martedì 26 febbraio 2013

Pietro Leopoldo, dove sei?

Paese di merda che merita di affondare nell'ignoranza e nell'egoismo. Basta vedere, nel piccolo, come la gente ha reagito all'introduzione dei nuovi cassonetti nella mia zona:

Se tornassero i Lorena....


lunedì 25 febbraio 2013

Qui Milano, Europa

"Toscana?" mi hanno chiesto diverse volte appena ho aperto bocca a Milano. Di solito il mio accento non si nota subito, dopo un paio di parole. Chissà forse gli Appennini fanno grande differenza nella parlata (oltre che nel clima). Sarà per questo che il buon Manzoni sentì il bisogno di risciacquare in Arno il suo Italiano?
Non sembra "Italia" questa città. Così gelida sotto un cielo plumbeo, con i grandi palazzi, gli sbuffi dei riscaldamenti a tutta potenza sopra i tetti, i tram che sferragliano per le vie del centro, potremmo essere benissimo a Vienna, a Strasburgo, a Berlino. Insomma in una qualsiasi città europea.
Una visita privilegiando i luoghi chiusi a causa del clima, ma non per questo meno interessante. A cominciare dalle splendide opere esposte alla Pinacoteca di Brera, dall'emozione di vedere dal vivo quelle arcinote (come Lo sposalizio della Vergine di Raffaello o La cena di Emmaus del Caravaggio) all'inaspettato piacere di alcune scoperte (come La fruttivendola di Vincenzo Campi o Triste presentimento di Gerolamo Induno o Ragazzi che lavorano l'alabastro di Adriano Cecioni). 
Un viaggio nel tempo la Milano nascosta dei ritrovamenti sotto San Lorenzo Maggiore e sotto San Vittore al Corpo (grazie ai bravi volontari del Touring Club!). Bella la vivace atmosfera giovanile di Corso Ticinese e suggestivo, da Nome della rosa, l'impatto con la Basilica di Sant'Ambrogio sotto la neve.

"Milano non ama mostrare le sue bellezze" mi dice il volontario del Touring Club per il Patrimonio Culturale, "E' sempre stata solo la città del lavoro." Allora cominciamo a scoprirle.

venerdì 22 febbraio 2013

Tempo di votare





Per un’Italia rinnovata, nei valori dell’Antifascismo, della Resistenza e della Costituzione.
“Non è il Paese che avevamo sognato”, abbiamo detto più volte - in questi anni - e ora, nell’imminenza delle elezioni politiche, c’è la seria speranza e la concreta possibilità di vedere realizzato quel sogno per cui tanti antifascisti, partigiani e cittadini si sacrificarono e morirono; di colmare il baratro che si è creato tra cittadini, istituzioni e politica; di riavvicinare il Paese a quegli ideali che furono alla base della Resistenza e, in seguito, della Costituzione.
L’ANPI, dunque - in assoluta indipendenza e autonomia rispetto ai programmi che ognuno dei partiti riterrà di prospettare agli elettori - ritiene di riaffermare alcuni principi fondamentali per il futuro della democrazia, rivolgendosi ai partiti, alle istituzioni, ai cittadini, con l’autorevolezza che deriva dalla propria storia e dal suo impegno quotidiano, nella ferma convinzione che è indispensabile ritrovare un fondamento comune – come quello che fu alla base del lavoro dell’Assemblea Costituente – almeno su alcuni principi e su alcuni valori di fondo, tra i quali meritano di essere indicati:
il rigore morale, nel pubblico e nel privato;
la correttezza e la dignità, nella politica e nel vivere civile;
la trasparenza nell’attività delle Istituzioni;
la “buona politica”, nel contesto della funzione che l’art. 49 della Costituzione assegna ai partiti;
l’impegno contro ogni forma di corruzione;
l’impegno diffuso contro ogni tipo di mafia e contro ogni tipo di connessione tra criminalità organizzata e politica;
il rispetto nei rapporti tra i partiti e fra i singoli cittadini;
l’impegno diffuso contro ogni tipo di razzismo e di discriminazione e contro ogni rigurgito di fascismo e di nazismo;
il lavoro, in particolare per i giovani. La Repubblica italiana è “fondata sul lavoro ” e dunque proprio nella realizzazione di questo principio deve ravvisarsi la priorità assoluta dell’azione pubblica e privata; perché senza lavoro, senza opportunità di lavoro, senza dignità e sicurezza  nel lavoro, viene meno quello stesso sviluppo della persona umana;
libertà, uguaglianza e dignità per le donne, delle quali va garantita la pari opportunità nell’accesso al lavoro e ai posti di responsabilità e per le quali va messa in atto una forte campagna contro ogni forma di violenza anche domestica.
Chiediamo dunque ai partiti di assumere un solenne impegno, sui principi e sui valori qui sopra elencati.
Rivolgiamo anche un appello alle cittadine e ai cittadini  perché facciano in concreto quanto necessario per il rinnovamento del Paese, rendendosi conto che la sovranità popolare non ha senso alcuno se i titolari non la esercitano. Da ciò un invito forte alla partecipazione  ed alla manifestazione della propria volontà attraverso il voto: rinunciare a manifestare la propria volontà, significa rinunciare a creare per se stessi, per i figli, per i nipoti, per le generazioni future, un avvenire di pace, di serenità e di giustizia sociale.

domenica 17 febbraio 2013

Lascia che sia

Dovresti smetterla, Artemisia, di pensare che senza il tuo contributo "tutto si fermerebbe". Dovresti smetterla di sentirti il peso del mondo addosso. Dovresti smetterla di correre stupidamente da una parte all'altra, di ficcare più cose possibili nella stessa giornata, di permettere a chiunque di interrompere cosa stai facendo, di rubarti attenzione e concentrazione mentre sei in ufficio. E poi dovresti smetterla di lamentarti che ti sfruttano, che non ti rispettano, che non ti danno retta, che ti spremono, che ti fanno aumentare la dermatite da stress.
E' presunzione da primina della classe pensare che le cose bene come le fai te non le fa nessuno! Ammettilo, Artemisia, che non ti fidi, che non riesci a delegare, che non riesci a tollerare le imprecisioni degli altri (salvo essere pronta a perdonare le tue, perché si sa, "siamo umani", "si ha una certa età", eccetera).
E poi goditi le cose! Prenditi il tuo tempo! E' domenica mattina. Almeno per un giorno alla settimana "il mondo può aspettare". Almeno oggi puoi dormire un po' di più, alzarti con calma, farti un ovino fresco sbattuto con un cucchiaino di zucchero di canna, un caffé equosolidale, un minimo di cura del corpo, scrivere qualche post (ma com'era quell'idea che ti era venuta? Qual era quell'impressione che volevi raccontare?).
Ogni tanto, Artemisia, lascia che il mondo scorra da solo. Lasciati stupire da Persefone che torna, dalle prime violette e dal primo gelsomino giallo del tuo giardino,  dal Sedum Purpureum, che sembrava morto e che invece sta rigermogliando.

sabato 16 febbraio 2013

Oltre il Cupolone

Venerdì pomeriggio esco dall'ufficio con una indicibile stanchezza, soprattutto mentale, e mi precipito all'appuntamento per un trekking urbano organizzato dalla associazione Walden. Sono quasi pentita di aver ficcato nel mio poco tempo libero anche questa cosa sapendo che di venerdì sono quasi sempre stracotta. Ed invece a posteriori sono contenta perchè è stata un'esperienza davvero interessante.
Conoscevo grosso modo la realtà del quartiere Le Piagge ed anche le splendide iniziative della Comunità di Base che qui vi opera. Tuttavia questa visita, grazie ad una guida d'eccezione, Don Alessandro Santoro (vedi questo post), mi ha fatto capire meglio la realtà di questa specie di piccola Scampia fiorentina.
Don Alessandro ci ha spiegato che quest'area era originariamente una zona di esondazione dell'Arno (e lo si vede bene su Google map), quindi a rischio idrogelogico ed altamente sconsigliata per l'edificazione residenziale. Ed invece vi hanno costruito case popolari, le cosiddette "navi" che, ancora dopo tanti anni, non hanno l'abitabilità da parte dei Vigili del Fuoco a causa di problemi di stabilità. In questi terreni inoltre sono sempre stati buttati rifiuti dell'ex inceneritore e delle industrie, tanto che gli stentati alberelli, piantati ormai da tempo, non riescono a crescere.
A Le Piagge vivono novemila persone, di cui il 40% sono stranieri e circa un centinaio in baracche. Il reddito medio è di poco più di 600 Euro al mese. Il tasso di disoccupazione giovanile si aggira intorno al 51% e solo un ragazzo su dieci arriva a prendere la maturità. I fenomeni di criminalità e disagio sociale sono molto diffusi e Don Santoro, con la sua attività sul campo, ha ricevuto minacce ed è vissuto per un periodo sotto scorta.
Ma a Le Piagge ci sono anche un laboratorio di bricolage con oggetti di recupero, un doposcuola, una cooperativa per il riuso, un fondo per il microcredito, una bottega del commercio equosolidale, una piccola casa editrice e molte altre iniziative volte a riscattare il livello sociale e culturale del quartiere. 
Vi è persino una palude con un laghetto che Massimo, collaboratore del WWF e abitante del quartiere, ha difeso dalla speculazione edilizia e lotta per farne una zona umida protetta, perchè d'estate ci possano continuare a cantare le raganelle. E mentre ascoltiamo Massimo, con il sole che cala dietro l'ex inceneritore e l'autostrada, dalla palude si alza in volo una coppia di Nitticore.

Un assaggio di questa realtà si può avere anche da questo bel reportage di Saverio Tommasi:

martedì 12 febbraio 2013

Le leghe, le trecciaole, le barricate e la prima sindaco d'Italia

Anche quest'anno ho accompagnato un gruppo di persone sulle colline intorno alla mia città e anche stavolta mi sono divertita a cercare notizie sulla zona e a raccontarle. Pare anche che siano state apprezzate. L'anno scorso ho scoperto molte cose su Sesto Fiorentino (a Nord Ovest di Firenze). Stavolta mi sono concentrata sulle colline di Scandicci (Sud Ovest) alla base delle quali si arriva comodamente in tranvia (e non è poco).
Al solito mi sono chiesta cosa ci sarà mai da dire di questa periferia da cinquantamila abitanti ed invece, cercando in rete (chissà poi se potessi consultare un vero e proprio archivio), ho trovato diverse cose interessanti, la maggior parte attinte da Scandicci Storia e Memoria

La odierna pianura di Scandicci, così popolosa grazie all'immigrazione degli anni Sessanta/Settanta del Novecento, era invece poco antropizzata nel Medioevo, tanto che le frazioni (i cosiddetti popoli) sentivano il bisogno di unirsi amministrativamente in leghe, le cui più importanti in questo territorio erano la Lega di Torri e la Lega di Casellina e Settimo. Complicato l’organo di autogoverno locale stabilito dallo statuto di queste leghe ove erano previste diverse cariche: tre sindaci, undici consiglieri, estratti dalle borse delle varie componenti territoriali della lega, due pennonieri e nove aggiunti, quattro stimatori della lega, incaricati di stimare i beni posti in sequestro dal podestà, quattro addetti al sindacato del notaio del podestà, un camarlingo, che si occupava della gestione delle finanze locali e della riscossione delle imposte, i rettori dei popoli, che si occupavano della gestione finanziaria e del controllo dell’ordine pubblico. Insomma un sacco di poltrone spazzate via dopo diversi secoli da un vero riformista: il Granduca Leopoldo di Lorena, il quale nel 1774, nell’ambito di un progetto di riassetto amministrativo, attuò una riforma delle comunità del contado sopprimendo numerose entità territoriali esistenti come popoli, leghe, podesterie e vicariati. E noi che non riusciamo ad abolire un paio di province!

Alla fine dell'Ottocento la piana di Scandicci era già densamente abitata ed anche piuttosto produttiva. Particolarmente diffuso era il lavoro svolto dalle trecciaiole a domicilio, permettendo così alle lavoranti di accudire contemporaneamente alla famiglia e di integrarne le entrate (chi ha letto Metello di Pratolini ricorderà che tale era l'occupazione della moglie del protagonista). Purtroppo, come sempre, le trecciaiole erano sfruttate, non solo dai fabbricanti, ma anche dagli intermediari, i cosiddetti fattorini che portavano loro la materia prima e ritiravano il lavoro finito. Alla fine migliaia di donne lavoravano con salari di 10-20 centesimi al giorno, talmente bassi che non permettevano nemmeno l'acquisto di mezzo chilo di pane. Ecco perché, nel maggio 1896 scoppiò a Brozzi uno sciopero che coinvolse tutta l'area fiorentina, comprese le lavoranti di Scandicci. Gli avvenimenti sono ben narrati in un istruttivo articolo dello storico moderato Pasquale Villari, Le Trecciaole, pubblicato sulla Nuova Antologia nell’agosto 1896.

E se mi erano noti i disordini avvenuti nel 1921 a Firenze, durante i quale fu ucciso dalla squadracce fasciste il segretario del sindacato ferrovieri, Spartaco Lavagnini, non sapevo che in concomitanza Scandicci, ove dal 1920 governava una giunta di socialisti massimalisti guidata da Silvio Cicianesi, fecero persino le barricate in prossimità del ponte sulla Greve, per difendersi dalle ritorsioni fasciste verso questo comune rosso alle porte di Firenze. Fu così che il 1 marzo 1921 le barricate furono cannoneggiate e sfondate dall'esercito e dalla guardia regia, seguita ovviamente dalle squadre fasciste. Il Comune, la Società di Mutuo Soccorso ed anche alcune case furorono devastate, la giunta comunale sciolta e arrestata ed al suo posto fu nominato un commissario prefettizio. Anche di questi avvenimenti si trova conto sul sito Scandicci Storia e Memoria con un articolo de La Nazione dal titolo La Comune di Scandicci e la testimonianza dell'allora assessore socialista Vittorio Michelassi.

 Si dovette aspettare il secondo dopoguerra per avere a Scandicci una giunta guidata dai comunisti di Gino Frosali. Tuttavia gli Scandiccesi possono essere orgogliosi di aver eletto nel 1951 il primo Sindaco donna d'Italia: la comunista Eleonora Benveduti Turziani. La Turziani amministrò la città per ben dieci anni conquistando la stima dei suoi concittadini e vincendo i forti pregiudizi di cui poteva essere oggetto una donna sindaco negli anni Cinquanta. Sul sito Scandicci Storia e Memoria è riportato il divertente episodio del contadino che, cercando il sindaco nel suo ufficio, se ne andò via dicendo all'uscere che non c'era il sindaco bensì la moglie. Ma Eleonora seppe conquistare anche questo suo concitadino che poco tempo dopo, ad un'assemblea, finì per acclamarla al grido: "Evviva il Sindaco! Evviva Eleonora!".

giovedì 7 febbraio 2013

Telecamorra

Se c'è una cosa che mi irrita è di sentire parlare ben poco nella campagna elettorale in corso della lotta contro la criminalità organizzata, vera zavorra, a parer mio, di questo paese.
Ha fatto bene quindi Libera a lanciare la campagna:



Sul relativo sito, oltre a firmare la relativa petizione, si può vedere i candidati che hanno firmato i cinque impegni contro la corruzione e pubblicato la propria situazione reddituale e patrimoniale.

Si pensa alle mafie e si pensa al traffico di stupefacenti, agli appalti, alle estorsioni. Mai ci verrebbe in mente che le mafie abbiano messo le mani anche su qualcosa di impalpabile come l'etere. 
Ed invece ce lo racconta Alessandro De Pascale con "Telecamorra. Guerra tra i clan per il controllo dell'etere", un libro fittissimo di nomi e di dati, frutto di un'inchiesta sul campo durata quattro anni.
Dall'intervista rilasciata dal giornalista a Fahrenheit Radio 3, si apprende così che un boss dell'etere partenopeo arriva a gestire un patrimonio di frequenze, all'interno della regione, superiore a quello di RAI e Mediaset messe insieme e che le frequenze che appartenevano allo Stato e che sono state indebitamente occupate e poi sanate sia dalla legge Mammì sia poi dalla legge sul digitale terrestre (annunciata due anni prima con l'immaginabile assalto all'etere da parte dei clan) sono stimate del valore di circa 500 milioni di Euro. Si apprende inoltre che la Campania e la Calabria sono le uniche due regioni d'Italia dove non è mai stato fatto un catasto delle frequenze rendendo così impossibili i controlli sulla loro appartenenza. 
Ma cosa se ne fanno i boss della camorra di radio e TV? 
Ne traggono diversi vantaggi:
a) controllo dell'informazione;
b) diffusione del genere neomelodico attraverso il quale la camorra educa le nuove generazioni al culto dei boss (vedi anche questo post); ci sono veri e propri canali tipo MTV dedicati al neomelò;
c) riciclaggio di denaro sporco (piccolissime tv che hanno palazzine intere o apparecchi nuovissimi, vendita degli spazi pubblicitari per giustificare il pizzo chiesto ai commercianti);
d) profitto rivendendo a prezzi di mercato alle emittenti nazionali frequenze occupate abusivamente prima della sanatoria; pare che i clan camorristici possiedano anche  case discografiche, agenzie di spettacolo e producano persino fiction;
e) trasmettere messaggi cifrati ai detenuti e fare campagna elettorale per i candidati appoggiati dai boss.
Un'inchiesta coraggiosa quella di Alessandro De Pascale che infatti termina l'intervista con la conferma che: "Le intimidazioni non si sono fatte attendere."

domenica 3 febbraio 2013

Chi salverà il picchio verde?

Ormai, tutti presi da altri temi di campagna elettorale, è passato nel dimenticatoio il tentativo di riordino delle province. Capisco che l'argomento non sia proprio al centro dei pensieri degli Italiani. Al massimo assume aspetti campanilistici. I Pisani e Livornesi insieme? Giammai!
Personalmente trovo i campanilismi una cosa stupida (ben diversa da conoscere e coltivare le tradizioni locali), un sentimento miope che crea un "noi" contrapposto agli "altri". Che senso ha in un mondo globalizzato la rivalità tra Antella e Grassina o tra San Donnino e Quaracchi (sto parlando di frazioni all'estrema periferia di Firenze)?
Riguardo alle province, ho scoperto con curiosità da un articolo de Il Reporter (il giornale gratuito del quartiere) che sotto il Granducato di Toscana le province erano solo tre: Firenze (che comprendeva Arezzo e Pistoia), Pisa e Siena (che comprendeva Grosseto). Livorno era "Città autonoma" e Massa Carrara, comprendente la Lunigiana parmense, faceva parte delle province emiliane. Tante volte nella storia i comuni sono passati da una provincia all'altra per i motivi più vari, fino al vergognoso, a parer mio, proliferare di nuove province assurde avvenuto negli ultimi vent'anni a richiesta di personalità locali in cerca di consenso (tra questi il pur stimabile Claudio Martini quando era sindaco di Prato).
Eppure ci sarebbe bisogno di una bella riorganizzazione e razionalizzazione che eliminasse sprechi e duplicati. Per esempio, quanti sanno che esiste la polizia provinciale? Io l'ho scoperto per caso. Si occupa di reati ambientali, di caccia e di animali selvatici. Attività utili, per carità! Ma c'è proprio bisogno di un corpo a parte (con relativi uffici, organico, mezzi, cariche, ecc.)? Se cercherete in rete quella della vostra provincia, vi capiterà di intenerirvi come è accaduto a me quando ho scoperto che, grazie alla polizia provinciale di Firenze, è stato salvato un raro esemplare di picchio verde.