mercoledì 10 ottobre 2007

La solitudine dei vent'anni

E' curioso ritrovare lo stesso tema che ho espresso nel mio primo post anche sul mio diario di quando avevo vent'anni. Ma forse ha ragione Giulia: la solitudine è la nostra malattia.

14/11/83
Il problema è stato messo a fuoco. Lo si può sintetizzare in una parola che, come tutte le parole è qualcosa di fittizio e di arbitrario ma più o meno si avvicina al concetto. La parola è: SOLITUDINE. Prima obiezione: non si era già scoperto più volte?
Verissimo, e ciò non fa che confermare la mia stoltezza nel credere (o estrema illusa!) di superare questo problema che, prima o poi, ritorna prepotentemente vero.
Il fatto è che la solitudine è un malessere esistenziale non uno stato d'animo temporaneo. E' una condizione che non dipende dagli avvenimenti esterni.
La sentivo ad agosto ed ero veramente sola. Ma la risento anche ora. Ora che esco spesso con i miei amici che ben conosco e a cui voglio bene, ora che ho quello che si può dire "un ragazzo", ora che vedo tanta gente, che lavoro, ho molto da fare ecc. Eppure non mi sono mai sentita più sola. Ciò significa che la solitudine non è in nessun altro posto che dentro la mia testa.
Secondo importante punto: la solitudine, essendo esistenziale, non si supera. Impossibile è essere capiti, impossibile è trovare la persona che vuoi al momento che vuoi.
Quindi la solitudine la si può solo:
1) dimenticare

2) affogare.

In ambedue i casi si tratta di qualcosa di temporaneo e di effimero che serve solo ad andare avanti.
1) la si dimentica quando ti sembra di aver trovato qualcuno che ti capisca, o qualcuno che condivida con te qualche tuo problema o anche semplicemente qualcuno che ti ha cercato. In quei momenti ti dimentichi della solitudine che c'è, c'è sempre, e (strana natura umana) ti illudi che essa non ci sia.

2) la solitudine si può affogare in mille modi più o meno validi. Quelli che riescono meglio a me sono:

a) nella musica

b) nell'alcool

c) nei cappuccini caldi.
a) E' forse il modo migliore (nel senso che riesce meglio) capace di resuscitarmi da situazioni di profondo spleen come quello di oggi. Non so spiegarmi bene il meccanismo, so solo che talvolta la musica diventa un bisogno vitale, quasi fisico.

b) Naturalmente non bisogna pensare che mi attacchi alla bottiglia del whisky e vada in giro col naso rosso a ballare in mezzo alla strada. Il mio affogare la solitudine nell'alcool si limita ad un paio di bicchieri di spumante talvolta cercati, spesso occasionali, che facendomi girare la testa, mi fanno vedere la realtà attorno in una dimensione nuova, strana, inafferrabile ma affascinante.

c) Ridicola definizione che è naturalmente simbolica e sta a indicare tutti quei piccoli piaceri che mi concedo quando mi vedo una piccola bambina indifesa e spaurita che vanno, appunto, dal cappuccino caldo, alla colazione a letto (servita da me stessa, naturalmente, e da chi se no?) all'abbracciare il cuscino, ecc.
I dolci no, non fanno parte di questo gruppo, ma di un tipo particolare di espediente che ha come scopo non l'affogare la solitudine ma la mancanza di affetto.
Concludendo devo dire che il quadro tracciato non è dei migliori ma il fatto che l'abbia tracciato significa che ho ritrovato l'ironia e il distacco da poter sorridere su questo mio malumore di oggi.

7 commenti:

  1. Allora siamo un po' tutti ancora adolescenti...

    RispondiElimina
  2. Eri già, in nuce (per parlare da critico letterario), una blogger!

    Molto mi ritrovo nelle tue parole di allora, ma non so dire meglio che attraverso le parole di uno con cui sempre sono in risonanza:

    "Spesso il male di vivere ho incontrato:
    era il rivo strozzato che gorgoglia,
    era l'incartocciarsi della foglia
    riarsa, era il cavallo stramazzato.

    Bene non seppi, fuori del prodigio
    che schiude la divina indifferenza:
    era la statua nella sonnolenza
    del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato."

    (E.Montale)

    RispondiElimina
  3. Io ho sempre adorato la solitidine, forse perchè non sono mai stata o sentita sola :)
    Un abbraccio, mia cara.....

    RispondiElimina
  4. La solitudine è un nostro modo di essere, forse non si scappa, bisogna farsela amica e dialogare di più con noi stessi, cercare chi siamo e valorizzarci di più. Questo è quello che ci manca spesso... Tu sei una persona tanto sensibile e cme tale hai provato e forse a volte ti senti ancora sola. Mi sei molto cara e se hai voglia di parlare sai dove trovarmi. Gulia

    RispondiElimina
  5. Io ci vivo e convivo con Solitudine, siamo ormai buoni amici... promette sempre di andare via... ma non lo fa mai, anche perchè mi ci sono affezzionata parecchio... passa da me qualche volta, mi farebbe molto piacere avere tuoi commenti sul mio posticino nascosto nel mare di internet.

    RispondiElimina
  6. Mi sono sempre sentita anche io un po' da sola "nei pensieri", circondata da tante persone ma poche che la pensassero come me.
    Adesso ho scelto di stare sola davvero, frequentare poche persone e cercare ambienti in cui incontrare qualcuno che la pensa come me.
    La maggior parte delle mie passeggiate le faccio da sola, a fare "shopping" vado da sola, così alle fiere, ai musei, alle mostre, etc.
    Mi sento più libera, più aperta agli altri e più serena.
    Orsa?
    Misantropa?
    Eremita?

    Però un viaggio a piedi con te lo farei volentieri, solo che a un certo punto mi dovresti abbandonare sul ciglio della strada sfinita e dolorante!!!

    RispondiElimina
  7. Nessuna delle tre, Alchemilla. E' la maturità che ci fa imparare a saper scegliere la compagnia (quantità e qualità).

    Mi piacerebbe davvero conoscerti. Abbiamo troppe cose in comune. Nessun problema: il camminare è proprio l'unica attività fisica in cui basta solo un po' di allenamento.

    RispondiElimina