Da piccoli si dà del tu a tutti. Talvolta mi provocava qualche imbarazzo il "Ciao!" che i miei figli rivolgevano a tutti gli estranei di qualsiasi età. Dopo aver dato del tu alle maestre per tutte le elementari, alle medie si fa un po' di fatica ad imparare a dare del lei ai professori. E' a questa età che si impara che bisogna rivolgersi con il lei agli adulti che non sono di famiglia.
Questa regola faticosamente imparata verrà inaspettatamente rivoluzionata dopo qualche anno, quando ci si accorgerà come in certi contesti il lei stona, diventa quasi disdicevole o comunque il sintomo di un voler mantenere le distanze. Avete provato mai ad andare in una nuova palestra e cominciare a rivolgervi all'insegnante e agli altri frequentatori con il lei? Non ci sta proprio. Siete mai andati a fare un'escursione con una associazione di trekking non conoscendo nessuno? Il tu è di rigore, indipendentemente dall'età dei partecipanti, dal ceto sociale, dalla professione, ecc.
Anche tra genitori di ragazzi compagni di scuola o di squadra ci si da del tu, in fondo siamo compagni anche noi (compagni di sventura, oserei dire).
Darsi del tu sottolinea anche l'essere dei pari grado. Lo studente universitario si rivolge riverente con il lei al professore ma appena laureato passa dall'altra parte della barricata e può dare del tu alle stesse persone che ora sono diventate colleghi ricercatori, salvo certamente dare del lei alle segretarie perché non sono sue pari.
Qualche tempo fa girando per gli stand di Terra Futura con mio figlio dodicenne ho notato un curioso fenomeno. Appena mi avvicinavo ad uno stand di un'associazione, una bottega del commercio equo o un produttore di detersivi biologici, l'approccio era: "Prego, mi dica, signora!". Dopo uno scambio di battute da dove emergeva che sono una frequentatrice di questi posti, conosco i prodotti, insomma un habitueè, si virava subito verso il tu finendo con un bello scambio di "ciao!" da ambo le parti. Come a dire: "noi che aspiriamo ad un mondo diverso, siamo tutti della stessa famiglia, no?"
"Ma come ciao?!" non ha potuto fare a meno esclamare scandalizzato il figlio dodicenne, che sta appunto nell'età in cui faticosamente si impara a dare del lei ai grandi.
C'è da capire il suo stupore sdegnato. Ma non sarebbe più facile e democratico un bel tu a tutti e buona notte?
Questa regola faticosamente imparata verrà inaspettatamente rivoluzionata dopo qualche anno, quando ci si accorgerà come in certi contesti il lei stona, diventa quasi disdicevole o comunque il sintomo di un voler mantenere le distanze. Avete provato mai ad andare in una nuova palestra e cominciare a rivolgervi all'insegnante e agli altri frequentatori con il lei? Non ci sta proprio. Siete mai andati a fare un'escursione con una associazione di trekking non conoscendo nessuno? Il tu è di rigore, indipendentemente dall'età dei partecipanti, dal ceto sociale, dalla professione, ecc.
Anche tra genitori di ragazzi compagni di scuola o di squadra ci si da del tu, in fondo siamo compagni anche noi (compagni di sventura, oserei dire).
Darsi del tu sottolinea anche l'essere dei pari grado. Lo studente universitario si rivolge riverente con il lei al professore ma appena laureato passa dall'altra parte della barricata e può dare del tu alle stesse persone che ora sono diventate colleghi ricercatori, salvo certamente dare del lei alle segretarie perché non sono sue pari.
Qualche tempo fa girando per gli stand di Terra Futura con mio figlio dodicenne ho notato un curioso fenomeno. Appena mi avvicinavo ad uno stand di un'associazione, una bottega del commercio equo o un produttore di detersivi biologici, l'approccio era: "Prego, mi dica, signora!". Dopo uno scambio di battute da dove emergeva che sono una frequentatrice di questi posti, conosco i prodotti, insomma un habitueè, si virava subito verso il tu finendo con un bello scambio di "ciao!" da ambo le parti. Come a dire: "noi che aspiriamo ad un mondo diverso, siamo tutti della stessa famiglia, no?"
"Ma come ciao?!" non ha potuto fare a meno esclamare scandalizzato il figlio dodicenne, che sta appunto nell'età in cui faticosamente si impara a dare del lei ai grandi.
C'è da capire il suo stupore sdegnato. Ma non sarebbe più facile e democratico un bel tu a tutti e buona notte?
Per me non sarebbe facile dare del tu a tutti,sinceramente sono la prima a mantenere il "lei" verso quelle persone con cui non ho voglia di "socializzare "troppo anche se le conosco da anni(ad esempio alcuni parenti acquisiti).
RispondiEliminaLe idee, i modi e costumi variano con l'età, la mia età.
RispondiEliminaNon ho mai dato del tu a nessuno, a parte che amici intimi e parenti, per il resto solo lei. Adesso che la mia età va avanti, avvicinandomi ai 50, e ascoltando che mi danno del tu, immediatamente do del tu, specialmente se sono giovani o coetanei. Per il resto, mi mantengo nel vecchio stile.
Rino, augurando buon fine settimana.
Carla, ben tornata! Lo so che non è facile dare del tu ai suoceri ma è questione di sforzarsi un paio di volte e poi vien da sè, non c'è problema. Il fatto è però che non sempre dare del tu significa "maggiore familiarità", talvolta lo si dà per convenzione senza che questo corrisponda affatto ad avere confidenza.
RispondiEliminaRino, ma allora hai notato anche tu che è anche un po' questione di moda?
La mia "proposta" finale è fatta pensando ad una lingua come l'inglese (non me ne voglia Irnerio!) dove tutti sono you anche se ovviamente ci sono altre sfumature che fanno capire il tono più o meno confidenziale (a qualcuno ci si rivolge chiamandolo sir e madam a qualcuno chiamandolo Tom e Mary).
Sì, hai ragione ci sentimao della stessa famiglia... succede per la strada che chi capisce cosa voti si metta a chiacchierare e a parlare di sè dandoti del tu...
RispondiEliminaGiulia
non per citarmi ma, tempo fa (troppo per rintracciarlo), ho scritto un post su questo argomento; citavo l'esempio delle commesse della Coop che si rivolgono a tutti dicendo "Cosa ti do?". All'inizio pensavo fosse una delle tante pessime abitudini che caratterizzano i miei concittadini (acquisiti, perché io sono romano "de roma"), invece vedo che la questione non ha una dimensione regionale.Ho notato che questo modo di rivolgersi agli altri ha ormai preso piede ovunque e, mi sembra, non sia una buona abitudine. Non che io voglia mantenere le distanze o pretenda rispetto, è solo che credo sia buona educazione rivolgersi agli altri, chiunque essi siano, con il lei: credo si tratti di una parola desueta, rispetto. Per tutti, dico, più giovani, coetanei o persone più anziane. Fa parte di quel saper vivere, di quella educazione , di quel senso civico del quale purtroppo si è persa traccia.
RispondiEliminaBeh, dipende dal contesto, Unodicinque. Sicuramente nel caso delle commesse (perchè non hai messo il link al post?) è senz'altro maleducazione. Ma in altri contesti (vedi palestra, escursionisti, noglobal o quello che citava Giulia) il tu significa "comunanza" e quindi non lo vedrei negativo Il problema è proprio capire gli innumerevoli significati.
RispondiEliminaPer esempio, e il tu tra blogger da dove nasce? Ve lo siete chiesto?
Se non conosco proprio l'individuo mi trattengo ad un 'salve' che lascia indecisi tra il tu ed il lei, e quando me ne vado un bel arrivederci non fa una piega.
RispondiEliminaCerto con i professori ormai sempre il lei, e se qualcuno osa dare del tu la professoressa fa una risatina (che non ho mai capito se in senso positivo o negativo) e tutti correggono: 'EHI! SI DA DEL LEI!".
Io optavo (e forse opto ancora) per il tu, ma alcune volte mi mette a disagio, ed è per questo che scatta l'operazione A: 'salve!'
Carina questa del "salve". In effetti ci sono situazioni incerte in cui non si sa che fare. Nel dubbio capita di fare giri di parole per evitare la scelta tra tu e lei. Che lingua difficile la nostra!
RispondiEliminaCome è giustamente filtrato tra i bei commenti di sopra, non è possibile a priori scegliere se dare del "Tu" o del "Lei" a chi ci sta davanti.. ma ciò è determinato dal particolare contesto e ruolo con cui ci si imbatte: infatti ad esempio se io mi trovo davanti ad un professore universitario è giusto dare del "Lei" ma se lo stesso si trova poi a parlare con i propri familiari si userà il "Tu".
RispondiEliminaQualcuno ha mai usato a tal proposito il "Voi" (che tra l'altro in inglese coincide con il Tu)?
Sono un po' controcorrente, Artemisia...ultimamente sto diventando un acerrimo nemico del "tu" indiscriminato. La formale assenza di distanze tra le persone crea un falso senso di vicinanza, e non si riesce più a distinguere in questa melassa chi merita fiducia e vicinanza da chi invece merita distacco e lontananza. Io nella vita reale uso abitualmente il lei, anche se nella mia dimensione virtuale sono assai più libertino e concedo il tu con maggior leggerezza.
RispondiEliminaLa finta vicinanza è una cosa che mi irrita. Non sopporto ad esempio, tra le tante cose irritanti dell'informazione drogata di oggi, il chiamare per nome lestofanti e farabutti per renderceli più vicini, e quando sento parlare di "Olindo e Rosa", di "Annamaria" mi vengono i brividi. Io chiamo per nome solo le persone con cui ho un rapporto di amicizia, perchè è giusto che sia così, e sentire che un giornalista vuole attribuire una vicinanza di costoro a tutti noi mi infastidisce da morire.
(Si, lo so, sto diventando aspro e noioso...ma forse di questi tempi anche il rispetto della forma è un modo di resistere e di affermare valori di convivenza civile diversi da quelli che si stanno affermando).
No, secondo me il Lei ci vuole eccome.
RispondiEliminaPer la verita' non mi piace per niente, sia perche' la terza persona comporta ambiguita' (e lo scopro quotidianamente avendo moglie anglofona che cerca di capire - come capita a tuo figlio, solo che lei e' adulta, e non ce l'ha di cultura - come e quando usarlo), sia perche' credo che derivi da un arcaico italiano in cui stava per "Sua Signoria" o qualcosa del genere, appunto terza persona, ma che venisse usato in un rapporto di disparita' sociale, e non di non-cordialita', sia infine perche' quando si usa il tu mi sento piu' "tra amici", e quindi piu' rilassato.
In francese si usa il Vous, pluralia maiestatis, in inglese si usa you, che e' sia singolare sia plurale, ma credo che la forma di rispetto venga dal "thou" arcaico (voi), contrapposto al "tu" (tu). Paradossalmente la lingua inglese ha perso la forma singolare utilizzando il pluralia maiestatis "thou" (che poi si e' trasformato nell'attuale you) in tutti i casi di terza persona singolare.
Secondo me non e' una questione di rispetto. Certo che se vedo uno che non conosco e gli do' del tu quello lo puo' interpretare come mancanza di rispetto, perche' culturalmente si aspetterebbe che gli dessi del Lei.
Piuttosto l'uso del Lei e' una forma che consente di distinguere i casi in cui la cordialita' sia permessa. E' una barriera che protegge il mio spazio.
Al GAS ci si da del tu ;-)
Avevo due amiche, tempo fa (con cui non ho alcun contatto ormai da anni), che non si conoscevano tra di loro. Una, S., era una scrittrice in erba di circa 25 anni, che cercava contatti per pubblicare in qualche modo le sue opere, l'altra, A., sulla sessantina, era una critica letteraria che aveva possibilita' di aiutarla (ed infatti cosi' e' avvenuto). Ho avuto la bella pensata di metterle in contatto, e allora una bella sera sono andato a cena con S. e la sua ragazza A., e dalla pizzeria abbiamo chiamato A. (con un telefono a scheda!!!). Io ho parlato con A. dandole del tu, e poi ho passato la cornetta a S. e sono tornato al tavolo a chiacchierare con l'altra A. Quando S. e' tornata (dopo venti minuti di telefonata) ci siamo fatti raccontare, e alla fine ho chiesto a S. se le aveva dato del tu o del lei. La risposta e' che nel dubbio aveva costruito tutte le frasi in modo che non dovesse rivolgersi direttamente ad A. proprio per non doverlo decidere. Io non ci ho creduto, e allora, in un'altra occasione ho deciso di proporre a S., per gioco, di rivolgersi a me nello stesso modo, per venti minuti. E' stato molto istruttivo :-)
sottoscrivo a doppia firma il commento di luposelvatico. Il "tu" dato sempre, comunque ed a prescindere mi da un senso di sciatteria, di voler subito accorciare dlle distanze che , invece, devono servire a capire chi può entrare nel mio spazio e chi no. Il link al post, Artemisia, te lo manderò qualora riuscissi a rintracciarlo nel mare magnum del mio blog :o)
RispondiEliminaPS: Cribbio! i tuoi post sono sempre molto stimolanti.
http://unodicinque.blog.kataweb.it/2007/07/03/che-ti-do/
RispondiEliminaEccolo, fresco fresco :o))
Capisco e condivido la sensazione di sciatteria a cui accennano Lupo e 1di5. La sensazione nasce pero' proprio perche' nella lingua italiana ESISTE la differenza tra il tu e il lei. Altrimenti non l'avvertiremmo. Che lo you inglese derivi dal voi lo so ma all'atto pratico la seconda persona singolare e plurale sono uguali (spero che la moglie di Dario mi confermi).
RispondiEliminaDario: l'episodio che racconti a me capita spesso (l'indecisione tra i tu e il lei e l'arrampicarsi sugli specchi per evitare di compromettermi).
La mia proposta, scherzosa ovviamente, era nell'ottica di una semplificazione pratica della vita e non con l'idea che "siamo tutti uguali" perche' ci sono centomila modi comunque di mantenere le distanze.
1d5: grazie del complimento. Mi fa molto piacere perche' ultimamente faccio molta fatica a trovare il tempo per scrivere sul blog (e anche per leggere gli altri) e quindi sono lieta che lo sforzo sia apprezzato. Adesso vado a leggere il tuo post.
Certo, mia moglie confermerebbe.
RispondiEliminaCapita la tua proposta provocatoria, Artemisia... ho dimenticato chi ha detto che "e' l'uso che fa la grammatica e non la grammatica che fa l'uso", intendendo che, se anche fossimo d'accordo con te Artemisia, non basterebbe dire "aboliamo il Lei" per abolirlo, perche' e' radicato nella lingua. E nella lingua non sono le regole che dicono come bisogna esprimersi, ma e' vero piuttosto il viceversa, le regole sono ricavate dal modo di esprimersi.
Quindi e' abbastanza contraddittoria l'idea di abolire il Lei. Tu dici che Lupo e 1di5 sono condizionati dal fatto che usano una lingua in cui esistono le due forme (tu e Lei). Ma non potrebbero non esserlo, e quindi non possono elevarsi al di sopra dei ranghi per giudicare quale delle due sia meglio, perche il loro giudizio sarebbe mediato dalla loro cultura che a sua volta dipende strettamente dalla loro lingua madre nella quale ci sono le due forme.
Mia moglie, la prima volta che ha incontrato i miei, ha dato loro del tu (solo parzialmente era dovuto a difficolta' nell'uso della lingua straniera), e non le ho saputo rispondere quando mi ha chiesto "Am i supposed to say 'Lei'?". Non le ho saputo rispondere perche' cio' dipende da quanto alto avesse voluto costruire il muro tra lei e i miei. Dal punto di vista dei miei, pur rendendosi conto del problema, c'e' stato un immediato rapporto di affetto per il fatto che R non abbia voluto costruirlo troppo alto, questo muro.
Sostanzialmente pero', costruire muri alti o bassi e' cosa che solo i muratori sanno fare. R. ha avuto uno strumento in meno per determinare la qualita' del rapporto con i miei genitori.
Certo poi ci sono mille altri modi per esplicitare la cosa, ad esempio R chiama mio padre "dad" e non "sir" (o meglio "papa'" e non "Signor C.").
Mio padre, come forma di rispetto usava il Lei (come avviene dalle nostre parti), ma con i suoi suoceri usava il Voi. Solo con loro. Che significa? Boh!
Per la precisione usava il pronome Vü, in dialetto lombardo
RispondiEliminaQuella del tu/lei ai suoceri e' una discussione tipica tra me e mio marito. Lui e' un tipo riservato e straformale e rivendica la sua posizione: "ai suoceri si da' del lei e la suocera si chiama signora". Mia madre si sente in imbarazzo ma e' troppo timida per dirglielo. L'altro genero invece la chiama per nome e gli da' del tu. Io sono piu' possibilista: ai miei suoceri do del lei ma li chiamo per nome. Insomma un gran casino!
RispondiEliminaLungi da me l'idea di abolire il lei per decreto: lo fece gia' Mussolini (sostituendolo con il voi)!!! E' vero quel periodo sta tornando di moda ;-)
io faccio fatica a dare del lei e devo stare attenta a non sbagliarmi in tante occasioni. non è mancanza di rispetto è che non mi viene e basta. pensando sempre a lingue come l'inglese, per me vale il modo in cui si parla, il tono, le parole l'educazione. poi la forma di cortesia non conta.
RispondiEliminaho notato che dipende molto dalle zone d'italia. in lombardia si usa molto di più il lei che non in trentino per esempio (vedi negozi). io posso testimoniarlo: ho 31 anni e se vado in un negozio in lombardia mi si rivolgono quasi tutti col lei, se vado in negozio in trentino tutti col tu. matematico e sperimentato un miliardo di volte :-)
curioso no?
Pensandoci bene io ne faccio piu' una questione d'eta'. mi e' difficile dare del lei a persone che penso siano piu' giovani di me mentre con chi e' piu' anziano scatta il lei. Succede qualche volta al lavoro di dare del tu a qualche anziano quando si instaura un certo rapporto confidenziale sempre che sia apprezzato dalla controparte... Penso sia in certi casi una questione di rispetto e di modo di porsi. una cosa e' certa mi fa un certo che sentirmi chiamare SIGNORA :-)
RispondiEliminaun caro saluto dona
Ps: tra blogger di certo non si usa il lei!
Mi spiacerebbe se venisse abolito il "lei".Come farei a rivolgermi a quelle teste di...rapa che cianciano,dando tutte le colpe agli altri,incapaci di fare un esame di coscienza.
RispondiEliminaTi segnalo,se non l'hai visto,l'invito alla poesia da parte di Irnerio.
Cristiana
Io penso che ogni semplificazione della lingua è una perdita. E' bello avere il lei, il tu e il voi siciliano.
RispondiEliminaCi sono sfumature di rispetto che si esprimono con il lei.
Inoltre non credo proprio che i rapporti tra americani, tutti con il loro you, siano più democratici: sono solo più ipocriti. (Ne so qualche cosa)
marina
io "lei" lo uso spessissimo.... e la maggior parte delle volte le persone mi dicono di smetterla perchè le faccio sentire vecchie..... ma io nel dubbio scelgo sempre il lei.
RispondiEliminanel mio ambiente si tende al tu, mi piace molto. E' diretto ed amichevole!
RispondiEliminaIo sono d'accordo con Marina riguardo alle semplificazioni.
RispondiEliminaUna semplificazione "artificiosa" di una lingua difficile e' una perdita. Non credo possa essere definita una perdita la semplificazione naturale di un linguaggio come e' avvenuto, storicamente, per l'inglese. Credo che la lingua sia specchio della cultura, e credo che la cultura popolare anglosassone sia stata, nella storia, piu' povera di quella mediterranea, visto che ha subito meno contaminazioni di culture diverse.
Per quanto riguarda invece l'ipocrisia dei rapporti degli americani... mmmmh... be'... io credo che sia ora di finirla con 'sto antiamericanismo. Certo, i rapporti tra americani sono ipocriti. E come sono invece quelli tra italiani, spagnoli o norvegesi? Sinceri? Vuoi dire che, siccome io al mio capo stringo la mano e dico "buongiorno signor F." con un sorriso sulla bocca, dandogli diligentemente del Lei, allora il mio rapporto e' cordialmente distaccato? Nah, ti assicuro che tutti questi salamelecchi li arrotolerei volentieri e glieli ficcherei su per il... (scusate l'espressione, ma l'ipocrisia qui dentro mi pare proprio fuori luogo!).
E poi c'e' una questione di facciata, che e' formalmente determinata dagli schemi comportamentali che ci si trova bell'e pronti.
Anche se non ho voglia di conoscere una persona nuova, quando un amico mi presenta un nuovo amico io gli stringo la mano e gli dico "piacere, dario" con sorriso e breve inchino appena accennato, guardandogli negli occhi, e magari aggiungendo un "felice di conoscerti". Sara' anche ipocrita, ma a me sembra molto meglio di "chi se ne frega?! io non ti ho mica invitato, smamma!".
Insomma, non credo che il lei esprima "sfumature di rispetto". Penso invece che esprima sfumature di dimostrazione di rispetto. L'ipocrisia e' tutta un'altra faccenda.
Ecco... scusate le divagazioni, ma per quanto non mi piaccia il popolo americano, penso proprio che non sia colpa delle persone americane. E lo credo cosi' fermamente che una l'ho pure sposata, e non mi pare niente male, anche confrontata con tutte le "non-ipocrite" persone italiane.
Si potrebbe dire che mia moglie e' l'eccezione che conferma la regola, ma chiunque sia mai stato negli US avra' notato "la regola" non esiste perche' il popolo americano e' composto da una enorme accozzaglia di eccezioni.
RispondiEliminaD'accordo con te, Dario. Il rispetto è un attestato di fiducia che viene rilasciato al prossimo, che ancora non conosciamo, e non è assolutamente un atteggiamento ipocrita. E' il modo migliore per iniziare un rapporto, ed un "formalismo gentile" nei toni e nei gesti a me viene spontaneo, e si esprime anche attraverso il "lei".
RispondiEliminaUn "lei" asciutto e sobrio, che riconosce le distanze ma anche la volontà di superarle se si realizzeranno le condizioni.
Avendo vissuto a Torino conosci anche il formalismo insopportabile e zuccheroso che si racchiude nella formula "piemontesi falsi e cortesi"...ecco, quello lo detesto:-)
Ma devo ammettere che di un certo "riserbo sabaudo", che è insieme discrezione e desiderio di non travalicare il prossimo, di rispettare la sua persona e aspettare segnali di apertura prima di procedere nella conoscenza, mi sento inevitabilmente intriso.:-)
Io sono sempre stato un'autostoppista. Quando andavo a scuola, a militare e quando dovevo andare da qualche parte visto che non avevo troppi soldi. Ne approfittavo visto che, per merito della mia faccia da bravo ragazzo, non avevo mai alcun problema a trovare qualcuno che mi desse un passaggio. Sono andato avanti così fino al giorno in cui offrendomi uno strappo mi diedero del LEI. Da allora non ho mai più fatto aoutostop.
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