sabato 17 novembre 2018

Caro babbo


Caro babbo,
è da tre settimane che ti volevo scrivere per tentare di sollevare il peso che sento sullo stomaco e sul cuore. Solo oggi ho preso il coraggio a quattro mani, anche se tu queste righe non le leggerai mai.
La malattia che sta devastando la tua mente e le nostre vite e che porta il nome di Alzheimer ha fatto emergere l'estate scorsa la parte primordiale del tuo carattere e ha tirato fuori tutta la tua aggressività, senza possibilità di mediazione meno che mai di ragionevolezza. Abbiamo temuto seriamente per l'incolumità della mamma e l'abbiamo vista esaurire le sue energie fisiche e psichiche giorno per giorno.
Per questo, babbo, abbiamo dovuto ricoverarti in una RSA, un posto deprimente abitato da vecchi ridotti a larve dove tu, da capriccioso e irragionevole con tendenza alla fuga, sei stato presto ridotto ad un vecchio barcollante e farfugliante.
Non ci perdoneremo mai, babbo, io e la Carla di averti lasciato lì quella mattina a tradimento, dopo che avevi già espresso (a tuo modo) la tua contrarietà. E la mamma non si dà pace di non essere riuscita a tenerti a bada.
Perdonaci, babbo, ma non avevamo scelta. D'altra parte (come continuo a ripetermi) tu non hai mai avuto un carattere facile, sei sempre stato egoista, dispotico e bizzoso. E noi non abbiamo trovato aiuto né dal geriatra (che vediamo due volte l'anno), né dalla dottoressa di famiglia che si è limitata a prescriverti tranquillanti, né dai servizi sociali con la loro procedura burocratica infinita.
Non sai quanto mi dispiaccia vederti così, ma non ce la potevamo fare da sole.
Porterò sempre con me i ricordi dei pomeriggi che abbiamo passato insieme negli ultimi tempi quando venivo a casa tua per far uscire un po' la mamma. Guardavamo insieme le vecchie foto di famiglia dove tu riconoscevi assai poche persone, ascoltavamo le vecchie canzoni dei tuoi tempi e talvolta abbiamo persino ballato insieme. Porterò sempre con me quella volta che, guardando la foto dove siamo io e la Carla bambine, hai pronunciato i nostri nomi come se ti fosse arrivata d'improvviso una luce nelle tenebre della tua mente. E infatti poi ci siamo commossi e ci siamo abbracciati.
Porterò con me questi ricordi che saranno gli ultimi del mio babbo che oggi non c'è più, perché purtroppo non abita più il fantasma che oggi vegeta su una poltrona.
Perdonami se puoi, babbo.

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