mercoledì 24 agosto 2011

Letti in vacanza

Il libro che sto leggendo merita un post a parte che farò quando l'avrò finito. Per il momento dico solo che ho avuto la conferma di ciò che già sapevo: quanto si godono di più le letture, sia di libri che di riviste, quando non si lavora, quando il sonno notturno è in quantità sufficiente a ricaricare il cervello, quando si ha la mente sgombra delle innumerevoli incombenze e scadenze quotidiane! Non c'è confronti!
Anche la rivista mensile Altreconomia, a cui sono abbonata da anni, e che non riesco mai a leggere se non di sfuggita, mi ha donato in questo periodo spunti interessanti.
Nel numero di Marzo, per esempio, ho appreso del pesante impatto ambientale del caffè in cialde che pare stia vendo un grandissimo successo. Se ne sono accorti nel mitico comune di Capannori quando, studiando come ridurre il già esiguo rifiuto indifferenziato e aprendo i relativi sacchetti, hanno scoperto che vi era un gran quantità di capsule di caffè che, avendo l'involucro o in alluminio o in plastica, non possono essere riciclate. Ma perchè non usare la vecchia moka? Oltretutto l'articolo dimostra che un caffè con le cialde costa circa sette volte di più. Pensavo, nella mia vasta ignoranza sul caffè, che fosse una questione di gusto ed invece scopro che è solo perché "non abbiamo più tempo". E ti pareva!
Nel numero di Aprile invece ho trovato agghiacciante l'articolo "La discarica hi-tech". Tonnellate di rifiuti elettronici, provenienti da Europa, America e Giappone, partono dal porto di Anversa per l'Africa dove vengono buttati in discariche a cielo aperto. Qui bambini poverissimi li smontano e soprattutto li bruciano per ricavare i metalli che hanno un certo valore commerciale. Bambini altrimenti destinati a morire di fame, peccato che respirando questi fumi prodotti dai ritardanti di fiamma, bromurati, piombo, cadmio e diossine, non arriveranno a vent'anni. Cosa possiamo fare visto che i prodotti elettronici sono fatti con obsolescenza programmata e quindi destinati ad avere vita breve? Forse qualche spunto ci può venire dall'Ecoguida di Greenpeace.
Affascinante invece l'articolo sui semi di grano antichi che stanno scomparendo. Forse non sarà essenziale per l'umanità, ma il fatto che di 291 varietà di frumento che si coltivavano in Italia nel 1927, oggi se ne coltivino sì e no 5 o 6 tipi, a me sembra una gran perdita, al di là della facile ironia di mio marito, fan di DB. Mi verrebbe voglia di assaggiare il pane del GAS di Vecchiano fatto con le varietà verna, gentil rosso, inallettabile o frassineto.
La mia rabbia di comsumatrice critica ha subito un'impennata nel leggere l'articolo "Il buyer pentito" ove si apprendono tutti i trucchi (e il loro costo) per indurre (attenzione: non convincere) l'homo consumens a comprare di più di quello che gli serve. Si capisce quindi perchè, per esempio, gli ipermercati sembrano tutti uguali e perchè cambiano continuamente la collocazione dei prodotti (che arrabbiature ogni sabato!) aumentando così "il tempo di permanenza nel negozio". Sul tema vi è uno spettacolo teatrale trasposto anche nel libro "Label. Questioni di etichetta".
Purtroppo mi ha un po' deluso la lettura della rivista "Noi donne", storica rivista femminista che risale addirittura al 1937 e alla quale mi sono abbonata quest'anno per sostenerla. L'ho trovata poco concreta, un po' fumosa. Eppure ci sarebbe tanto da dire sulla questione femminile, ma su questo tornerò prossimamente.


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