mercoledì 11 settembre 2013

Le bambine non vanno a scuola

Malala, pakistana di Mingora, oggi ha 16 anni. Quando ne aveva 15, mentre tornava da scuola sul pulmino con altre compagne, ha subito un attacco dei Talebani che l'hanno ferita alla testa. Essi hanno rivendicato l'attentato dichiarando che Malala è il simbolo degli infedeli e dell'oscenità. Oggi vive nel Regno Unito in attesa di un nuovo intervento chirugico. Malala e le sue compagne sono bambine che per studiare, per crescere, per esistere sfidano l'oscurantismo criminale dei Talebani, la follia che vuole impedire alle ragazze l'istruzione perché le tenebre sarebbero più sante della luce. Le amiche di Malala continuano ad andare a scuola ma scortate.
Tutto questo è raccontato nel bel documentario di Lucia Goracci "Le bambine non vanno a scuola" andato in onda quest'estate (a tarda notte) su RAI3 per la serie DOC3 a cura di Alessandro Robecchi.
Nel febbraio del 2009 Malala e la sua famiglia (il padre è preside in un istituto femminile) fuggono dalla loro città dove i terroristi avevano cominciato a far saltare le scuole. "I Talebani sono come la mafia" dichiara Malala "possono aspettare degli anni ma prima o poi te la fanno pagare. Andavo a scuola con lo zaino sotto il velo a causa delle minacce ricevute. Alla vigilia dell'attentato molte ragazze avevano già rinunciato per paura."
Nel documentario vengono intervistate due amiche di Malala che erano con lei sul pulmino e che furono anch'esse ferite ma che sono rimaste in Pakistan: Kainat e Shazia. Da allora la loro vita è un incubo e non solo per il ricordo di quel giorno. A Mingora le chiamano "le Malala dimenticate" perché, mentre lei vive protetta in U.K., loro sono rimaste qui. Kainat vive praticamente reclusa in casa dove il giorno sembra non finire mai. I Talebani proibiscono persino di vaccinare i bambini perché lo considerano "veleno imperialista". Gli attentatori del bus sono ancora liberi. "Voglio lasciare questa vita che è come una prigione" dice Kainat "ed andare in un luogo dove io sia libera di recuperare i miei sogni."
Anche Shazia va a scuola scortata da un poliziotto. La preside le tiene chiuse alle telecamere di tutto il mondo per prudenza. Il padre di Shazia fa il fornaio. "Avrei potuto tenerla in negozio e sorvegliarla continuamente" dice. "Ma voglio che tutti i miei figli vadano a scuola. L'istruzione è vita."
"Ho paura" confessa Shazia "ma non possiamo lasciare che la paura prenda il sopravvento. Intendiamo essere un esempio e incoraggiare le altre bambine pakistane. Se la paura comincia a prevalere, che aiuto potremo dare alla prossima generazione?" Si noti che si tratta di una adolescente di sedici anni!
Nel documentario si mostra un liceo pubblico dove studiano e insegnano 500 donne. Un bersaglio facile che quindi deve essere protetto dai soldati. Si vede inoltre una classe di 136 alunni seduti in terra perché non si hanno banchi sufficienti. La preside ha ricevuto molte minacce. I Talebani sono dappertutto, chiunque può tradirti e possono attaccare in qualsiasi momento. Si racconta infine di una maestra di 41 anni, madre di tre figli, uccisa dai Talebani. Il marito ricorda come ella prendesse le minacce per maldicenze e dicesse "L'istruzione è un mio dovere." In un'altra scuola, il giorno dei risultati scolastici del quadrimestre hanno sparato dentro l'edificio ed hanno ucciso il preside e una studentessa.
"Non rinuncerò ad andare a scuola" dichiara Malala che spesso viene intervistata in televisione e che è candidata al Nobel per la Pace. "La mia scuola sarà ovunque!"
Dedicato alle ragazze e ai ragazzi toscani che, come mio figlio, oggi tornano a scuola perché apprezzino questa grande risorsa.

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