martedì 27 aprile 2010

Abbatti l'imballaggio e riduci il viaggio

Anche se non scrivo sull'argomento da molto, l'attenzione al consumo sostenibile da parte mia è sempre viva. Quando devo comprare qualcosa, ormai è diventato un riflesso automatico per me farmi delle domande e ogni volta c'è sempre da trovare il giusto compromesso. E' meglio un prodotto biologico ma che viene da lontano oppure uno normale ma di una piccola azienda locale? Tra un prodotto di una multinazionale ma con un elenco di ingredienti chiari e abbastanza "salubri" oppure uno di una piccola azienda ma con qualche ingrediente dubbio o vago? Passar sopra ad un imballaggio eccessivo oppure sacrificare un po' di qualità per una confezione di minore impatto? Il vecchio post "La dura vita della consumatrice critica" rimane sempre attuale.
Mi ha fatto piacere notare che, anche chi considero più avanti di me quanto ad attenzione all'ambiente, si dibatta nei medesimi dubbi e magari approdi a compromessi analoghi al mio. Come Alessandro Angelini, presidente della cooperativa Effecorta, il negozio di Capannori che vende prodotti alla spina e di filiera corta. Angelini, insieme a Stefano Floris della bottega Eticamente di Scandicci, è stato intervistato a Questione di stili (trasmissione di Controradio riascoltabile qui: http://www.controradiolive.info/podcastgen/?p=episode&name=2010-04-18_qds18aprile.mp3).
L'imballaggio è quell'oggetto a cui, come consumatori, dedichiamo più odio e più amore: al momento dell'acquisto lo amiamo perché ci attira, ci parla del prodotto e di chi lo fa e rimane importante finché è nel nostro frigo o nella nostra dispensa. Ma appena diventa rifiuto lo tocchiamo anche con un certo ribrezzo e vorremmo liberarcene prima possibile. Da alcuni studi risulta che il 60/70% degli imballaggi venga da prodotti alimentari e solo 50% viene riciclato (operazione che comunque ha un costo economico e energetico).
Ad Effecorta hanno bandito ogni tipo di imballaggio e soprattutto la plastica. Vi sono ormai 250 prodotti alla spina: tanti tipi di pasta, riso, spezie, legumi, cereali, biscotti, caffè, zucchero, uova, ecc. Il tutto fornito con sistemi innovativi che hanno superato i numerosi controlli delle autorità in fatto di igiene.
Nella scelta dei fornitori, Effecorta fa un accurato studio privilegiando i prodotti locali (in tutta la filiera, cioè per la pasta si parte dal grano coltivato in zona) e la qualità (dai biscotti di un forno artigianale alle uova di galline ruspanti, ai detersivi biodegradabili al 98% in 24 ore). E il biologico? Non sempre, anche perché talvolta il piccolo produttore non si può permettere la certificazione ma la sua qualità non è certo inferiore e si privilegia, in questo caso, la conoscenza diretta.
Una cosa che mi è piaciuta molto di questo negozio è il fatto che non è destinato alla solita clientela di nicchia ma cercano di attirare i consumatori normali. Infatti hanno fatto testare i detergenti ad alcune famiglie senza dire loro che erano biodegradabili al 98% ma solo per verificare che funzionassero bene. L'ecosostenibilità deve essere un valore aggiunto alla qualità.
Prima o poi una scappata a Marlia ce la farò ma è chiaro che lo sforzo quotidiano rimane quello di scovare i prodotti "sostenibili" vicino a casa mia. La caccia continua.

sabato 24 aprile 2010

Cari cacciatori

Cari cacciatori,

visto che vi dichiarate amanti e rispettosi della natura,

perchè non cominciate a portarvi via i vostri rifiuti?

mercoledì 21 aprile 2010

Mafia e Chiesa

Sul delicato tema del rapporto tra mafia e Chiesa sono stati scritti diversi libri. Mi ricordo (e consiglio di scaricare) un bel dibattito a cura di Laterza su quello di Alessandra Dino ("Mafia devota") con Giancarlo Caselli e Gianrico Carofiglio.
In effetti colpisce la contraddizione rappresentata da assassini come Bernardo Provenzavo, che teneva la Bibbia sul comodino, o da Toto' Riina, che porta al collo un Crocifisso. Come colpisce, dall'altra parte, che non sia mai stato negato un funerale ad un mafioso o che Renato De Pedis, uno dei capi della spietata Banda della Magliana, riposi in pace nella chiesa di Sant'Apollinare a Roma. Ma il comandamento Non uccidere non è uno dei più importanti del Cristianesimo?
A questo delicato tema sono state dedicate recentemente ben due puntate di Le Storie, il programma di Corrado Augias, con la presentazione di altrettanti libri sull'argomento.
Il primo è "Il Dio dei mafiosi" Augusto Cavadi (da sottolineare che la casa editrice è la San Paolo).
L'ipotesi di Cavadi è che la Chiesa Cattolica non sempre e ovunque è in continuità con il messaggio evangelico. Nel Sud dell'Italia essa ha edulcorato tale messaggio, smussandone la carica rivoluzionaria, facendone un collante per la conservatrice cultura meridionale e rendendola perfettamente compatibile con la mafia.
Ancora più incisivo lo storico Isaia Sales con il suo libro "I preti e i mafiosi" il quale sottolinea come non ci sia mai stata una scomunica ufficiale per i mafiosi (come invece c'è stata per i comunisti). Corrado Augias gli fa notare l'impegno di molti preti contro la mafia (tra i quali aggiungerei anche il coraggioso priore protagonista del recente episodio a proposito della processione di Sant'Onofrio) e anche il grido tuonante di Papa Woytila ad Agrigento nel 1993 "Mafiosi pentitevi", ma secondo il professor Sales sono eccezioni o proclami forti a cui non seguono fatti.
Come si spiega questo? Sales dà un paio di risposte interessanti. Una riguarda il fatto che per la Chiesa il peccato è un fatto individuale, una questione tra il peccatore e Dio. Chi uccide è in qualche modo scomunicato, si può pentire, prendere le distanze dai propri errori ed essere perdonato ma non si considera le conseguenze sociali dell'atto (per esempio non si vincola il perdono al chiedere scusa alle vittime, collaborare con la giustizia, restituire i soldi avuti illegalmente), anzi, secondo le dichiarazioni di alcuni preti, i pentiti sono da considerarsi dei Giuda.
Un'altra spiegazione che Sales dà è che la cultura cattolica e quella mafiosa convergono su di un punto: non riconoscono l'autorità statale. Esse hanno un proprio ordinamento, proprie leggi e propri valori che non sottopongono a nessun'altra autorità. Il fatto è che i mafiosi sono dei conservatori sotto tutti gli aspetti e quindi ben allineati a certe idee sulla famiglia, sul sesso, sull'onore e l'attenzione della Chiesa sulla morale sessuale sembra essere più forte di quella sulla morale civile. "Alcuni mafiosi hanno servito messa o hanno studiato in seminario", dice il professor Sales, "Significa che l'insegnamento del non uccidere ha fallito oppure che è stato solo formale?"


Segnalazione: Radio Cento Passi, emittente che ha cominciato a trasmettere a gennaio dal Centro Peppino Impastato di Palermo ha recentemente subito un furto e danneggiamenti con chiare intimidazioni. Aiutiamo questo "microfono dei Siciliani onesti" (dettagli sul loro sito).


Altri miei post sulla criminalità organizzata:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra
Piccoli eroi dimenticati
Per amore della Calabria
Niente regali alle mafie
Dietro ciascun nome una storia

lunedì 19 aprile 2010

Il senso del tempo

Qualche sabato sera or sono abbiamo partecipato al Castello di Montarrenti ad un'osservazione del cielo con gli Astrofili Senesi i quali ci hanno permesso delle visioni emozionanti al telescopio: Saturno con i suoi anelli, una nebulosa, una stella doppia e persino una galassia diversa dalla nostra. Questi appassionati del cielo ci parlavano anche della distanza di questi corpi celesti. Per la galassia, per esempio, si parla anche di milioni di anni luce. Ascoltare questo mi ha fatto riflettere su quella cosa preziosissima che è il nostro tempo, bene tanto prezioso che non tolleriamo più le attese.
Aspettare il proprio turno dal medico o dal salumiere ci fa friggere di impazienza, le code in auto ci fanno sbuffare, i tempi di viaggio li vogliamo accorciare più che mai. Anche le frazioni piccolissime di attesa ci sembrano eterne come i semafori che durano qualche secondo di più.
Pensavo a questo uno di questi giorni mentre registravo dei pagamenti con il vituperato nuovo programma informatico. Dopo aver digitato abbastanza velocemente i dati devo aspettare circa 40 secondi e talvolta di più perché il sistema mi restituisca il numero del mandato. Nell'attesa picchietto impaziente la penna sulla scrivania, talvolta mi alzo a prendere o a riporre oggetti, oppure clicco su un'altra finestra per sbirciare la posta o internet. Insomma quel tempo mi sembra talmente inutile, un vero e proprio furto.
Eppure che cosa saranno mai 40 secondi su milioni di anni luce! E poi sarà proprio così inutile quell'attesa con lo sguardo sullo schermo aspettando che appaia un numerello? Magari a qualcosa è servita visto che mi ha dato lo spunto per scrivere questo post.

venerdì 16 aprile 2010

Quando il padrone ci mette del suo

Forse sarò ingenua, magari penso di essere ancora ai tempi del fordismo, ma credo che chi fa l'imprenditore debba accettare il rischio che la sua attività comporta e non giustifico coloro che, in nome della garanzia di un profitto, si sentono autorizzati scaricare il rischio di impresa sui lavoratori negando loro le tutele che un lavoro dipendente deve avere.
Per questo mi ha fatto davvero piacere sentire l'intervista di Fahrenheit Radio3 a Moritz Mantero, proprietario di un'azienda del distretto serico di Como che ha una lunga origine familiare. Il nonno arrivò ai primi del Nocento da Novi Ligure con indosso tutto quello che aveva e una bicicletta e successivamente riuscì a far venire tutti gli altri fratelli.
La Mantero, che ha circa 500 dipendenti, si trovava in crisi economica e stava per essere venduta. "Ho parlato con i miei figli", dice Moritz Mantero, "e ho chiesto loro se avevano intenzione di continuare questa storia meravigliosa e, con il loro conforto, ho fatto una cosa che dovrebbe semplicemente rientrare nella normalità per un imprenditore: ho messo mano al portafoglio [5 ML di Euro]. Si va avanti pur nelle difficoltà del mercato ma con l'entusiasmo e la motivazione che ci hanno sempre sostenuto." Mantero si dice sicuro che anche altre piccole e medie imprese abbiano stretto la cinghia e fatto la stessa cosa nel silenzio e senza clamore, ma confessa che il fatto di essere intervistato da La Stampa e dalla radio non se l'aspettava. "Un imprenditore deve avere la propensione al rischio ed essere munito di una sufficiente dose di senso di responsabilità." Racconta quindi con orgoglio che Como nel mondo è conosciuta per il lago e per la seta, un quarto degli addetti della provincia lavora intorno a questi tessuti. Centinaia di famiglie (tra dipendenti, fornitori, piccoli artigiani) ruotano intorno alla realtà della sua azienda dove c'è ancora un rapporto umano, una logica di intreccio di sensibilità e di senso di resposabilità.
Improvvisamente mi è venuta una gran voglia di comprarmi un foulard di seta.

martedì 13 aprile 2010

Imparare la fame e l'educazione

Delle centinaia di cose che mi piacerebbe fare ogni tanto qualcuna riesco a farla. Qualche tempo fa sono andata al liceo di mio figlio per una lezione di educazione alimentare. Il ciclo di lezioni era aperto anche ai genitori ma naturalmente ero l'unica mamma a parteciparvi. Il relatore era un anziano pediatra, supportato da un altro signore dell'associazione noprofit "Nutrizione e prevenzione" che promuove queste iniziative nelle scuole per prevenire il diabete e altre malattie legate a scorrette abitudini alimentari.
Non ho capito molto di ciò che è stato spiegato anche per motivi indipendenti dai miei limiti che dirò più avanti. Una cosa l'ho capita bene: bisogna mangiare solo quando si ha davvero fame. La tesi del medico infatti, in estrema sintesi, è che bisognerebbe reimparare (i bambini fino ad una certa età lo sanno perfettamente e poi disimparano) a capire quando la glicemia è sufficientemente bassa. Se invece mangiamo, come troppo spesso capita, per abitudine, per gola, per noia, perchè è pronto, ecc., la glicemia è ancora alta, l'insulina non è smaltita e l'organismo permane in uno stato pro-infiammatorio che a lungo andare può provocare seri problemi (diabete, problemi cardiovascolari, tumori).
Una tesi piuttosto allarmante, forse un po' terroristica, che però mi ha fatto riflettere e accorgermi che davvero mangio quasi sempre senza avere affatto fame e probabilmente il livello di glicemia non è ancora sceso al punto ottimale.
L'esperienza della lezione però è stata frustrante soprattutto per un altro aspetto. Dei ragazzi che vi hanno partecipato (abbastanza numerosi) solo un piccolo gruppo stava attento. Gli altri erano palesemente disinteressati all'argomento e facevano un casino terribile approfittando della mitezza del relatore e del fatto che nessuno dei loro insegnanti era presente perché contemporaneamente si svolgevano i consigli di classe. Pur essendo nei primi banchi stentavo a sentire cosa veniva detto tale era il volume del chiacchiericcio inframezzato da stonfi, schiamazzi e persino squilli di cellulare. Inoltre diversi studenti sono arrivati in ritardo e altri sono andati via prima della fine. Ad un certo punto un ragazzo alza la mano come per voler fare una domanda e il relatore tutto contento lo invita a parlare: "Posso uscire?" :-(
Bollendo di rabbia, mi sono chiesta perché questi ragazzi fossero venuti. Poi ho visto l'elenco con le firme di presenza e ho capito che la partecipazione avrebbe "fruttato" loro qualche credito per la maturità. Allora ho apprezzato mio figlio il quale ha declinato subito la proposta di partecipare a questa iniziativa con un semplice e più dignitoso: "Non mi interessa".

sabato 10 aprile 2010

Un mondo che non conosciamo e in cui non ci riconosciamo

Mentre parla Ilvo Diamanti ha la piega della bocca in giù che gli dà un'aria un po' imbronciata. Nel suo ultimo libro "Sillabario dei tempi tristi" scrive: "Fatico ad orientarmi in un mondo che non conosciamo e in cui non ci riconosciamo. Per questo abbiamo bisogno di bussole per procedere ed orientarsi nella nebbia cognitiva ed emotiva del nostro tempo."
Verrebbe da spararsi eppure, intervistato da Augias, Diamanti dice però che identificare i motivi della tristezza verso il mondo che ci circonda significa comunque prenderne le distanze, come dire "non mi avrete perché almeno ho chiari i motivi per cui sono triste". Se lo dice lui...
Il tema della puntata è la paura, alimentata da come ci raccontano il mondo, e la percezione della criminalità nel nostro paese che contrasta con i dati statistici che invece dimostrano che essa è nella media europea ed anzi in diminuzione se prendiamo l'ultimo decennio. Se nella realtà non ci sono grandi mutamenti, le paure hanno sbalzi forti a seconda di come ce la raccontano. E' come se usassimo la paura della criminalità comune come specchio di tutte le insicurezze che abbiamo. Ci sentiamo sperduti e per assurdo la paura della criminalità ci rassicura.
Interessante, anche se prevedibile, l'identikit, rivelato dalle inchieste, delle persone più spaventate dalla criminalità: casalinga o anziano, livello di istruzione medio-basso, poche relazioni sociali e uso della televisione per più di quattro ore al giorno. La paura cresce quasi parallelamente all'ascolto anche perché essa fa audience.
Diamanti afferma che la spettacolarizzazione della cronaca nera è tipica dell'Italia e di pochissimi altri paesi. E' stato calcolato che la criminalità occupi circa il 40% dello spazio nei TG (contro il 6% dei problemi legati all'occupazione e dello 0,3% delle morti sul lavoro) mentre in Germania questo spazio è venti volte minore, in Francia cinque.
Ancora più interessante, secondo me, è il fatto che l'angoscia è legata a due elementi: la scarsa rete di vicinato e la scarsa conoscenza degli altri. L'essere soli in un mondo che non conosciamo e il fatto di passare le giornate davanti ad un occhio che è puntato su tutti i mali del mondo non può che provocare angoscia.
Io francamente tutta questa paura non la sento ed inoltre non sono affatto attratta dalle notizie di cronaca però penso ai miei genitori e ce li rivedo perfettamente nel ritratto che fa Diamanti. Vivono in città ma non hanno molti contatti umani se non quelli superficiali degli esercizi dove fanno la spesa. Penso a quante volte mia madre mi cita episodi di cronaca con tono allarmato.
Il senso di estraneità verso il mondo che mi circonda invece lo provo, eccome. Mi devo procurare una bussola.

giovedì 8 aprile 2010

Il giallo non è per tutti

In questo periodo in cui anche la più squallida aiuola spartitraffico ha le sue pennellatine di fiorellini gialli e dalla finestra del mio ufficio lo sguardo si perde tra marea abbagliante color del sole, nel nostro giardino responsabile ci dobbiamo accontentare di un timidissimo piscialetto

e di una striminzita margheritina.

Anche la primavera fa i suoi favoritismi.

martedì 6 aprile 2010

Il Cammino di Francesco (prima parte)


Suor Priscilla, al Santuario de La Verna, ha insistito per regalare ad ognuna di noi tre una copia di un librettino dal titolo "Camminare è già pregare". Ho accettato poco convinta ed invece la lettura di questo libretto mi ha dato spunti interessanti la sera mentre, alla fine di ogni tappa, riposavo i piedi doloranti.

"Il pellegrino, a differenza del turista, porta con sé l'essenziale, non può andare troppo carico, né preoccuparsi troppo del domani; non vive nella dispersione o nell'agitazione, ma è amico della provvisorietà, del silenzio e della meraviglia, come Francesco."

Quattro giorni sul Cammino di Francesco, da La Verna a Pietralunga, quattro lunghe tappe all'insegna dell'essenzialità. L'incredibile Eremo di Cerbaiolo, dove il dolce Giancarlo si sente solo da quando Chiara è ricoverata in ospedale. Il frate dalla bella barba bianca che all'Eremo di Montecasale ha avuto compassione di noi e ci ha dato da mangiare e da dormire. Il ragazzo che ci ha raccolto con la sua Panda vecchiotta e che ha risparmiato gli ultimi chilometri per Città di Castello ai nostri piedi che non ne potevano più. La caccia al timbro più bello da far mettere sulla nostra credenziale del pellegrino. I pasti frugali e quello buonissimo l'ultima sera a Pietralunga. Volevamo arrivare a Gubbio ma non c'è stato abbastanza tempo. Sarà per la prossima volta perché questo cammino lo vogliamo davvero completare.
"Chi cammina non resta deluso, chi cammina riceve, chi cammina si apre ad inaspettati orizzonti di bene, perché il cammino è incontro, è uscire da se stessi per far posto alla vita."
Così è scritto sul libretto di Suor Priscilla. Alla prossima tappa dunque.


Qualche foto del cammino.

PS Grazie di cuore alla mia amica S. che, con la sua tenacia, mi ha coinvolto in questo viaggio.

Altri post sui miei viaggi a piedi:
Perchè fare un viaggio a piedi?
I misteri dei tufi etruschi
Uno dei "salotti buoni" del pianeta Terra
Di ritorno dal Parco Nazionale d'Abruzzo
Engadina
Corsica Mare e Monti
Di ritorno dalla Val Maira
Il sentiero dell'Inglese (Aspromonte)