martedì 29 dicembre 2009

Parole da salvare

Nelle nuove edizioni dei dizionari ci aspettiamo di trovare i cosiddetti neologismi. E infatti nell'ultimo Zingarelli fanno la loro entrata 1200 parole nuove come videofonini, cartolarizzazione, bipartisan. Fin qui niente di speciale. Apprendo invece, con una punta di apprensione, che lo Zingarelli ha deciso di contrassegnare con un fiore (nel senso di seme di carte da gioco) 2800 parole "da salvare", dette anche "parole panda". Nella puntata di Fahrenheit Radio3 "Le parole tra noi leggere", il prof. Mario Cannella, lessicografo e responsabile delle revisioni del noto dizionario, spiega che non si tratta di ripescare parole in disuso o arcaiche come guardavia o dozzinante, bensì di salvaguardare la glottodiversità. In effetti nel linguaggio veloce odierno la lingua italiana si sta appiattendo e impoverendo con l'uso delle solite due o tremila parole rinunciando così alle sfumature e alla ricchezza che il nostro idioma può avere.
Ecco allora l'invito a non accontentarsi della prima parola che ci viene in mente ed ecco perché impegnarsi ad utilizzare termini come: beffardo, sardonico, ondivago, sornione, smargiasso, vanesio, sciatto ed altre che trovate nell'esilarante articolo di Paolo Foschini su Corriere.it.
Voi le avreste considerate parole a rischio di estinzione? Io no, francamente, ma se è così diamoci da fare (in attesa che alla nostra amica Marina torni la voglia di regalarci altri post sull'argomento).

sabato 26 dicembre 2009

La casa dei miei sogni

Si potrebbe pensare che stia per parlare di ville con piscina immerse nel verde ed invece mi sto semplicemente chiedendo come mai da anni i miei sogni (i pochi che mi ricordo, ahimè) si svolgono tutti nella casa in cui ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza. Talvolta nel sogno ci sono i miei genitori e allora capisco che si tratti di una scena del passato. Altre volte però ci sono mio marito e i miei figli eppure il tutto è ambientato lì, sempre in quel piccolo appartamento e in special modo in cucina.
Eppure ne ho cambiate di case da quando, verso i ventidue anni, me ne sono andata via. Dopo una breve parentesi ospite del mio partner di allora, comprai un piccolo appartamento in centro dove ho vissuto per circa otto anni fino a quando è nato il mio primo figlio e non ci stavamo più. Nella mia vita credo di aver sognato questa casa solo un paio di volte e, se mi ricordo bene, essa appariva anche semidistrutta o ridotta molto male.
Abito da circa quindici anni nella stessa casa ma non ho mai fatto un sogno ambientato in essa. E' come se il mio inconscio fosse rimasto inchiodato là, al settimo piano di un palazzo periferico degli anni Sessanta, con il balcone sul cortile, l'ascensore (spesso ho incubi in cui esso è guasto, le scale sono come un labirinto e io non riesco a tornare a casa). E' come se la donna che sono oggi sia ancora, nel suo profondo, quella bambina che stringe la sua nuova bambola reggendosi timorosa alla ringhiera del terrazzo di cucina.
Chissà perché. Capita anche a voi?

giovedì 24 dicembre 2009

Politicamente scorretto

Anche quest'anno vi tocca il post del Grinch. Pensavate di scamparvela, eh?
Che ci posso fare se il Natale con annessi e connessi mi sembra un rito vuoto di significato tranne quello consumistico?
Che ci posso fare se delle feste non me ne importa un bel nulla, anzi mi danno un po' fastidio?
A che serve intasare la posta elettronica con le catene di auguri (quelli dell'associazione dei ciclisti, quelli dei vari gruppi di trekking, quelli dei colleghi di tutt'Italia, persino quelli del PD!)?
E dire che invece ci sono auguri che davvero mi sentirei di fare: per la nostra Anna de L'Aquila e per i suoi conterranei perchè nel 2010 trovino la forza di riscattarsi da quello che stanno subendo, per il mio amico Spunto e per tutti i suoi colleghi di Eutelia-Agile perchè l'anno nuovo porti loro un posto di lavoro sicuro, per la mia amica S. perchè superi questo difficile momento e conquisti la sicurezza economica e affettiva che si merita, per i miei due colleghi a cui ,proprio in questi giorni di lustrini e di abbuffate, hanno perso una persona cara e per tutti quelli che attraversano un momento difficile.
Insomma il Natale rimane per me un periodo detestabile.
Tutte le cose hanno però il suo lato positivo. Per esempio, come la neve, che ha rotto parecchio le scatole nei giorni scorsi, si è già sciolta, così anche le feste hanno qualcosa di bello: basta aspettare e poi passano.

mercoledì 23 dicembre 2009

Il mercato del venerdì

Tempo fa ho raccontato la soddisfazione provata a comprare frutta e verdura al mercato della filiera corta che si tiene una volta al mese nel centro della città.
Il problema è che una volta al mese è poco e poi andare in centro in auto non si può (giustamente) e il trasporto della spesa in bici con lo zaino non è il massimo.
Per fortuna proprio davanti alle finestre del mio ufficio (nella desolata piana) da questa estate fanno un mercatino della Coldiretti tutti i venerdì (un ottimo giorno tra l'altro perché il venerdì il frigo di casa mia è desolatamente vuoto).
Vi si trovano formaggi, verdure, salumi, olio, miele e il banco della carne bio del Mugello.
Aspetto con piacere il venerdì per farci una scappata prima di andare in ufficio. A parte la soddisfazione di comprare da aziende locali (noto con piacere che alla fine la Coop l'ha capita di segnalare i prodotti locali ma solo dopo le proteste dei coltivatori toscani), imparo anche tante cose che mantengono un filo di collegamento con quell'attività essenziale quanto dimenticata che è coltivare la terra.
Ultimamente per esempio ho imparato che le puntarelle sono la parte superiore della cicoria, che le galline con l'accorciarsi delle giornate smettono o quasi di fare le uova, che il radicchio "scoltellato" si chiama così perché va raccolto con il coltello.

domenica 20 dicembre 2009

Pacchetto "Crollo del muro"

Se penso che nel 1989 avevo ventisette anni mi chiedo davvero dove ero. Il ricordo della caduta del muro di Berlino è nebuloso quasi come quello dell'atterraggio sulla luna che ho vissuto all'età di sei anni. Come scrivevo qualche post fa, negli anni ottanta io ero assai ripiegata in me stessa e troppo presa dai fatti miei per chiedermi cosa stesse succedendo nel mondo.
Così ho approfittato del ventennale per farmi un'idea degli eventi di quel periodo:

- Ho cominciato ascoltando la serie di Alle Otto della Sera "La Stasi sopra Berlino" di Paolo Soldini, per anni corrispondente da Berlino per L'Unità, il quale racconta di una città divisa in due, delle difficoltà quotidiane dei suoi abitanti, del clima di sospetto e di paura nella DDR, delle speranze legate alla caduta del muro. Il giornalista si sofferma soprattutto sull'operato della Stasi e in particolare sul come spiassero la vita delle persone anche attraverso i cosiddetti "Informeller Mitarbeiter", cioè persone comuni che venivano costrette con il ricatto a fare gli informatori. Il caso più eclatante fu quello dell'apparente dissidente Ibrahim Böhme sul quale c'è un bell'articolo di Soldini sul L'Unità di oggi.
Le puntante mi sono sembrate interessanti anche se il tono con cui parla Soldini non è dei più avvincenti e il procedere del racconto è un po' disordinato con salti temporali non aiutano a seguire.

- Poi ho visto il bel film "Le vite degli altri", che hanno dato recentemente su RAI1, nel quale è raccontata una storia emblematica di spionaggio della Stasi. Un capitano di questa organizzazione, molto diligente e convinto del suo lavoro all'inizio del film, si deve occupare di spiare uno scrittore ma finisce per mettere in discussione quello che fa perchè capisce quanto sia assurdo e ingiusto entrare in modo subdolo e vigliacco nella vita degli altri.

- Molto carino e per niente banale il film "Goodbye, Lenin!", anch'esso su Berlino prima e dopo la caduta del muro. La protagonista del film, convinta sostenitrice del regime della DDR, entra in coma proprio la sera della caduta del muro e si risveglia dopo mesi ma il medico raccomanda ai figli di evitarle assolutamente ogni shock. Poichè la città è completamente cambiata, i figli fanno i salti mortali per ricostruire davanti alla madre, in modo anche divertente e rocambolesco, una realtà che non c'è più. Nel film si sottolineano anche gli aspetti negativi della riunificazione della Germania e dell'occidentalizzazione fulminea che ha subito la DDR (e che ha generato quel fenomeno, di cui accenna anche Soldini, chiamato Ostalgie).

- Infine come non vedere le due puntate di La storia siamo noi Il crollo del muro:diplomazie e segreti? Molto interessanti, soprattutto la prima anche se io avrei tagliato gli intermezzi di Gorbaciov e Kohl che parlano amabilmente ricordando gli eventi mostrati nel documentario.

Insomma come direbbero nelle agenzie di viaggio, un bel pacchetto che mi ha aiutato a capire un pezzo di storia che mi era scivolata addosso.

Aggiornamento: mi era sfuggita la puntanta Ostalghia di La Storia Siamo Noi: molto interessante.

venerdì 18 dicembre 2009

Quando anche le finestre vogliono dire la loro

L'altro giorno pensavo a quanti cenci ho appeso alle finestre di casa mia (sfidando il regolamento comunale che lo vieta). Mi ricordo, ai tempi della guerra in Iraq, il lenzuolo bianco con la scritta NO ALLA GUERRA o quell'altro con la scritta RIFORMA MORATTI BOCCIATA. Vi abbiamo appeso varie volte la bandiera della Fiorentina e per un lungo periodo quella della PACE.Ripensandoci mi sono venuti in mente gli stracci dei colori più diversi che hanno penzolato fuori dalle mie finestre:

- il verde in solidarietà dei manifestanti iraniani


l'arancio antiGelmini


ed infine il viola del NoBday.


Chissà che avranno pensato i passanti! Chissà se avranno capito i tanti messaggi o se pensano che in casa mia siamo un po' grulli!
Eppure è un modo di manifestare anche quello. Finchè ce lo permetteranno.

martedì 15 dicembre 2009

L'Isola di Arturo


Ho appena finito l'ascolto de L'Isola di Arturo, di Elsa Morante, letto da Iaia Forte per Ad Alta Voce di Radio 3.
Arturo Gerace è un ragazzino che cresce praticamente solo sull'isola di Procida. Della madre, che muore mettendolo al mondo, ha solo una foto sbiadita. Il padre lo vede solo qualche giorno all'anno perché sempre in viaggio non si sa dove. Per il biondo e sprezzante Wilhelm Gerace, Arturo prova un'adorazione sconfinata quanto immeritata. La sua solitudine è interrotta dall'arrivo della nuova moglie del padre, Nunziatella, che ha solo un paio di anni più di Arturo: una ragazza semplice e ingenua, che con la sua saggezza popolare e il suo calore contrasta con l'ombroso e cinico marito che però lei rispetta. Arturo, dapprima ostile, si accorge successivamente di provare per lei un sentimento nuovo, prepotente ma impossibile.
Un romanzo bello, poetico e commovente che mi ha fatto fare diversi viaggi in bus con la lacrima sul ciglio. Come quando Arturo assiste alle effusioni di Nunziatella verso il neonato fratellastro e si rende conto di cosa vuol dire non aver avuto una madre e si accorge di non aver mai dato o ricevuto un bacio in vita sua. Oppure come quando sogna di partire un giorno con il padre per i suoi misteriosi viaggi mentre questi (diciamolo, un bello stronzo) non si cura affatto di questo ragazzo che lo attende trepidante.
La Morante è molto brava a renderci partecipi dei dubbi, dei timori, delle gioie e dei dolori di questo adolescente che vorremmo avere davanti per poterlo abbracciare. Non capisco però come si possa definire L'Isola di Arturo un romanzo per ragazzi. Secondo me è troppo introspettivo per piacere ai giovanissimi.
Eccellente Iaia Forte nell'interpretare i vari personaggi così diversi fra loro. Un vero valore aggiunto.

Altri audiolibri che ho ascoltato e che consiglio:
La battaglia di Adrianopoli
Fabbriche
Resurrezione
Padri e figli
Emigranti Express
Tom Sawyer
La caduta di Costantinopoli

sabato 12 dicembre 2009

Allora, come va mio figlio?

Sono reduce da un massacrante pomeriggio trascorso al liceo di mio figlio: dalle 15.30 alle 17.30 per 4 colloqui con altrettanti professori ciascuno di durata dai 30 secondi ai 3 minuti.
In casa la discussione si ripete ogni anno da quando il figlio era alle medie: servono veramente questi colloqui? Gli insegnanti hanno davvero piacere di parlare con TUTTI i genitori oppure, tranne che per alcuni casi particolari, basta che questi siano a conoscenza dei voti?
Mi piacerebbe un parere delle amiche blogger insegnanti o ex insegnanti.
Mio marito (che tra l'altro per un breve periodo ha insegnato) è convinto che non serva a nulla andare a parlare con i professori, soprattutto con quelli delle materie che hanno poche ore e che quindi non sono in grado di conoscere i ragazzi più di tanto.
Io invece ritengo che si debba andare per vari motivi: 1) dimostrare al figlio che ci interessiamo di lui; 2) dimostrare al professore che ci interessa il suo lavoro; 3) scoprire un ritratto di nostro figlio da un'angolazione diversa. Devo dire che quest'ultimo scopo lo si ottiene raramente. Il più delle volte (e in questo ha ragione mio marito) il colloquio si svolge in trenta secondi con lo sciorinare dei voti e con il classico mantra "potrebbe fare di più", "le capacità ci sono ma non si impegna", "ha poca voglia". Mi chiedo che cavolo dicono a quelli che ci schiacciano venti minuti. A me non è mai capitato. Ci aggiungerei infine anche un minimo di socializzazione e di conoscenza degli altri genitori durante le lunghe attese.
Tornando a casa, dopo l'estenuante pomeriggio in gran parte fatto di attesa in piedi sulla soglia della porta sperando che non spuntino quelli in lista prima di me (che immancabilmente compaiono quando ho già un piede dentro l'aula), pensavo come sarebbe più proficuo per tutti organizzare dei colloqui via Skype o in audio/video conferenza con prenotazione. Fantascienza, lo so. La scuola pubblica, ora come ora, è già tanto se ha la carta igienica nei bagni.

giovedì 10 dicembre 2009

Forbice perde?

"Caro precario,
Le comunico che dal 1 Gennaio 2010 il suo rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato è risolto"

Di questo tono è la lettera che il mio ente ha inviato ad alcuni colleghi che speravano, dopo anni di contratti, borse, assegni, post-doc, ecc. di venire stabilizzati, cioè assunti a tempo indeterminato. Il faticoso e complicato processo di stabilizzazione messo in piedi dal governo Prodi è stato bruscamente interrotto. Chi c'è, c'è. Chi non c'è, si arrangi.
Questo è solo uno dei tanti motivi per cui domani, sciopererò nuovamente.
Sperando che qualcosa cambi...


martedì 8 dicembre 2009

Slow economy: perché no?

Con il suo cesto di capelli grigi, il volto magro, la giacchettina all'orientale, l'erre arrotolata, il sorriso sornione, Federico Rampini esercita su di me un fascino particolare. La sua serie di puntate sulla Cina di Alle Otto della Sera è stata una delle più interessanti tra le tante che ho sentito. Mi piacciono i suoi articoli e ho letto con piacere anche qualche suo libro.
Recentemente è stato ospite sia a Parla con Me che a Le storie - Diario Italiano. (Avete notato che le due trasmissioni si "passano" gli ospiti? E' interessante anche confrontare il diverso approccio di Augias e della Dandini verso il medesimo ospite. Il primo è più bravo, secondo me.).
Tornando a Rampini, il giornalista ha presentato il suo libro: "Slow economy. Rinascere con saggezza". La tesi del libro è che bisogna approfittare della crisi per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo perché in tal modo la crisi potrebbe diventare un'opportunità e non una semplice sciagura (pare che in Cinese Mandarino la parola "crisi" abbia entrambi le accezioni). In particolare, visto che ha vissuto per anni in Cina e in India, egli propone di imitare alcuni comportamenti frugali e virtuosi che in questi paesi sono adottati, cioè secondo lui dobbiamo una volta tanto essere noi a copiare dall'Oriente ma selezionando. Tutto questo per sposare una "slow economy", cioè una crescita più lenta ma più attenta a certi valori, senza sacrificare la qualità della vita. Il simbolo di questo possono essere i risciò nelle strade di Manhattam, cioè un mezzo apparentemente più lento ma che diventa più efficiente perché evita il traffico (e non inquina).
Altra questione cara a Rampini è la condanna del PIL come misuratore insensato a favore del FIL (Felicità Interna Lorda), un coefficiente adottato da anni dal piccolo paese hymalaiano del Bhutan e che tiene conto non solo della ricchezza prodotta ma anche di altri fattori di benessere quali l'istruzione, la conservazione dell'ambiente, la salute.
Federico Rampini non è un economista ma solo un acuto osservatore. Può darsi quindi che la sua slow economy sia solo una bella utopia. Ma, d'altra parte, anche i più grandi economisti hanno preso delle belle cantonate ed inoltre pare che la finanza di Wall Street non abbia imparato nulla dalla recente crisi e stia ricreando l'ennesima bolla speculativa. E allora perché non puntare sulla slow economy?

domenica 6 dicembre 2009

Cercando di capire

Quando penso al tema della violenza sulle donne, mi vengono in mente due tipi di circostanze e di sensazioni. Penso a donne sfortunate che non hanno nessuna via di uscita o quasi, come le donne afgane oppure le ragazze straniere attirate in Italia con l'inganno e costrette a prostituirsi in stato di schiavitù e ricatto e questo mi provoca una grande sensazione di rabbia ed impotenza. Poi penso anche a donne che vivono in paesi dove le tutele e i diritti ci sono e che quindi avrebbero la possibilità di uscire dall'inferno in cui si sono cacciate ma non hanno il coraggio di farlo. Perché subiscono? Non voglio giudicarle, ci mancherebbe. Vorrei solo capire.
Sarà che io non accetterei mai di dipendere economicamente da qualcuno (e l'indipendenza economica è il primo strumento per non farsi incastrare). Sarà che molte non hanno la consapevolezza degli strumenti che hanno a disposizione (la cultura al solito gioca un ruolo essenziale). Pare che ci siano anche donne che, pur lavorando e possedendo una certa cultura, mandano giù i soprusi e si prendono le botte sperando che il partner violento prima o poi si ravveda oppure lo perdonano perché tra un episodio e l'altro sembra tornare la persona amabile che era, oppure (peggio che mai) lo giustificano perché persino la violenza è considerata da esse comunque un gesto di affetto, una dimostrazione che lui, a modo suo, tiene a loro. Ecco francamente non riesco a provare comprensione per queste donne.
Domenica scorsa però ho letto su Il Fatto Quotidiano un'interessante intervista di Elisa Battistini ad Antonella Faieta di Telefono Rosa.
“La donna incontra quello che sembra l’uomo dei sogni. ", dice l'avvocato Faieta, "Scatta un investimento emotivo fortissimo. Spesso si va a convivere o ci si sposa. Poi iniziano i segnali negativi: lui critica le amicizie della compagna, dice che i familiari la condizionano troppo. L’obiettivo è isolare la donna dai suoi legami e controllarla il più possibile."
Tragico errore: anche con i migliori partner bisognerebbe sempre mantenere degli spazi e degli interessi propri. Ne va della nostra autostima (questo indipendentemente dai possibili risvolti tragici).
"Sembra incredibile", continua l'articolo, "ma le donne che subiscono maltrattamenti da parte dei partner di solito hanno il coraggio di reagire soltanto dopo molti anni. A volte anche 10 o 15. Come si fa a tollerare la sudditanza psicologica e la violenza fisica per così tanto tempo?" Beh, mi consola notare che queste domande non me lo pongo solo io.
"Si sottovaluta - dice Antonella Faieta - l'enorme senso di vergogna nel dover ammettere che quell'uomo meraviglioso che hai sposato è l'uomo che ti picchia. La vergogna è legata al fallimento. [...] In questi rapporti l'uomo fa leva sul senso di colpa, facendo credere alla donna che se lei si comportasse diversamente le cose andrebbero meglio e lui non sarebbe violento."
E' vero! Accidenti! Perché siamo così predisposte a sentirsi sbagliate?
Poi l'esperta di Telefono Rosa passa a sottolineare il fattore dipendenza economica, la non conoscenza dei proprio diritti. "Se mi denunci non ti do una lira è una frase ricorrente del marito violento. In realtà è una menzogna: l'uomo è tenuto a farlo". Poi pare che talvolta le donne non trovino comprensione presso le stazioni di pubblica sicurezza alle quali si rivolgono per fare la denuncia. "Torni a casa, vedrà che passa."
Pare infine che le fasce sociali coinvolte non siano solo quelle più basse ma che sia un fenomeno trasversale, che coinvolge molti professionisti, uomini "normali". "Va sfatata" dice sempre la Faieta, "che bevano o abbiano problemi sul lavoro. Il problema è culturale. Sono uomini legati a stereotipi di dominio e controllo, che desiderano essere onnipotenti; persone fragili, che non sono in grado di avere un rapporto con una donna e riescono ad affermarsi solo con la violenza."
Quest'ultima questione mi fa pensare come anche molti uomini siano prigionieri di questi stereotipi che non permettono loro di essere se stessi fino in fondo e di vivere i propri affetti in modo appagante. Lo spiega bene l'associazione Maschile Plurale, con le loro ottime iniziative.
Ecco adesso mi sembra di aver capito di più.

venerdì 4 dicembre 2009

Vogliamo un paese normale


Lo so, il titolo della manifestazione è un po' irritante, sa un po' di qualunquismo. Lo so, focalizzare la protesta contro una sola persona è riduttivo. Lo so, come dice Guido Crainz, non è che con la caduta di Silvio Berlusconi abbiamo magicamente risolto i problemi del nostro paese. Lo so, i media sapranno disinnescare al solito la protesta come hanno fatto per piazza Navona (ancora mi brucia un po').
Eppure penso che non sia il tempo di marcare differenze e di fare disquisizioni. Penso che il PD sbagli a snobbare questa iniziativa (che senso ha fare le 1000 piazze una settimana dopo?). Penso che comunque un qualcosa nato da semplici cittadini autoorganizzati, cittadini che si "rimboccano le maniche" (cioè scrivono, organizzano, si spendono e spendono) perchè sono preoccupati per la nostra democrazia, penso che sia un buon segnale. Fanno bene questi ragazzi a farsi "soggetti" della politica senza nessun guru da seguire.
Non posso andare a Roma il 5 dicembre, però aderisco a questa giornata con il cuore e spero davvero che questa piazza faccia girare un po' le palle al padrone del vapore.
Di tutte le motivazioni che ho sentito penso che la migliore, nella sua semplicità sia quella di Fiorella Mannoia: "Vogliamo un paese normale. Punto."


Consiglio caldamente la lettura dell'instant book Caro Papi Natale, un libro scritto a 5000 mani con le 101 domande al Reticente del Consiglio (alcune sono molto carine).

giovedì 3 dicembre 2009

Quando si dice la sintesi

Non riesco a scrivere niente sull'attuale situazione politica italiana. Non riesco a spiegare lo scoraggiamento e l'indignazione quotidiani. Non si ripara. Quando penso che siamo al fondo, devo prendere atto che c'è sempre di peggio. Ecco che l'altro giorno, andando a fare colazione, mi cade l'occhio sull'ultima locandina de Il Vernacoliere, il giornale satirico livornese, che sintetizza in maniera mirabile quello che io sento. Non ho nient'altro da aggiungere.

Per chi non sapesse chi è Don Santoro, ne ho scritto in questo post.

martedì 1 dicembre 2009

Piccole grandi iniziative

In questo paese dove si afferma sempre di più una visione individualista e sprezzante delle regole (vedi post precedente che finiva appunto con la frase SUV in seconda fila) ogni tanto si scorgono dei teneri fiorellini. Come l'attività dei Genitoriantismog di Milano, un'associazione che si batte per una mobilità rispettosa dell'ambiente e della salute coinvolgendo i bambini. Oltre alle tante iniziative più tradizionali come petizioni, raccolta di firme, opera di sensibilizzazione nelle scuole, ricorsi al TAR, questionari, i Genitoriantismog di Milano hanno coinvolto i bambini delle scuole primarie per sanzionare con una speciale multa da loro creata (vedi sopra) coloro che posteggiano l'auto sul marciapiede, creando disagio e intralcio agli utenti più deboli della strada (pedoni, ma anche disabili, passeggini, ecc.). Un'iniziativa che ha anche la doppia valenza di educare a farsi sentire nel difendere i propri diritti.
A me è piaciuta moltissimo e per questo vi propongo il loro spot.


sabato 28 novembre 2009

Autobiografia di una repubblica

Sarà che cerco sempre di capire le cose allargando lo sguardo, cercando un collegamento con ciò che era prima, in sostanza mi piace dare una lettura storica anche alle cose di stretta attualità. Per questo ho trovato stimolante l'intervista a Fahrenheit Radio 3 allo storico Guido Crainz, autore del libro "Autobiografia di una repubblica".
Crainz analizza la storia del nostro paese per capire come possa essere diventato una nazione dove regna «la volgarità di un populismo senza regole», la videocrazia imperante, il degrado dell'etica pubblica, la perdita di pudore, una diffusa «corruzione inconsapevole». I punti salienti dell'affascinante quanto pessimista analisi di Crainz sono:
1) Non è vero che tutto si deve ricondurre al carattere eterno degli Italiani, cattivi, individualisti, familistici, non rispettosi delle regole, perchè ciò suona un po' come una semplicistica giustificazione. Anche l'idea che gli Italiani siano qualunquisti e apolitici va sfatata perché l'Italia ha visto decenni di grande impegno politico, caratterizzati da alte percentuali di votanti, elevato numero di cittadini iscritti ai partiti, grande partecipazione ai movimenti. Negli anni Settanta gli stranieri che venivano da noi erano colpiti dalla politicizzazione del nostro paese.
2) Dopo 17 anni dal momento di crisi segnato da Tangentopoli e dall'irrompere delle Leghe è difficile pensare di vivere ancora in una fase di transizione, che sarebbe troppo lunga, bensì il professore teme che quello che vediamo sia un approdo durevole con il quale bisogna fare i conti ragionandoci e non semplicemente sperare in una ventata che spazzerà via la classe politica "cattiva" che tiene in ostaggio la società civile "buona".
3) Negli anni Cinquanta e Sessanta l'Italia cambiò pelle, smise di essere un paese contadino e arcaico, bisognava definire nuove regole e si confrontarono modi diversi di essere Italiani. Questo confronto continuò negli anni Settanta alla fine dei quali però si assistette a processi di degenerazione del sistema politico (Gelli, Sindona, ecc.). Dagli anni Ottanta il modello che disprezza le regole e afferma l'interesse individuale contro l'interesse collettivo ha sempre meno anticorpi. Un certo modo di pensare l'Italia c'era quindi già fin dagli anni del Miracolo Economico ma trovava diversi anticorpi nella società, nei partiti, nei movimenti culturali e giovanili. Il modello di essere Italiano che si è consolidato in questi ultimi quindici anni quindi c'è sempre stato ma sono venuti meno gli anticorpi. Antonio Gambino nei primi anni Novanta affermò che "non è vero che in Italia ci sono più disonesti che altrove, bensì meno onesti che altrove", cioè esiste meno che altrove una rete attiva di persone oneste (anche minoritaria) ma che dia un'alternativa al modello imperante.
4) Per questo è inutile sperare di risolvere tutto con la caduta di una persona perché l'Italia che si è consolidata in questi anni non cadrebbe in un minuto.
Nella singolare raccolta di SMS che gli ascoltatori di Fahrenheit hanno inviato con le frasi per definire il nostro paese Guido Crainz sottolinea il primo come emblematico: SUV in seconda fila.

mercoledì 25 novembre 2009

Niente regali alle mafie


Trovo molto grave l'emendamento inserito nella finanziaria secondo il quale i beni confiscati ai mafiosi saranno venduti per fare cassa. A parte il fatto che è facile immaginare che verranno riacquistati dalla mafia tramite prestanomi, ma soprattutto si vanifica l'importante messaggio di speranza che l'utilizzo sociale di questo tipo di beni trasmette. Le cooperative associate a Libera rappresentano un esempio, pur piccolo, di lavoro legale per tanti giovani del Sud che coraggiosamente resistono alle offerte di arruolamento nella criminalità organizzata. Il fatto che nella piscina della villa di un boss ci facciano i corsi di nuoto per disabili, fa capire che la comunità si è riappropriata di qualcosa che le era stato tolto con la violenza e la prepotenza.

Per questo invito, chi non lo ha già fatto, a firmare l'appello di Libera.

La lotta alla criminalità organizzata è un tema che mi sta molto a cuore. Per questo vi ho dedicato diversi post:
Quando per scrivere ci vuole coraggio
Il ritorno del Principe
Il punto sull'antimafia
Ed infine anch'io ho letto Gomorra
L'oro della camorra
Piccoli eroi dimenticati
Per amore della Calabria

lunedì 23 novembre 2009

Leggere e scrivere


Leggere

Elisabetta Rasy nel suo libro "Memorie di una lettrice notturna" dipinge venticinque ritratti di autrici del Novecento alle quali si sente particolarmente legata ma più che altro racconta il suo amore viscerale per la lettura. Una passione che risale all'età di otto-nove anni quando essa, come ci racconta a Fahrenheit Radio 3, non sapeva che i libri avessero un autore e pensava che le storie si autorappresentassero. Solo dopo qualche anno ha scoperto che dietro un libro c'è una persona che lo scrive, con le sue virtù e le sue fragilità, e che può anche essere una donna. Sono sicura che molti amici blogger, che so essere lettori forti, si ritroveranno in questo amore quasi morboso verso la lettura e verso l'oggetto libro che racconta Elisabetta Rasy: la sensazione tattile delle prime copertine di finta pelle, la rilettura ossessiva di alcuni libri (pare che abbia letto un centinaio di volte Piccole donne), il fatto che spesso non si ricorda molto di un libro ma si ricorda benissimo il posto o la circostanza dove si è letto.
Leggere per la Rasy non è un evasione ma un invasione nella realtà, uno strumento per essere più presenti al mondo. Ricorda di essere stata rimproverata a scuola perchè leggeva sotto il banco Il Rosso e Nero. Ve l'immaginate oggi un ragazzo o una ragazza che leggono di nascosto sotto il banco? Io no. I suoi genitori la rimproveravano perchè leggeva fino a tarda notte, mentre adesso è assai più comune lamentarsi perchè i nostri figli non leggono.

Scrivere

Anche nella puntata di Le Storie Diario Italiano, dove è stato ospite Luca Ricci autore dell'ironico racconto "Come scrivere un best seller in 57 giorni", si è parlato di libri ma dall'altro punto di vista: quello di chi li scrive. Pare che il consulente dell'editore del primo manoscritto della Recherche di Proust abbia commentato che "non capiva come un individuo avesse bisogno di scrivere trenta pagine per descrivere come si rivoltava nel letto prima di dormire".
In effetti, come ha detto anche Luca Ricci, oggi bisogna essere veloci a tutti i costi, anche e soprattutto nella cultura. Un tempo si poteva fare zapping solo con la televisione mentre oggi si può fare surfing (pare che si dica così) in rete saltando da un pagina all'altra senza necessariamente finire di leggerle. Una forma di conoscenza tutta improntata sulla superficie e sulla velocità. Mi è parsa interessante la definizione che l'ospite ha dato del linguaggio letterario che è tale non semplicemente perchè è scritto (anche un email, un SMS, una chat sono scritte ma sono semplicemente forme orali trascritte) bensì perchè "oppone resistenza". Non so se ho capito bene questo concetto però devo dire che l'ho associato subito al confronto che capita di fare tra i blog e facebook. Non voglio di certo affermare che i blog sono letteratura, ma per me scrivere un post comporta una riflessione, qualcosa che si pondera e poi si scrive (e, per quanto mi riguarda, si rilegge e si ritocca più volte). Penso che invece facebook, twitter o le chat siano invece parole scritte d'impulso.

Come invidio chi ha un rapporto con la lettura come quello descritto da Elisabetta Racy perchè, io al contrario, ho ben presente "la resistenza" che i libri mi oppongono!

giovedì 19 novembre 2009

La goccia del colibrì


Non saranno tredici pannelli fotovoltaici a risolvere i problemi energetici e a salvare il pianeta dal riscaldamento globale, però oggi sono proprio contenta di aver fatto questo passo.
Ricordate la storiella raccontata in questo vecchio post?
Beh, io mi sento spesso il colibrì che fa la sua parte per cercare di spengere l'incendio e da oggi (anzi, a dire il vero, da quando l'ENEL li allaccerà) porto una goccia in più.

lunedì 16 novembre 2009

Incontrarsi e dirsi addio

Qualche mese fa, in tandem con Marina, ho sbirciato tra i blog dei nostri amici per capire cos'è che li ha spinti a cominciare questa attività.
Recentemente, forse influenzate dal clima autunnale, ci siamo dedicate invece a capire come e perché si chiudono i blog. Anche qui gli approcci e i motivi sono i più diversi.
Ci sono quelli che maturano questa decisione e sentono il dovere di comunicarlo al proprio pubblico. "Lascio." titola Luca (da notare il punto), salvo poi avere qualche raro ripensamento. "Capolinea", scrive Max altrettanto categorico anche se successivamente si è ricordato di passare di tanto in tanto per lasciarci un saluto e qualche aggiornamento. Ancora più perentorio Unodicinque con il suo "The end." (un titolo da brividi) mentre si sofferma a chiedersi che ne sarà delle tante parole che ha scritto e che si perderanno nel mare dei blog.
Ci sono poi quelli che minacciano ma, per fortuna non mantengono, come Luciano: "Idefix chiuderà e cambierà" oppure Sileno che ha dovuto rimuovere il suo "commiato" dopo le accalorate proteste degli amici lettori.
Invece ci sono tanti, direi la maggioranza, che semplicemente smettono di scrivere e di pubblicare, probabilmente senza nessun proposito definitivo, semplicemente non si dedicano più al blog, come per dimenticanza. Certo, il blog è come un balocco: prima o poi stufa tutti. Pensando ai giovani in particolare, è più che comprensibile che abbiano di meglio da fare. Mi vengono in mente Pandoro, Lorenzo e Saretta. Chissà cosa staranno facendo. Saranno finiti su Facebook?
Per altri la causa dell'abbandono è legata ad un cambiamento nel lavoro come ci aveva prennunciato MarcoUK o ad un particolare periodo della vita come Belphagor, che comunque ha la premura di scrivere Vi amo tutti! e di provare la sua iperattività pubblicando le sue occhiaie.
Ma che pensare di quei blogger grandicelli che spariscono così senza un preavviso, senza una spiegazione, senza un saluto? Fabioletterario che non posta più dal 28 maggio e non fa sapere niente di sé ai preoccupati commentatori, Frida assente dal 3 ottobre, Julo forse sta ancora veleggiando dal 16 di agosto o Mirco che ci ha lasciati l'8 febbraio con una frase di Einstein?
Confesso che ciò mi mette un pochino a disagio. Capisco tutto: la mancanza di idee, la vita che cambia, la voglia abbandonare questa realtà virtuale per dedicarsi ad altro. Come scrive bene Giulia nel suo ultimo post: "C’è bisogno di ripensare e di capire dove si sta andando. Riprendere magari penna e quaderno, lasciare la tastiera."
Benissimo. Ma dietro le tastiere ci sono le persone, persone che abbiamo conosciuto in questo mondo virtuale ma che sono in carne ed ossa. Non sarebbe il caso di salutarle quando si va via? O forse sono troppo permalosa?

sabato 14 novembre 2009

Difendersi dai fulmini

Il saggio Giorgio di Frutti di stagione ci raccomanda in questo stimolante post di "cercare di essere se stessi e non farsi condizionare da quello che fa la maggioranza degli altri". In particolare si riferisce a quando, nella quotidianità, le altre persone si relazionano con noi in modi poco gradevoli, cioè sono collerici, intrusivi, offensivi o sadici.
Questa sua riflessione mi ha fatto venire in mente la mia quoditidianità in ufficio. Il mio lavoro non mi entusiasma ma lo affronto ogni mattina con serena rassegnazione, cercando di non prendermela per le cose che non vanno come vorrei, cercando sempre il lato positivo o, almeno, il lato comico delle situazioni, consapevole che poteva andarmi molto peggio. Capita invece che i miei colleghi scarichino su di me le loro insoddisfazioni. Con la scusa che io sono la responsabile del servizio, spesso mi investono con tutte le lamentele possibili e immaginabili a proposito degli utenti, del programma informatico che non funziona bene e di ogni sciocchezza che fa saltare loro la mosca al naso. Come difendersi da questa energia negativa? In genere riesco a mantenere la calma e il distacco ma talvolta è difficile non farsi coinvolgere. Talvolta percepisco quasi fisicamente un accumulo di elettricità nell'aria come quando si avvicina un temporale e mi sento tanto parafulmine.
Capisco che spesso, dietro gli atteggiamenti polemici e collerici, ci stanno in realtà insoddisfazioni e preoccupazioni che non c'entrano niente col motivo del contendere. Ma allora perché non fermarsi e chiedersi cosa c'è davvero che non va?
Non lo so. Sarà che io, per fortuna, sono abbastanza contenta di me stessa, della mia situazione familiare ed economica. Forse sono fortunata o forse mi so accontentare e so godere quello che ho. O forse un po' tutti e due. Anch'io mi arrabbio qualche volta ma mi passa subito perché mi viene in mente quel proverbio cinese (o di dove diavolo sia) che dice: "Se c’è rimedio non ti arrabbiare, se non c’è rimedio che ti arrabbi a fare?"

mercoledì 11 novembre 2009

Niente di nuovo sotto il sole

"Ancora gli Uffizi?" il prevedibile commento dei miei uomini di casa quando hanno appreso a quale visita degli Amici dei Musei mi ero prenotata. "Ma non ci sei già stata un sacco di volte?"
A parte che, come mi ha suggerito la mia amica R. con cui condivido da una ventina d'anni questa passione, non è che se a uno piace la Nona Sinfonia di Beethoven l'ascolta una volta sola, a parte questa considerazione, la visita è stata particolarmente interessante ed anche originale.
Niente Primavera di Botticelli o Tondo Doni. La giovane archeologa Carlotta Ansaldi ci ha fatto una lezione sui busti degli Imperatori Romani esposti lungo il primo corridoio concentrando l'attenzione sulla personalità dei vari personaggi ritratti, sui loro vizi privati, sui loro difetti ed i relativi espedienti per nasconderli. Sono venute fuori singolari analogie con l'attualità.
Dal riporto di Cesare per mascherare la calvizie ai calzari rialzati di Augusto per rimediare alla sua bassa statura. Fino alla vena di follia che serpeggia da un imperatore all'altro dovuta anche al fatto che, imparentandosi continuamente all'interno della stessa famiglia, le tare ereditarie permanessero. E' venuto fuori il diverso approccio verso le casse dell'Impero. I migliori Imperatori infatti erano sobri nei loro costumi e spendevano per Roma, i peggiori invece sperperavano i soldi nei loro lussi e affamavano l'impero. C'erano persino le grandi opere: come il gigantesco ed inutile ponte che Caligola fece costruire nella baia di Napoli. La nostra guida ci ha raccontato della scarsa considerazione per le donne (specie inferiore necessaria solo per ottenere un figlio maschio), dello stress continuo di chi sa di essere costantemente in pericolo di essere eliminato, di Nerone che fa costruire la sua Domus Aurea dove i sudditi non possono mettere piede e di Tito che invece apre al pubblico il palazzo imperiale (ecco da dove l'ha copiata l'idea il Renzi). Insomma un'ora e un quarto piacevolmente volata.

Sul tema consiglio anche la serie di Alle Otto della Sera Venti Imperatori Romani a cura di Andrea Giardina.

domenica 8 novembre 2009

Mamma orgogliosa /4

Sabato pomeriggio mi è toccata la partita di mio figlio tredicenne. Il centroavanti della squadra avversaria era un ragazzino "con qualche problemino". Polemico e dispettoso, decisamente più alto delle media dei ragazzi, tentava continuamente lo scatto verso la porta avversaria, probabilmente abituato ad avere la meglio sui difensori incaricati di marcarlo. Ha trovato però in mio figlio un avversario con le gambe altrettanto lunghe ma un po' più veloce. Dopo tre o quattro volte che si è trovato tarpato nelle sue azioni personali, il campioncino si è innervosito e ha cominciato ad atterrare il difensore, a tirarlo per la maglia, a mollargli pedate, ecc. Insomma una provocazione continua e non solo nei confronti di mio figlio. L'arbitro sembrava piuttosto distratto e incapace di frenare il nervosismo che saliva in campo. Per fortuna, mio figlio e i suoi compagni non hanno reagito (aiutati dal fatto che stavano vincendo).
Alla fine della partita mi sono complimentata con mio figlio per aver giocato bene e soprattutto per aver mantenuto il suo self control.
"Guarda, mamma, che non sono mica un cretino: l'avevo capito che era un coglione".
Chapeau.

venerdì 6 novembre 2009

Donne che mi piacciono /3

Chi ha visto la puntata di Report del 18 ottobre, capirà perchè ho deciso di includere nella mia personalissima lista di donne che mi piacciono, Manuela Amadori ed Elena Ciocca. Chi sono costoro? Sono artigiane del divano, due piccole imprenditrici del distretto di Forlì, famoso per la produzione dei prestigiosi divani Made in Italy, che due anni fa si sono ribellate al sistema di concorrenza sleale che sta facendo chiudere tante piccole aziende.
Dall'ottima inchiesta di Sabrina Giannini (qui il video e qui il testo) emerge che la crisi, almeno per adesso, non c'entra in questa faccenda.
Il punto è che i grandi marchi del settore (quelli che ci tartassano di pubblicità e si vantano della qualità del Made in Italy) per fare offerte sempre più basse impongono ai terzisti dei prezzi sempre più bassi per realizzare divani e poltrone mantenendo però un certo livello. I terzisti italiani, che tra l'altro da contratto vengono pagati tre o quattro mesi dopo la consegna cioè dopo che hanno anticipato l'acquisto di quasi tutto il materiale, non rientrano nei costi a tali prezzi e hanno due possibilità o chiudere o subappaltare a ditte cinesi che garantiscono di rientrarci. In entrambi i casi devono licenziare i propri operai. I cinesi, d'altra parte, si sono fatti furbi. Invece far lavorare tutti gli operai a nero e rischiare ogni tanto la sospensione dell'attività (anche se con una multa di sole 2500 euro si può comunque riaprire) assicurano gli operai a part-time di 20 ore a settimana ma li fanno lavorare 12 ore al giorno. Così se arrivano i controlli l'ispettorato non può sapere se stanno lavorando per le ore dichiarate oppure no. D'altra parte la discrepanza tra ore di lavoro ufficialmente dichiarate e quantità di divani prodotti è tale che balza agli occhi.
Manuela Amadori ed Elena Ciocca si sono rivolte ai sindacati e alle associazioni di categoria ma l'unica cosa che hanno ottenuto per adesso è che non hanno più commesse. Per fortuna però, a seguito di una comunicazione anonima, in Prefettura è stata aperta un'inchiesta.
Interessanti anche le osservazioni dell'economista Giulio Sapelli che ci aiuta a capire perché i cinesi accettino queste forma di sfruttamento, quale dovrebbe essere l'atteggiamento meno ideologico e più lungimirante dei sindacati e come dovrebbero essere ben più severe le sanzioni a chi viene beccato a far lavorare a nero.
"Te lo fanno capire," dice Manuela nell'intervista "non hanno neanche bisogno di dirlo. Il prezzo è questo. Vedi un po' te. Perché tieni tutti questi dipendenti? Dai cinesi costa molto meno. Ed esci che hai il cuore strappato perché come fai ad entrare nella tua ditta dove vedi i dipendenti e prendere in considerazione un'alternativa a quella?"
"Si poteva fare questo giochetto," afferma invece Elena Ciocca, "tanto se volevi rimanere sul mercato, i giochetti sono tanti, però, no, io non scendo a queste schifezze. Queste sono schifezze. Punto."
Che differenza con l'imprenditore che ascoltiamo successivamente e che, quando gli viene chiesto cosa pensa del fatto che lo stesso lavoro ai cinesi costa meno, risponde: "Loro lavorano ad un certo prezzo diverso... quello è un problema loro, non é un problema mio."
Peccato che poi il problema diventa di tutto il distretto in quanto piano piano i marchi si rivolgono direttamente ai terzisti cinesi e ben presto anche lui rimarrà tagliato fuori.
Per fortuna, come dice Milena Gabanelli, non è vero che tutti abbiamo un prezzo. Speriamo che finisca bene per queste due determinate imprenditrici.

mercoledì 4 novembre 2009

Mettersi in gioco

Ieri ho partecipato alla prima riunione del "Gruppo ambiente" al liceo di mio figlio. Si tratta di un'attività volontaria di due insegnanti volta a sensibilizzare i ragazzi sulle tematiche ambientali (raccolta differenziata, acqua potabile, ecc.). E' rivolto principalmente ai ragazzi ma sono invitati anche i genitori. Mio figlio non ha voluto parteciparvi e mi ha anche preso in giro a lungo dicendomi che sarei stata l'unico genitore "tra tanti ragazzini" (salvo poi, quando sono tornata, investirmi di domande curiose per sapere chi c'era, che cosa hanno detto, cosa avete fatto ecc.).
C'erano una trentina di ragazzi (in maggioranza ragazze, tanto per cambiare) e quattro genitori. Le insegnanti promotrici hanno illustrato il programma annuale (proiezione di documentari sull'ambiente, conferenze con esperti, gite inerenti all'argomento). Dopo di ciò bisognava montare i contenitori per la raccolta differenziata e fare il giro delle classi per controllare dove questi mancavano.
I ragazzi si sono buttati subito al lavoro mentre una mamma che era con me ha chiesto timidamente all'insegnante cosa dovevamo fare noi genitori. Per un attimo infatti ci siamo sentite un po' intruse, un po' fuori luogo, ma la professoressa ci ha rassicurate dicendoci che qualsiasi nostro apporto sarebbe stato benvenuto.
Allora mi sono messa a montare i contenitori insieme ai ragazzi condividendo con loro le difficoltà, le battute e anche aiutando quelli più insicuri. Così l'imbarazzo è passato presto e mi sono anche divertita. Non è facile in occasioni come questa spogliarsi del ruolo dell'adulto che educa e mettersi a fare qualcosa fianco a fianco agli adolescenti, ma qualche volta, secondo me, è piacevole e salutare mettersi in gioco.

domenica 1 novembre 2009

Dalla parte di Don Santoro

Da atea convinta quale sono, provo ammirazione per quei preti che non scelgono posizioni di comodo ma che si mettono in gioco e corrono rischi per portare avanti quello che la fede suggerisce loro e che mettono sopra ad ogni altra imposizione dei loro superiori.
Preti come Don Giuseppe Puglisi, Don Giuseppe Diana, Padre Alex Zanotelli, Don Luigi Ciotti, il combattivo Don Andrea Gallo ma anche più semplicemente Don Aldo Danieli (di cui ho parlato un anno fa) sono religiosi che possono far riavvicinare alla comunità dei fedeli chi da tempo non si fida più di un'istituzione che spesso dimostra di essere dalla parte dei potenti, dei ricchi e persino dei mafiosi.
Don Alessandro Santoro è il parroco de Le Piagge, un quartiere alla periferia di Firenze, un quartiere difficile dove abitano i poveracci tra cui tanti stranieri. Una banlieue per intendersi. Alle Piagge Don Santoro con i suoi volontari ha messo su un'attività splendida fatta di doposcuola, alfabetizzazione per stranieri, microcredito, percorsi di accoglienza, riciclo dell'usato, bottega del commercio equo e solidale, incontri culturali, sportello legale, ecc. (vedi il grafico sopra o il loro sito AltraCittà).
Don Santoro però ha recentemente disubbidito all'ingiunzione del Vescovo di non celebrare il matrimonio tra Sandra Alvino, nata uomo ma riconosciuta donna dallo Stato Italiano nel 1982, e suo marito al quale era già sposata civilmente da anni. Don Santoro ha disubbidito e per questo adesso viene allontanato dalla parrocchia "per un periodo di riflessione e di preghiera".
Certo, Don Santoro ha voluto sfidare i propri superiori e forse non valeva la pena di giocarsi per questo la possibilità di continuare la sua preziosa attività sociale. D'altra parte però cinquant'anni fa Don Milani (altro grande prete) ci ha insegnato che "L'obbedienza non è più una virtù".
In ogni caso da osservatrice esterna, penso che le gerarchie cattoliche sbaglino ad arroccarsi in queste posizioni intransigenti basate su principi che niente hanno a che fare, secondo me, con l'amore cristiano. Che male fa questa coppia che si vuole sposare? Quale peccato compie? Certo molto meno male della banca a cui si può versare l'Obolo di San Pietro (una delle banche che "autorizza" il commercio di armi). Tanto per dirne una. Certo molto meno male di tante multinazionali che affamano milioni di poveri nel mondo e contro le quali non mi risulta che il Vaticano si impegni molto.
Personalmente mi sento di sottoscrivere quanto ho sentito dal magistrato Roberto Scarpinato in una conferenza:
"L'Italia è la patria di un Vaticano che, da un lato critica il relativismo dei valori laici, dall'altro pratica un relativismo occulto che consente a ciascuno di scegliersi il proprio Dio che gli aggrada a secondo della sua collocazione sociale senza mai sentirsi per questo in contraddizione. Il Dio dei dittatori e il Dio degli oppressi, il Dio dei mafiosi e il Dio degli antimafiosi, il Dio dei corrotti e il Dio dei poveri cristi a cui i corrotti rubano il futuro. Una Chiesa che è come il banco che non perde mai. Sartre diceva che l'etica consiste nello scegliere. Una chiesa che non sceglie è una chiesa che manca di etica.
In America latina all'ingresso di una cattedrale ho visto affisso un cartello: "Il mondo si divide in oppressi e oppressori. Tu, cristiano che stai per entrare in questa chiesa, da che parte stai?"

Ecco da che parte sta Don Santoro mi sembra molto chiaro, mentre è meno chiaro da che parte sta l'Arcidiocesi di Firenze.


Sul sito della Comunità delle Piagge si può aderire alle iniziative a favore di Don Alessandro Santoro.
Articolo di Don Enzo Mazzi (altro splendido prete di frontiera) sulla vicenda

mercoledì 28 ottobre 2009

Pollice nero

L'esperimento "giardino decente" lanciato quest'estate e di cui ho raccontato in questo post non sta dando i frutti sperati. Il trifoglino seminato a luglio è cresciuto solo nella metà dello spazio che riceve più luce. A settembre (prevedibilmente latitante il resto della famiglia) l'ho seminato ancora e dapprima faceva ben sperare perché il terreno si era cosparso di tante piantine belle fitte. Successivamente si sono riformate le chiazze che vedete in primo piano. I gatti randagi del quartiere sono tra i primi sospettati ma non ne abbiamo le prove mentre di sicuro c'è un via vai di merli che razzolano e becchettano nel terreno. In più mi sa che i figli abbiano preso troppo sul serio la mia raccomandazione di risparmiare l'acqua raccogliendola dall'acquaio e temo che ci abbiano buttato l'acqua salata di cottura magari ancora calda. Insomma il giardino fa schifo quasi quanto prima.
Nel frattempo ho anche seminato la rucola ma dopo un mese questo è il misero risultato:

Mentre la semina dei fiordalisi gentilmente offerti da Equipaje ha dato origine a dei tenerissimi virgulti che mi paiono così fragili e indifesi contro le insidie di cui sopra. Ce la faranno a passare l'inverno?


Insomma mi sento sempre di più come Nanni Moretti nel film Bianca mentre innaffiava le piante del terrazzo e continuava a chiedere loro: "Ma insomma che cosa c'è che non va? Poca acqua? Troppa acqua? Poca luce? Troppo sole?"
E poi dicono che le piante risentono dell'amore con cui vengono curate. Ma io la parietaria la odio e allora perché continua a crescere rigogliosa?

domenica 25 ottobre 2009

La scommessa e la resistenza al cambiamento


Sarà nota anche agli amici non fiorentini la notizia della pedonalizzazione di Piazza del Duomo a Firenze, decisa con grandi strombazzamenti dalla giunta del neosindaco Matteo Renzi. La chiusura a tutti i tipi di veicoli a motore dello spazio che vedete in questa foto comporta sostanziali cambiamenti soprattutto nelle linee di bus che attraversano la città da una parte all'altra e che passavano da questa piazza accanto al Battistero. Stiamo parlando di più di 2000 autobus al giorno che saranno fatti transitare nei viali di Circonvallazione impattando con il resto del traffico cittadino.
La pedonalizzazione è soprattutto l'audace risposta renziana al dibattito cittadino se far passare o no il tram accanto al Battistero e alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, due gioielli architettonici e simboli della città. Vi ricorderete quanto la destra cittadina avesse calvalcato lo spauracchio del tram accanto al Duomo fino a farne un referendum consultivo (lo raccontai in questo vecchio post).
Forse non a tutti è noto, ma il sindaco non ne fa mistero, che il provvedimento in questione è la contropartita promessa al governo nazionale (non ho capito cosa ci guadagnerebbe) in cambio di una "legge speciale per Firenze" cioè, in particolare, dell'uso di alcuni spazi appartenenti al demanio (pare che alcuni già passino nel giro di un mese agli enti locali).
Alcune mie considerazioni personali:
  1. I Fiorentini credono di essere ancora al tempo di Dante e amano dividersi sempre tra Guelfi e Ghibellini, cioè tra entusiasti a prescindere e decisamente contrari.
  2. I Fiorentini (ma forse un po' tutti) sono tendenzialmente conservatori, resistenti al cambiamento, "si stava meglio prima", "si è sempre fatto così", ecc. Secondo me invece va dato atto alla giunta Renzi di aver avuto il coraggio del cambiamento e non è poco.
  3. Non ho capito perché, per esempio, anche nel forum di FirenzeInBici sono contrari alla pedonalizzazione di una piazza (dove è consentito l'accesso ai ciclisti) mentre dovrebbero essere i primi ad esser contenti.
  4. Posso testimoniare che la situazione precedente (con il passaggio di oltre 2000 bus al giorno più furgoni, taxi e motorini) accanto al Battistero era indecente (altro che tranvia). Qualche mese fa stavo cercando di seguire una lezione degli Amici dei Musei sulle porte del Battistero e vi assicuro che non riuscivo a sentire nulla della spiegazione tale era il rumore.
  5. Nutro però qualche timore riguardo alle ripercussioni sul traffico perché si è constatato più volte come esso si regga su un fragile equilibrio, tanto che basta un allagamento, una manifestazione alla Fortezza da Basso o un qualsiasi problema in un punto della città che essa si blocchi e le strade si intasino. Speriamo che l'abbiano studiata bene.
  6. Il percorso dei bus si allunga e non di poco e ciò non solo non incoraggia l'uso del mezzo pubblico, del quale io sono una fervida sostenitrice, ma temo che scoraggi anche chi attualmente lo usa. Per questo io sarei stata più favorevole alla pedonalizzazione della piazza contemporaneamente all'entrata in funzione del tram.
Insomma l'operazione, secondo me, è una scommessa, forse un po' azzardata e frettolosa, ma coraggiosa. Domani vedremo se funziona.

Sull'argomento consiglio di vedere l'ultima puntata di Ambiente Italia.

giovedì 22 ottobre 2009

Perchè andare alle primarie del PD e votare Marino

IMHO:

1) Ogni possibilità di esprimere la propria opinione è sacrosanta e va difesa utilizzandola. Con una legge elettorale ignobile grazie alla quale all'elettore è concesso solo di mettere una croce su liste scelte dalle segreterie di partito, teniamoci cari questi spazi. Consiglio sul tema l'articolo di Don Farinella su Micromega.

2) Il Partito Democratico è l'unico, pur con tutti i suoi difetti (litigiosità, scarsa coerenza, collusioni malavitose, scarsa laicità), per il momento e temo ancora per poco, che ha la minima speranza di battere questa destra cialtrona e populista. Le sue probabilità di successo dipenderanno dalla linea che deciderà di adottare e di qui l'importanza di chi andrà a fare il segretario.

3) Sia Bersani che Franceschini, pur essendo persone preparate, sono uomini di apparato, politici di professione da anni e pertanto è naturale che si preoccupino più di mediare tra le correnti che di ascoltare le richieste dell'elettorato. Sarò un po' grillina ma penso che la politica debba essere un servizio che si presta a termine, non un mestiere. Ignazio Marino è un chirurgo. Si è buttato in questa avventura ma ha una sua professione.

4) L'obiezione più comune: "Marino non sarebbe male ma non ha nessuna speranza" non mi sembra una buona ragione per restare a casa. Innanzitutto non è detto (gli iscritti che hanno votato ai circoli sono alcune centinaia di migliaia, gli elettori del PD sono milioni). E poi perché arrendersi prima ancora di vedere i risultati? Al solito preferisco fare che pentirmi di non aver fatto.

5) Alla lista di Marino aderiscono, guarda caso, quelle che secondo me sono le persone migliori del PD, come Felice Casson, mentre gli altri candidati hanno degli appoggi discutibili soprattutto al Sud. Non faccio nomi perché tanto li saprete, ma questa secondo me è la più nauseante.

6) Marino non parla in politichese ma in modo chiaro e concreto. Non è un trascinatore però non è vero che si occupa solo di temi etici o di laicità come molti pensano. Nella sua mozione sono presenti proposte interessanti come il contrasto ai monopoli e alle corporazioni, la banda larga gratuita in tutto il paese, il NO al nucleare, processi equi e veloci, ecc.

7) Un amico blogger mi ha detto che diffida di lui perché ha la doppia cittadinanza. E allora? Il fatto che abbia vissuto tanto all'estero secondo me è un valore aggiunto perché probabilmente riesce a vedere meglio le storture del nostro paese che oramai noi diamo per scontate.

Insomma, perchè no?

mercoledì 21 ottobre 2009

Segnali di civilta'

Il 5 ottobre 2009, dopo analoghe approvazioni a Pisa, Vicenza, Calenzano e alla provincia di Cagliari, il Consiglio comunale di Firenze ha approvato l'istituzione di un Registro dei Testamenti biologici. Ancora una volta possiamo contare sugli enti locali per opporci al degrado civile provocato da chi ci governa.
Che lo spirito illuminista del Granduca Leopoldo (di cui tengo questo ritratto appeso nel mio ufficio) stia ancora aleggiando su di noi?

La delibera del Consiglio è stata approvata con il voto favorevole di 26 consiglieri della maggioranza, compreso il voto della lista Spini e di Un'altra città, contrari i 18 consiglieri dell'opposizione e 3 consiglieri PD (Antonio De Crescenzo, Massimo Fratini, Salvatore Scino: abbiamo anche noi le nostre Binetti!).

domenica 18 ottobre 2009

In fuga dalla scuola

Giorni fa mi è venuto a trovare un giovane fisico che è stato a contratto da noi per un paio di anni e poi, avendo perso le speranze di stabilizzare il suo rapporto di lavoro con il nostro Ente ed avendo due figli piccoli, ha accettato un posto di ruolo in una scuola di provincia. Gli ho chiesto come gli stesse andando ed ha esordito sorridendo con un "Benissimo!"
"Benissimo? A scuola?"
"Ma no, benissimo proprio perché comincia a concretizzarsi la speranza di venir via dalla scuola."
E lì è cominciata la sua analisi impietosa di ciò che sta vivendo. Secondo lui, non è tanto un problema di Gelmini quanto il fatto che il mestiere di insegnante è diventato da anni un "mezzo mestiere", cioè un lavoro che viene scelto dalle donne perché l'orario permette di conciliare gli impegni familiari e dai professionisti che hanno così uno stipendio basso ma sicuro mentre il pomeriggio si possono dedicare alla loro vera attività remunerativa. Questo, sempre secondo lui, va avanti da diversi anni e con la complicità di tutti.
"Ma gli insegnanti motivati e bravi ci sono, no?" obietto io.
"Certo, ma siamo la minoranza," mi risponde, "e dal punto di vista educativo abbiamo completamente fallito."
Così mi racconta la sua esperienza alla maturità quando uno dei suoi alunni più bravi ha protestato scandalizzato perché durante l'esame non gli veniva permesso di parlare e di consultarsi con il compagno.
"Questi ragazzi", afferma il mio ex collega, "sono venuti su imparando che copiare è un'attività tranquillamente tollerata, che i più furbi vanno avanti mentre chi fa il proprio dovere è un coglione. Capisci? Come facciamo a dirgli adesso che pagare le tasse è un dovere? Li abbiamo tirati su noi così. Che società del futuro abbiamo preparato?"
A quanto ho capito, sta lavorando per ottenere un contratto di ricerca negli Stati Uniti. Ecco perché è contento.


P.S. Per chi fosse curioso, la ricercatrice precaria di cui ho parlato nel post Essere madre e precaria oggi ha accettato un posto fisso presso un ente locale. Il tipo di lavoro le piace molto meno però ha trovato un po' di sicurezza.

giovedì 15 ottobre 2009

Dov'è la fregatura?

In questi giorni ho ricevuto a casa un depliant del Gruppo Consiliare del PD toscano che in copertina recita: "Impegno Mantenuto. La Toscana taglia 11 consiglieri e 4 assessori, per un risparmio di 2,5 milioni di euro l'anno". Bene! Una buona notizia. Ma perché spendere diversi soldi per mandare a casa di tutti i Toscani questa notizia e per di più (ho scoperto successivamente) pagare anche un inserzione sui giornali? Lo si scopre aprendo il depliant dove viene spiegata la proposta di legge elettorale per le elezioni regionali avanzata dal gruppo consiliare del PD che contempla, indovinate un po', la soglia del 4%. Ahhhh, ecco che cosa ci vogliono vendere!
C'è anche una parte per le FAQ, cioè "4 domande e 4 risposte" che avrebbero lo scopo di spiegare al popolino i vantaggi della nuova legge.

"E' vero che con la nuova legge elettorale i piccoli partiti non saranno più rappresentati in Consiglio regionale?"
"Falso. Le novità introdotte garantiscono piena rappresentanza a tutti i soggetti politici titolari di riscontro elettorale".
E sarebbe una risposta? Primo è incomprensibile, secondo fatemi capire come sarei rappresentata se il partito per cui ho votato non supera la soglia del 4%.

"La nuova legge mette a rischio l'alleanza di centrosinistra in Regione?"
"Falso. Essa favorisce anzi il rafforzamento di un'esperienza basata sulla piena condivisione di programmi e prospettive anzichè sulla convenienza della partecipazione ad una coalizione per la soglia di sbarramento agevolata."
Io la capisco così: "o state con noi e fate quello che diciamo noi o sparite".

Ultima ciliegina:
"Perchè non sono state reintrodotte le preferenze per scegliere i consiglieri regionali?"
"Il dibattito sulla scelta degli eletti sarà per il PD l'impegno della prossima legislatura, non essendo maturate nel resto del Consiglio regionale le condizioni per una riflessione e decisione da assumere in tempo per le regionali del 2010."
Cioè "intanto facciamo fuori le minoranze rompicoglioni e poi si vedrà".
Ma allora insistete nel considerare l'elettore un semianalfabeta che è in grado solo di fare una croce senza nemmeno avere la possibilità di scegliersi le persone che preferisce?

Premetto che la Toscana in questi anni, a mio parere, è stata governata bene. Da noi il sistema sanitario funziona egregiamente e la Regione, insieme agli altri enti locali, rappresenta l'unico argine alla devastazione prodotta dai provvedimenti del governo (in fatto di accoglienza degli stranieri, in fatto di fondi alla ricerca, di contrasto all'abusivismo edilizio, ecc.), premetto che io sono sempre stata favorevole al maggioritario e detesto il frazionamento in piccoli partitini (gli Italiani se potessero ne farebbero uno a testa), però sinceramente questo depliant mi sembra una presa per i fondelli.