E' dal 1996 che sostengo un bambino a distanza. Si tratta di fare una donazione ad una associazione che opera principalmente in Africa permettendo a bambini di famiglie povere di frequentare la scuola (dove tra l'altro usufruiscono forse dell'unico pasto completo della giornata) e di conseguire, se tutto va bene, un titolo di studio.
"Adottare un bambino a distanza" in realtà è un modo di dire solo per fare presa. Sì, ti assegnano un bambino (nella maggior parte dei casi, ahinoi, maschio; in tanti anni mi sono capitate solo due bambine che presto hanno lasciato la scuola), ti mandano la sua scheda e alcune foto. Ti arrivano poi "letterine" che perlopiù sono disegni con qualche frase di circostanza scritta in francese di solito dal maestro, spesso incomprensibile a causa della calligrafia. Ti arriva anche ogni anno la pagella e quella è più interessante: ci sono bambini che hanno appena la sufficienza, ma va bene lo stesso. Uno dei miei invece ha sempre avuto ottimi voti ed infatti ha terminato il ciclo di studi (mi pare fino a 14/15 anni).
Anche noi tutori dobbiamo scrivere a questi bambini ed io l'ho fatto, anche se sporadicamente. Non c'è un vero e proprio "dialogo". Noi scriviamo le solite frasi "fai il bravo", "impegnati a scuola che è importante", "come sei carino nella foto", "buon Natale","tanti saluti alla tua famiglia", ecc. E loro dall'altra parte (ma, secondo me, scritto appunto dai maestri) "grazie tutore", "sto bene", ecc.
In realtà, se ho capito bene, non è che la mia donazione va a quello specifico bambino, ma è all'associazione, la quale porta avanti i suoi progetti indipendentemente da quel versamento in particolare.
Quanti bambini in tutti questi anni! Con i loro visini smunti, i loro occhioni, le loro ciabatte di plastica ai piedi o le maglie da calcio. Congo, Burkina Faso, Mali.
Nella mia operazione di decluttering ho trovato inutile conservare i loro disegni "di circostanza". Ho scansionato le schede e le foto e mi tengo con minimo ingombro le loro digitalizzazioni.
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