sabato 23 novembre 2013

Accendere un fuoco dentro ogni alunno

Le rappresentanti dei genitori al consiglio di classe di mio figlio (quarta liceo scientifico) scrivono sul resoconto: "Durante questa discussione è emerso ancora una volta che, in generale, a parere dei docenti la classe ha un atteggiamento di non entusiasmo per lo studio, per la voglia di sapere. Studiano per i compiti o per le interrogazioni."
E come meravigliarsi? Non sono uno di quei genitori che si erge sempre e comunque a difesa del proprio figlio o che si permette di interferire nel lavoro degli insegnanti, per esempio (come fanno molti) protestando perchè vengono dati troppi compiti a casa. Tuttavia se c'è una cosa che chiederei agli insegnanti è proprio la capacità di suscitare nei ragazzi l'interesse, e possibilmente l'entusiasmo, per ciò che insegnano. Mi pare che sia proprio quello che distingue un insegnante mediocre, che si limita a fare il suo lavoro di impiegato dello Stato, da uno bravo che riesce a trasmettere curiosità e/o passione per il sapere in genere. Mi sbaglio?
Me lo conferma  Eraldo Affinati, autore del libro "Elogio del ripetente" ed ospite a Pane quotidiano, la nuova trasmissione di RAI3 condotta da Concita De Gregorio, che ha più che egregiamente sostituito Corrado Augias.
Eraldo Affinati insegna da trent'anni all'Istituto Professionale Carlo Cattaneo, situato dentro la Città dei Ragazzi, un'esperienza educativa formidabile, nata subito dopo la seconda guerra mondiale con l'idea di accogliere gli orfani e oggi popolata da una sessantina ragazzi stranieri, i cosiddetti Minori Non Accompagnati (ne parlai in questo vecchio post).
"Sono sempre stato attirato dalle ultime ruote del carro, dai ragazzi ribelli e difficili," dice Affinati. "I ragazzi arrivano da noi come se fosse l'ultima spiaggia. Se falliranno, abbandoneranno per sempre la scuola. Bisogna quindi conquistare la fiducia di questi ragazzi, che nella loro vita hanno avuto a che fare con adulti poco credibili che li hanno ingannati."
Affinati ammette di essere stato uno studente piuttosto riottoso e per questo capisce la solitudine e l'indisciplina dei suoi studenti. "Insegnare significa anche scendere dentro noi stessi. Nei propri panni e nei loro panni. A casa mia non c'erano libri. I miei genitori erano due orfani. In fondo sono diventato scrittore ed insegnante per risarcire i miei genitori della fortuna che non ebbero. Insegnare significa curare una ferita, negli altri e in se stessi. Attraverso la cura che io faccio oggi ad Ivan, a Karim, ad Omar, a Gianni o a Claudio è come se curassi anche me stesso."
Secondo Eraldo Affinati bisogna distinguere il 6 di Giorgio, cresciuto con la mamma che gli raccontava le favole, in una casa piena di libri, dal 6 di Claudio cresciuto sul muretto di strada e che equivale ad un 9. Quello che conta è il progresso che un ragazzo fa.
A proposito di importanza della famiglia di origine, mi è venuto in mente un articolo di qualche tempo fa che mi aveva colpito, secondo il quale, anche sulla base di numerose ricerche, il destino scolastico degli alunni delle medie è sempre di più segnato dalle loro origini sociali, delle quali non portano alcuna responsabilità. Tutto ciò in un sistema di istruzione secondaria diviso per indirizzi ben distinti tra loro e dove la scelta della “filiera” (generalista, accademica e professionale) avviene tra i 13 e i 14 anni, un’età in cui l’influenza dei genitori è ancora forte.
E ha ragione Concita De Gregorio quando afferma che la scuola fabbrica delle risposte da imparare prima ancora delle domande, mentre si cresce proprio ponendosi delle domande e cercandone la risposta. 
Ambedue concordano che Don Milani, e in particolare Lettera ad un professoressa, è stato molto equivocato ed è stato visto come padre dell'egalitarismo indifferenziato mentre invece era molto selettivo, ma voleva tirare fuori da ciascun ragazzo la sua individualità. 
La scuola italiana di oggi invece è troppo legata al voto che certifica i risultati mentre il lavoro dell'insegnante è basato sul rapporto umano. Nei consigli di classe spesso i numeri prevalgono sull'anima delle persone. E mentre gli insegnanti di mio figlio lamentano lo scarso entusiasmo dei ragazzi, Affinati, pur comprendendo la solitudine del docente in classe, attribuisce tuttavia proprio a quest'ultimo il compito di "accendere un fuoco dentro ogni adolescente e farlo divampare senza paura che provochi una passione." Come si fa? Sentendosi coinvolti, disposti a mettersi in gioco, ad esporsi, anche a ferirsi, condividendo con i ragazzi i loro sconforti, stando insieme nella loro notte senza perdere la luce del ritorno.

11 commenti:

  1. E' difficile però. Bisogna avere una grande anima e non tutti gli insegnanti ce l'hanno...
    biba

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  2. Non sono proprio convinta che dipenda particolarmente dall'insegnante. Ho due figlie: una ha appena lasciato la scuola media e l'altra ci è appena entrata. Hanno gli stessi professori, a parte una. La figlia uscente non ha mai avuto passione nella scuola, nel sapere e riportava a casa racconti di lezioni noiose e professoresse "isteriche". La figlia entrante ha sempre amato imparare, conoscere, scoprire, ama la scuola e le spiegazioni degli insegnanti. E riporta a casa racconti di lezioni interessanti e professoresse simpatiche.
    O durante quest'estate le professoresse della nostra scuola hanno seguito un corso intensivo...Oppure non è tutto merito/colpa degli insegnati se i ragazzi non amano la scuola...

    Riguardo invece al "peso" della famiglia d'origine concordo ma soprattutto sul fatto che la scuola non è in grado di togliere quel peso, anzi piuttosto lo carica ancora di più. E chi parte svantaggiato fa veramente fatica a farsi rivalutare nel corso dei suoi studi.

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    1. Che i ragazzi non siano tutti uguali mi sembra palese. Ci sono quelli (per tornare alla metafora del fuoco della passione) che si accendono come nulla e ci sono quelli per i quali bisogna lavorarci sodo. Il lavoro degli insegnanti per i primi è troppo facile, e nell'approccio verso i secondi che si vede l'insegnante bravo. Capisco che non sia facile. Gli insegnanti sono formati male, sottopagati, stressati da mille pressioni. Tutta la mia comprensione.
      Però, quello che volevo dire è questo: gli insegnanti hanno il diritto di criticare i ragazzi se non studiano, se non si impegnano e se sono indisciplinati, ma non se non hanno entusiasmo! Questo non lo possono pretendere. Sta a loro suscitarglielo perché sono loro a proporre quelle cose.
      Un conto è richiedere lo studio per dovere, un conto è pretendere che ti piaccia. No?

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    2. Concordo con l'ultima frase.
      Nel mio commento ho fatto l'esempio delle mie due figlie ma in realtà la stessa situazione si ripete per l'intera classe. Una classe apatica l'altra vivace e curiosa.
      Sì, è vero: insegnare a chi ha voglia di imparare stimola anche l'insegnante depresso e stressato. Una classe svogliata ti fa passare del tutto la voglia...
      Io capisco sia i ragazzi che gli insegnanti. Hanno tutte le ragioni!

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  3. Sono rari i ragazzi che 'amano imparare' , per loro è tutto più facile. Penso che Affinati si rivolga ai ragazzi che devono essere stimolati (per quanto ne so sono la maggior parte) per considerare la scuola non solo un dovere. Purtroppo sono convinta che l'insegnante altruista e anche un po' psicologo , cui pensa Affinati, sia una pura utopia.
    Cristiana

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  4. Verrebbe da dire che gli insegnanti spesso fanno quel che possono. Una mia cara amica insegna alle medie nella periferia di Torino e mi dice che non e' proprio possibile riuscire a seguire ciascun ragazzo come si vorrebbe, perche' mancano le strutture, mancano gli insegnanti di sostegno, ci sono problematiche linguistiche e alunni che vanno e vengono nel bel mezzo del percorso scolastico a causa delle migrazioni dei genitori.
    E' anche vero che pero' non dipende solo da queste cose, perche' quando ho frequentato io la scuola sentivo molto le cose che dice Affinati dal punto di vista dello studente.
    Venivo da una famiglia fortunata dal punto di vista economico, e quindi ero favorito, ma ricordo benissimo che la passione che mettevo nello studio era direttamente proporzionale alla passione che mettevano gli insegnanti nella materia che insegnavano. Difatti ho sempre odiato, ad esempio, lo studio di materie come Lettere e Storia.
    E' vero che non dipende dal solo insegnante, infatti materie come Latino e Filosofia (guarda caso con gli stessi insegnanti rispettivamente di Lettere e Storia) invece erano il mio pane.
    Naturalmente poi ci sono argomenti che sono congeniali. Ho avuto diversi insegnanti di Matematica, ma il mio entusiasmo nello studio di questa materia e' sempre stato formidabile.

    Questo per dire che saper accendere il fuoco nell'alunno e' la cosa fondamentale in un insegnante, ma probabilmente non e' sufficiente.

    Io ho ripetuto la terza liceo. Ma ancora adesso non ho capito cos'e' che non andava in me la prima volta che l'ho frequentata. E' vero, non ho studiato abbastanza, ma com'e' che e' successo?
    Perche' non mi veniva proprio voglia di abbassare la testa sui libri, mentre l'anno dopo invece non riuscivo a staccarci lo sguardo, affamato di capire che cosa venisse dopo?

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    1. Gli insegnanti delle medie sono quasi eroici perché fanno un lavoro ingrato in un'età ingrata.
      Qui si parla di una quarta di un liceo cittadino, con soli 13 quasi diciottenni, tutti italiani e di ceto medio. Prova a chiedere alla tua amica se secondo lei richiede lo stesso sforzo e fammi sapere. Ciao

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    2. Come mio solito sono andato fuori tema. Scusa.

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    3. Non mi sembra, Dario.
      Fammi sapere davvero il parere della tua amica. Mi interessa.

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  5. ti bacerei in fronte cara Arte
    come insegnante delle medie a volte sogno la pensione anche ad occhi aperti perché è sempre difficile lavorare con gli adolescenti
    ma in alcuni casi ho anche delle belle soddisfazioni, come l'altro giorno quando dopo la verifica di grammar in una seconda ho preso in mano un " capolavoro" ! il mio alunno non solo aveva svolto gli esercizi in modo impeccabile ma veva pure risposto alle domande in modo completo e aveva aggiunto i disegni colorati negli esempi del Past Simple
    gli è arrivato un dieci ma quest'anno non è il solo Parecchi hanno un buon rapporto di stia e di fiducia e lavorano molto bene Anch'io lavoro molto meglio e cerco il più possibile di dar loro il mio meglio ....
    Se gli alunni partecipano in modo positivo anche noi docenti siamo molto più stimolati a fare e a coinvolgerli

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