mercoledì 28 febbraio 2007

Civil servant

Come dipendente della pubblica amministrazione, per qualcuno, faccio parte di quella categoria che rappresenta uno dei mali che affliggono l'Italia. Forse quel qualcuno non ha tutti i torti.
So che la situazione del mio ente non è tra le peggiori. Gli sprechi ci sono, l'accidia è diffusa tra i dipendenti, i capi non sanno gestire il personale. Sono sicura però che in ambienti più grandi la situazione sia di gran lunga peggiore.
Comunque sia non capisco perchè l'essere umano, se non è minacciato dalla paura del licenziamento o comunque da conseguenze personali spiacevoli, se ne debba approfittare, anzi, chi non ne approfitta viene guardato come un essere anormale. A chi è che durante l'orario d'ufficio non scappa una telefonata personale a casa, un mail personale, una sbirciatina su internet? Ma da qui a fare salotto impudentemente o a dilatare la pausa pranzo dalla mezz'ora prevista alle due ore effettive, o ad organizzare gite e cene con gli strumenti di comunicazione dell'ente, o a fotocopiare libri interi per uso scolastico dei figli, salvo poi pretendere fino all'ultimo sporco diritto, ce ne corre.
Se penso che in inglese "pubblico impiegato" si dice "civil servant", mi accorgo che in italiano di "servant" non se ne parla proprio ma siamo lontani anche dal "civil".
E' vero che il dipendente pubblico è poco motivato. Spesso non c'è nessuna differenza di trattamento (e non solo economico) tra chi fa il suo dovere con scrupolo e chi tira a campare, a far meno possibile, tanto poi il 27 si riscuote tutti in egual misura.
La meritocrazia presta il fianco ad ingiustizie, favoritismi e clientelismi ma l'appiattimento porta alla morte civile del dipendente pubblico e della baracca di cui fa parte.
Non ho ricette in merito. Anzi, questa volta in particolare butto la bottiglia e aspetto che qualcuno la raccolga...

domenica 25 febbraio 2007

Pensieri dalle gradinate

Il calcio sarebbe un ottimo sport se non ci fossero dietro tutti quei soldi che ne fanno in Italia un grande business utile per far sbollire la rabbia alle masse anzichè un'attività ricreativa come tante. Avere un figlio calciatore è uno dei tanti sogni dell'Italiano medio. Avete mai assistito ad una partita di calcio giovanile? E' un'esperienza sociologicamente interessante se non fosse anche un po' deprimente.
Dai pulcini ai giovanissimi, ogni genitore crede di avere un piccolo campione in campo. Primo postulato: l'allenatore non capisce niente, ogni babbo è convinto di saper far meglio al posto suo. Secondo postulato: anche l'arbitro non capisce niente, non ne parliamo poi se è un'arbitra. Sì, ci sono anche le donne arbitro, coraggiose signore e ragazze che affrontano in pantaloncini corti le ingiurie degli adolescenti in campo e dei genitori sulle gradinate. "Ma chi glielo fa fare?", mi chiedo con grande ammirazione.
Terzo postulato: l'avversario (stiamo parlando di un bambino) è uno scarpone se ha atterrato il MIO bambino e un simulatore se invece è stato da lui atterrato.
Inofine mi sono sempre chiesta: ma come fanno i ragazzi a giocare sentendo continuamente consigli dalla panchina e dalle gradinate, spesso anche in contraddizione tra loro. "Vai avanti! Chiudi! Salire! Allargati! Fatti vedere!" Ognuno di loro ha il mister ufficiale in panchina e l'allenatore personale sulle gradinate. Incitazioni alla squadra non ne ho mai sentite, solo ingiurie e consigli tecnici.
Mio marito è vissuto felicemente per cinquant'anni senza aver mai visto una partita di calcio ed ora è costretto, ogni tanto, a fare il babbo affettuoso e ad assistere a quelle dei figli. Qualche volta durante queste partite tra undicenni si sente urlare: "Attento all'omo!" E lui adorabilmente mi chiede: "Ma quale uomo?".

giovedì 22 febbraio 2007

Decrescita felice o infelicità della decrescita?

Sicuramente avrete sentito parlare del problema che l'economia non cresce, i consumi non crescono, il PIL non cresce, e così via. Pochi, ma sempre di più secondo me, hanno anche sentito il termine "decrescita". Si tratta di un pensiero contro corrente di chi, vedendo i danni ambientali e sociali di un economia sempre più liberista, ritiene che sia stato raggiunto il limite e che non bisogna crescere ma "decrescere" (vedi http://www.decrescita.it/).
Per farmi un'idea sulla decrescita ho seguito un intervento di Maurizio Pallante , autore del libro "La decrescita felice".
Pallante propone un ritorno il più possibile all'autoproduzione (il tipico esempio è lo yogurt fatto in casa che è più buono, non inquina, non crea rifiuti) unita alla sobrietà (lavorare meno e consumare meno per inquinare meno, produrre meno rifiuti e consumare meno risorse). Al nucleo delle cose e dei servizi autoprodotti si dovrebbe unire una serie di cose e di servizi scambiati gratuitamente come dono e solo per il resto si dovrebbe ricorrere allo scambio mercantile (acquisto). Il tutto, secondo lui, dovrebbe partire dalle nostre scelte quotidiane individuali. L'aggettivo "felice" sta indicare che questa scelta non sarebbe un sacrificio, una rinuncia, ma un mezzo per godersi la vita in un modo più autentico e naturale.
L'idea è molto affascinante e di sicuro ci sono degli aspetti che mi trovano d'accordo. Sono d'accordo che una società "usa e getta" è assurda, ingiusta e suicida. Noi che viviamo nei paesi ricchi siamo il 20% dell'umanità e non possiamo continuare a consumare le risorse del pianeta, che non sono infinite, a scapito dell'altro 80%.
L'aspetto che mi convince di più è la sobrietà. Sobrietà per me significa non lasciare le cose nel piatto, non comprare sempre nuovi capi di vestiario solo per inseguire le mode, lasciare l'auto a casa tutte le volte che ci è possibile, non cambiare auto ogni due anni solo perchè altrimenti si deprezza, non cambiare telefonino solo per inseguire l'ultimo modello, ecc. Insomma, prima di acquistare un oggetto chiedersi se ci serve veramente o se stiamo sottostando solo ad un bisogno indotto dalla pubblicità (vedi Sono una consumatrice critica).
Quello che invece non mi convince per niente è il ritorno all'autoproduzione. Per me, che sono negata per i lavori manuali, mettermi a fare il pane o lo yogurt in casa o a coltivare l'orticello sarebbe un grande sacrificio (invece che la "decrescita felice" sarebbe "l'infelicità della decrescita").
Sono inoltre convinta che "l'autoproduzione dei servizi" significherebbe che la cura della casa e dei familiari ricadrebbero come al solito sulle spalle delle donne che hanno faticosamente conquistato nel corso di questi anni l'indipendenza economica. Infine ho paura che la proposta di lavorare meno non sia alla portata di tutti. Per molti non è una scelta, non si tratta di rinunciare al superfluo ma di arrivare in fondo al mese!
Caro Pallante, è vero che il progresso non è sempre positivo ma bisogna stare attenti a non buttare via il bambino con l'acqua sporca!

Per appprofondimenti:
http://www.unmondopossibile.net/articolo/art0076.htm
http://www.beppegrillo.it/libri.php#decrescita
http://www.carta.org/campagne/globalizzazione/decrescita/
http://www.cnms.it:8080/cnms/dattidafare/suggerimenti_da_sobrieta_cap4

martedì 20 febbraio 2007

Io figlia

I miei genitori sono brave persone. Sono ex operai in pensione. Mio padre ha preso il diploma di terza media con le 150 ore e mia madre ha fatto la terza avviamento. Quando ero adolescente ho passato anch'io il mio periodo di contestazione nei loro confronti, contestazione piuttosto repressa in sofferenza perchè, avendo paura di mio padre, non osavo ribellarmi apertamente e finivo per detestarlo con tutte le mie forze.
Poi, crescendo, come è giusto che sia, ho imparato a guardarli con occhi diversi e ho capito che quelle che consideravo "imperdonabili mancanze" in realtà erano i loro limiti umani.
Il senso di solitudine che cerco di affidare alla bottiglia, l'ho provato prima di tutto con i miei genitori: non mi sentivo capita e tutt'oggi, da adulta, non mi sento granchè capita.
Di carattere sono più simile a mio padre. Ho apprezzato che a 18 anni egli mi abbia portato con sè a donare il sangue. Sono orgogliosa che abbia prestato servizio alla Misericordia per cinquant'anni. Non gli ho mai perdonato però di aver tarpato le ali a me e a mia sorella per paura di chissà quale destino immorale.
Con mia madre da sempre tento un dialogo da "amica". Talvolta "ci ritroviamo" ma spesso la sento così diversa da me! Mia madre è una che per i familiari darebbe arti, organi, vita, ecc. ma per quelli al di là del muro del suo orticello familiare non darebbe una cicca, anzi, nutre per gli estranei paura e diffidenza miste ad indifferenza per la loro sorte.
Tempo fa ho detto a mia madre: "Ho aperto un blog". So che lei non si intende di rete, di computer, internet, ecc. ma mi sarei aspettata un minimo di curiosità, anche solo per preoccuparsi che non "faccia brutti incontri".
Invece la sua risposta è stata un laconico: "Ah!" e ha cambiato discorso...

domenica 18 febbraio 2007

Oro blu

Il mio primo ricordo che riguarda l'acqua minerale è legato ai bottiglioni da due litri di acqua frizzante che i miei genitori compravano al supermercato e che poi riportavano vuoti. Poi c'è stato l'avvento della plastica e il vuoto a perdere è sparito. Non conviene più. Questo fatto, unito alla diffidenza verso la gestione degli acquedotti, ha portato il consumo di acqua minerale in Italia a dei livelli assurdi, come assurda è la quantità di rifiuti che produce, senza contare l'inquinamento dei camion che portano l'acqua su e giù per la penisola. (Cosa c’entra l’acqua col petrolio - La follia delle bottiglie di plastica ).
Forse un tempo l'acqua del rubinetto non era molto sicura e forse anche oggi in certi comuni è meglio non berla. Recentemente però molti acquedotti si sono attrezzati per produrre un'acqua buona e sicura (vedi inchiesta di Altroconsumo e Tutto sull'acqua potabile).
Dietro le acque minerali c'è un business pazzesco come potrete scoprire leggendo l'interessante libro di Giuseppe Altamore "Qualcuno vuol darcela a bere. Acqua minerale, uno scandalo sommerso".
Basta pensare che le concessionarie delle sorgenti pagano poco o niente alle Regioni e ai Comuni, mentre investono milioni di euro in pubblicità. In effetti, senza la martellante pubblicità, penso che nessuno (o quasi) berrebbe l'acqua minerale che costa molto di più dell'acqua del rubinetto ed è meno controllata.
Altreconomia tenta una petizione coraggiosa: Mettiamola fuori legge . Vi segnalo inoltre un simpaticissimo spot dei MeetUp di Napoli.
Un altro tema scottante che riguarda l'acqua, è la cosidetta "privatizzazione" degli acquedotti. Sono contraria a fare dell'acqua una merce. Sono d'accordo con Alex Zanotelli che l'acqua, come l'aria, è un bene comune e che tutti devono averne diritto. Ho solo una perplessità riguardo alla proposta di legge di iniziativa popolare : è giusto che anche chi non ha possibilità economiche abbia diritto all'acqua potabile, ma chi se lo può permettere secondo me la deve pagare cara perchè è un bene prezioso, che non va sprecato lavando l'auto o innaffiando il giardino. Arriverà questo messaggio alla gente se già i primi 50 litri a persona sono gratuiti (art.9 comma 3 della proposta di legge)?

venerdì 16 febbraio 2007

Mamma frustrata /2

Ore 20. Madre quarantenne agonizza sul divano con febbre a 39 a causa di una bastarda influenza. E' sola in casa con il figlio quattordicenne che, come al solito, è davanti al computer a giocare a calcio online.
Una voce nel silenzio:
"Ma io ho fame... non si mangia?"
Silenzio.
"C'è nessuno in casa? Io ho fame."
Silenzio.
Il figlio scende al piano di sopra, vede la madre sul divano in evidente stato comatoso e chiede:
"Come stai?"
Lei: "Male"
Lui: "Io ho fame. Quando si mangia?"
Lei: "Per te al mondo esiste solo il tuo tubo oro-gastro-enterico."
Lui non risponde, va in cucina e comincia a mangiucchiare dei grissini.
Mentre il cervello febbricitante della madre comincia già a formulare un ennesimo post contro i figli adolescenti, al figlio si devono essere ricollegate un paio di sinapsi di quelle staccate da tempo.
Torna in salotto e chiede:
"Posso fare qualcosa per te?"
"Sta a vedere che mi tocchera' anche dargli un punto in più sulla paghetta...", pensa la madre.

P.S.
Approfitto dell'occasione per una rettifica. Nel post Mamma frustrata, mi lamento al plurale dei miei due figli. Ci sono invece delle dovute differenze che qui non sto a specificare per privacy, ma di cui l'interessato è stato messo a conoscenza.

mercoledì 14 febbraio 2007

... e non mi basta mai (tempo)

Chissà se, oltre ai miei giovani lettori, mi leggerà mai una madre di famiglia come me! Immagino la domanda che le sorgerà spontanea: "ma questa dove trova il tempo di fare tutte queste cose di cui parla?" Scrivere il blog, leggere il giornale, sentire la radio e gli audiolibri, guardare la televisione ed i video su internet, leggere libri, camminare nella natura, cantare... sì, ma anche lavorare in ufficio, andare in palestra, fare un minimo (minimo) di pulizie in casa, fare la spesa, caricare la lavatrice, stendere i panni, ripiegare i panni, stirare (poco, pochissimo), cucinare (poco, pochissimo), riempire e svuotare la lavapiatti, riguardare i compiti dei figli, riattaccare i bottoni... e il marito? Sì poveretto, avrebbe delle richieste anche lui.
Dite la verità, vi ho stancato, eh?
Beh, ridimensioniamo. Molte delle cose che mi vanto di fare sono saltuarie, sono più desideri che altro. Però vi vorrei rivelare, care ipotetiche madri di famiglia in rete, qualche trucchetto per riuscire a sfruttare il più possibile il proprio tempo per evitare che esso venga occupato solo dalle ineliminabili incombenze noiose.
Scrivere i post? Un po' per volta nei ritagli di tempo, magari mentre cuoce la cena, magari due o tre insieme in modo da avere una certa riserva per i giorni più impegnati.
Ascoltare la radio? Mentre vado in bicicletta (Fahreneit o Caterpillar), oppure, meglio, scaricare gli mp3 e risentirli in autobus andando e tornando dall'ufficio oppure mentre stiro o ripiego i panni (vale anche per "Ad alta voce" o "Alle 8 della sera"). Microfono aperto, per esempio, lo sento sempre mentre sparecchio la sera.
La televisione? I pochi programmi che si salvano li registro e li vedo quando posso, anche un po' per volta, per di più scorrendo la pubblicità (tiè!).
I video Arcoiris? Basta scaricarli e vederli la sera a letto con il portatile.
(vedi Le mie fonti di informazione e di... sopravvivenza civile )
Le incombenze burocratiche (bollettini, ICI, bollo auto, ecc.)? Il più possibile online. Sì, costa un po' di più che andare alla posta, ma il mio tempo è più prezioso.
Le faccende di casa? La mia sorella, casalinga perfetta, inorridirebbe, ma consiglio le mamme di semplificare il più possibile i lavori di casa (oltre naturalmente a farsi aiutare, come è doveroso, dal marito). La vita è così breve non buttiamola a lustrare! (vedi La nera signora )
Meglio la casa un po' più sporca e un po' più di tempo per sè (e per i propri cari).

lunedì 12 febbraio 2007

Risparmio responsabile

Mi dispiace che putroppo per molte persone non sia proprio possibile risparmiare e, di conseguenza, il problema di come investire i propri soldi non si pone. Per fortuna nella mia famiglia capita di avere qualcosina da parte e di chiedersi come investirla.
Secondo me il risparmio non deve essere una via di ulteriore arricchimento ma dovremmo preoccuparci semplicemente di difendere il potere di acquisto dei nostri risparmi ed inoltre dovremmo chiederci a chi vanno i nostri soldi e per fare cosa.
Per quello che ho letto sull'argomento sono giunta alla conclusione che le banche siano l'espressione più deleteria del liberismo senza scrupoli. Basti pensare che in un'economia che ristagna come quella italiana, le banche italiane stanno facendo profitti altissimi. Se c'è una crisi perchè non ne devono condividere i costi ed i rischi? Purtroppo molti risparmiatori hanno imparato a proprie spese in occasione del crack argentino o della vicenda Parmalat, che bisogna stare lontano dalle banche, come consiglia il buon Beppe Scienza.
Se poi indaghiamo su i loro collegamenti finanziari con i paesi del Sud del mondo, sui loro coinvolgimenti con imprese o con progetti ad alto impatto ambientale, con il commercio e la produzione di armi, con i paradisi fiscali e il riciclaggio di denaro sporco, con i regimi oppressivi, ci viene veramente lo scoramento. Fa eccezione Banca Etica anche se qualcuno ha espresso perplessità per i suoi legami con la Banca Popolare di Milano che qualche macchia ce l'ha
(https://www.bancaetica.com/files/Com_200667_103731_legge_185_.pdf).
Alla fine i quattro soldi che avevamo li abbiamo investiti in certificati di deposito di Banca Etica
e in Buoni Postali. L'impiegato delle Poste ha tentato di venderci dei prodotti bancari sui quali ora anche le Poste si stanno buttando. Quando mio marito gli ha detto: "No, grazie, si tratta di una scelta di vita!", l'impiegato ci ha guardato con uno sguardo tra l'incredulo e l'ammirato.
Per approfondire l'argomento risparmio responsabile consiglio:
- "Guida al Risparmio Responsabile"
- il sito di Beppe Scienza (professore di Matematica all'Università di Torino)
- Sportello EcoEquo del Comune di Firenze: Finanza etica
- La campagna Banche Armate,
- Piccolo libro carino sul risparmio visto dalla parte di un impiegato di banca:
Antonio Gorba, 1° non entrare in Banca.

venerdì 9 febbraio 2007

Canta che ti passa

Purtroppo non ho una grande cultura musicale. Mi piacerebbe capire i segreti della musica, classica o moderna che sia. Non so leggere uno spartito e non so suonare uno strumento ma cantare mi è sempre piaciuto. Quando ero piccola mi divertivo a cantare La Traviata. Lo Zecchino d'oro era la mia passione. Ma a dirla tutta, non sognavo tanto di parteciparvi come concorrente, bensì di far parte del Coro dell'Antoniano.
Cantare mi dà delle emozioni che non saprei descrivere e mi scarica dalle tensioni. Credo che ci sia un preciso motivo fisiologico legato alla respirazione che è la base del canto.
Così l'anno scorso allora ho deciso di prendere lezioni di canto moderno. Il mio piccolo momento di gloria è stato il saggio di fine anno quando, unica allieva adulta insieme al pianista che mi accompagnava, ho cantato "Il cielo in una stanza" e "Let it be" ed il pubblico (genitori degli altri allievi) mi ha scambiata per un'insegnante. (Evvaaaaiii!)
Quest'anno (per motivi puramente logistici) sono passa al canto classico. Indipendentemente dalla riuscita (non mi pare proprio disastrosa), è un'attività che mi ritaglio volentieri.
Ho scoperto che cantare è come suonare uno strumento che tutti noi abbiamo ma la cui padronanza e consapevolezza è tutt'altro che scontata. Oltre ovviamente ad intonare la nota giusta e ad andare a tempo (questo lo sanno tutti), bisogna riuscire ad amplificare il suono facendolo risuonare nella testa. E' difficile spiegarlo ma una volta capito si ottiene come una sorta di massaggio interno.
Cantare insieme a qualcun altro poi mi dà una soddisfazione particolare. Avrete sicuramente idea di cosa sia cantare in coro in gita scolastica o alla fine di una cena o in qualsiasi altro momento conviviale. Sono momenti di allegria, di esaltazione o di commozione a seconda delle circostanze.
Per citare il bistrattatissimo professore di musica di mio figlio: "cosa sarebbe il mondo senza musica?".

mercoledì 7 febbraio 2007

Che almeno la bottiglia sia biodegradabile

Lo ammetto: quella dei rifiuti è una mia ossessione. Come già accennato in un precedente post (La morale del chissenefrega), la quantità di rifiuti che noi cittadini del Nord del mondo produciamo è spropositata. Il problema somma le forti responsabilità degli amministratori locali e nazionali, i grandi interessi economici (dalle aziende che dovrebbero essere attente agli imballaggi, al business degli inceneritori, all'ecomafia) e, come al solito, l'incuria della gente comune.
Mi sembrerebbe naturale che la prima risposta al problema rifiuti sia la riduzione a monte. Alzi la mano chi si preoccupa di scegliere un prodotto anzichè un altro in base all'imballaggio, chi sta attento a comprare ricariche, detersivo alla spina, e simili, chi resiste al martellamento pubblicitario dell'acqua minerale, e così via.
La seconda tappa delle quattro R è il riciclaggio. Come mi sento sola quando con il mio sacchettino di organico faccio 500 metri per buttarlo nell'unico cassonetto apposito della zona e poi ci trovo dentro tutto meno che scarti di cucina e di giardino! Certo il mio comune dovrebbe mettere più cassonetti del genere, ma anche gli abitanti dovrebbero collaborare nell'interesse di tutti!
Per quanto riguarda il Riuso o Riutilizzo, chi è che si chiede prima di buttare un oggetto se è possibile riutilizzarlo (a parte, forse, passarsi qualche vestito) o ripararlo? Nel mio ufficio ogni anno si ricomprano classificatori nuovi mentre ne abbiamo un armadio pieno di usati ma ancora perfettamente funzionanti (probabilmente fa schifo toccare quello che altri hanno usato!). Mi sento una marziana quando mi preoccupo di portare a scuola o in biblioteca i fumetti che ai miei figli non interessano più o quando spontaneamente riporto in lavanderia le grucce di metallo.
Periodicamente qualcuno abbandona sul marciapiede accanto al cassonetto materiale ingombrante (televisori, lavatrici, sedie, mobili, ecc.). Questo mi fa andare il sangue al cervello visto che esiste un servizio gratuito, basta telefonare e mettere in strada il materiale nel giorno della settimana previsto.
Per quanto riguarda il residuo di rifiuti che rimarrebbe comunque anche con una buona raccolta differenziata, la soluzione inceneritori non mi convince. Al di là di quello che cerca di dimostrare il ricercatore amico di Beppe Grillo, credo che certezze sulla nocività dei nuovi inceneritori le avremo tra diversi anni quando sarà troppo tardi o comunque quando ci avremo speso talmente tanti soldi che difficilmente potremo tornare indietro. Mi convince molto di più l'approccio di un imprenditore che, conti alla mano, va dimostrando che bruciare rifiuti è antieconomico: http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=6276
Vi consiglio anche il video Non bruciamoci il futuro .

lunedì 5 febbraio 2007

W la squola

Ho cominciato a scrivere un blog per esprimere il mio senso di solitudine (vedi Perchè scrivere un blog?). Forse più che "Message in the bottle" lo avrei dovuto chiamare "Dialogo allo specchio" visto che non mi scrive nessuno. Come mi sento sola quando penso che mi piace lavorare, a suo tempo, mi sentivo un po' marziana perchè mi piaceva andare a scuola e tutt'ora provo piacere nell'apprendere. Mi è capitato di incontrare ben poche persone che condividessero questa mia passione che i miei figli trovano assurda. A chi è che piace andare a scuola? Può capitare di appassionarsi per una particolare materia, di cui i più fortunati riescono a farne la propria professione, ma non certo il semplice fatto di imparare, di assorbire come una spugna quello che l'insegnante ha da comunicarti.
Ho frequentato la scuola tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta. Ho incontrato alcuni insegnanti scadenti ed altri ottimi. Tra quest'ultimi vorrei citare la maestra che ho avuto tra la terza e quinta elementare, Lia Morelli. Sapeva interessare tutti e sapeva trasmettere anche valori oltre che nozioni. Mi ricordo che sul mio diario scrissi che uno dei miei desideri era di "essere una fanciulla della Resistenza" e certo lo dovevo ai suoi insegnamenti in merito. Mediocri invece i professori delle medie e delle superiori tranne il professore di Italiano in terza, quarta e quinta ragioneria, Virgilio Gaddi. Mi ha insegnato a studiare e soprattutto a ragionare, mi ha insegnato che ogni autore è un uomo del suo tempo e si può capire solo se conosciamo la situazione storico-politica dell'epoca. Non è un caso che tutti noi siamo usciti da Ragioneria sapendo molto di più di Dante che di bilancio!
Da quello che posso constatare per esperienza indiretta (cioè quella dei miei figli), la scuola oggi è molto cambiata. Ci lavorano ancora delle persone valide, ma trovare passione nell'insegnare oggi è un atto di eroismo. La mentalità della maggior parte degli studenti (per quello che ho potuto verificare) è di fare il minimo indispensabile per andare avanti: togliamoci di mezzo questo compito, questa interrogazione, questa materia, questo argomento, questo anno scolastico, prima possibile con il minor sforzo possibile. Così poi ci dedichiamo a quello che merita assai di più (uscire con gli amici, andare in discoteca, giocare a calcio, comprarsi il telefonino nuovo, ecc.). Se non ci rimane niente di quello che abbiamo studiato chissenefrega, tanto, a che serve?
Inoltre gli insegnanti vivono quello che capita a tutti i dipendenti pubblici (di cui tra l'altro rappresentano la categoria più numerosa): appiattimento, nessun riconoscimento per i più bravi o per i più volenterosi, un sacco di ostacoli burocratici, scarso aiuto da parte delle famiglie che danno sempre ragione ai propri figli. Ma chi glielo fa fare? E dire che invece è un mestiere così bello ed anche così importante!
Oltre all'esperienza dei miei figli, mi sono fatta un'idea della situazione della scuola oggi grazie ai libri di Paola Mastrocola (http://www.windoweb.it/guida/letteratura/biografia_paola_mastrocola.htm, http://www.ilportoritrovato.net/HTML/bibliomastrocola.html
http://www.mondolibri.it/ml/interviste.asp?codice=21 ) e gli articoli di Marco Lodoli.
Mi hanno molto affascinato i libri di e su Don Lorenzo Milani. Milani parla di una situazione di altri tempi, ma i suoi insegnamenti non andrebbero dimenticati.

venerdì 2 febbraio 2007

La nera signora

Oggi voglio toccare un tema scomodo: il mio rapporto con la morte. Non credendo nell'aldilà, per me morire è tornare esattamente dove ero prima di nascere. Su questo non ci sarebbe nulla di terribile ma quello che mi angoscia non è la morte ma il tempo che passa, passa sempre più veloce come granelli di sabbia che scorrono in una clessidra. L'immagine non è mia, l'ho letta recentemente nel romanzo Il Gattopardo.
Il pensiero della vita e della morte mi dà un senso di vertigine perchè vedo che la mia esistenza, per me così importante, sarà come un soffio nella storia dell'umanità, non parliamo poi nella storia di questo pianeta e ancor più nella storia dell'universo. Provo quindi una sensazione di vertigine ma il pensarci mi è utile per ridimensionare tante cose futili per le quali mi arrabbio o mi preoccupo o me la prendo. Talvolta provo ad immaginare quante persone sono passate sulla terra nei vari secoli dell'umanità. Pensare che per ognuno di loro, la loro vita era il centro del mondo, come lo è per me!
La morte da giovani è una cosa lontana, roba di altri. Da qualche anno invece mi scopro a pensarci più spesso. Mi trovo ad ipotizzare che il giorno che sto vivendo potrebbe essere l'ultimo oppure, con un po' di fortuna, potrei essere più o meno a metà del cammino. Buttando giù queste riflessioni mi è venuto in mente che, comunque vada, almeno per un po' sopravviverò in questi pensieri che ho deciso di pubblicare ...