martedì 2 novembre 2010

Siamo quello che costruiamo

L'Osservatorio Nazionale sui Consumi di Suolo ha rilevato che tra il 1999 e il 2005 nella sola Lombardia è scomparso (cioè è stato sottratto alla vegetazione) ogni giorno l'equivalente di una dozzina di campi da calcio (dai 12 ai 20 ettari). Tra il 1990 e il 2005 l'Italia si è "mangiata" 3,5 milioni di ettari di suolo, una superficie pari a Lazio e Abruzzo messi insieme, ogni anno 240.000 ettari contro gli 11.000 della ben più estesa Germania. E non è vero che questa edificazione serve per soddisfare le esigenze abitative della crescente popolazione (lo illustrava bene una puntata di Report dell'anno scorso) perché in Liguria, per esempio, dove la popolazione sta diminuendo, sono in costruzione 3 ML di metri cubi.
Non sono un'amante delle cifre ma quelle tratte dal libro "La colata", scritto da cinque giornalisti appassionati di architettura, sono impressionanti. Ferruccio Sansa, uno degli autori, ospite insieme a Marco Preve di Augias, ha dichiarato di essere partito dalla frase Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia: "Tutte queste speculazioni sono realizzate per mancanza di affetto". Anche oggi la mancanza di attaccamento al nostro paese purtroppo balza agli occhi. Sansa e i suoi colleghi elencano casi e responsabili del saccheggio: dalla Riviera del Brenta che ispirò Tiziano riempita di centri commerciali, alla Langhe di Fenoglio deturpate da una fila di capannoni industriali, al progetto Minneapolis che sta devastando la conca morenica di Ivrea, al progetto di costruire case a Modena per altri 50.000 abitanti su una popolazione attuale di 100.000, all'interramento di 100.000 mq di mare davanti a Siracusa dove nel 400 a.C. i Siracusani sconfissero gli Ateniesi, e tanti altri ancora.
Un saccheggio che vede diversi colpevoli: speculatori edilizi, imprese legate alla criminalità organizzata che riciclano nel cemento i proventi delle loro attività illecite, politici di tutti gli schieramenti, amministratori locali che, strozzati da esigenze di bilancio, non riescono a dire di no agli oneri di urbanizzazione, architetti di chiara fama che mettono il proprio nome su progetti nefasti e anche i cittadini che vedono il vantaggio immediato di una casa pur abusiva senza pensare nè ai pericoli di dissesto idrogeologico nè ai costi per la collettività nel fare i servizi che si rendono necessari.
Il business del cemento e del mattone è illustrato in modo più efficace di tante parole nella provocatoria scenetta di Antonio Albanese, tratta da Che tempo che fa, nella quale il suo strepitoso Cetto La Qualunque dice:
"Sai quante palazzine ci verrebbero al posto di quella catapecchia del Colosseo?"
"Ma è di un valore inestimabile!", gli fa da spalla Fabio Fazio.
"Macchè, ti faccio subito la stima. Ci verrebbero 16 palazzine con 44 appartamenti ciascuna. Risparmiando sul verde, parco giochi e rete fognaria (che non servono a niente) a 10.000 euro al mq, perché siamo in centro, fa un totale di 762 ML di Euro." Più chiaro di così.
Oggi, risentendo storia a mio figlio, notavamo come balza agli occhi la differenza tra la raffinata ed eterea civiltà minoica e l'austera e guerresca civiltà micenea, confrontando quello che ci hanno lasciato (il colorato e fantasioso Palazzo di Cnosso al confronto con le ciclopiche mura di Micene). Come dice giustamente Ferruccio Sansa, "noi siamo quello che costruiamo". Cosa lasceremo a chi verrà dopo di noi?
Questo tema mi ha fatto venire in mente anche Riccardo Carnovalini, che da 25 anni fotografa il paesaggio italiano e le sue modificazioni durante i suoi viaggi a piedi. L'estate scorsa, durante un convegno sul camminare, mi aveva infatti molto colpito l'intervento del Carnovalini ed in particolare questo passo:
"Vista la condizione del nostro paese così straordinario ma così straordinariamente calpestato, ho pensato che, se dovevo continuare a camminare in Italia, dovevo farlo con un taglio decisamente più politico, visto che i politici non fanno politica ma affari. Ho capito allora che il cammino può essere rivoluzionario. Se noi riusciamo con il nostro cammino a proporre nuovi stili di vita e a rifiutare il massimo simbolo del progresso (cioè l'automobile), facciamo qualcosa che può veramente cambiare le carte in tavola in questa nostra società e può riallacciare i fili tra il territorio e i suoi abitanti. Ritengo che il male principale rimanga la mancanza di amore e di conoscenza del territorio e dei suoi abitanti. Bisogna che il cammino ridiventi protagonista della nostra vita perché è l'unico strumento che abbiamo per riappriopriarci del nostro territorio prima che altri ne facciano uno strumento per i loro affari e per la loro ricchezza, a danno della ricchezza di tutti noi."

Ferruccio Sansa a Fahrenheit
Sansa e Preve a Le Storie - Diario Italiano

2 commenti:

  1. Secondo me questa convulsa attività di costruzione edilizia è uno dei sintomi più gravi ed evidenti della nostra decadenza. Per sopravvivere, come società, stiamo consumando le nostre risorse più vitali e irriproducibili, l'acqua, l'aria, lo spazio. Ci stiamo, letteralmente, cannibalizzando. E' già successo nella storia, altre civiltà sono scomparse distruggendosi nella furia costruttrice, penso ad esempio ai Maya. Ma almeno loro hanno lasciato delle vestigia grandiose e poetiche: le piramidi ed i resti di Palenque che sorgono dal fitto della foresta sono impressionanti e bellissimi. Pensare che ci stiamo scavando la fossa per lasciare un'immane tappeto di villette a schiera in colori pastello mi mette grande tristezza!

    RispondiElimina
  2. Grazie a ChiocciolaErrante per il suo interessante commento da grande viaggiatrice :-)

    RispondiElimina