giovedì 19 dicembre 2013

Il mecenate, l'architetto e il tempo

Leon Battista e Giovanni. L'architetto colto e brillante e il mercante saggio e illuminato. Entrambi con la stessa visione della vita. L'uno fornisce l'idea, il pensiero, il progetto, l'altro i fondi. Nascono così, da questa amicizia, il palazzo Rucellai, la facciata di Santa Maria Novella, il tempietto del Santo Sepolcro.

Leon Battista era figlio illegittimo di un mercante fiorentino in esilio a Genova e di una nobildonna genovese. Il padre, pur non sposando la madre, assicurò comunque al figlio un'istruzione di tutto rispetto. Leon Battista Alberti visse una vita di girovago a seguito di Papa Eugenio IV presso il quale era "abbreviatore apostolico", cioè ghost writer del Papa, compito di grande responsabilità ma di modesta remunerazione.

Giovanni Rucellai era un ricco mercante fiorentino. Possedeva un patrimonio notevolissimo, tanto che era il terzo contribuente della Firenze del Quattrocento. Tuttavia Giovanni rimase sempre lontano dalla politica della sua città e salvò così la sua famiglia dal seguire il suocero, Palla Strozzi, condannato all'esilio perpetuo. Il suo agire defilato gli permise qualche anno più tardi di mettere a segno il colpaccio: far sposare il figlio Bernardo con una Medici.

Leon Battista e Giovanni si conobbero in occasione del Concilio che si tenne a Firenze nel 1439 e subito si trovarono in sintonia. Tale comunanza spiega perché il Rucellai accettasse l'assenza dell'Alberti dai cantieri a causa della sua concezione piuttosto moderna del compito dell'architetto e cioè che esso dovesse solo fornire l'idea, il progetto, ma lasciare ad altri l'esecuzione dei lavori (al contrario di quello che faceva il Brunelleschi). Scrisse l'artista nel De re aedificatoria: "E’ dunque condotta saggia il conservare la propria dignità; a chi ce ne fa richiesta è sufficiente fornire consigli sinceri e buoni disegni. Se poi ti proponi di esser tu stesso direttore ed esecutore del lavoro, quasi sempre accadrà che tutti i difetti e gli errori in cui, o per inesperienza o per incuria, sono incorsi gli altri, siano attribuiti a te solo. Questi lavori devono essere affidati a maestranze abili, caute, rigorose, che sappiano eseguire ciò che è necessario con accuratezza, impegno e assiduità".

Giovanni Rucellai, rifugiatosi nel 1457 a San Gimignano per sfuggire alla peste, cominciò a scrivere un diario, lo Zibaldone, che egli chiamò “un’insalata di più erbe” e che era destinato ai suoi figli, Bernardo e Pandolfo, in modo che potessero trarre insegnamento dalla sua esperienza e consigli sulla gestione della famiglia, sui rapporti con i terzi, sul comportamento negli affari. Nello Zibaldone Giovanni esorta a tenere conto del tempo, una delle cose più preziose nella nostra vita e pertanto da non sprecare. Stesso concetto che ritroviamo nei Quattro Libri della Famiglia di Leon Battista Alberti (che in realtà non si sposò mai).

(Spunti da una visita guidata della dr.ssa Marza Garuti per gli Amici dei Musei)

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