sono se ne vanno. Mi è subito tornata in mente l'intervista rilasciata a Le Storie qualche tempo fa da Nicola Gratteri, magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che ha scritto "Fratelli di sangue" nel quale si racconta la tragedia di un'intera regione.
Nell'intervista Gratteri spiega come la 'ndrangheta abbia approfittato dell'attenzione concentrata sulla mafia siciliana, nel periodo delle stragi degli anni novanta, per abbandonare l'aspetto agropastorale e buttarsi sul traffico della cocaina, capendo per tempo i mutamenti nei consumi di droga. Il fatturato della 'ndrangheta in quanto a traffico di stupefacenti si attesterebbe intorno al 2,9% del PIL nazionale ma, mentre le cosche diventano sempre più ricche, la Calabria rimane inchiodata agli ultimi posti degli indicatori economici.
Afferma il magistrato: "Gli ignoranti dicono che l'ndrangheta porta lavoro mentre porta solo sottosviluppo e degrado." I proventi dei traffici di cocaina infatti vengono investiti nel Nord d'Italia o in Europa o negli USA, mentre l'imprenditoria pulita scappa dalla Calabria perché sa che deve pagare il pizzo.
Il momento più toccante è stato quando Augias ha chiesto a Nicola Gratteri perché, avendo vinto brillantemente il concorso per la magistratura e potendo scegliere tra molte sedi, alcune anche privilegiate, ha scelto di rimanere a Reggio Calabria. "Il posto più bello è dove si è nati e quindi ho pensato di poter fare qualcosa per quella terra" è stata la risposta.
Dopodiché Augias gli ha chiesto quale fosse, dopo ventitre anni il suo bilancio umano. Qui il magistrato ha indugiato un attimo e con un po' di imbarazzo ha risposto: "Penso che valesse la pena"



Altri post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra
Piccoli eroi dimenticati

giovedì 9 aprile 2009

Mi prendo una pausa



Un caro saluto a tutti e a rileggerci tra qualche giorno.
Artemisia

martedì 7 aprile 2009

Alla conquista della lentezza

Non ho mai avuto pazienza. La lentezza non fa per me. Le mie amiche in palestra mi prendono in giro perché sono sempre la prima a fiondarmi sotto la doccia e ad uscirne quando loro stanno ancora spogliandosi chiacchierando amabilmente. "Ma dove corri?", mi chiedono. Già. Dove corro? Ho sempre corso. Quando lavoravo e contemporaneamente facevo l'università, quando avevo i figli piccoli e facevo tutto con il cronometro.
Per trent'anni ho girato la città in motorino in modo da non perdere tempo in code o nella ricerca del parcheggio o nell'attesa dell'autobus.
Eppure, con gli anni, sento che ha ragione chi rivendica il valore della lentezza. Il 9 marzo scorso è stata la Terza Giornata Mondiale della Lentezza. Se n'è accorto qualcuno? Io l'ho sentito per caso a Controradio.
Ha ragione Giulia che in questo post scrive:
"Ci sono due modi di vivere il tempo; due modi che difficilmente si parlano. Un tempo lento in cui però ogni istante acquista il suo significato ed il suo senso, un tempo veloce in cui si è sempre in attesa di quello che avverrà dopo e tutto sfugge ai nostri occhi."
Qualche piccolo progresso però con il tempo l'ho fatto. Da qualche anno scelgo di fare i viaggi a piedi che mi piacciono proprio perché non c'è la frenesia di arrivare o di vedere più cose possibili.
Nel quotidiano da un paio di anni ho deciso di recarmi al lavoro in autobus: ci metto circa 10/15 minuti di più che in scooter e spesso mi capita di arrabbiarmi perché le corse saltano, però in questo modo ho capito quanto è assurdo il calcolo al minuto alla ricerca spasmodica di "metterci meno possibile". Conta molto di più l'eliminazione dello stress da traffico (oltre che del pericolo e del freddo delle due ruote) senza contare la lunga serie di splendidi audiolibri che ho potuto ascoltato durante i miei viaggi.
Certo, sono consapevole che paradossalmente non tutti si possono permettere il rischio dei ritardi che devi mettere in conto con i mezzi pubblici. Per i genitori che hanno da ritirare i figli a scuola o per chi non ha nessuna flessibilità di orario, anche volendo, il bus è un lusso.
Chissà, forse davvero la lentezza è un lusso da conquistare. Piano piano.

lunedì 6 aprile 2009

L'Italia in cui mi riconosco

Nonostante che la sveglia alle 4:45 abbia fatto inorridire mia sorella, siamo stati fortunati ad andare ad Roma con un comodo intercity perché sappiamo che tanti hanno fatto ben altri sacrifici come la nottata in pulman.
Un gran bel paese quello che si è ritrovato sabato al Circo Massimo (e anche quello che c'era con il cuore...). Tanti i pensionati, i precari, gli immigrati.
Noi siamo partiti da Piazza della Repubblica con in testa gli sbandieratori di non so dove, assordati per un tratto dal TIR delle fiommine e dei fiommini che sparavano musica a tutto volume. Poi ci siamo trovati in un punto più tranquillo del corteo dietro ad uno striscione artigianale dove c'era scritto semplicemente "DISARMO". Chissà che ci incastrava, però la signora che lo reggeva era davvero sorridente e pacifica...
Siamo arrivati al Circo Massimo verso mezzogiorno e mezzo ed il catino era già pieno. Arrivando dal Colosseo (cioè dalla parte più lontana al palco) ci siamo fermati in fondo scambiando clamorosamente un maxi schermo che stava a metà per il palco. Che sorpresa andando via affacciarsi sull'altra metà del Circo Massimo e scoprire che di partecipanti ce n'erano altrettanti!
I momenti più belli sono stati la lunga fischiata partita quando Epifani ha nominato il Presidente del Consiglio (non riusciva a riprendere il discorso perché i fischi non finivano mai) e quando tutti abbiamo ballato Bella Ciao con il ritmo dei Modena City Ramblers.
Un'altra cosa che mi è piaciuta moltissimo è stato toccare con mano la varietà dell'Italia dal modesto artigianale cartello della delegazione di Ceparana (forse non lo sapete, ma è un piccolo paesino in Lunigiana), al lungo striscione arancione del Trentino, alle bandiere della CGIL Napoli, ai pensionati di Scandicci.
Insomma queste cose fanno bene. Tavolo o non tavolo con il governo, ognuno torna a casa sapendo di non essere solo, anzi, di essere parte di una gran bella comunità.

Qui altre foto della giornata.

venerdì 3 aprile 2009

E' tempo di fare qualcosa /3


Al telefono con mia madre:
"Mamma, sabato sono a Roma."
"E ti pareva! Non te ne perdi una, eh?"

Una costante di questo governo e di questa maggioranza è quella di cercare di dividere: il Nord dal Sud, gli Italiani dagli immigrati, i settori forti dai settori deboli, le forze dell'ordine dalla magistratura, i sindacati, i poveri da quelli ancora più poveri. La risposta non può essere che cercare di vincere la paura e la solitudine.
La CGIL, nonostante i suoi difetti e gli errori commessi in passato, rimane una grande organizzazione e credo che non si possa fare opposizione senza avere una grande organizzazione alle spalle. In questo post ho raccontato la storia del mio rapporto con il sindacato, di cui mi ha sempre colpito la capacità organizzativa. Per quel poco di attività sindacale che ho fatto, mi sono spesso sorpresa nel trovare al momento giusto sempre qualcuno della CGIL che bussa alla tua porta, ti dà le informazioni, organizza le assemblee dove puoi capire ciò che sta succedendo nella tua azienda ("4967 assemblee in Toscana in questo ultimo periodo", diceva Alessio Gramolati l'altro giorno a Controradio).

E allora sento che devo esserci anche domani.

mercoledì 1 aprile 2009

Facciamo il tifo per il Sud che funziona

"In questo quadro di preoccupazione e di sfiducia molti Italiani sembrano avere definitivamente deciso che il Mezzogiorno è diventato un'insopportabile palla al piede."
E' quanto ha scritto Gianfranco Viesti, professore di Economia a Bari, nel libro "Mezzogiorno a tradimento".
Viesti, intervistato in modo piuttosto incalzante da Augias in questa puntata de Le Storie, ha cercato di controbattere all'idea sempre più diffusa che ormai non ci sia più possibilità di salvare il Sud italiano dal sottosviluppo e dal degrado e che sia meglio lasciarlo andare al suo destino.
Augias lo incalza affermando che non sembra sia cambiato nulla da quando, centocinquanta anni fa, i Piemontesi arrivarono al Sud e trovarono una situazione disastrosa. Basti pensare (tanto per fare un esempio) a quello che ha mostrato l'angosciante recente inchiesta di Report su Catania, una delle città peggio amministrate del mondo che rielegge con forte maggioranza lo stesso schieramento che l'ha ridotta allo sfacelo, e al fatto che tre regioni sono completamente soggiogate dall'antistato.
Devo dire che le argomentazioni del prof. Viesti mi sono sembrate un po' vaghe. In sostanza Viesti sostiene che l'insofferenza del Nord verso il Sud è in parte motivata, ma in parte eccessiva perché ci sono molti luoghi comuni. Inoltre, pur trovando ottima l'inchiesta su Catania, comune che andrebbe commissariato, vorrebbe che si parlasse anche di Taranto, che ha avuto una vicenda analoga, è stato commissariato e sta provando a riemergere.
Per quanto riguarda la criminalità organizzata, Viesti si chiede se veramente è un problema solo del Sud e cita la recente notizia secondo la quale la DNA ha scoperto che il quartier generale della 'Ndrangheta è a Milano.
Insomma secondo il professore barese non conviene a nessuna delle "due Italie" dividersi, mentre invece si dovrebbe mostrare anche l'altra faccia del Sud, quella dei buoni amministratori che pure ci sono ma non fanno notizia.
Quest'ultima osservazione in effetti mi ha subito richiamato alla mente un paio di esempi: il fatto che tra i comuni virtuosi di cui al mio post precedente ce ne siano ben quattro nel Meridione ed inoltre la puntata di Ambiente Italia (il settimanale del TG3) sull'azienda Sabox a Pontecagnano (provincia di Salerno), cinque stabilimenti, 70 ML di Euro di fatturato, più di 300 dipendenti in gran parte giovani, che produce imballaggi di cartone riciclato provenienti dalla raccolta differenziata di comuni campani.
In questo senso ha ragione Viesti: gli Italiani invece di pensare "ognuno con i soldi suoi e i Meridionali si arrangino" dovrebbero cominciare a tifare per il Sud che funziona.