martedì 4 dicembre 2007

Fabbriche

La storia dell'Italia dalla fine dell'Ottocento ad oggi vista da un'angolazione molto particolare: quella delle fabbriche. E' il tema della serie di Alle otto della sera intitolata appunto "Fabbriche" di Antonio Galdo.
Dalla FIAT alla Olivetti, dalla Riello alla Fabbri, dalle Acciaierie di Terni alla grappa Nardini.
Si racconta di un capitalismo paternalista ma duro. Nel 1869 la Marzotto aveva già 200 dipendenti, di cui 50 donne e 11 fanciulli sopra gli 11 anni. Gli uomini venivano pagati 1 lira e 50 centesimi al giorno, le donne 1 lira e i fanciulli 50 centesimi.
Si racconta di uomini provenienti da famiglie modeste e senza cultura, come Aristide Merloni figlio di un contadino marchigiano o Pilade Riello che aveva appena la quarta elementare, che sul loro talento e sulle loro intuizioni hanno costruito imperi industriali aiutati probabilmente dalla fortuna ma anche dalla comunità. Nel 1930 è Don Rinaldi, parroco di Albacina, a dare tutti i suoi risparmi ad Aristide Merloni per impiantare la sua fabbrica.
Si racconta di come il capitalismo italiano sia stato strettamente legato alla società e alla politica. Fu nella casa di Enrico Falck, grande capitano delle omonime acciaierie, in via Tamburini 1 a Milano, che il 1 settembre 1942 nacque la Democrazia Cristiana.
Si racconta come le grandi fabbriche italiane non rappresentassero solo un posto di lavoro ma un universo intorno al quale vivevano città intere. Come Valdagno in provincia di Vicenza il cui sviluppo sociale e urbanistico dipese dalla Marzotto. Gaetano Marzotto soleva dire: "lo Stato ci dà solo il sale e i sigari. Tutto il resto a Valdagno lo do io."
Si racconta soprattutto degli operai che vi lavoravano e che spesso vivevano in case che si affacciavano negli stabilimenti. L'operaia dell'Italsider Maria Scherillo racconta: "Noi la fabbrica l'avevamo dentro casa. La polvere nera e rossa era dappertutto sul balcone, dentro le camere da letto, sui panni stesi, sulla pelle. Le ginocchia dei miei figli dovevo lavarle con la retina. Era tutto nero. Se poi passeggiavi per le strade di Bagnoli in pochi minuti ti trovavi la camicia piena di macchie di vapore acqueo e attorno sentivi un odore di fumo che sembrava nebbia. Ma era polvere e per noi quella polvere valeva oro".
Pietro Barilla, arrestato dai fascisti con l'accusa di collaborazionismo, fu liberato grazie ad una petizione dei suoi 600 operai.
Le mamme di Pontedera raccomandavano alle figlie di sposare un piaggista, considerati l'aristocrazia della classe operaia. Mario Panattoni, piaggista per 40 anni nella fabbrica di Pontedera, racconta: "Le assunzioni si facevano così. Ti presentavi dal caporeparto che ti chiedeva un piccolo disegno di un pezzo della Vespa. Se lo facevi, eri assunto."
Si racconta infine delle crisi degli anni Settanta-Ottanta, dei tentativi dello Stato di far sopravvivere queste aziende e della nuova classe operaia, invisibile e silenziosa, quella che lavora nel palazzo di alluminio anodizzato di Athesia.

Per chi fosse interessato, il racconto di Antonio Galdo è contenuto anche nel suo libro dall'omonimo titolo "Fabbriche".

8 commenti:

  1. Ben lontano, per forza di cose, dalle fabbriche di oggi, dove se si è fortunati rimangono sul suolo italiano e per effetto della globalizzazione e liberalizzazione le condizioni sono di precarietà e insicurezza alla facciaccia di tutti gli anni di lotta sindacale, certificati di qualità e modernizzazione...

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  2. Purtroppo e' vero, caro Spunto. Hai visto l'ultima puntata di Report sulle condizioni di lavoro dei laboratori artigianali? La consiglio a tutti:
    Schiavi del lusso.
    Pensiamoci prima di comprare certe griffe...

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  3. Purtroppo ho smesso di vedere Report (altrimenti non dormo la notte)..
    Seguirò cmq il tuo consiglio sulle griffe anche se difficilmente compro roba firmata in quanto sono contrario in principio (anzi per dirla tutta mi fa rabbia) a pagare cifre esorbitanti per un prodotto che ne vale decisamente di meno (solo perchè magari sopra riporta un simbolo della casa di moda)

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  4. Dev'essere un libro interessantissimo, anche per un confronto con la fabbrica del presente.
    Anche io ho visto Report, ancora una volta ha fatto centro

    ciao marina

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  5. Abito vicino alla Zignago, fabbrica di proprietà Marzotto: ci facevano vetro, lavorazione del lino e il latte pastorizzato. Nella prima metà del secolo scorso, Gaetano Marzotto ha costruito una cittadina per chi lavorava nella struttura: si tratta di Villanova, frazione di Fossalta di Portogruaro.
    E' un posto strano, tutto in mattoni a vista con edifici regolari e molto simili: monotono, ma funzionale. Al "padrone" hanno intitolato delle vie e tutti lo ricordano: dubito che ciò potrebbe accadere, oggi.
    Verso la fine degli anni '30, mio nonno (quello della foto nel mio blog) partì alla volta della Libia (allora Cirenaica) per gestire alcune terre di Marzotto. Anche lui (che ora ha 93 anni) ricorda Gaetano Marzotto come un uomo capace e cordiale.

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  6. Grazie, Verrocchio, per questo interessante supplemento di racconto.

    Spunto, il problema purtroppo non sono sole le griffe. Anche l'abbigliamento a buon mercato "gronda sangue". Sul tessile e' difficile la scelta come mi hanno confermato gli amici della Campagna Abiti Puliti. Su Report sto preparando un post...

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  7. Libro sicuramente interessante... E interessante concordo la puntata di Report. cert che se non si torna ripensare al lavoro, siamo messi male, un abbraccio, Giulia

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  8. ho comperato il libro, grazie dell'idea!
    Ma tu che sei bene informata conosci qualche fonte di informazione su come coprare abiti "puliti"?

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