martedì 12 febbraio 2013

Le leghe, le trecciaole, le barricate e la prima sindaco d'Italia

Anche quest'anno ho accompagnato un gruppo di persone sulle colline intorno alla mia città e anche stavolta mi sono divertita a cercare notizie sulla zona e a raccontarle. Pare anche che siano state apprezzate. L'anno scorso ho scoperto molte cose su Sesto Fiorentino (a Nord Ovest di Firenze). Stavolta mi sono concentrata sulle colline di Scandicci (Sud Ovest) alla base delle quali si arriva comodamente in tranvia (e non è poco).
Al solito mi sono chiesta cosa ci sarà mai da dire di questa periferia da cinquantamila abitanti ed invece, cercando in rete (chissà poi se potessi consultare un vero e proprio archivio), ho trovato diverse cose interessanti, la maggior parte attinte da Scandicci Storia e Memoria

La odierna pianura di Scandicci, così popolosa grazie all'immigrazione degli anni Sessanta/Settanta del Novecento, era invece poco antropizzata nel Medioevo, tanto che le frazioni (i cosiddetti popoli) sentivano il bisogno di unirsi amministrativamente in leghe, le cui più importanti in questo territorio erano la Lega di Torri e la Lega di Casellina e Settimo. Complicato l’organo di autogoverno locale stabilito dallo statuto di queste leghe ove erano previste diverse cariche: tre sindaci, undici consiglieri, estratti dalle borse delle varie componenti territoriali della lega, due pennonieri e nove aggiunti, quattro stimatori della lega, incaricati di stimare i beni posti in sequestro dal podestà, quattro addetti al sindacato del notaio del podestà, un camarlingo, che si occupava della gestione delle finanze locali e della riscossione delle imposte, i rettori dei popoli, che si occupavano della gestione finanziaria e del controllo dell’ordine pubblico. Insomma un sacco di poltrone spazzate via dopo diversi secoli da un vero riformista: il Granduca Leopoldo di Lorena, il quale nel 1774, nell’ambito di un progetto di riassetto amministrativo, attuò una riforma delle comunità del contado sopprimendo numerose entità territoriali esistenti come popoli, leghe, podesterie e vicariati. E noi che non riusciamo ad abolire un paio di province!

Alla fine dell'Ottocento la piana di Scandicci era già densamente abitata ed anche piuttosto produttiva. Particolarmente diffuso era il lavoro svolto dalle trecciaiole a domicilio, permettendo così alle lavoranti di accudire contemporaneamente alla famiglia e di integrarne le entrate (chi ha letto Metello di Pratolini ricorderà che tale era l'occupazione della moglie del protagonista). Purtroppo, come sempre, le trecciaiole erano sfruttate, non solo dai fabbricanti, ma anche dagli intermediari, i cosiddetti fattorini che portavano loro la materia prima e ritiravano il lavoro finito. Alla fine migliaia di donne lavoravano con salari di 10-20 centesimi al giorno, talmente bassi che non permettevano nemmeno l'acquisto di mezzo chilo di pane. Ecco perché, nel maggio 1896 scoppiò a Brozzi uno sciopero che coinvolse tutta l'area fiorentina, comprese le lavoranti di Scandicci. Gli avvenimenti sono ben narrati in un istruttivo articolo dello storico moderato Pasquale Villari, Le Trecciaole, pubblicato sulla Nuova Antologia nell’agosto 1896.

E se mi erano noti i disordini avvenuti nel 1921 a Firenze, durante i quale fu ucciso dalla squadracce fasciste il segretario del sindacato ferrovieri, Spartaco Lavagnini, non sapevo che in concomitanza Scandicci, ove dal 1920 governava una giunta di socialisti massimalisti guidata da Silvio Cicianesi, fecero persino le barricate in prossimità del ponte sulla Greve, per difendersi dalle ritorsioni fasciste verso questo comune rosso alle porte di Firenze. Fu così che il 1 marzo 1921 le barricate furono cannoneggiate e sfondate dall'esercito e dalla guardia regia, seguita ovviamente dalle squadre fasciste. Il Comune, la Società di Mutuo Soccorso ed anche alcune case furorono devastate, la giunta comunale sciolta e arrestata ed al suo posto fu nominato un commissario prefettizio. Anche di questi avvenimenti si trova conto sul sito Scandicci Storia e Memoria con un articolo de La Nazione dal titolo La Comune di Scandicci e la testimonianza dell'allora assessore socialista Vittorio Michelassi.

 Si dovette aspettare il secondo dopoguerra per avere a Scandicci una giunta guidata dai comunisti di Gino Frosali. Tuttavia gli Scandiccesi possono essere orgogliosi di aver eletto nel 1951 il primo Sindaco donna d'Italia: la comunista Eleonora Benveduti Turziani. La Turziani amministrò la città per ben dieci anni conquistando la stima dei suoi concittadini e vincendo i forti pregiudizi di cui poteva essere oggetto una donna sindaco negli anni Cinquanta. Sul sito Scandicci Storia e Memoria è riportato il divertente episodio del contadino che, cercando il sindaco nel suo ufficio, se ne andò via dicendo all'uscere che non c'era il sindaco bensì la moglie. Ma Eleonora seppe conquistare anche questo suo concitadino che poco tempo dopo, ad un'assemblea, finì per acclamarla al grido: "Evviva il Sindaco! Evviva Eleonora!".

Nessun commento:

Posta un commento