martedì 9 aprile 2013

Se la farfalla Michela parla alla nostra anima

"La logica è sempre stata la mia colonna vertebrale."
"L'anoressia è stata l'evento a partire dal quale tutta la mia filosofia si è strutturata."
"Se Hannah Arendt  ha cominciato a scrivere a partire dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale e dall'esperienza del totalitarismo, le macerie del mio corpo sono state il punto di partenza del mio pensiero."
"La realtà tende a contrapporre la volontà onnipotente alla materialità del corpo che la volontà deve poter controllare."
"Come riuscire a spiegare quella sofferenza immensa senza fondo che non lascia trasparire nulla, che non ha nessuna spiegazione razionale? Come far capire agli altri che in quel magnifico tutto manca la cosa essenziale? Come far capire che, nonostante tutto quello che si ha, manca la semplice e banale evidenza che vivere è bello? Provate solo per qualche istante a pensare cosa vuol dire avere la sensazione di doversi sempre giustificare. In quei momenti non è la morte che fa paura, è la vita."

Quello che mi piace di Michela Marzano è la sua capacità di esprimere con chiarezza e rigore, obiettività e sincerità anche situazioni molto difficili da capire come quelle dell'anoressia di cui lei è stata affetta per anni. Anche il suo intervento al Festival della Mente, che seguì la pubblicazione del libro Volevo essere una farfalla, parte dalla sua esperienza personale per portarci ad uno dei più intimi conti in sospeso della nostra vita: quello di farci accettare e amare per quello che siamo.

"Quando si riceve l'etichetta di anoressica, la gente pensa che non si abbia fame ed invece si ha fame di tutto, senza fine. Questa fame è collegata ad un desiderio di niente. Non si desidera nulla ma si ha fame di tutto. E' un semplice sintomo che manifesta una sofferenza profonda, che rinvia ad un vuoto, a un non-amore, ad una mancanza di riconoscimento."
"Io controllo il cibo e, nell'illudermi di farlo, ho la sensazione di poter controllare tutto quello che è intorno a me, comprese le mie reazioni e l'atteggiamento degli altri. "
In una società contemporanea, nella quale si afferma che "basta volere per potere", credere di poter tutto controllare è un'illusione perché, psicologicamente, più si cerca di controllare e più quello che si cerca di controllare sfugge facendoci sentire incapaci.
Il corpo, dice la Marzano, rinvia come un boomerang tutto quello a cui lo abbiamo sottomesso, anche a distanza di anni. Il corpo ci rinfaccia e ci chiede il conto del nostro atteggiamento.
Il sogno di un'anoressica è quello dell'indipendenza definitiva e totale, "non ho bisogno di niente e di nessuno, tanto che posso anche non mangiare", mentre, più il tempo passa, più ci si rende conto che si ha bisogno di tutto e di tutti. Dietro il rifiuto del mondo, di fare come se non si avesse bisogno di niente, c'è la necessità di costruire un luogo che permetta di accettare la dipendenza che ci caratterizza tutti in quanto esseri umani. E' perché siamo iscritti nella nostra finitudine, della nostra condizione umana, che dipendiamo dal mondo, dal cibo ed emotivamente da tutti quelli che ci circondano, dallo sguardo di colui o colei che ci ama.
Ha ragione la filosofa quando dice che tutti noi cerchiamo nell'amore di ritrovare l'oggetto che si è perduto e soprattutto il riconoscimento di quello che siamo, della nostra profonda alterità e specificità. Non c'è perdita più radicale di constatare che colui/colei oggetto/soggetto del nostro amore  non ha avuto la capacità, per vari motivi, di riconoscerci per quello che siamo diversi dalle sue aspettative. Inevitabile lo sforzo di conformarsi alle attese per essere amati, per avere il riconoscimento. Ogni essere umano ha bisogno di essere riconosciuto per quello che è per porre le basi della fiducia in sé stessi.
Su come uscire dall'anoressia, Michela Marzano non ha ricette universali ma può solo raccontare la propria esperienza. Per lei sono stati essenziali i quindici anni di psicanalisi, per "recuperare il filo di un pensiero che si era incastrato." Un percordo doloroso perché ci vuole tanto coraggio per decidere che si vuole smettere di soffrire, che non è più nella sofferenza che si trova quello che vale la pena nella vita.
Ne valeva la pena? Secondo la Marzano no. Il dolore non ha mai senso. "Io sono quella che sono perché sono passata attraverso le tenebre. Oggi sono una persona capace di aprire gli occhi sugli altri, aprirmi agli altri, guardare e cercare di riparare le ingiustizie altrui. Per questo ho fatto dell'Etica la mia disciplina: far qualcosa per contrastare l'estrema dimensione della fragilità umana.
Sono piena di contraddizioni e di difetti ma oggi comincio ad accettarlo. Nella vita non si può fare altro che accettarsi e perdonarsi."

Parole che sembrano toccare la carne viva, dentro di lei ma anche dentro di noi. E chi non prova questa sensazione vuol dire che vi ha messo sopra una spessa scorza a difesa di quella che è la parte più fragile di ogni essere umano.
Personalmente, per fortuna, non ho sofferto quanto lei, ma mi ricordo bene quanto sia stato duro questo processo di autoaccettazione, che non posso nemmeno definire concluso considerata la bella dose di ansia, di senso di inadequatezza se non di colpa, con cui convivo più o meno pacificamente. Un'impresa non da poco.

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