martedì 8 dicembre 2009

Slow economy: perché no?

Con il suo cesto di capelli grigi, il volto magro, la giacchettina all'orientale, l'erre arrotolata, il sorriso sornione, Federico Rampini esercita su di me un fascino particolare. La sua serie di puntate sulla Cina di Alle Otto della Sera è stata una delle più interessanti tra le tante che ho sentito. Mi piacciono i suoi articoli e ho letto con piacere anche qualche suo libro.
Recentemente è stato ospite sia a Parla con Me che a Le storie - Diario Italiano. (Avete notato che le due trasmissioni si "passano" gli ospiti? E' interessante anche confrontare il diverso approccio di Augias e della Dandini verso il medesimo ospite. Il primo è più bravo, secondo me.).
Tornando a Rampini, il giornalista ha presentato il suo libro: "Slow economy. Rinascere con saggezza". La tesi del libro è che bisogna approfittare della crisi per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo perché in tal modo la crisi potrebbe diventare un'opportunità e non una semplice sciagura (pare che in Cinese Mandarino la parola "crisi" abbia entrambi le accezioni). In particolare, visto che ha vissuto per anni in Cina e in India, egli propone di imitare alcuni comportamenti frugali e virtuosi che in questi paesi sono adottati, cioè secondo lui dobbiamo una volta tanto essere noi a copiare dall'Oriente ma selezionando. Tutto questo per sposare una "slow economy", cioè una crescita più lenta ma più attenta a certi valori, senza sacrificare la qualità della vita. Il simbolo di questo possono essere i risciò nelle strade di Manhattam, cioè un mezzo apparentemente più lento ma che diventa più efficiente perché evita il traffico (e non inquina).
Altra questione cara a Rampini è la condanna del PIL come misuratore insensato a favore del FIL (Felicità Interna Lorda), un coefficiente adottato da anni dal piccolo paese hymalaiano del Bhutan e che tiene conto non solo della ricchezza prodotta ma anche di altri fattori di benessere quali l'istruzione, la conservazione dell'ambiente, la salute.
Federico Rampini non è un economista ma solo un acuto osservatore. Può darsi quindi che la sua slow economy sia solo una bella utopia. Ma, d'altra parte, anche i più grandi economisti hanno preso delle belle cantonate ed inoltre pare che la finanza di Wall Street non abbia imparato nulla dalla recente crisi e stia ricreando l'ennesima bolla speculativa. E allora perché non puntare sulla slow economy?

17 commenti:

  1. Come condivido il FIL...
    bel post cara Artemisia

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  2. sfortunatamente il FIL bhutanese funziona solo per i cittadini che la monarchia bhutanese decide essere tali ...e cioè quelli di lingua ed etnia bhutanese..Chi abitava nel Bhutan ed era di etnia nepalese fu sbattuto fuori dal paese ed ora, nonostante le pressioni internazionali, continua a vivere in orrendi campi profughi appena fuori della frontiera...

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  3. Arte, bell'articolo, pero' io credo che l'idea della slow economy sia proprio un'utopia.
    I riscio' nelle strade di Manhattan sono un mezzo efficiente nel traffico. Se pero' tutti, o anche una buona parte, si muovesse a Manhattan con i riscio', il traffico si ridurrebbe al punto che sarebbe piu' efficiente (dal punto di vista dell'uomo d'affari a Manhattan) muoversi in auto.
    Secondo me il punto e' che qualunque modello economico alternativo e' perdente. Instabile come un uovo appoggiato sulla punta. Non ci sta', o se ci sta' e' solo in un equilibrio tanto precario che al primo scossone cade.
    Credo che per funzionare, alla slow economy, occorra intervenire a livello politico planetario, che' il liberismo e' come il far west, vince chi ha la pistola e la sa maneggiare meglio. Un hummer la vince sul riscio', anche se il riscio' e' piu' sostenibile. Chi vince e' quello individualmente piu' forte.

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  4. A proposito di Hummer, nell'intervista con Augias Rampini cita proprio il fatto che in USA stanno rottamando SUV e Hummer a favore di utilitarie piu' piccole e meno inquinanti.

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  5. :-) be'... non proprio perche' piu' piccole e meno inquinanti, ma perche' consumano meno carburante, visto che sta cominciando a costare di piu' anche laggiu'...

    ;-) comunque l'esempio dell'Hummer era giusto per rendere l'idea

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  6. Anche io subisco il fascino di Rampini! giù le mani, bella mia!
    il libro sarà il mio regalo di Natale per mio marito
    ciao, marina

    PS per ora non ho più spam, speriamo...

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  7. io non credo sia un'utopia. sono convinta che possa funzionare, innanzi tutto puntando sulla qualità invece che sulla quantità, e includendo nel concetto di qualità anche gli aspetti più "globali", come quelli ambientali e quelli del lavoro.
    meglio tre maglie da 150 euro da usare fino in fondo (perchè dobbiamo apparire sempre tutti "nuovi"?) che 10 da 30 euro piene di sostanze inquinanti. meglio puntare sull'efficienza del trasporto pubblico, magari che costa piuttosto che essere costretti ad avere due/tre auto per famiglia, usatissime che durano poco. riciclare il riciclabile e imporre una produzione di prodotti già pensata per il successivo smaltimento. io credo che si può e senza penalizzare l'economia, ma solo puntando bene il bersaglio, ne sono convintissima.
    si penalizano dei settori sviluppandone altri (non è ormai il riciclo un business?), ma ci vuole qualcuno che dall'alto imponga la direzione.
    ma si può, eccome!

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  8. Ho dato uno sguardo al libro di Rampini, interessante. Il problema sta che fra il dire e il fare ci sta di mezzo il mare. Tutti dicono sì, bello, inizierò da domani a fare questo e quello, ma, in verità, pochi sono disposti a cambiare il proprio status quo, fa paura... ogni cambio fa paura, sembra come ritornare indietro.
    Certo, il tutto con le dovute eccezioni che vi sono, poche, ma vi sono, e sono quelle che confermano la regola.

    Buona serata.
    Rino.

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  9. Liber, io credo che si', potrebbe teoricamente funzionare.
    Bisogna che tutti gli uomini cerchino di adeguarsi ad essere piu' poveri (o almeno a rallentare l'aumento della loro ricchezza), pur anche quelli che hanno il potere di arricchirsi sempre e sempre piu', per condividere con i poveri, per salvare il mondo che e' bene comune. Se questo si facesse, be', non sarebbe un'utopia.
    Ma fondamentalmente, tu ci credi che gli uomini - tutti gli uomini - di propria volonta' agissero in questo modo? Che' se uno solo approfittasse dello spazio riservato ai piu' deboli, si arricchirebbe a dismisura, e darebbe modo anche ad altri di fare altrettanto, realizzando una situazione molto simile all'attuale.
    Dici bene. Ci vuole qualcuno dall'alto (aggiungerei a livello globale-planetario) che imponga la direzione. In altre parole, bisognerebbe che il potere politico prevalga su quello economico. In altre parole ancora bisognerebbe realizzare uno Stato mondiale comunista. E questo... francamente... mi pare tanto difficile da potersi bellamente archiviare nel cassetto delle utopie.

    Non ho letto il libro di Rampini, ma se e' quel che penso (ho in mente il modello della decrescita felice), il problema e' che e' si' affascinante a livello sociale, ma gli uomini tendono (per natura o per cultura) a vedere il mondo dal punto individuale. Bella una societa' che coopera, ma se io posso farci piu' soldi (o essere piu' comodo, o mangiare cibo migliore... ognuno ci legga quel che preferisce - per me la ricchezza e' riuscire a pagare comodamente la rata del mutuo, avanzando soldi per sfamare me e la mia famiglia), be', al diavolo il livello sociale!

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  10. Dario, non mi hai capito e non sono d'accordo.
    non ti rispondo per convincerti, ma per farti capire il mio pensiero.
    il comunismo non c'entra niente, tra l'altro io sono per la meritocrazia, non credo che siamo tutti uguali (tranne che davanti alla legge), penso che sia giusto che un imprenditore guadagni bene perchè si mette a rischio (soprattutto il piccolo), ferma restando la tutela dei meno "in gamba" o meno fortunati cui comunque deve essere garantita la possibilità di vivere (= sostegno stato a disoccupati, pensionati con minima, portatori di handicap, malati o persone che "si perdono" per ragioni proprie). ma viva un po' di sete di guadagno che ci fa progredire (purchè non ci sia solo questa, inteso)

    non credo che l'economia debba essere stroncata, ma indirizzata con le normative.

    un esempio banale. il 55% sugli interventi di risparmio energetico.
    è un intervento che da un lato costa allo stato, dall'altro fa girare economia (=tasse) e recupera un sacco di sommerso (tutto deve essere fatturato).
    un giorno ho fatto una calcolo di quanto recupera lo stato da un entervento fatto regolarmente: tasse reddito e contributi sui lavoratori (v. es obbligo di durc), tasse sul fatturato (v. irap) tadsse sul reddito d'impresa, IVA (che si paga su tutto quindi anche sulla mano d'opera e sulle tasse versate per qeusta conseguentemente alla sua regolarità).
    da dei conti dozzinali, per me lo stato non ci rimette. il lavoratore è in regola, l'imprenditore ha lavoro, il cittadino è incentivato a intervenire perchè ha una quota di risparmio non indifferente.
    vengono pagati contributi, tasse sul reddito da lavoro, tasse d'impresa, iva e idem per il professionista che fa le pratiche. viene fuori un bel gruzzoletto.

    tutti vogliamo essere più comodi. magari vorremmo avere una caldaia migliore pagandola in nero e quindi meno. ma lo stato ci "costringe" a non farlo. o piuttosto ci convince?

    sicuramente lavorando sulle detrazioni fiscali si potrebbe fare molto, spendendo da una lato e recuperando dall'altro. un sistema che si "autolegalizza" perchè va verso l'interesse del privato.

    penso anche al concetto di meno cose ma migliori. metti degli oblighi sulla produzione. (e/o fai rispettare quelli che già ci sono). il prodotto costa di più, se ne compra meno numericamente, ma per produrlo c'è bisogno di più lavoro. quindi si va "più lentamente" ma non necessariamente facendo meno lavoro.

    altro esempio : immondizie. se tu paghi sull'indifferenziata, sei incentivato a fare la differenziata (Ronchi ci aveva provato nel 95 se non sbaglio). se l'azienda che si occupa dei rifiuti nell'appalto paga un tot per lo smaltimento dell'indifferenziata (fisso annuo) è incentivata a far differenziare ai cittadini. se invece lo smaltimento lo paga a peso il comune, l'azienda diminuisce il lavoro portando tutto all'inceneritore (tanto non paga lei)
    (idea di mio marito nel preparare il capitolato d'ppalto, stroncata dai politici locali).

    ora io sono ignorante. eppure potrei andare avanti. un gruppo di esperti in economia e normative, vuoi che non trovi il modo di far cambiare rotta alle cose? non sarà tutto immediato, ma se lo si vuole, se se ne ha il coraggio, si fa. io credo che sia possibilissimo, banalmente spostando le possibilità di guadagno verso dove interessa.
    a me non sembra utopia.

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  11. Okay, Liber.
    Pour parler, intendiamoci! Il mio tono non e' sarcastico e nemmeno io ti sto tentando di convincere. Il mio e' un ragionamento a voce alta, perche' vedo che tu sei interessata al mio punto di vista almeno tanto quanto io sono interessato al tuo.

    Mi spiego meglio.
    Supponiamo che viviamo in un sistema economico chiuso. Nel senso che non si importa ne' si esporta nulla. Supponiamo che io sono un imprenditore che produce un bene di consumo... diciamo telefonini. Supponiamo che la mia azienda produce N telefonini all'anno. Quanto costano i telefonini? Boh, diciamo che costano X. Quindi io ricavo N*X, giusto?
    Ma siccome viviamo in un sistema chiuso, significa che i miei N telefonini sono venduti tutti all'interno del sistema. Perdonami la semplificazione, ma supponiamo pure che tutti gli abitanti del mio sistema lavorano per quest'unica azienda, la Dario's, che produce 'sti stramaledetti telefonini. E' chiaro che i miei dipendenti devono comprare tutti gli N telefonini, altrimenti ce ne saranno un po' invenduti.
    Ma quanto spendono questi dipendenti per comprare questi N telefonini? L'abbiamo detto prima. N*X.
    Ma quanto guadagnano questi dipendenti, in totale, quindi? Direi non meno di N*X, altrimenti non potrebbero acquistare i telefonini. Ma non guadagnano nemmeno piu' di N*X, perche' altrimenti la Dario's non avrebbe di che pagarli. Totale, la Dario's produce N telefonini, ne vende N, l'economia gira, ma nessun dipendente risparmia un centesimo ne' io, il patron della Dario's, ho soldi da reinvestire. Totale fallimento del sistema.

    Ora e' chiaro che e' una semplificazione un po' eccessiva, perche' la Dario's produce telefonini, ma magari la Liber's produce pane, e la Artemisia's salame, prodotti di gran lunga piu' utili. Ma i dipendenti della Liber's e della Artemisia's dovranno pur comprare telefonini, cosi' come i dipendenti della Dario's dovranno comprare pane e salame. Totale, tutta la ricchezza prodotta, se il sistema rimane chiuso, viene totalmente redistribuita per poi essere spesa per consumare il bene prodotto.
    Ed ancora, ne' la Dario's, ne' la Liber's ne' la Artemisia's faranno alcun utile da reinvestire.
    Tu mi dirai che c'e' anche l'indotto. Ecco, diciamo che il bar Pippo's fa le colazioni per tutti. Be', Pippo vorra' essere pagato, con parte dei soldi dei dipendenti della Dario's, della Artemisia's e della Liber's. Chiaramente anche Pippo dovra' comprare la sua parte di telefonini, pane e salame, altrimenti rimarranno dei prodotti invenduti, no?
    Sostanzialmente la conclusione del discorso e' che la ricchezza non si produce, e quindi un sistema chiuso non puo' reinvestire.
    Il capitalismo si basa sull'esportazione, infatti. Cioe' uno stato non e' un sistema chiuso. Cio' comporta disparita' di distribuzione di risorse e ricchezza all'interno del mondo. Cioe' i paesi ricchi vorranno sempre crescere (avanzando dei soldi da reinvestire) a scapito dei paesi poveri che continueranno ad impoverirsi. A meno che...

    continua...

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  12. ...continua

    A meno che si smetta di ragionare in termini di imprenditore che fa i soldi per reinvestire e mandare avanti l'economia. Ma ci si adegui a produrre beni che devono essere distribuiti a tutti. Anche in questo modo non funzionerebbe, secondo me, ma questa e' un'altra storia.

    In conclusione l'unico sistema alternativo al capitalismo che vedo e' il comunismo. Che ovviamente non puo' vivere e svilupparsi da se', visto che e' perdente nei confronti del libero mercato del capitalismo. Dovra' quindi esserci qualcuno che lo imponga. Tipo un governo su scala mondiale (visto che il mondo, mi concederai, e' necessariamente un sistema economicamente chiuso).

    Per altro io non ci credo molto nella meritocrazia. Si', e' meglio che venga premiato chi ha merito piuttosto che chi ha soldi o chi e' figlio di questo o amico di quello, che' cosi', per lo meno, si ottimizzano gli sforzi.
    Ma io non vedo perche' un incapace dovrebbe morire di fame mentre un tipo 'smart' dovrebbe invece fare fortuna.
    Okay, la meritocrazia puo' essere utile allo sviluppo (anche con tutti i distinguo che ho esposto in questo lungo commento), ma anche il piu' stupido - che poi, che significa stupido? - deve avere la sua pagnotta per vivere.

    - scusate la logorrea -

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  13. ok, Dario, sul problema del sistema chiuso non obietto perchè hai perfettamente ragione. un sistema chiuso non può funzionare. ma credo che il problema si porrebbe solo nel caso in cui tutto il mondo si trovasse allo stesso identico livello, ovvero diventasse un sistema chiuso anche per il singolo paese. resta però la risorsa che non costa, per esempio quella che viene dalla natura (sole, risorse minerarie,alimento), quella creerebbe comunque un'apertura nel sistema chiuso, ovvero, nel sistema di produzione entra 70 appartenente all'economia ma ne esce 100, perchè 30 è "gratis", quindi io vendo a 100 una cosa che costa 70 (lavoro+risorse+energia), 30 è una ricchezza reale, no?
    il che non rappresenta la situazione attuale ma secondo me mostra che il "margine" ci sarà sempre anche senza la povertà di certi, quindi che il sistema, con margine inferiore di quello attuale per i paesi ricchi, ma può funzionare.

    detto questo, indirizzare per me significa far sì che l'economia produca una ricchezza reale, che non sia solo pil, ma vero benessere, o meglio, che il pil sia meglio rappresentativo del benessere dell'uomo e dell'ambiente.

    sul fatto del "smart" e dell'incapace, penso per esempio a chi si perde perchè ha avuto debolezza di carattere e/o sventure (per esempio diventa alcolista e non è in grado di lavorare). una parte di quel 30 deve finire nelle mani dello stato che deve provvedere affinchè questa persona abbia una vita abbia la sua pagnotta, intesa non solo come cibo e casa ma possibilmente anche come appartenenza sociale. la collettività deve farsi carico di queste persone (o come già detto del malato, disoccupato etc.).

    io non lo trovo un'utopia...

    ps. scusa Artemisia, prometto che ora chiudo...

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  14. No, no, tranquilla. Continuate pure! E' così bella la vostra discussione che non osavo intervenire per timore che smetteste.
    Mi sono un pochino smarrita come accade sempre quando si va sui massimi sistemi, comunque continuate, vi prego, finchè vi va.

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  15. Artemisia, grazie per lo spazio, e Liber, spero che torni sulla tua decisione di smettere perche' questa discussione mi interessa sul serio.

    E' vero', c'e' il sole e le materie prime eccetera, e questa e' la vera ricchezza. Cioe', alla fine io mi nutro con una mela, che e' prodotta nel ciclo biologico della Natura, grazie al Sole eccetera eccetera.

    Ma il punto e' un altro. Per mandare avanti il mondo con il sistema nel quale viviamo, bisogna che quella mela la pago. Quanto la pago? La pago una fetta di stipendio. Oppure in alternativa la coltivo, e mi costa il seme che ficco nella terra, la terra stessa per far crescere la pianta, e soprattutto il lavoro che impiego per coltivare la pianta e raccoglierne la mela. Lavoro che puo' venir valutato in una quantita' di denaro. In altre parole, il 30 che dici tu non e' gratis, perche' anche quello e' pagato con il 100. Per cui, alla fine possiamo dire che il 100 che si paga e che si prende per pagarlo un'altra volta porta come vantaggio la trasformazione del mondo in una forma che piu' ci conviene. Non sapremmo cosa farcene di semi di mela, ma siamo disposti a lavorare per produrre mele da mangiare, oppure a lavorare per guadagnare i soldi necessari a comprare mele prodotte da qualcun altro.

    Il sole non e' gratis. Il sole come ricchezza serve solo se lo trasformiamo. In mele, ad esempio, tramite il coltivatore.
    Mi aspetto che l'energia solare non costi il valore del sole, ma il valore delle celle solari fotovoltaiche, della ricerca dell'uomo per produrle, dell'impianto eccetera. Cosi' come il petrolio non lo paghiamo per il valore intrinseco energetico del materiale, ma per l'apparato commerciale che gli sta intorno. Cioe' lo sceicco che possiede la terra dove viene estratto, gli impianti di estrazione, le raffinerie dei petrolieri eccetera.

    Il punto e' che l'energia solare la paghi a qualcuno che la produce, il quale ha impiegato denaro per produrla (e magari ci specula sopra...?!?). Per produrla quello prende i soldi della Dario's che fa i telefonini. Quindi prende una parte di quei N*X euri che e' quanto io ricavo dalla vendita dei telefonini. Se il costo dell'energia e' Y, rimane quindi N*X-Y per i miei dipendenti. Di conseguenza la persona che mi ha venduto l'energia deve anche lui comprare qualche telefonino. Rimettendo quindi in circolo quegli Y euro che gli ho dato io per mandare avanti la Dario's. Come vedi 100 sono stati spesi e 100 sono stati riguadagnati.

    Il sistema globale e' chiuso. Cioe' non si puo' esportare/importare all'esterno del pianeta, non essendo ancora stati scoperti extraterrestri sufficientemente affidabili. Quindi se noi ci arricchiamo, visto che la ricchezza non aumenta, c'e' qualcun altro che si impoverisce.
    Siccome il sistema si basa sul continuo aumento di ricchezza, dobbiamo accettare che c'e' qualcuno che continua ad impoverirsi. Oppure dobbiamo cambiare sistema.

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  16. @ Dario: solo un saluto per dirti che ho letto. non ho risposto risucchiata dalle sole mille cosa de fare... alla prossima :)

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