domenica 29 dicembre 2013

Iperconnessi

Da un piccolo campione di giovani intervistati in un centro commerciale: "Quanto tempo sto su internet? Praticamente tutto il giorno."
"Quanti social network conosco? Mah, direi una quindicina [!!]. Più ce ne sono, meglio è."
"La sera torno a casa, accendo la mia consolle e vedo connessi gli amici."
"Quanti contatti hai? 20.000?" "Anche di più!"
"Vado a dormire col computer e mi sveglio con il computer. Il fidanzato? Non ce l'ho. Diciamo che internet è il mio fidanzato." 
Per una della mia generazione, che conosce un "prima" ed assiste a tale cambiamento, l'impulso è di scandalizzarsi.
Tuttavia internet è uno strumento e come tale non è mai la causa né del bene, né del male. Come ogni nuovo mezzo è liberante e assoggettante nello stesso tempo. 
Ricordo bene quanto mi sentivo sola da adolescente, costretta in casa dall'ansia paterna, quando i miei amici al massimo li potevo raggiungere col telefono di casa controllata a vista da mia madre perché non spendessi troppo di bolletta. Magari avessi avuto internet, facebook, twitter, Skype, WhatsApp e compagnia bella! Sarei stata assai meno infelice. Eppure avrei avuto meno tempo per pensare. Passavo tanto di quel tempo con i miei pensieri, a meditare, a rimuginare, a farmi seghe mentali. Chissà se è servito o se sarebbe stato più utile chattare online!
Internet non crea esigenze ma amplifica ciò che già c'è: la voglia di comunicare e, soprattutto, la voglia di "apparire".
Questo il tema della puntata di Pane Quotidiano RAI3, con ospiti Loredana Lipperini, storica conduttrice di Fahrenheit, titolare del blog Lipperatura e autrice, con Giovanni Arduino, di "Morti di fama. Iperconnessi e sradicati tra le maglie del web", e Francesco Costa, giornalista del quotidiano online Il Post e titolare anche lui di un seguitissimo blog
Due ospiti che con internet ci lavorano quindi e difatti ammettono di stare parecchie ore in rete. Pur tuttavia hanno le loro strategie di difesa: Loredana Lipperini non usa lo smart phone, concedendosi così momenti di "silenzio tecnologico", e Francesco Costa confessa che se deve scrivere preferisce staccare la rete per permettere la concentrazione opportuna.
Non so se i ragazzi sappiano difendersi dall'invasività dell'iperconnessione tanto che solo metà dei giovani presenti tra il pubblico afferma di staccare internet quando studia.
D'altra parte la rete permette di apparire, garantisce la nostra "microfama": da "penso dunque sono" a "ho tanti «mi piace» quindi esisto", mentre i colossi di internet sfruttano questa esigenza per fare miliardi, captando dati e preferenze a fini commerciali.
Per gli adolescenti la propria identità è drasticamente legata all'oggetto smart phone tanto che, se esso si rompe, ci si sente "morti", tanto che se un ragazzo, come mio figlio maggiore, sceglie di uscire da Facebook, è costretto a rientrarci se vuole rimanere in contatto con i suoi amici.
Secondo Loredana Lipperini, non si tratta di un gap generazionale in quanto gli adulti che sono sui social network hanno gli stessi comportamenti, se non peggiori, dei giovani. L'aggressività, per esempio, è molto più presente e più pesante da parte degli adulti.
Insomma la tecnologia bussa alla porta, corteggia, invade, ammicca, adula. Difficile resistere anche per mia madre, 73 anni, mai usato il computer in vita sua e ora felicemente irrimediabilmente iperconnessa con il suo nuovo smart phone.

2 commenti:

  1. Ormai è una realtà e non si torna indietro... Un dato di fatto con cui fare i conti ci piaccia o no. Quasi tutti ormai siamo qui in un modo o in un altro. Tu preferisci il blog ed io anche, ma il mondo gira di più su faceboook. Tutto dipende sempre da come lo usiamo e che tua mamma lo sui forse per lei è un bene. Molte persone sole hanno trovato un modo per sentirsi legati o connessi.
    Io comunque non vedo parlando con i giovani, un mondo peggiore di una volta. Forse il peggio è più visibile e i pericoli sono maggiori, ma anche le opportunità. Che ci piaccia o no in questo mondo "navighiamo" anche se ci fermiamo dalla terra ferma a guardare la nave che va.
    Un abbraccio, Silvia

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    1. Il confronto non è più tanto tra FB e il blog, quanto tra lo smartphone con cui sei sempre collegato ovunque tu sia e qualunque cosa tu faccia e il PC con il quale ti colleghi quando decidi tu (o quando puoi).
      Da parte mia nessun giudizio. Semplicemente io, che già detesto il telefono, non voglio essere sempre collegata perché la sentirei come una catena. No, grazie.
      Un abbraccio anche a te

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